Mia Wallace Quotes

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Non ho mai seguito valori illusori, come il successo, ma ho cercato e trovato dei punti di forza che mi hanno consentito una concezione più ampia del mondo, una sempre rinnovata capacità di gratitudine nei confronti dei miei simili e una sincera umiltà che mi assiste oggi, mentre dalla mia piccola posizione di vantaggio lungo il cammino che va verso l'alto e non finisce mai, guardo la pazienza ammirevole e il coraggio di quelli che dietro di me lottano ancora.
Edgar Wallace
Mettiamo che Nonna mi abbia detto in maniera parecchio convincente che tutto ciò che davvero esiste della mia vita è limitato a quello che se ne può raccontare. Be’, credo che non sia esattamente che la vita va raccontata anziché vissuta; è piuttosto che la vita è il suo racconto, e che in me non c'è niente che non sia o raccontato o raccontabile. Ma se è davvero così, allora che differenza c'è, perché vivere?
David Foster Wallace (The Broom of the System)
Io penso che le cose cambino, è ovvio. Ma in base alla mia esperienza, penso spesso che le cose cambiano perché la gente non cambia.
Danny Wallace (Charlotte Street)
«[...] Ma poi un piccolo, silenzioso, educato, profumato, ordinatissimo sistema di nuovi segnali mi ha in qualche modo sparato alla testa. Con le parole e le lacrime lei mi ha amputato qualcosa. Io le avevo donato la mia più intima importanza, e il suo autobus è ripartito, lasciando una qualche parte fondamentale di me dentro di lei come il pungiglione di un'ape. Adesso l'unica cosa che voglio è salire in macchina e andarmene molto lontano, a sanguinare».
David Foster Wallace
Tradizionalmente, i Prescrittivisti tendono a essere conservatori politici e i Descrittivisti tendono a essere liberali. Ma in realtà ad avere più influenza sulle norme dell’inglese pubblico è una forma austera e rigorosa di Prescrittivismo liberale. Mi riferisco all’Inglese politicamente corretto (Ipc), secondo le cui convenzioni i poveri diventano “economicamente svantaggiati” e le persone in sedia a rotelle “diversamente abili”. Sebbene sia comune fare battute sull’Ipc, sappiate che le varie pre- e proscrizioni dell’Inglese politicamente corretto sono prese molto sul serio dai college e dalle aziende […] L’opinione personale di questo recensore è che l’Ipc prescrittivista non è solo sciocco ma è ideologicamente confuso e dannoso alla sua stessa causa. Ed ecco la mia argomentazione. L’uso di una lingua è sempre politico, ma lo è in modo complesso. Rispetto, per esempio, al cambiamento politico, le convenzioni dell’uso possono funzionare in due modi: da un lato possono essere un riflesso del cambiamento politico e dall’altro possono essere uno strumento del cambiamento politico. La cosa importante è che queste due funzioni sono ben distinte e tali devono restare. Confonderle dà luogo alla bizzarra convinzione che l’America smetta di essere élitaria o ingiusta per il semplice fatto che gli americani smettono di usare un certo vocabolario che è storicamente associato all’élitarismo e all’ingiustizia. Questa è la pecca fondamentale dell’Ipc – che la modalità espressiva di una società produca i suoi atteggiamenti piuttosto che essere un prodotto di tali atteggiamenti – e naturalmente non è altro che l’inverso dell’illusione dello Snob conservatore secondo cui il cambiamento sociale può essere ritardato limitando il mutamento nell’uso standard della lingua. L’Inglese politicamente corretto ha in sé un’ironia ancora più macroscopica. E cioè sebbene l’Ipc abbia la pretesa di essere il dialetto della riforma progressista, di fatto è – nella sua sostituzione orwelliana degli eufemismi dell’eguaglianza sociale al posto dell’effettiva uguaglianza sociale – molto più di aiuto ai conservatori e allo status quo di quanto non siano mai state le tradizionali prescrizioni Snob […] in altre parole, l’Ipc agisce come una forma di censura, e la censura è sempre al servizio dello status quo. Nella pratica, dubito fortemente che un uomo con quattro figli piccoli e uno stipendio di dodicimila dollari l’anno si senta più forte o meno bistrattato da una società che ha la premura di chiamarlo “economicamente svantaggiato” invece che “povero”. Anzi, se fossi in lui, probabilmente mi sentirei offeso dal termine Ipc – non solo perché è paternalista (cosa che comunque è) ma perché è ipocrita e teso al vantaggio di chi lo pronuncia in un modo che di solito la gente trattata con paternalismo capta al volo. L’ipocrisia di base riguardo a espressioni come “economicamente svantaggiato” e “diversamente abile” è che i sostenitori dell’Ipc credono che i beneficiari della compassione e della generosità di questi termini siano i poveri e la gente in sedia a rotelle, e trascurano di nuovo una cosa che tutti sanno ma che nessuno cita mai – e cioè che parte del motivo per cui qualsiasi parlate usa un certo vocabolario è sempre il desiderio di comunicare qualcosa su se stesso. L’Ipc ha la funzione primaria di segnalare e congratulare certe virtù nel parlante – scrupoloso egualitarismo, preoccupazione per la dignità di tutti, sofisticatezza riguardo alle implicazioni politiche della lingua – e di conseguenza serve gli interessi egoistici del Pc molto più di quanto serva qualsiasi persona o gruppo da esso ribattezzato.
David Foster Wallace (Consider the Lobster and Other Essays)
She lowered her seat all the way back until she was lying down, and she turned on her side to face me, her arm tucked under her head. “She still has the ticket stubs from the first movie we went to, like, twelve years ago.” The way she was lying showed off the curve in her hips. I could almost picture her like that next to me in bed. Her lipstick was gone, but the stain was still on her lips, making them look pink and supple. I wanted to put a thumb to her mouth, see if it felt as soft as it looked. She looked out of place in this shitty car with torn, faded fabric on the seat under her, duct tape on the glove box. Like an elegant leading lady right out of a black-and-white movie, dropped into a scene that didn’t make any sense. I tore my gaze away, afraid she’d notice me staring. “Lie down with me,” she said. “We have what? A forty-five-minute wait? Might as well be comfortable.” I lowered my seat and stared up through the sunroof at the Los Angeles version of stars—the planes lining up to land at LAX. We sat in silence for a minute, and I thought of that scene in Pulp Fiction, when— “You know what this feels like?” she asked. “That scene in Pulp Fiction, when—” “Comfortable silences. When Mia Wallace says, ‘That’s when you know you’ve found somebody really special. When you can just shut the fuck up for a minute and comfortably share silence.’” She made a finger gun at me. “Disco.” We smiled and held each other’s gaze for a moment. A long, lingering moment. And then, just for a second—a split second—her eyes dropped to my lips. That’s all it took. In that moment, I knew. She’d thought about kissing me just then. This isn’t one-sided. It was the first hint I’d seen that she was interested. That she thought of me as more than just a friend.
Abby Jimenez
In risposta alla prospettiva di una gratificazione e un accudimento straordinari, la mia insaziabile parte infantile non farà che accrescere la soglia di soddisfazione fino a conseguire di nuovo la sua omeostasi di grave insoddisfazione.
David Foster Wallace (A Supposedly Fun Thing I'll Never Do Again: Essays and Arguments)