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Coloro che vivono nei sei mondi inferiori dell’esistenza sono più “agiti” che “agenti”. Di conseguenza, quando la morte li priva di ogni possibilità di compiere azioni positive, essi sono del tutto soggetti alle condizioni del mondo in cui dimora il loro Sé. La situazione è diversa per coloro che vivono nei quattro mondi superiori, perché essi hanno raggiunto la loro condizione attraverso i propri sforzi e non tramite le influenze esterne. Quando muoiono, anch’essi diventano insenzienti, ma i mondi in cui dimorano sono, per loro natura, dotati della forza vitale cosmica.
Il Sé nei mondi di Apprendimento o di Risveglio parziale non possiede più il potere che in vita gli permetteva di ricercare e di praticare la Legge, ma può ancora provare gioia grazie alle cause che ha creato durante la sua vita. Nel caso di coloro che si trovano nel mondo di Bodhisattva, in qualunque mondo dimorino hanno la possibilità di adoperare la loro compassione. La vita di un bodhisattva si fonde con il mondo di Bodhisattva del cosmo e diventa parte integrante della compassione infinita che opera per alleviare le sofferenze degli esseri umani e garantire la pace. Allo stesso modo, il Sé che dimora nel mondo di Buddità diventa un’unica cosa con la sorgente originaria della vita cosmica, fondendosi con la realtà fondamentale dell’universo, vedendo tutti i fenomeni come azioni del Budda e identificandosi con la terra della luce eternamente tranquilla.
Anche nella morte, la vita nel mondo di Buddità possiede l’illimitata saggezza della vita cosmica e il potere di esercitare una compassione infinita, che si trovi nelle incandescenti profondità della terra, o nel più freddo degli iceberg, o nel mezzo dei mari tempestosi, o nel continuo alternarsi delle stagioni, o nella complessa interazione tra gli individui e i desideri che costituisce la società umana. La Buddità è infinita ed eterna, sia nella vita sia nella morte.
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