Cibo Quotes

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Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d'inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi (Survival in Auschwitz)
come deve essere, mi chiedo, vivere in un mondo in cui i pasti compaiono premendo premendo un pulsante? Come passerei le ore che di solito dedico a setacciare i boschi, se il cibo fosse così facile da trovare?
Suzanne Collins (The Hunger Games (The Hunger Games, #1))
Lui avrebbe voluto chiederle che rumore fa un cuore quando si rompe per la gioia, quando è sufficiente la vista di qualcuno per riempirti come né il cibo, né il sangue, né l'aria potranno mai fare; quando ti senti come se fossi nato per vivere un momento preciso e quel momento, per qualche ragione particolare, era proprio quello.
Dennis Lehane (Shutter Island)
Secondo l'esperienza di Archie, qualunque cosa dotata di memoria lunga mantiene i rancori, e non va per niente bene tenere animaletti domestici con ragioni di rancore (quella volta mi hai dato il cibo sbagliato, quell'altra mi hai fatto il bagno).
Zadie Smith (White Teeth)
Se è scritto che due pesci nel mare debbano incontrarsi, non servirà al mare essere cento volte più grande. Tu hai paura perché parti per un lungo viaggio; ma il più lungo viaggio fatto dall'uomo nell'universo è meno di un soffio. Il tuo cuore batte e la terra gira per 30 km intorno al sole. La formica viaggia nell'universo del giardino. Deve arrivare al rosario, là in fondo, per portare cibo alle compagne. Non ha strumenti per conoscere la strada, una parte e va,perché questo è nella sua Natura
Stefano Benni (Terra!)
Lanciò un'occhiata all'amico che leggeva la lettera e vide i libri sul tavolo. Nei suoi occhi apparvero nostalgia e avidità, come l'avidità appare negli occhi dell'affamato alla vista del cibo.
Jack London (Martin Eden)
Il cibo nella sua forma migliore porta con sé memorie e riflessioni che vanno oltre il nutrimento e connette le persone che lo raccolgono alla terra da cui lo prendono, rendendo sacro il semplice atto di mangiare.
Mark L. Winston (Il tempo delle api)
Tu mi prepareresti del cibo?" "Lo scalderei, non so cucinare. Mi ami?" Rhys annuì. E mi chiesi se "amore" non fosse una parola troppo blanda per quello che provava, quello che aveva fatto per me. Per quello che provavo io. Gli misi davanti la ciotola. "Allora mangia" -Feyre e Rhysand, Corte di Nebbia e Furia. Capitolo 54.
Sarah J. Maas
Ci chiamano usurpatori, loro, che hanno usurpato ogni speranza per ciascuna generazione a venire, loro che tutto prendono senza nulla chiedere. Noi che abbiamo avuto l’ardire di strappar loro un pezzetto di terra per viverci in pace, loro che la terra la vogliono tutta per farci la guerra. Ci chiamano usurpatori, senza ricordare che i primi usurpatori sono loro, loro che hanno commesso il peccato maggiore, quel peccato che noi cerchiamo di accomodare. Loro hanno strappato la terra alla terra, l’hanno imbrigliata nelle cartine geografiche, stampata sugli stivali e sulle borse, hanno ucciso per mangiare e mangiato per uccidere, senza rispettare nulla che non fosse la loro fame di cibo e di morte. Noi non chiediamo niente, se non di vivere la vita che vogliamo, la vita che lassù non ci permettevano, perché non c’era abbastanza spazio per tutti. Entro il 2015 servivano settantamila dottori, tutti gli altri non servivano a niente. Un tempo, signori, non si era liberi, e si faceva quello che ti dicevano di fare. Adesso si è liberi, così dicono, ma quello che ti dicono lo devi fare lo stesso. Perché se non fai il dottore, allora fai la fame. Se non sei ingegnere, non lavori. Se non t’iscrivi nel ramo dell’industria, uno stipendio poi chi te lo dà. E sbranarsi e sventolare bandiere e strillare come scimmie per un boccone di pensione, quando sei troppo vecchio per gustartela, perché gli anni migliori della tua vita li hai passati a lavorare per loro. Vuoi fare l’insegnante – perché non prendi Farmacia? Vuoi essere archeologo – ma cercati un lavoretto buono. Vuoi scrivere – tanto, se non sei famoso, non ti pubblicano. E soffocare soffocare soffocare le ambizioni perché l’ambizione è peccato e non porta pane, l’ambizione è tempo perso, braccia sottratte alla produzione. E sempre un livore un livore nel petto a fare quel che è giusto fare, ma non quello che si vuol fare. Siamo morti in partenza perché volare basso ci uccide.
Chiara Pagliochini (Canto per ingannare l'attesa)
Hai una voglia in particolare?". Domanda. Lui a me. Prof ma non sa formulare frasi che non contengano doppi sensi? Io una voglia in particolare ce l'ho. Ma non ha certo a che fare con il cibo. Devi stare attento a quello che dici, prof. Mai giocare con il fuoco. "No, nessuna voglia in particolare". Mai.
Anita Book (Tutta colpa del Prof.)
Passavamo sulla terra leggeri come acqua, disse Antonio Setzu, come acqua che scorre, salta, giù dalla conca piena della fonte, scivola e serpeggia fra muschi e felci, fino alle radici delle sughere e dei mandorli o scende scivolando sulle pietre, per i monti e i colli fino al piano, dai torrenti al fiume, a farsi lenta verso le paludi e il mare, chiamata in vapore dal sole a diventare nube dominata dai venti e pioggia benedetta. A parte la follia di ucciderci l'un l'altro per motivi irrilevanti, eravamo felici. Le piante e le paludi erano fertili, i monti ricchi di pascolo e fonti. Il cibo non mancava neppure negli anni di carestia. Facevamo un vino colore del sangue, dolce al palato e portatore di sogni allegri. Nel settimo giorno del mese del vento che piega le querce incontravamo tutte le genti attorno alla fonte sacra e per sette giorni e sette notti mangiavamo, bevevamo, cantavamo e danzavamo in onore di Is. Cantare, suonare, danzare, coltivare, raccogliere, mungere, intagliare, fondere, uccidere, morire, cantare, suonare, danzare era la nostra vita. Eravamo felici, a parte la follia di ucciderci l'un l'altro per motivi irrilevanti. (pag. 56)
Sergio Atzeni (Passavamo sulla terra leggeri)
-Scusa, ma non dicevi che John rifiuta di mangiare perché ogni sorta di cibo implica una morte e lui è restio ad avere contatti con ciò che è morto? L'anoressia non c'entra.
David Foster Wallace (The Broom of the System)
La solitudine è per lo spirito ciò che il cibo è per il corpo.
Seneca
E allora quanta sofferenza è accettabile? È questa la base di tutto, ed è questo che ognuno di noi deve chiedersi. Quanta sofferenza sei disposto a tollerare per il tuo cibo?
Jonathan Safran Foer (Eating Animals)
Ho più fame di te che di cibo
Jack London (Martin Eden)
Sai cos'è la plebe?". "Sì, maestra". Cos'era la plebe lo seppi in quel momento, e molto più chiaramente di quando anni prima la Oliviero me l'aveva chiesto. La plebe eravamo noi. La plebe era quel contendersi il cibo insieme al vino, quel litigare per chi veniva servito per primo e meglio, quel pavimento lurido su cui passavano e ripassavano i camerieri, quei brindisi sempre più volgari. La plebe era mia madre, che aveva bevuto e ora si lasciava andare con la schiena contro la spalla di mio padre, serio, e rideva a bocca spalancata per le allusioni sessuali del commerciante di metalli. Ridevano tutti, anche Lila, con l'aria di chi ha un ruolo e lo porta fino in fondo.
Elena Ferrante (My Brilliant Friend (My Brilliant Friend, #1))
Ma amare una persona significa pensare che lei viene prima di tutto. Se non avessimo abbastanza cibo, darei a te la mia parte. Se avessimo pochi soldi, piuttosto che acquistare qualcosa per me, comprerei quello che tu desideri. Se mangi qualcosa di buono tu, è come se avessi la pancia piena anch’io, se sei felice tu, allora lo sono anch’io. Questo significa amare una persona. Credi che esista qualcosa di più importante? A me non viene in mente nulla.
Kyōichi Katayama (Un grito de amor desde el centro del mundo)
Era così: se eravamo insieme, non c'era critica che ci toccasse davvero, anzi diventavamo superbi, nient'altro aveva senso se non le nostre opinioni. Correvamo a cena, al cibo buono, al vino, al sesso. Volevamo soltanto afferrarci e stringerci.
Elena Ferrante (The Story of the Lost Child (Neapolitan Novels, #4))
Sembrava tutto così in bilico. Come se le fiammelle avessero potuto spegnersi, e le braci freddarsi di colpo. Come se il profumo avesse potuto divenire il tanfo di cibo avariato. Come se il respiro preoccupato avesse potuto trasformarsi in un pianto disperato.
Andrea Butini (L'occhio del gufo (Trilogia del Sole Pallido, #1))
Mentre lo guardavo sciogliersi, iniziare a rilassarsi, ridere un po’ più facilmente, mi sono resa conto che Kyle è come una spugna, assorbe la bontà di una semplice giornata ordinaria. Non abbiamo fatto nulla più che visitare alcuni negozi, mangiare un po’ di cibo, e fare un giro in auto per guardare il paesaggio. Era tranquillo e spontaneo, eppure si trattava solo di cose ordinarie. E, mentre lo osservavo assorbirle… no, assaporarle… ho capito che non trascorreva delle giornate così da molto tempo. Dannazione, forse non l’ha mai fatto. Ma era scritto chiaramente ovunque su di lui. Lo voleva e lo voleva davvero.
Sawyer Bennett (Finding Kyle)
Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.
Niccolò Machiavelli
Non m’interessa quello che dice la gente, quanto spesso lo dice né con quanto entusiasmo: nessuno mi convincerà mai che la vita è una sorpresa stupenda e appagante. Perché questa è la verità: la vita è una catastrofe. Il fatto fondamentale dell’esistenza – il nostro vagare in cerca di cibo, o di veri amici o di qualunque altra cosa – è una catastrofe. […] meglio non nascere, che nascere in questa fogna. […] che senso ha sapere che andrà a finir male per tutti noi, compresi i più felici, che alla fine perderemo tutto ciò che conta – e tuttavia riconoscere che nonostante questo, per quanto crudelmente truccata sia la partita, è possibile giocarsela con una specie di gioia?
Donna Tartt (The Goldfinch)
Ho dimenticato cosa sia la gentilezza. Continuo ad aspettare che succeda qualcosa, che mi svegli da questo sogno, oh, così piacevole, ma non mi sveglio. Non può essere la realtà; so cos'è la realtà – è una gabbia, e avanzi di cibo e botte e dolore e stupri e fame. Per così tanto tempo ho saputo esattamente cosa aspettarmi; ho salvato la mia sanità mentale indurendomi dentro, rispondendo alla crudeltà con l'indifferenza quando potevo, e con l'odio quando non potevo. Non avevo molto di cui andare orgoglioso, ma svegliarmi ogni giorno ancora vivo per cinque anni con Esteban, mi ha dato il tipo di forza necessaria ad andare avanti. L'odio può renderti forte; l'ha fatto con me.
Rowan Speedwell (Finding Zach (Finding Zach, #1))
Un noto biologo evolutivo una volta ha descritto noi esseri umani, non importa quanto educati e illustri, come un canale di dieci metri in cui passa il cibo. Tutto quello di cui ci siamo dotati attraverso l'evoluzione – cervello, ghiandole, organi, muscoli, scheletro e via dicendo – è solo «equipaggiamento accessorio» costruito intorno a questo canale.
Morten A. Strøksnes (Havboka)
Quanto è strano questo mondo, dove a una donna non è concesso di indulgere nei piaceri della tavola. Certo, è suo compito imbandirla. Ma senza rivelare emozioni. E sí, deve pur mangiare – per vivere, se non altro –, ma senza far vedere che la cosa le procura piacere. Per noi esponenti del gentil sesso il cibo deve essere qualcosa di meramente funzionale.
Annabel Abbs (Miss Eliza's English Kitchen)
Il crudo. Com'e' superficiale credere che consista nella brutta azione di divorare un prodotto non preparato! Tagliare il pesce crudo e' come tagliare la pietra.
Muriel Barbery (Une gourmandise)
Cucinare per le persone alle quali si vuole bene significa impegnare del tempo ai loro gusti, alla loro crescita, al loro benessere
Barbara Buganza (In cucina con Banana Yoshimoto. L'amore, l'amicizia, la morte, la solitudine nel cibo)
Tra tutte le faccende domestiche, quella della pulizia delle stoviglie era l'unica che si prestava a fare volentieri. Le sembrava che l'acqua corrente spazzasse via i pensieri insieme alle macchie e a quel che restava del cibo o del caffè. Si portava via tutto, tranne il presente. Per questo si offriva spesso di mettersi al lavello, per questa sua originale meditazione acquea.
Federica Brunini (Due sirene in un bicchiere)
Ma quando si trovò a festeggiare il compimento del terzo giorno con un panino duro accompagnato da un piatto di muffa, e si rese conto che gli mancavano centodiciassette giorni da passare a quel modo, capì che non si vive soltanto di aria, acqua, calore, luce, cibo e consapevolezza del tempo. Ma insomma, cos’aveva da lamentarsi? Cosa voleva ancora? Di cosa si vive, oltre che di tutte queste cose? Si vive degli altri. Questa fu la sua conclusione.
Timothée de Fombelle (Toby Alone)
Sono stato in posti caldi come la pece, dove i compagni mi stramazzavano intorno per la febbre gialla e il terremoto faceva sollevare la maledetta terraferma, che sembrava il mare: che ne sa il dottore di paesi così? E ho vissuto di rum, ti dico. È stato per me cibo e bevanda, pane, moglie e marito; e se adesso non posso avere il mio rum sono come un povero relitto arenato sottovento e il mio sangue ricadrà su di te, Jim, e su quello zuccone del dottore.
Robert Louis Stevenson (Treasure Island)
Quando un uomo mangia tre pasti al giorno, diventa pericoloso. Per se stesso e per gli altri. Mangiare troppo rende nervosi. Pasti continui e digestioni faticose creano le guerre. Difficilmente i morti di fame combattono tra loro.
Mauro Corona (La fine del mondo storto)
«I tuoi fan mi hanno tirato del cibo!» Dusk indietreggiò, talmente sconvolto dallo schiaffo da non sapere che cosa fare o dire. «Ho cancellato il video,» farfugliò, non riuscendo nemmeno a guardare Lolly negli occhi. Lolly sbuffò, facendosi avanti. «E anche loro mi chiamano Lolly. Sembra quasi che io sia un gigolò. Non sono il tuo animaletto. Non puoi darmi un nome e poi dirlo ad altre persone. Non sai nemmeno come mi chiamo veramente!» urlò Lolly. Dusk non lo aveva mai visto così arrabbiato, e non aveva idea di come comportarsi. Sembrava che quella rabbia tormentasse Lolly da un po’, pronta a esplodere per bruciare Dusk di vergogna.«Mi dispiace di non averlo mai chiesto,» rispose Dusk. «Come ti chiami?» Com’era possibile che non lo avesse chiesto dopo tutto quel tempo? Era davvero un coglione. Lolly deglutì diverse volte, sbattendo le palpebre come se stesse valutando se Dusk meritasse di sapere la verità. «Abe.»
K.A. Merikan (Manic Pixie Dream Boy (The Underdogs, #1))
Rapito sopra di lei giacevo, labbra piene pienamente aperte, la baciai sulla bocca. Gnam. Con delicatezza mi passò nella bocca il dolcetto al cumino caldo e masticato. Molliccia poltiglia la sua bocca aveva biascicato agrodolce con saliva. Gioia: la mangiai: gioia.
James Joyce (Ulisse (Italian Edition))
«Una volta» disse mia madre «non esisteva il buio totale. Persino di notte, la luna era luminosa quanto il sole. L’unica differenza stava nella luce, che era blu. Vedevi tutto per chilometri e chilometri e non faceva mai freddo. Si chiamava crepuscolo». «Perché crepuscolo?». «Perché è una parola in codice per cielo blu». Mi ero ricordata che si diceva codice blu quando moriva qualcuno, e anche questo aveva a che fare con il cielo. Un giorno Dio aveva chiamato il pipistrello per dargli una cesta da portare sulla Luna. La cesta era piena di buio, ma Dio non aveva detto al pipistrello cos’era, solo “Portala sulla luna, poi quando torni ti spiego tutto”. Così il pipistrello parte in cerca della luna con la cesta in groppa. Mentre vola verso il cielo, la luna lo vede e si nasconde dietro una nuvola. Il pipistrello è stanco, e si ferma a riposare. Depone la cesta e va in cerca di qualcosa da mangiare. Mentre è a caccia, arrivano altri animali (più che altro lupi e cani, e anche un tasso con una zampa rotta). Pensando che nella cesta ci sia del cibo, gli animali alzano il coperchio, ma dentro c’è solo il buio, e loro non l’hanno mai visto. I cani e i lupi cercano di tirarlo fuori e di giocarci, ma gli guizza tra i denti e scivola via. In quel momento torna il pipistrello, apre la cesta e la trova vuota. Gli altri animali spariscono nella notte e il pipistrello si alza in volo per andare a riprendere il buio. Lo vede dappertutto, ma non riesce proprio a infilarlo di nuovo nella cesta. Per questo il pipistrello ancora oggi dorme tutto il giorno e vola di notte. Cerca sempre di riprendere il buio.
Jenny Offill (Le cose che restano)
Ricchezza è quello che la Natura ci dà e quello che un uomo assennato può trarre dai suoi doni per farne un uso ragionevole. La luce del sole, l'aria fresca, l'incontaminato volto della Terra, e quanto abbisogni di cibo, vestiario e alloggio decenti; l'accumulo di conoscenze di ogni tipo, e il potere di diffonderle; i mezzi con cui gli uomini possono liberamente comunicare fra loro; le opere d'arte, la bellezza che l'uomo crea quanto è uomo nel senso più alto, animato da aspirazioni e premura per gli altri; tutte cose al servizio del piacere della gente, libere, degne di un uomo e incorrotte. Questa è la ricchezza.
William Morris (Opere)
Ma io non voglio il cibo dalla sua bocca. Non voglio nemmeno il cibo dal mio piatto, ecco il punto. Ma fammi il favore! Un bambino con il mio potenziale! Le mie doti! Le mie prospettive!... con tutti i doni che Dio mi ha elargito in bellezza cervello, mi si lascerà morire di inedia senza un motivo al mondo? Voglio che la gente disprezzi un ragazzino rachitico per tutta la vita, o ammiri un uomo? Voglio essere emarginato e preso in giro, voglio essere un mingherlino che la gente spazza via con uno starnuto, voglio incutere rispetto? Cosa voglio diventare da grande, debole o forte, un successo o un fallimento, un uomo o un topo?
Philip Roth (Portnoy’s Complaint)
Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull'uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.
Niccolò Machiavelli
Perché nell’intimo del suo significato coltura (e così cultura) è cosa fa crescere, cosa eleva, cosa onora, cosa è profondamente legato al culto, allora quell’attività che si esercita sulle pianure del mondo, che sfigura la terra e la porta verso il deserto, che mortifica la diversità, che produce cibo corrotto, che intossica chi lo consuma e chi quella terra lavora, non può propriamente essere chiamata agricoltura. Si tratta, infatti, di un’attività erosiva, estrattiva, tesa al profitto, a volte speculativa, che sarebbe più chiaro e, per il valore delle parole, più rispettoso chiamare agriusura e pensarla semplicemente - così è oggi - come un’appendice dell’agrindustria.
Massimo Angelini (Minima ruralia)
«Non prevedo nulla di buono per la vostra razza», disse cupo Zoltan Chivay. «A questo mondo ogni creatura intelligente che cada in povertà, in miseria e in disgrazia è abituata a unirsi ai propri simili, perché insieme è più facile resistere ai tempi difficili, perché ci si aiuta a vicenda. Invece tra voi umani ognuno bada solo a come guadagnare sulla miseria altrui. Quando c’è una carestia non si divide il cibo, ma si mangiano i più deboli. Un procedimento del genere si riscontra fra i lupi, permette di sopravvivere agli esemplari più sani e più forti. Ma tra le razze intelligenti di solito una simile selezione permette di sopravvivere e di dominare ai peggiori figli di puttana. Traete da soli conclusioni e previsioni.»
Andrzej Sapkowski (Chrzest ognia (Saga o Wiedźminie, #3))
ll tempo non ha più bisogno di essere contato e gli istinti tornano ad primordiali. Potrò mangiare frutta strappandola dagli alberi, finché avrà la forza di germogliare da sola. Mangerò cibo in scatola e in breve il glutammato sarà l'unico ricordo che avrò dell'umanità, almeno finché le date di scadenza lo permetteranno. Continuerò a dormire sonni chimici e ad avere nostalgia. Quando sulla terra farà buio mi chiederò se qualcuno, in mezzo all'umanità evacuata, lassù in una curva della galassia, si chiederà dove sono, cosa sto facendo, come me la cavo su questo pianeta a mia disposizione dove la volontà è azzerata, il linguaggio un utensile inutile il tempo è solo l'attesa di qualcosa che accada. E mi risponderò che no, nessun pensiero al di fuori dell'atmosfera si prenderà il disturbo di contemplarmi.
Giovanni Ragonesi (La primavera da lontano)
Voglio farle una domanda, disse il dottor Cardoso, lei conosce i médecins-philosophes? No, ammise Pereira, non li conosco, chi sono? I principali sono Théodule Ribot e Pierre Janet, disse il dottor Cardoso, è sui loro testi che ho studiato a Parigi, sono medici e psicologi, ma anche filosofi, sostengono una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sè, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perchè noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto sulla confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l'io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione. Forse, concluse il dottor Cardoso, dopo una paziente erosione c'è un io egemone che sta prendendo la testa della confederazione delle sue anime, dottor Pereira, e lei non può farci nulla, può solo eventualmente assecondarlo. Il dottor Cardoso finì di mangiare la sua macedonia e si asciugò la bocca con il tovagliolo. E dunque cosa mi resterebbe da fare?, chiese Pereira. Nulla, rispose il dottor Cardoso, semplicemente aspettare, forse c'è un io egemone che in lei, dopo una lenta erosione, dopo tutti questi anni passati nel giornalismo a fare la cronaca nera credendo che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, forse c'è un io egemone che sta prendendo la guida della confederazione delle sue anime, lei lo lasci venire alla superficie, tanto non può fare diversamente, non ci riuscirebbe e entrerebbe in conflitto con se stesso, e se vuole pentirsi della sua vita si penta pure, e anche se ha voglia di raccontarlo a un sacerdote glielo racconti, insomma, dottor Pereira, se lei comincia a pensare che quei ragazzi hanno ragione e che la sua vita finora è stata inutile, lo pensi pure, forse da ora in avanti la sua vita non le sembrerà più inutile, si lasci guidare dal suo nuovo io egemone e non compensi il suo tormento con il cibo e con le limonate piene di zucchero.
Antonio Tabucchi (Sostiene Pereira)
Egli mi ha svillaneggiato, defraudato di mezzo milione, ha riso delle mie perdite, deriso i miei guadagni, spregiato il mio popolo, ostacolato i miei affari, raffreddato i miei amici, infiammato i miei nemici. E perché? Perché sono un ebreo. Ma non ha occhi un ebreo? Non ha mani? Un ebreo non ha membra, corpo, sensi, sentimenti, passioni? Non si nutre dello stesso cibo, non è ferito dalle stesse armi, soggetto alle stesse malattie, guarito dalle stesse medicine, scaldato e gelato dalla stessa estate e dallo stesso inverno, come un cristiano? Se ci pungete, non sanguiniamo? Se ci fate il solletico, non ridiamo? Se ci avvelenate, non moriamo? E se ci fate torto, non ci vendicheremo? Se siamo come voi in tutto il resto, vi somigliamo anche in questo. Se un ebreo fa torto ad un cristiano, che fa il mite cristiano? Vendetta! E se un cristiano fa torto ad un ebreo, che farà, secondo l’esempio cristiano, l’ebreo paziente? Vendetta! Metterò in pratica la malvagità che mi insegnate e sarà difficile che io non superi i miei maestri.
William Shakespeare (The Merchant of Venice)
Com'è insopportabile il corpo di un essere vivente che combatte con la morte, e ora pare che vinca, ora che perda. Rimanemmo così non so quanto tempo. Il respiro del cane a tratti accelerava come quando era in buona salute e smaniava per voglia di gioco, di corse all'aria aperta, di comprensione e carezze, a tratti diventava impercettibile. Anche il corpo alternava momenti di tremito e spasimi a momenti di immobilità assoluta. Sentii i residui della sua potenza scivolare via piano piano, mi sembrò uno sgocciolio di immagini passate: la fuga tra i corpuscoli lucenti dell'acqua polverizzata dagli innaffiatoi del parco, il raspare incuriosito tra i cespugli, il suo seguirmi per casa quando si aspettava che gli dessi cibo. Quella prossimità di morte reale, quella ferita sanguinante della sua sofferenza, di colpo, insperatamente, mi fece vergognare del mio dolore degli ultimi mesi, di quella giornata sovratono di irrealtà. Sentii la stanza che tornava in ordine, la casa che saldava insieme i suoi spazi, la solidità del pavimento, il giorno caldo che si distendeva su ogni cosa, una colla trasparente.
Elena Ferrante (The Days of Abandonment)
Statemi a sentire: il lunedì fa schifo perchè sei arrabbiato per non aver potuto dormire fino a tardi, inoltre è anche il giorno in cui avviene il sessanta per cento delle riunioni che ti rovinano la vita. Il martedì fa schifo perchè ci sono ancora quattro giorni lavorativi da superare; odi te stesso e il mondo perchè sei intrappolato nella ruota per criceti chiamata vita, schiavo della paga. Il mercoledì è terribile perchè ti rendi conto, verso mezzogiorno, che è finita metà della settimana lavorativa ma il fatto che tu veda la vita in questo modo significa che non sei nient'altro che la terza vignetta di quel vecchio fumetto che non faceva ridere, Cathy, quella in cui lei si rende conto di essere una grassa zitella solitaria e le si drizzano i capelli in testa e fa un grido tipo aughhhhhh! Il venerdì è terribile perchè ti senti come un topolino da laboratorio che aspetta che il cibo venga messo nella sua gabbia, e in questo caso il cibo è il weekend. Il sabato va bene ma appena bene. E la domenica, come ho già detto, è la giornata dimenticata dal tempo, in cui non succede niente e ti ritrovi, perversamente, a desiderare che sia di nuovo lunedì. Per cui, il massimo sarebbe una settimana fatta di giovedì. Tutti sono di buonumore, la gente fa davvero quello che deve e un luccichio di sabato rende tutto più brillante.
Douglas Coupland (JPod)
Per capire una città bisogna conoscerne l'anima. Imbevuta del passato e in costante trasformazione, l'anima di una città rimane strettamente legata alla sua fisicità e alle azioni di quanti la amministrano. A volte ci si innamora o si ha disgusto di un posto dal primo momento : in un caso come nell'altro, è raro che questa prima impressione porti alla scoperta dell'anima. Le anime sono pudiche, rifuggono la ribalta e perfino la conversazione. Bisogna scovarle. Comunicano attraverso uno sguardo, un gesto, una parola. Quelle delle città comunicano attraverso le pietre, le piante, le strutture urbane, la folla e i singoli abitanti. La conoscenza di una città può avvenire per mezzo di libri, giornali, televisione, oltre che con l'osservazione diretta. Raramente, comunque, l'anima di una città si rivela per caso. Le città che si presentano al visitatore frontalmente, nella propria nudità, sono spesso false : costituiscono la difesa della città che sta sotto. Ciò non toglie che in certi casi la loro anima possa essere talmente forte e imperiosa da manifestarsi come tale al primo impatto. In una città nuova, mi lascio andare ai sensi e al caso. Senza pensare a niente, cammino, mi guardo intorno, mi unisco a una piccola folla curiosa, prendo i mezzi pubblici, compro il cibo di strada e mangio nei posti meno frequentati. Faccio una sosta, seduta su una panchina in un parco, bevendo una bibita in un caffè o appoggiata alla facciata di un edificio, come una mosca su un muro : e da lì osservo, odoro, ascolto. Se sono fortunata, piano piano l'anima del luogo mi si rivela.
Simonetta Agnello Hornby (La mia Londra)
«Grazie per il cibo e il pompino. Il migliore che abbia mai avuto.» Lui infilò le mani nelle tasche della felpa e sorrise, con il rossore che gli strisciava sul collo. «Il cibo o il pompino?» Si morse il labbro. Non voleva sembrare ingrato, ma Ethan meritava la verità. «Il pompino, ma ho apprezzato quello che hai fatto con il pane.» Quest’ultimo lanciò un'occhiata verso la casa prima di chinarsi verso di lui. «È perché hai un cazzo fantastico,» sussurrò per poi raddrizzarsi di nuovo. Robert spalancò gli occhi fissando verso la patta di Ethan e afferrò la portiera, conscio di doversene andare alla svelta se non voleva rimanere lì. «Te ne devo uno.» «Non vedo l'ora che sia mercoledì, allora.»
K.A. Merikan (Diary of a Teenage Taxidermist)
Dicono che la compassione è un cibo amaro, ma è sempre meglio dell'odio.
Cassandra Clare (City of Bones (The Mortal Instruments, #1))
«Attraversare il fiume per salvarli è stato molto coraggioso, ma anche da stupidi. Potevi morire.» “Lo so, ma alla fine qualcuno ti avrebbe trovato, e in casa c’era cibo a sufficienza.” Colin ringhiò e indossò dei guanti chirurgici. «Sei davvero un idiota. Non è questo il punto. Temevo che potessi annegare, poi avrei dovuto salvarti, così saremmo morti entrambi!» Taron non si era mai sentito come un marshmallow in una tazza di cioccolata, ma fu quello che provò quando udì le parole di Colin e osservò le sue dita affusolate preparare ago e filo.
K.A. Merikan (Wrong Way Home)
Con tutti questi lavori: invernare le api, mettere in ordine i libri nei nuovi scaffali, raccogliere i prodotti della terra, travasare il vino, dovrò anche trovare il tempo per portarmi giù la legna dal bosco, non servirà per questo inverno ma per quello successivo. Procurarsela così è differente che comperarla, e poi ripulisco il bosco. Il calore della legna è più naturale e più salubre di quello del gasolio; se anche dovesse venire molta neve e isolarmi (com'è accaduto l'inverno scorso), cadere la linea che porta la corrente elettrica e quella del telefono, avrò sempre caldo e lume, e cibo e vino, e romanzi e poemi da leggere e forse, anche storie da scrivere.
Mario Rigoni Stern (Tra due guerre e altre storie)
Taron tornò con uno zaino e dei vestiti. Li lanciò su di lui e poi indicò la borsa. “Acqua e cibo.” Si piegò su di lui e tirò il collare così forte che Colin ebbe paura di prendere la scossa. Tuttavia, sentì uno scatto, e l’anello di metallo cadde dal suo collo. Taron lo lanciò sul prato senza nemmeno controllare dove fosse finito. I suoi occhi erano arrossati quando disse: “Voglio che tu sparisca. Non mi interessa se chiamerai la polizia. Sono sempre stato tranquillo qui, e poi sei arrivato tu. Hai rovinato tutto. Vai. Sei libero. Vai da un cazzo di dottore. Non mi interessa.” Colin lo fissò, ancora incredulo, ma non osò chiedere. Si sentì quasi troppo nudo senza il collare, e sotto lo sguardo accusatorio di Taron si sentì piccolo e insignificante, come un granello di polvere. Non disse niente, e osservò con espressione sconvolta Taron sbattere la porta e lasciarlo da solo. Il collare non c’era più. Era libero
K.A. Merikan (Wrong Way Home)
Non capisci. Quale pensi che sarà la minaccia maggiore quando tutto andrà a rotoli? Chi verrà da te per cercare cibo e acqua? Le altre persone. Per questo McGraw non parlò nemmeno ai suoi nipoti di questo posto.” Il vecchio McGraw sembrava davvero bravo a comprendere le persone. Colin gli appoggiò una mano sulla fronte, e sospirò quando sentì che scottava, ma Taron si allontanò, facendolo arrabbiare ancora di più. «Non puoi dire cose del genere. Le persone possono contribuire a creare una comunità.» “Salvare le persone che ami potrebbe essere la tua rovina.” Colin scosse il capo. «Oh, per te sono tutti un peso, allora? Definiresti anche me un ostacolo?» Gli bastò vedere Taron riflettere sulla sua domanda per andare su tutte le furie, ma quello che seguì peggiorò la situazione. “Sì, ma tu sei qui, e non posso farci niente.
K.A. Merikan (Wrong Way Home)
Parallelamente a questa me stessa, ne era nata un’altra. Che aveva aperto gli occhi insieme a mia figlia, era sbocciata tra le sue ciglia e cresciuta stretta tra le sue dita leggere. Aveva osservato estasiata la meraviglia di ogni suo piccolo gesto e si era sorpresa nel pensare che quegli occhi avevano preso forma dentro di lei, che quel corpicino si era nutrito del suo cibo ed era stato cullato dal suo respiro. Aveva accarezzato la sua testolina fragile mentre dormiva, le aveva fatto sentire il suo respiro per calmarla, l’aveva cullata per ore. Si era strappata in mille pezzi a ogni pianto, e ricucita pazientemente a ogni alba. Era una me stessa senza alcuna certezza se non quella di amare quella bambina in modo incondizionato, e questo rendeva giusto tutto ciò che l’altra me stessa riteneva frustrante. Regalava il gusto dell’irripetibile a ogni istante della sua vita. Riconosceva la materia preziosa di cui era fatto quell’attimo di esistenza.
Chiara Cecilia Santamaria (Quello che le mamme non dicono)
Le periodiche testimonianze nel corso di tutto questo lungo periodo dell'abbandono di insediamenti in favore della pastorizia e della raccolta itinerante di cibo dimostrano come la sedentarietà sia stata una strategia e non l'ideologia che sarebbe diventata più tardi.
James C. Scott (Against the Grain: A Deep History of the Earliest States)
L’idea di averlo lasciato un giorno senza cibo e acqua mi faceva incazzare come una bestia e vergognare di me stesso. Non sarebbe dovuto accadere, avrei dovuto essere più accorto e preparato, ma il suo arrivo era stato tanto improvviso da lasciarmi spiazzato e confuso. Potevo anche essere un bastardo senza cuore, che amava la lotta e gli spargimenti di sangue, ma con lui era diverso. Era mio
Samantha M. (The Crazy Wolf (Italian Edition))
Attenzione, dunque, alla lezione di morale. C'era una volta, nell'antico paese delle favole, una famiglia in cui c'erano un padre, una madre, un nonno che era il padre del padre e quel già citato bambino di otto anni, un ragazzino. Si dava il caso che il nonno fosse già avanti con l'età, perciò gli tremavano le mani e gli cadeva il cibo dalla bocca quando erano a tavola, il che suscitava grande irritazione al figlio e alla nuora, sempre lì a dirgli di fare attenzione a ciò che faceva, ma il povero vecchio, per quanto lo volesse, non riusciva a trattenere il tremito, peggio ancora se lo sgridavano, e il risultato era che sporcava sempre la tovaglia o faceva cadere per terra il magiare, per non dire poi del tovagliolo che gli legavano al collo e che bisognava cambiare tre volte al giorno, a colazione, a pranzo e a cena. Erano ormai le cose a questo punto e senza alcuna aspettativa di miglioramento quando il padre decise di farla finita con la sgradevole situazione. Si presentò a casa con una scodella di legno e disse al padre, da oggi in poi mangerete qui, vi siederete sulla soglia della porta perché è più facile da pulire e così vostra nuora non dovrà più preoccuparsi di tante tovaglie e tanti tovaglioli sporchi. E così fu. Colazione, pranzo e cena, il vecchio seduto da solo sulla soglia della porta, che portava il cibo alla bocca come gli era possibile, metà si perdeva per strada, una parte dell'altra metà gli scivolava giù per il mento, e non era granché la quantità che finalmente gli scendeva giù per quello che il volgo chiama il gargarozzo. Non sembrava che al nipote importasse molto del pessimo trattamento riservato al nonno, lo guardava, poi guardava il padre e la madre, e continuava a mangiare come se lui non c'entrasse niente in quella faccenda. Finché un pomeriggio, rientrando dal lavoro, il padre vide il figlio che scolpiva con un temperino un pezzo di legno e credette, com'era normale e usuale a quei tempi remoti, che stesse costruendo un giocattolo con le sue stesse mani. L'indomani, però, si rese conto che non si trattava di un carrettino, per lo meno non si vedeva dove si potevano incastrare delle ruote, e allora domandò, che stai facendo. Il ragazzo finse di non aver udito e continuò a scavare il legno con la punta del temperino, questo avvenne nel tempo in cui i genitori erano meno timorosi e non correvano a togliere dalle mani dei figli uno strumento tanto utile per la fabbricazione dei giocattoli. Non hai sentito, che stai facendo con quel pezzo di legno, di nuovo domandò il padre, e il figlio, senza alzare gli occhi, rispose, sto facendo una scodella per quando sarete vecchio, babbo, e vi tremeranno le mani, per quando vi manderanno a mangiare sulla soglia della porta, come avete fatto con il nonno. Furono parole sante. Caddero le fette di salame dagli occhi del padre, che vide la verità e la sua luce, e che all'istante andò a chiedere perdono al progenitore e quando arrivò l'ora della cena con le sue stesse mani lo aiutò a sedersi sulla sedia, con le sue stesse mani gli avvicinò il cucchiaio alla bocca, con le sue stesse mani gli pulì dolcemente il mento, perché lui poteva ancora farlo mentre il suo amato padre non più.
José Saramago (Death with Interruptions)
Nel mondo montano le cose si comportano in modo strano e inusitato. Anche il tempo si torce e si deforma. Di fronte a scale temporali cadenzate in ere geologiche, perdiamo la percezione del tempo che ci è consueta. L'interesse e la coscienza del mondo di fuori scompaiono di fronte a una gerarchia di bisogni molto più immediati e vitali: calore, cibo, direzione, riparo, sopravvivenza. E se qualcosa va storto, anche il tempo si spezza, per riconfigurarsi attorno a quel momento specifico, a quell'incidente particolare. Tutto porta lì e da lì si dipana. È come se, per quanto riguarda la dimensione temporale, acquistassimo un nuovo centro dell'esistenza.
Robert Macfarlane (Mountains of the Mind: A History of a Fascination)
Addio, buon ladro” egli disse. “Io vado ora nelle sale di attesa a sedermi accanto ai miei padri, finché il mondo non sia rinnovato. Poiché ora l’oro e l’argento abbandono, e mi reco là dove essi non hanno valore, desidero separarmi da te in amicizia, e ritrattare quello che ho detto e fatto alla Porta”. Bilbo piegò un ginocchio a terra, pieno di dolore. “Addio, Re sotto la Montagna!” egli disse. “Amara è stata la nostra avventura, se doveva finire così; e nemmeno una montagna d’oro può essere un adeguato compenso. Tuttavia sono felice di aver condiviso i tuoi pericoli: questo è stato più di quanto un Baggins possa meritare”. “No!” disse Thorin. “In te c’è più di quanto tu non sappia, figlio dell’Occidente cortese. Coraggio e saggezza, in giusta misura mischiati. Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più lieto. Ma triste o lieto, ora debbo lasciarlo. Addio!”. Allora Bilbo si allontanò, e se ne andò in disparte; tutto solo si sedette avvolto in una coperta e, lo crediate o no, pianse finché i suoi occhi non furono rossi e roca la voce”.
J.R.R. Tolkien
Sai benissimo in cosa consista la vita, è fatta di qualità umane, tra le quali c'è un controllo dignitoso e intelligente degli appetiti che condividiamo con i cani. Un uomo non divora una carcassa o ulula su una collina dall'alba al tramonto; mangia cibo ben cucinato, se può permetterselo, e in quantità moderata, e adatta con saggezza i propri ardori alla convenienza.
Rex Stout (Alta cucina)
Come posso cantare queste dolcezze di cui ho colmo il cuore, se Egli mi riempie la bocca di gemiti? Come posso concedermi a queste ore, di cui m'è sorella ogni musica, se Egli mi uccide le parole, mi ruba ogni nota? L'amore e i dolci ricordi, le serate festose e i conviti, tutto disperso dalle Sue impazienze. Ogni cibo amareggiato, ogni oblìo inghiottito dalla Sua voracità. Ogni mia preghiera avvolta nella caligine incandescente.
David Maria Turoldo (O sensi miei...: Poesie 1948-1988)
Clara aveva il terrore degli incendi. «Ti rendi conto che siamo al quinto piano, e che non avremmo alcuna possibilità di fuga?». Se qualcuno bussava alla porta senza preavviso rimaneva come paralizzata. Gli amici lo sapevano, e si annunciavano sempre. «Sono Leo», oppure «Sono l’uomo nero. Mettete gli oggetti di valore in un sacco e passatemelo attraverso la porta». Il cibo troppo condito le dava il voltastomaco. Soffriva di insonnia, ma bastava farla bere un po’ e si addormentava come un angioletto – non che ci fosse da rallegrarsene troppo, perché col sonno arrivavano gli incubi, da cui si svegliava madida di sudore. Diffidava degli estranei, e ancor più degli amici. Era allergica ai frutti di mare, alle uova, al pelo di animale, alla polvere, e a chiunque non fosse pazzo di lei. Durante il ciclo soffriva di mal di testa, crampi, nausea, ed era di un umore schifoso. Aveva terrificanti attacchi di eczema. Teneva chiuso in un’anfora, contro il malocchio, un intruglio di pipì e unghie tagliate. Aveva paura dei gatti, soffriva di vertigini e se sentiva un tuono impietriva. Detestava i ragni, i serpenti, l’acqua, la gente. E io, lettore, questa donna l’ho sposata.
Mordecai Richler (La versione di Barney)
divino, vera nube leggera che diede alla luce colui che, con il suo corpo, sta al di sopra dei cherubini, vello irrorato di celeste rugiada…». La liturgia siro-maronita per la festa di “Nostra Signora delle sementi” recita: «O Cristo Dio, Verbo del Padre, tu sei sceso come la pioggia sul campo della Vergine e, come grano di frumento perfetto, tu sei apparso laddove nessun seminatore aveva mai seminato e sei diventato cibo per il mondo… Noi ti magnifichiamo, Vergine Madre di Dio, vello che assorbì la rugiada celeste, campo di frumento benedetto per soddisfare la fame del creato». Il vello è il grembo di Maria nel quale entra la rugiada divina dello Spirito che genera il Cristo. Verginità e maternità divina si intrecciano nell’unica immagine del vello intriso di rugiada. La grandezza di Maria è tutta in questa irruzione del divino nell’umano, aperto e disponibile al divino. In Maria si stende un orizzonte di luce e di grazia per cui essa diventa segno di un mondo rinnovato sul quale scende la rugiada vivificatrice di Dio. Preghiera Ave, o gioia desiderabile. Ave, o esultanza delle chiese. Ave, o nome che ispira dolcezza. Ave, o volto che irradia divinità e grazia. Ave, o vello salvifico e spirituale. Ave, o madre dell’intramontabile splendore, avvolta di luce. Ave, o illibatissima madre della santità. Ave, o fonte limpidissima dell’onda vivificante. Ave, o nuova madre, sede della nuova generazione. Ave, o ineffabile madre di un mistero inafferrabile. Ave, o creatura che hai afferrato il tuo Creatore. Ave, o piccola dimora che contenesti l’Incontenibile!
Gianfranco Ravasi (Un mese con Maria (Italian Edition))
Principalmente non si mangia mai da soli. Il cibo è determinante alla comunicazione tra le persone. Il cibo e la famiglia, per questo ne ho fatto un simbolo.
Banana Yoshimoto
Cucinare perl le persone alle quali si vuole bene significa impegnare del tempo ai loro gusti, alla loro crescita, al loro benessere.
Barbara Buganza (In cucina con Banana Yoshimoto. L'amore, l'amicizia, la morte, la solitudine nel cibo)
Alexa, e gli altri ospiti, e forse anche Georgina, capivano tutti la fuga dalla guerra, dal tipo di povertà che distruggeva l'animo umano, ma non avrebbero capito il bisogno di scappare dall'opprimente letargia dell'assenza di scelta. Non avrebbero capito perché persone come lui, cresciute con cibo e acqua abbondanti ma impantanate nell'insoddisfazione, abituate fin dalla nascita a guardare altrove, da sempre convinte che la vita vera fosse altrove, ora fossero decise a fare cose pericolose, illegali, come partire; nessuno di loro moriva di fame, o subiva violenze, o veniva da villaggi bruciati, ma aveva semplicemente sete di scelte, di certezze.
Chimamanda Ngozi Adichie
«Che cosa intendi con “lavorare sodo”?» chiese Gao Yao. «Quando il diluvio è arrivato fino al cielo, circondando le montagne e sommergendo le colline, il popolo è stato inghiottito dalle acque» disse Yu. «Ho viaggiato in carrozza sulla terra, in barca sulle acque, in slitta sul fango e in portantina sui monti. Ogni volta che sono arrivato su una montagna, ho fatto tagliare degli alberi e, con l’aiuto di Yi, ho fatto in modo che tutti avessero cibo e carne da mangiare. Ho riportato l’acqua che aveva invaso i campi nel letto dei fiumi e l’acqua che era nei fiumi nel mare. Con l’aiuto di Ji, ho distribuito tra la popolazione beni difficili da reperire. Là dove c’erano carenze, rimediavo prendendo dai luoghi in cui c’erano eccedenze. Ho fatto trasferire famiglie intere. In questo modo tutti si sono sistemati e pace e ordine ora regnano ovunque.» «Bene! Queste sono davvero perle di saggezza» approvò Gao Yao.
Lu Xun (Fuga sulla luna)
Centomila gavette vuote di cibo, colme di ghiaccio, costellavano la neve e segnavano la sorte dei combattenti imprigionati nella sacca presso il Don.
Giulio Bedeschi (Centomila gavette di ghiaccio)
Un delitto così abietto che trascende la comprensione. Una piaga che nessun pianto potrebbe descrivere. Un fallimento che annienta ogni nostro successo. La terra è feconda i fiori sono ordinati, i tronchi sono robusti, la frutta è matura. E i bambini affetti da pellagra devono morire perché da un'arancia non si riesce a cavare profitto. E i coroner devono scrivere sui certificati "morto per denutrizione" perché il cibo deve marcire, va costretto a marcire.
John Steinbeck (The Grapes of Wrath)
comportamento riflette l’importanza, per ogni singolo individuo, di mantenere il branco in salute. Il lupo sa che il gruppo è il sistema che gli garantisce la vita. Questa consapevolezza è stata poi ereditata dal cane, infatti, anch’esso sa che dalla famiglia umana nella quale si è integrato dipende la sua vita. Per questa ragione accetterà qualunque compromesso pur di rimanervi. L’aspetto più sbalorditivo studiato da Adolph Murie, riguarda l’amicizia tra i singoli. I lupi, anche da adulti, giocano a rincorrersi, si azzuffano coi piccoli, corrono intorno a una radura o su una sponda innevata con l’andatura barcollante di un cavallo. Si spaventano a vicenda, scagliandosi su chi sta riposando o sbucando all’improvviso da piccoli nascondigli, si donano oggetti, in particolare pezzi di cibo, si pavoneggiano sfilando con in bocca rami oppure ossa.
Daniela Ciotti (Il Cane Lupo Cecoslovacco (Miscellanea))
Irani, la madre di Kulìa, si avviò a passo deciso verso il centro del villaggio, portando una coppa di infuso del mattino, bollente. Si sedette a fianco alla Madre, la salutò con gentilezza e le offrì la bevanda. - Ti sei svegliata presto, Madre. Bevi. - Avrei voluto svegliarmi prima, figlia. - Perché? - Avrei smesso di sognare. Non era un buon sogno. Tutto era alla rovescia e nessuno rimetteva le cose a posto. - Alla rovescia? Cosa? - Tutto, Irani, tutto era alla rovescia. Le persone, la vita, gli alberi. Le persone giacevano a terra ferite e morte, le donne venivano portate via per i capelli, i bambini sudavano tutto il giorno costretti a lavorare, gli alberi erano grigi e morti, il fumo era dappertutto. - La Madre continuava a stringersi la testa con le mani. Irani non l’aveva mai vista così - Cosa pensi che significhi, Madre? Intorno tutto era così verde, le persone erano in giro per il villaggio o sulla spiaggia, i bambini giocavano, a nessuno sarebbe passato per la testa di trascinare una donna per i capelli. La visione della Madre era la visione dell’impossibile. - Non lo so. Sembra impossibile ma pareva che tutti fossero abituati a vivere alla rovescia, come se fosse normale. Ho visto persone riccamente che davano ordini a persone vestite di stracci e queste si inchinavano. Ho visto donne chiuse da maschi in luoghi da cui non si poteva uscire. Bambini che non avevano cibo. - Madre, ciò è impossibile. Le donne sono le creatrici rispettate da tutti, i bambini mangiano sempre per primi, nessuno si inchina a nessun altro, siamo un popolo di gente libera. - Non capisci, era tutto alla rovescia. Tutto, ti dico. I villaggi non erano villaggi, non finivano mai, continuavano sempre. La campagna era lontana giorni e giorni di marcia. Non c’era un fiume in cui lavarsi, non c’erano orti da coltivare, le persone morivano e altre persone gli passavano accanto senza vederle, le persone non si salutavano, Irani. Le persone non si conoscevano. - Hai sognato ciò che non può essere, Madre. Hai sognato il contrario della vita, della libertà, della gioia. Perché dovrebbe succedere una cosa simile? Chi vorrebbe vivere così? Nessuno, Madre, e non può succedere. - Succederà, l’ho visto e l’ho sentito, le ossa mi fanno male da quanto sto soffrendo. La testa mi scoppia per quello che sto pensando. Non credo che vivrò ancora a lungo, non credo che potrò più dormire. Convoca il consiglio.
Sara Morace (I racconti di domani)
Be', se la mettiamo così, vi svelerò il segreto...La spiegazione scientifica è che, a prescindere da età, razza e numero di previdenza sociale, ogni nostra decisione, consapevole o inconscia, è guidata dalla ricerca della felicità. A livello primario è facile stabilire cos'è la felicità: un tetto sulla testa, cibo a sufficienza per noi e per la nostra famiglia, una protezione dagli attacchi dei vicini. Noi però apparteniamo ai privilegiati del mondo e tutto questo e tutto questo lo abbiamo già, perciò la situazione si complica. Continuiamo a cercare la felicità e la vogliamo ad ogni costo, ma non sappiamo di preciso cosa sia, questa felicità. Allora facciamo quello che fanno tutti: aspiriamo a un lavoro redditizio, una grande casa, una bella macchina. Se tutti vogliono queste cose, devono essere quelle giuste. Ogni mese passiamo dal via, ritiriamo i nostri soldi e ricominciamo il giro. A 45 anni ci siamo sistemati, ma sentiamo che in un certo senso la nostra vita è sbagliata, che ci manca qualcosa. Se invece ci fermiamo a disegnare la nostra mappa del tesoro....Nell'ambiente protetto del corso, ognuno rappresenta la propria felicità. Non quella dei signori x della porta accanto, la sua, su misura. Tornata a casa con un bel collage da attaccare al frigo in cucina o nascondere in un cassetto del comodino. Magari lo dimentica, ma il collage resta memorizzato nella sua testa. E ogni volta che deve prendere una decisione, il cervello, programmato per la ricerca della felicità, si orienta in base al disegno attaccato al frigo o nascosto nel cassetto. Se siamo motivati a realizzare la nostra felicità personale, quella su misura per noi, svanisce il desiderio si avere una macchina più bella di dei vicini. La mappa del tesoro indica una strada al cervello, che adesso è programmata per imboccarla. Ed è quello che succede. Una mattina ci svegliamo, e i sogni contenuti nella mappa del tesoro sono diventati realtà. Fine
Caroline Vermalle (La felicità delle piccole cose)
Le parole sono una forma elementare di mnemonica: una sequenza di suoni (l’alfabeto) usati per ricordare qualsiasi cosa, dalla più piccola alla più grande. Il linguaggio è, in sostanza, il ricorso a queste particolari mnemotecniche – le parole – per creare significato. E il parlare altro non è che un sistema ... mnemonico: un sistema che ha permesso all’Homo sapiens di assumere il controllo dell’intero mondo. È il linguaggio, e il linguaggio soltanto, con la sua mnemonica, che crea la memoria nel momento in cui l’Homo sapiens ne fa esperienza. Persino le scimmie più intelligenti non hanno pensieri, al massimo reazioni condizionate a certe pressioni primordiali, primi fra tutti il bisogno di cibo e il timore di fronte a minacce fisiche. Si badi bene, però, che la mnemonica non è semplicemente al servizio del linguaggio: la mnemonica è il linguaggio. Per tutta la storia del parlare umano – ed è irrilevante azzardare le solite congetture paleontologiche riguardo la sua datazione – l’uomo ha convertito oggetti, azioni, pensieri, concetti ed emozioni in codici chiamati convenzionalmente parole. Oggi nessuno sa – e non c’è ragione di ritenere che qualcuno avrà mai buone probabilità di saperlo – quando sia accaduto all’Homo sapiens di usare le parole come mnemonica, ma attualmente vi sono in tutto il mondo sei-settemila sistemi mnemonici diversi, meglio noti come lingue. Questi, e questi soli, sono il linguaggio. Semplici e chiari. Potrà anche essere divertente starsene a guardare individui, peraltro di comprovata intelligenza, spaccarsi il cranio contro lo stesso firewall: intere mandrie, intere generazioni, ere, età, un intero, luminoso firmamento di individui... Ma fino a quando?
Tom Wolfe (Il regno della parola)
Una volta i parametri del Sogno erano ingabbiati dalla tecnologia e dai limiti dell’uso dei cavalli e del vento. Ma i Sognatori hanno fatto grandi progressi, e l’utilizzo dell’acqua per l’elettricità, l’estrazione del carbone, la trasformazione del petrolio in cibo hanno reso possibile un’espansione del saccheggio senza precedenti. E questa rivoluzione ha reso capaci i Sognatori di massacrare non solo i corpi degli umani bensì il corpo della Terra stessa. La Terra non è una nostra creazione. Non ha nessun rispetto per noi. Non ha nessun fine. E la sua vendetta non sarà il fuoco nelle città ma le fiamme del cielo. Qualcosa di ben più violento di Marcus Garvey corre nella tempesta. Qualcosa di ben più terribile di tutti i nostri avi africani si sta alzando insieme agli oceani. I due fenomeni si conoscono. È stato il cotone passato attraverso le nostre mani incatenate che ha inaugurato questa era. È la fuga da noi che li ha spinti a sparpagliarsi nelle foreste, a distruggerle e mettere recinzioni. E il mezzo di trasporto per attraversare queste nuove suddivisioni, per circolare nell’enorme distesa che si è creata, è l’automobile, il cappio stretto intorno al collo della Terra, e in fondo degli stessi Sognatori. Lasciai la casa di Mabel Jones pensando a tutto questo. Mentre mi allontanavo in macchina pensavo a te, come sempre. Non credo sia possibile fermarli, Samori, perché in ultimo devono riuscire a fermarsi da soli. E ancora ti incoraggio a combattere. Lotta per la memoria dei tuoi avi. Lotta per la saggezza. Lotta per il calore della Mecca. Lotta per tua nonna e tuo nonno, e per il tuo nome. Ma non lottare per i Sognatori. Spera per loro. Prega per loro, se credi. Ma non pensare che la tua lotta debba diventare la ragione della loro conversione. I Sognatori dovranno imparare a combattere da soli, e capire che il campo di battaglia per il loro Sogno, il palcoscenico dove si sono dipinti di bianco, è il letto di morte di tutti noi. Il Sogno è la stessa consuetudine che mette in pericolo il pianeta, che vede i nostri corpi immagazzinati nelle prigioni e nei ghetti.
Ta-Nehisi Coates (Between the World and Me)
Il bambino fuggì una terza volta: andava dalla madre, che se ne stava sotto un albero. Aveva accatastato due pietre, e sopra aveva messo un piccolo recipiente di terracotta, e stava cuocendo qualcosa che aveva raccolto dall'immondizia. Le Sorelle gli chiesero: "Perché scappi sempre da casa?". E il bambino rispose: "Ma casa è qui, perché è qui che c'è la mamma". La mamma era lì. Quella era la casa. Che il cibo fosse raccolto dall'immondizia andava benone, perché era la mamma a cucinarlo; lì c'era la mamma che lo coccolava, che lo voleva. Quel bambino aveva la sua mamma.
Kathryn Spink
La rabbia folle contro il mondo Lorenzo Mondo | 414 parole All’indomani della guerriglia che ha devastato il centro di Milano vanno segnalate, oltre a quelle attribuibili alla più cupa violenza, le responsabilità di ordine morale e, prima ancora, intellettivo. Mi riferisco ai manifestanti che, sfilando con intenzioni pacifiche, hanno ceduto involontariamente la scena ai black bloc. Avevano ovviamente il diritto di sfilare, ma non si capisce bene il perché. L’Expo di Milano è incentrata sui temi della nutrizione, del diritto al cibo, dello sviluppo compatibile. Si tratta di una proposta avvincente, rincalzata dalle parole del Papa sulla sacralità del «nostro pane quotidiano», sulla necessaria «globalizzazione della solidarietà». Certo, gli episodi di corruzione hanno rischiato di mortificare l’immagine dell’evento, e certo, tra il dire e il fare corre una bella differenza. Ma non si può disconoscere la nobiltà dell’assunto. E ancora, i pacifici contestatori se la prendono con le multinazionali, le banche, i capitalismi assortiti. Trascurano il fatto che nei padiglioni espositivi si sono date convegno le rappresentanze di 145 nazioni. Un variegato panorama di Paesi retti da regimi liberali, autoritari e anche dittatoriali, opulenti e miserabili (Nepal compreso, la cui postazione, a causa del terrificante terremoto, ha dovuto essere rifinita da artigiani bresciani e bergamaschi). Tutti contenti di partecipare, di aderire almeno formalmente ai temi proposti. E registriamo allora il paradosso di gente che si trova a manifestare, senza distinzioni, contro l’universo mondo. Altro discorso riguarda la furia cieca dei professionisti della violenza e del saccheggio. Istituzioni e partiti hanno espresso unanimi la denuncia del teppismo organizzato, la sua inammissibilità. Ci mancherebbe altro. Ciò che manca è una adeguata opera di prevenzione e la durezza delle sanzioni, favorita dalla lassitudine delle leggi e delle loro applicazioni che ci fa apparire agli occhi dei malviventi come il Paese di Bengodi. Di questi giorni convulsi conserviamo, a conforto, due immagini che identificano l’Italia migliore. Il signore che, alle avvisaglie dei più gravi tumulti, dando voce al disagio dei cittadini, si è presentato sul balcone di casa, dove aveva esposto il tricolore, ed è rimasto imperterrito sotto il lancio colaticcio di uova da parte della marmaglia studentesca. E poi la faccia distesa di Romano Bignozzi, il settantottenne capocantiere dell’Expo, che ha ricevuto una lettera firmata da oltre 1.500 operai: a esprimergli la loro gratitudine per avere ben guidato il loro faticoso ma esaltante lavoro.
Anonymous
-'Videogiochi, telefilm, sesso e buon cibo. Sono superficiale, vero?' - 'No.' Si avvicina per baciarmi, succhiando il labbro superiore fino a farmi mugolare. 'Sei perfetta.
Alessia Esse (La tentazione di Laura (Nel cuore di New York, #1))
Perché pensiamo all'oceano come a una semplice riserva di cibo, petrolio e minerali? Il mare non è un banco delle occasioni. Siamo accecati dalla cupidigia per le sue grandi ricchezze subacquee. La più grande risorsa dell'oceano non è materiale, ma è data dalla fonte illimitata d'ispirazione e di benessere che ne traiamo. Ma rischiamo di contaminarlo per sempre proprio quando stiamo imparando la sua scienza, la sua arte e la sua filosofia e come vivere nel suo grembo.
Jacques-Yves Cousteau
E così passai attraverso lo specchio, passai nel mondo a rovescio, dove il su è giù e il cibo è ingordigia, dove le pareti sono rivestite di specchi convessi, dove la morte è onorevole e la carne debole. Andarci è facilissimo. Più difficile trovare la via del ritorno. Rivedo la mia vita come si guarda un brutto film d’azione, seduti sull’orlo della sedia gridando: «No, no, non aprire quella porta! C’è il cattivo, ti prenderà, ti tapperà la bocca con una mano e ti legherà, così perderai il treno e tutto andrà in pezzi!» Solo che in questa storia non esiste il cattivo. Purtroppo la persona che è saltata fuori dalla porta, mi ha afferrata e mi ha legata ero io. Il mio doppio, la ragazzina scarna e cattiva che sibila: non mangiare. Non ti permetterò di mangiare. Appena sarai magra ti lascerò andare, giuro che lo farò. Appena sarai magra andrà tutto bene. Bugiarda. Non mi ha mai lasciata andare. E io non sono mai stata capace di liberarmi.
Marya Hornbacher (Wasted: A Memoir of Anorexia and Bulimia)
In Sicilia l'unica cosa seria è la ristorazione, le dico, alzandomi. E anche quella è un bluff. Il novanta per cento è roba fritta, panelle arancine cazzilli, ci piace vincere facile.
Giuseppe Rizzo (Piccola guerra lampo per radere al suolo la Sicilia)
Labri non è felice. Il soldato a cui è assegnato lo stratta male: spesso lo picchia, ma perlopiù non lo degna nemmeno di uno sguardo. Sta quasi tutto il giorno alla catena. Ha freddo, è malato, ed è abbandonato a se stesso. Non vive, si limita ad esistere. Ogni tanto, quando c’è del movimento intorno a lui, spera di uscire: si alza, si stiracchia e scodinzola per far vedere che è pronto. Ma è un’illusione, e si riaccuccia con lo sguardo fisso oltre la sua scodella piena di cibo. È stufo, disgustato da questa vitaccia. Anche se riuscirà a scampare ai proiettili e alle bombe ai quali è esposto quanto noi, finirà per morire qui. Fouillade stende la sua mano asciutta sulla testa del cane, e quello lo fissa di nuovo. I loro sguardi sono uguali. L’unica differenza è che uno viene dall’alto e uno dal basso.
Henri Barbusse (Under Fire)
Il cibo e gli abiti sono dei bisogni fondamentali, l'umanità da quando esiste si dà da fare ogni giorno per procurarseli. Ma limitarsi a questi sarebbe davvero poco umano
Acheng (La Trilogia dei Re)
In assenza di Bandini, la casa non era piu' la stessa. Dopo cena i ragazzi, appesantiti dal cibo, si stesero sul pavimento del soggiorno, vicino al calore benefico della stufa. Arturo la riempì di carbone, e la stufa lo ringraziò ronfando e sibilando, ridacchiando sommessa mentre i tre fratelli le stavano sdraiati intorno, sazi. In cucina Maria rigovernava le stoviglie consapevole del piatto in meno da riporre, della tazza in meno. Quando la ripose nella credenza, la tazza di Bandini, tutta ammaccata, piu' grande e piu' goffa delle altre, sembrava far mostra d'orgoglio ferito per non essere stata usata durante il pasto. Nel cassetto delle posate, il coltello di Bandini, il suo preferito, il coltello piu' tagliente e minaccioso del servizio, scintillò alla luce. Ora la casa perdeva la sua identità. Un'asse smossa sussurrava ironicamente al vento; i fili elettrici sfregavano contro il tetto della veranda, beffardi. Il mondo degli oggetti inanimati trovava voce, conversava con la vecchia casa, ed essa chiacchierava, con il gusto di una vecchia pettegola, dello scontento all'interno delle sue mura. Le tavole del pavimento, sotto i piedi di Maria, cigolavano il loro basso piacere. Bandini non sarebbe tornato a casa quella notte.
John Fante (Wait Until Spring, Bandini (The Saga of Arturo Bandini, #1))
A ben guardare, però, c'erano dei segnali incoraggianti. I leader politici riuniti a Copenaghen hanno finalmente ammesso che il cambiamento climatico non è solo una questione ambientale, ma anche sociale ed economica. Di conseguenza, qualsiasi soluzione al problema del clima richiede anche cambiamenti fondamentali nelle nostre economie, nei nostri sistemi finanziari, nei modi in cui costruiamo le nostre città, produciamo il cibo, e persino ai modi in cui ci rapportiamo gli uni con gli altri - un cambiamento dei nostri modi di pensare davvero enorme. Ciononostante, avevamo parecchie cose per cui essere depressi, mentre sostavamo all'esterno del Bella Center.
Johan Rockström (Big World, Small Planet: Abundance within Planetary Boundaries)
Mi sono innamorato di Yasmen sognando il nostro futuro radioso davanti a del cibo d’asporto cinese, in una topaia senza riscaldamento e con l’acqua priva di pressione. Mi sono innamorato di Yasmen, un po’ di più e a fondo, ogni volta che mi ha permesso di entrare dentro di lei, mostrandomi che la passione può scottare, se la si assaggia. Quando si è rimboccata le maniche e ha riversato la sua creatività, la sua impareggiabile energia, nell’avvio di un’attività di cui possiamo essere orgogliosi. Quando ha partorito i nostri figli ed è diventata una madre esemplare, che sostiene gli altri, che porta il mondo sulle sue spalle con una grazia infinita. Persino quando è crollata, ha tenuto duro; nonostante la grande tentazione di arrendersi e di abbandonarci, è rimasta per noi e ha lottato finché non ha ritrovato sé stessa. Mi sono innamorato della donna guerriera che ha attraversato il fuoco, quella che ne è uscita più forte, rimodellata dal dolore, plasmata dal lutto, rinata nella gioia.
Kennedy Ryan (Before I Let Go (Skyland, #1))
Avevano deciso di vedersi direttamente davanti Di Martino 3. “Tre” perché il locale, storico ritrovo palermitano della periferia triste dell’era del sacco della città, era stato incendiato e ricostruito tre volte, fino ad adesso. Le motivazioni intuibili. Il posto, in questa sua terza versione anni duemiladieci, non era altro che un locale ampio, mal illuminato, con una cucina al coperto e tanti tavolini con la tovaglia di carta sotto un gazebo di plastica, riparo per la pioggia e per il sole, a seconda della stagione. Nonostante l’aspetto sempre più trasandato, quello di come se i proprietari si fossero ormai rotti i coglioni di mettere dell’impegno in una cosa che tanto fra un po’ verrà distrutta, il cibo da Di Martino è sempre una garanzia, sin dalla prima apertura. Panini giganteschi, grondanti ogni ben di Dio, frittura asciutta e sporca, come ogni palermitano la gradisce. Proprio quello di cui ha voglia, tanto non gli fa male mettere un po’ di carne sulle ossa.
Chiara D'Agosto (Vento di Scirocco)
Sai quando si dice che devi amare te stesso prima di poter amare un altro, nutrire prima te stesso e poi gli altri, aiutare te stesso e poi gli altri che tipo di persona ha il coraggio di dire questo, chi ha le palle per dire parole del genere che gli indifesi, gli affamati e i trascurati non meritano sostegno, cibo, amore? E se poi si è incapaci di amare se stessi, allora che succede?
Pajtim Statovci (Bolla)
Non chiedermi se Dio esiste, ma perché è così stronzo. Nemmeno il peggior imbecile può negare l’esistenza del male. Ogni giorno ci muoviamo nella sua ombra. I migliori di noi si elevano sopra di esso, i peggiori lo inghiottono tutto intero, ma ognuno di noi ci sguazza fino si fianchi, in ogni momento della sua vita. Benedizioni e maledizioni ricadono allo stesso modo sugli spietati e sui giusti. Per ogni preghiera ascoltata, diecimila vengono ignorate. E i santi soffrono accanto ai peccatori, preda di mostri sputati dal ventre stesso dell’inferno. Me se esiste un inferno, non deve esserci anche un paradiso? E se esiste un paradiso, non possiamo chiedere perché? Perché, se l’Onnipotente ha intenzione di mettere fine a tutta questa malvagità, ma per qualche motivo non è capace di farlo, non è poi così onnipotente come i pregi vorrebbero far credere. E se ha intenzione ed è capace di metter fine a tutto quanto, come mai esiste questa malvagità? E se non ha intenzione né è capace di porvi un freno, non è affatto un dio. Resta solo una possibilità: può fermarlo, ma sceglie di non farlo. Bambini strappati dalle braccia dei genitori. Pianure sconfinate di fosse senza nomi. Morti senza riposo che ci danno la caccia alla luce di un sole oscurato. Ora siamo prede, mon ami. Siamo cibo. Ed egli non ha mai sollevato un fottuto dito per impedirlo. Avrebbe potuto. Ma non l’ha fatto. Ti sei mai chiesto cos’abbiamo fatto per indurlo a odiarci così tanto?
Jay Kristoff (Empire of the Vampire (Empire of the Vampire, #1))
La donna grassa, obesa, si isola fisicamente grazie alla sua barriera protettiva, dato che non riesce a farlo a livello psichico. Servendosi della ripugnanza che ispira, tiene letteralmente gli altri a distanza. Ho conosciuto donne grasse che, dopo aver perso venti chili, tornavano rapidamente a ingrassare proprio perché erano incapaci di sopportare l'interesse suscitato dal loro nuovo aspetto. All'improvviso uomini e donne si comportavano con loro in modo totalmente diverso e questo le terrorizzava, perché erano prive della barriera protettiva.
Renate Göckel (Donne che mangiano troppo: Quando il cibo serve a compensare i disagi affettivi)
Nel caso del cibo, non basta ingerirlo, bisogna anche digerirlo. L’apparato digerente è considerato dai profani un organo interno al corpo, ma dal punto di vista scientifico è un organo contiguo all’ambiente esterno. Se il cibo non viene digerito e assorbito, in realtà viene soltanto sospinto attraverso una lunga e stretta porzione dell’ambiente del corpo umano.
Daisaku Ikeda (La vita: Mistero prezioso (Italian Edition))
Che razza di cibo ti davano da piccolo che ti ha reso in grado di buttar giù un muro a mani nude!?
Gege Akutami (呪術廻戦 1 [Jujutsu Kaisen 1])
1. Più importanza dai al cibo, più ne vuoi per te. 2. Se non cambi rischi di scomparire. 3. Cosa fareste se non aveste paura? 4. Annusa spesso il cibo, così ti accorgi se diventa vecchio. 5. Seguire una direzione nuova aiuta a trovare del cibo nuovo. 6. Quando superi le tue paure ti senti libero. 7. Se immagini di gustare il nuovo cibo prima di gustarlo, scoprirai la via giusta per conquistarlo. 8. È meno pericoloso affrontare il labirinto, che rimanere fermi ed affamati! 9. Se segui le tue vecchie convinzioni non arriverai mai al nuovo cibo. 10. Quando ti accorgi che puoi trovare e gustare il nuovo cibo, modifichi il tuo comportamento. 11. Se noterai per tempo i piccoli cambiamenti, sarà più facile adattarti a quelli grandi quando arriveranno.
Spencer Johnson;
La vista che si offre allo sguardo dall'alto dei rilievi circostanti è di grande bellezza: migliaia di ville, il vecchio e il nuovo Schloss, la Stiftskirche, l'Opera, i musei e quelli che un tempo erano i parchi reali. Ovunque un'infinità di Höhenrestaurants, sulle cui ampie terrazze la gente di Stoccarda soleva trascorrere le calde sere d'estate, bevendo vino del Neckar o del Reno e ingozzandosi di enormi quantità di cibo: insalate di carne e patate, Schnitzel Holstein, Bodenseefelchen, trote della Foresta Nera, salsicce calde di fegato e sanguinaccio con i crauti, Rehrücken con Preiselbeeren, tournedos in salsa bernese e Dio sa cos'altro, il tutto seguito da una straordinaria scelta di torte farcite, guarnite di panna montata. Se i cittadini di Stoccarda si fossero dati la pena di alzare gli occhi dal piatto, avrebbero visto, tra gli alberi e i cespugli di alloro, la foresta che si stendeva per chilometri e chilometri, e il Neckar che scorreva lento tra i dirupi, i castelli, i pioppeti, le vigne e le antiche città, verso Heidelberg, il Reno e il Mare del Nord.
Fred Uhlman (L'amico ritrovato)
Voglio dire che nel momento in cui lo vidi, in cui vidi quell'aura innaturale e percepii ch'era una creatura a me sconosciuta, io mi ridussi a nulla. Quell'lo che non riusciva ad accettare la presenza di un essere straordinario accanto a sé fu annientato. Tutte le mie costruzioni mentali, e persino il mio senso di colpa e la voglia di morire, mi sembravano ormai prive di senso. Mi dimenticai completamente di me stesso! Di me stesso, nel modo più assoluto. E in quell'istante seppi perfettamente il significato delle nuove possibilità che mi si schiudevano. Da allora in poi provai soltanto una crescente meraviglia. Quando mi parlò e mi disse che cosa potevo diventare, qual era stata e quale sarebbe stata la sua vita, il mio passato divenne cenere. Analizzai la mia vita come fosse quella di un altro... la vanità, l'egoismo, la fuga costante dal- le piccole seccature, la devozione formale a Dio, alla Vergine e a un sacco di santi i cui nomi riempivano i miei libri di preghiera e nessuno dei quali, tuttavia, incideva minimamente nella mia esistenza meschina, materialistica e interessata. Vidi i miei veri dèi... gli dèi della maggior parte degli uomini. Il cibo, il bere, e la sicurezza nel conformismo. Cenere».
Anne Rice (INTERVIEW WITH THE VAMPIRE By ANNE RICE reprint assumed)
«Siamo quelle che per prime hanno arato la terra quando Modise (Dio) la creò», recitava un antico poema setswana. «Noi siamo quelle che preparano il cibo. Noi siamo quelle che badano agli uomini quando sono ancora bambini, quando sono giovanotti e quando sono vecchi e in procinto di morire. Noi ci siamo sempre. Ma siamo solo donne, e nessuno ci vede.»
Alexander McCall Smith
È una madre quella che calpesta la dignità dei figli? Quella che toglie loro il pane di bocca? Quella che sottrae loro le terre dove sono nati per riempirle di genti altre, straniere, che a loro volta sono costrette con la forza ad abbandonare la patria? Credi siano nati qui tutti i Tamil nelle vostre case? È una madre quella che non si cura della lingua dei propri figli? Dei loro Dei? Dei loro pensieri? Della loro storia, delle loro usanze, del loro cibo, della loro arte. È una madre quella che pretende di guidare il figlio senza conoscerne le inclinazioni, le passioni, l’indole? È una madre quella che sostituisce i sentimenti con le apparenze? Quella che simula l’affetto e cova il disprezzo? Che irride, che sdegna, che schiaffeggia, che premia i cattivi esempi e reprime le virtù?
Amalia Frontali (La Gemma di Ceylon)
«L'ultima volta che ho provato il cibo dei padroni, ho avuto mal di stomaco per tre giorni. I nuovi sapori sono come le nuove idee, giovanotto: più invecchi, più sono difficili da digerire.»
Brandon Sanderson (Mistborn Trilogy Boxed Set (Mistborn, #1-3))
Se insisti a comprare cibo scadente, devi essere pronto a disgustarlo.
Idries Shah
La cucina è estrosa, dicono i fiorentini, e sta bene perchè tutte le pietanze si possono condizionare in vari modi secondo l'estro di chi le manipola; ma modificandole a piacere non si deve però mau perder di vista il semplice, il delicato e il sapore gradevole, quindi tutta la questione sta nel buon gusto di chi le prepara.
Artusi Pellegrino (La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene (Italian Edition))
I sogni dei partigiani sono rari e corti, sogni nati dalle notti di fame, legati alla storia del cibo sempre poco e da dividere in tanti: sogni di pezzi di pane morsicati e poi chiusi in un cassetto
Italo Calvino
L'industria della carne ha provocato, fra gli statunitensi, più morti di tutte le guerre di questo secolo. Se la carne è la vostra idea di "cibo vero per gente vera", farete meglio a vivere in un luogo veramente vicino a un ospedale veramente efficiente
Neal D. Barnard
Secondo me esiste una Dea Madre che controlla tutta la natura e il mondo. Di fatto tutta la natura è la Madre Dea ed è lei che nutre e crea ogni vita. Puoi parlarle e puoi sentire il suo calore nel sole e nella terra in primavera. Puoi sentire la sua pelle nell’erba soffice e nel pelo degli animali e delle piume degli uccelli. Puoi sentire il suo gusto nel cibo che prendi dalla natura e nella dolce acqua di un torrente. Puoi sentire il suo profumo nelle foreste di pini e nelle foglie secche e nel caprifoglio e nelle foglie di quercia nella pioggia. Puoi sentire la sua voce nel canto degli uccelli e nel vento fra gli alberi e nella neve che scricchiola sotto gli scarponi e nel verso dei gufi. E la puoi vedere delle colline ondulate e nella brughiera E nella doccia qua di un torrente. Puoi sentire il suo profumo nelle foreste di pini e nelle foglie secche e del caprifoglio e nelle foglie di quercia nella pioggia. Puoi sentire la sua voce nel canto degli uccelli e nel vento fra gli alberi e nella neve che scricchiola sotto gli scarponi e nel verso dei gufi. E la puoi vedere nelle colline ondulate e nella brughiera e ...
Mick Kitson (Sal)