Buona Notte Quotes

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Ho bisogno soltanto di una buona notte di sonno. Ma tanto per incominciare, non c'è mai un cazzo di niente da leggere. Quando uno ha avuto una certa dose di buona letteratura, non ce n'è più, punto e basta. Bisogna scriversela da soli.
Charles Bukowski (The Captain is Out to Lunch and the Sailors Have Taken Over the Ship)
Mr. Russell, don’t you think I’m too young for you?” His eyes flashed as his face hardened into a mask. --Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
Mr. Russell—this is awkward—Mother is not happy—She told me never to see you again.” The force of his glare thrust her back on her heels. --Farewell My Life, Buona Notte Vita Mia
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
Non andartene docile in quella buona notte, Benché i saggi conoscano alla fine che la tenebra è giusta infuria, infuria, contro il morire della luce.
Dylan Thomas
Russell’s lips were just framing an expression of disapproval when Grace stepped around Violet. His pupils expanded, making his dark eyes look even darker. There was something almost greedy in this look he bestowed on Grace. --Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
Quel tipo di notte era quasi altrettanto buona, quel perfetto silenzio che da solo era fragoroso quasi quanto il caos dell’estate. Era in momenti come quelli, però, che Travis voleva fuggire dalla piccola città che conteneva così tanti ricordi, e che non poteva immaginare di lasciare.
Brandon Witt (Then the Stars Fall)
Non andartene docile in quella buona notte, vecchiaia dovrebbe ardere e infierire quando cade il giorno; infuria, infuria contro il morire della luce. Benchè i saggi infine conoscano che il buio è giusto, poichè dalle parole loro non diramò alcun conforto, non se ne vanno docili in quella buona notte
Dylan Thomas
Quando il dolore cessa di riflettere il sonno approfitta della buona occasione.
Thomas Hardy (Tess of the D’Urbervilles)
I wonder,” said Angelina, sitting on the loveseat next to Violet, “if he is mentally fragile.” “What do you mean?” said Violet. “He fought in the war,” replied Angelina. “He might fall apart, fly off the handle, go off the rails…
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
Jessica gli baciò una delle mani, sopra un piccolo sbaffo di sangue, e continuò: «Però ricordati che qui avrai sempre un pasto caldo e un letto se ti serviranno.» Fece un sorriso buffo. «Magari non il letto di mio figlio, dovreste dormire in camere separate. Potrei chiudere a chiave Zeke di notte, per essere sicura che non sgattaioli da te. Oppure potrei comprare dei tappi per le orecchie. Sì, i tappi per le orecchie mi sembrano una buona soluzione. Che ne dici?» Gabe sentì le lacrime che gli scorrevano sulle guance, il petto che doleva. Sì, era un’ottima soluzione. Essere amato. Essere voluto.
Susan Moretto (Principessina)
Nonna tucked each of her hands into the opposite sleeve, a wizened Confucius in a leopard bathrobe. "Michelangleo, he goes. For days and days he stays away from Elisabetta. The other girls, the prettier girls, have hope again. And then, there he goes once more, carrying only his nonno's ugly old glass-his telescope-and a bag of figs. These he lays at her feet. "'I see you,' he tells her. 'Every day for months, I watch. I see you. Where you sit, the sea is calm and dolphins swim near you. I see your mended net looks like a lady's lace. I see you dance in the rain before you run home. I see the jewel mosaic you leave to be scattered and remade again and again, piu bella than gold and pearls. You are piu bella than any other, queen of the sea. "'You do not need silk or pearls. I see that. But they are yours if you wish. I am yours if you wish.If you like what you see.' He gives her the glass. She takes it. Then she asks, 'What about the figs? My bisnonno, he laughs. 'It might take time, your looking to see if you like me. I bring lunch.'" Nonna slapped her knee again, clearly delighted with little Michelangelo's humor. "There is the love story. You like it?" I swallowed another yawn. "Si, Nonna.It's a good story." I couldn't resist. "But...a talking seagull? A dolphin guide? That kinda stretches the truth, dontcha think?" Nonna shrugged. "All truth, not all truth, does it matter? My nonno Guillermo came to Michelangelo and Elisabetta, then my papa Euplio to him, then me, your papa, you." She lowered her feet to the floor. Then pinched my cheek. Hard. Buona notte, bellissima." "Okay,Nonna." I yawned and pulled the white eyelet quilt up.I'd inked abstract swirl-and-dot patterns all over it when I redecorated my room. They're a little optic when I'm that tired. "Buona notte." As I was dozing off,I heard her rummaging in the linen cupboard next to my door. Reorganizing again, I though. She does that when Mom can't see her. They fold things completely different ways.
Melissa Jensen (The Fine Art of Truth or Dare)
Nessun limite a Parigi. Nessuna città ha avuto questa dominazione che dileggiava talvolta coloro ch'essa soggioga: Piacervi o ateniesi! esclamava Alessandro. Parigi fa più che la legge, fa la moda; e più che la moda, l'abitudine. Se le piace, può esser stupida, e talvolta si concede questo lusso, allora l'universo è stupido con lei. Poi Parigi si sveglia, si frega gli occhi e dice: «Come sono sciocca!» e sbotta a ridere in faccia al genere umano. Quale meraviglia, una simile città! Quanto è strano che questo grandioso e questo burlesco si faccian buona compagnia, che tutta questa maestà non sia turbata da tutta questa parodia e che la stessa bocca possa oggi soffiare nella tromba del giudizio finale e domani nello zufolo campestre! Parigi ha una giocondità suprema: la sua allegrezza folgora e la sua farsa regge uno scettro. Il suo uragano esce talvolta da una smorfia; le sue esplosioni, le sue giornate, i suoi capolavori, i suoi prodigi e le sue epopee giungono fino in capo al mondo, e i suoi spropositi anche. La sua risata è una bocca di vulcano che inzacchera tutta la terra, i suoi lazzi sono faville; essa impone ai popoli le sue caricature, così come il suo ideale, ed i più alti monumenti della civiltà umana ne accettano le ironie e prestano la loro eternità alle sue monellerie. È superba: ha un 14 luglio prodigioso, che libera l'universo; fa fare il giuramento della palla corda a tutte le nazioni; la sua notte del 4 agosto dissolve in tre ore mille anni di feudalismo; fa della sua logica il muscolo della volontà unanime; si moltiplica sotto tutte le forme del sublime; riempie del suo bagliore Washington, Kosciusko, Bolivar, Botzaris, Riego, Bem, Manin, Lopez, John Brown, Garibaldi; è dappertutto dove s'accende l'avvenire, a Boston nel 1779, all'isola di Leon nel 1820, a Budapest nel 1848, a Palermo nel 1860; sussurra la possente parola d'ordine: Libertà, all'orecchio degli abolizionisti americani radunati al traghetto di Harper's Ferry ed all'orecchio dei patrioti d'Ancona, riuniti nell'ombra degli Archi, davanti all'albergo Gozzi, in riva al mare; crea Canaris, Quiroga, Pisacane; irraggia la grandezza sulla terra; e Byron muore a Missolungi e Mazet muore a Barcellona, andando là dove il suo alito li spinge; è tribuna sotto i piedi di Mirabeau, cratere sotto i piedi di Robespierre; i suoi libri, il suo teatro, la sua arte, la sua scienza, la sua letteratura, la sua filosofia sono i manuali del genere umano; vi sono Pascal, Régnier, Corneille, Descartes, Gian Giacomo; Voltaire per tutti i minuti, Molière per tutti i secoli; fa parlar la sua lingua alla bocca universale e questa lingua diventa il Verbo; costruisce in tutte le menti l'idea del progresso; i dogmi liberatori da lei formulati sono per le generazioni altrettanti cavalli di battaglia, e appunto coll'anima dei suoi pensatori e dei suoi poeti si sono fatti dal 1789 in poi gli eroi di tutti i popoli. Il che non le impedisce d'esser birichina; e quel genio enorme che si chiama Parigi, mentre trasfigura il mondo colla sua luce, disegna col carboncino il naso di Bourginier sul muro del tempio di Teseo e scrive Crédeville, ladro, sulle piramidi. Parigi mostra sempre i denti; quando non brontola, ride. Siffatta è questa Parigi. I fumacchi dei suoi tetti sono le idee dell'universo. Mucchio di fango e di pietre, se si vuole; ma, soprattutto, essere morale: è più che grande, è immensa. Perché? Perché osa. Osare: il più progresso si ottiene a questo prezzo. Tutte le conquiste sublimi sono, più o meno, premî al coraggio, perché la rivoluzione sia, non basta che Montesquieu la presagisca, che Diderot la predichi, che Beaumarchais l'annunci, che Condorcet la calcoli, che Arouet la prepari e che Rousseau la premediti: bisogna che Danton l'osi.
Victor Hugo
Esiste, nelle estreme e più lucenti terre del Sud, un ministero nascosto per la difesa della natura dalla ragione; un genio materno, d'illimitata potenza, alla cui cura gelosa e perpetua è andato il sonno in cui dormono quelle popolazioni. Se solo un attimo quella difesa si allentasse, se le voci dolci e fredde della ragione umana potessero penetrare quella natura, essa ne rimarrebbe fulminata. A questa incompatibilità di due forze ugualmente grandi e non affatto conciliabili, come pensano gli ottimisti, a questa spaventosa quanto segreta difesa di un territorio - la vaga natura coi suoi canti, i suoi dolori, la sua sorda innocenza - e non a un accanirsi della storia, che qui è più che altro "regolata", sono dovute le condizioni di questa terra, e la fine miseranda che vi fa, ogni volta che organizza una spedizione o invia i suoi guastatori più arditi, la ragione dell'uomo. Qui, il pensiero non può essere che servo della natura, suo contemplatore in qualsiasi libro o nell'arte. Se appena accenna un qualche sviluppo critico, o manifesta qualche tendenza a correggere la celeste conformazione di queste terre, a vedere nel mare soltanto acqua, nei vulcani altri composti chimici, nell'uomo delle viscere, è ucciso. Buona parte di questa natura, di questo genio materno e conservatore, occupa la stessa specie dell'uomo, e la tiene oppressa nel sonno; e giorno e notte veglia il suo sonno, attenta che esso non si affini; straziata dai lamenti che la chiusa coscienza del figlio leva di quando in quando, ma pronta a soffocare il dormiente se esso mostri di muoversi, e accenni sguardi e parole che non siano precisamente quelle di un sonnambulo.
Anna Maria Ortese (Il mare non bagna Napoli)
«Ho qualcosa da discutere con voi due» disse Hagrid, sedendosi tra loro con aria insolitamente seria. «Cosa?» chiese Harry. «Hermione» disse Hagrid. «Perché?» disse Ron. «Perché non sta bene, ecco perché. È venuta qui a trovarmi tante volte da Natale. Si sente sola. Prima non ci parlavate, con lei, per via della Firebolt, adesso non ci parlate perché il suo gatto...» «...ha mangiato Crosta!» lo interruppe Ron furioso. «Perché il suo gatto ha fatto come fanno tutti i gatti» continuò Hagrid ostinato. «Ha pianto tante volte, sapete. È un brutto momento per lei. Troppi impegni, se volete saperlo, con tutto il lavoro che sta cercando di fare. Ma ha trovato lo stesso il tempo di aiutarmi con il caso di Fierobecco, sapete... ha trovato della roba davvero buona... credo che lui ha qualche possibilità adesso...» «Hagrid, avremmo dovuto aiutarti anche noi... scusa...» esordì Harry imbarazzato. «Non ti rimprovero mica!» disse Hagrid, respingendo le scuse di Harry. «Con tutto quello che c’hai avuto per la testa, ti ho visto che ti allenavi a Quidditch a tutte le ore del giorno e della notte... ma ve lo devo dire, credevo che a voi due vi importava di più della vostra amica che di una scopa o di un topo. Ecco». Harry e Ron si guardarono, entrambi a disagio. «Era davvero sconvolta, poverina, quando Black ti ha aggredito, Ron. Lei sì che ha il cuore al posto giusto, lei, e voi due che non ci parlate nemmeno...» «Se solo si sbarazzasse di quel gatto, io le parlerei ancora!» disse Ron arrabbiato, «ma lo difende sempre! È un criminale, e lei non vuole nemmeno sentirselo dire!» «Ah, be’, la gente a volte è un po’ stupida quando ci parli dei suoi animali» disse Hagrid saggiamente. Alle sue spalle, Fierobecco sputò qualche osso di furetto sul cuscino.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
Be’... – disse lei, rigirandosi compiaciuta sulla schiena. – Mi piace mangiare roba buona, bistecche e patate rosolate, cose cosí. Mi piace leggere libri e riviste, viaggiare in treno di notte e quelle volte che ho viaggiato in aereo –. Fece una pausa. – Naturalmente non sto elencando le cose in ordine di preferenza. Dovrei pensarci meglio per elencarle in ordine di preferenza. Però mi piace, viaggiare in aereo. C’è un momento quando ci si stacca da terra in cui hai la sensazione che qualsiasi cosa succeda, andrà bene –. Gli passò una gamba sopra la caviglia. – Mi piace stare alzata fino a notte alta e poi restare a letto fino a tardi il giorno dopo. Vorrei tanto potessimo farlo sempre, invece che una volta ogni tanto. E poi mi piace il sesso. Mi piace essere toccata di tanto in tanto quando non me l’aspetto. Mi piace andare al cinema e farmi una birra con le amiche dopo. Mi piace avere amiche. Janice Hendricks mi piace un sacco. Mi piacerebbe andare a ballare almeno una volta a settimana. E avere sempre dei bei vestiti. Mi piacerebbe poter comprare bei vestiti anche per i bambini ogni volta che gli servono, senza dover aspettare. Per esempio Laurie ha bisogno di un vestito nuovo adesso per Pasqua. E mi piacerebbe comprare a Gary un completino o qualcosa del genere. Ormai è grandicello. Vorrei che anche tu avessi un completo nuovo. Anzi, tu ne hai veramente piú bisogno di Gary. E mi piacerebbe che avessimo una casa tutta nostra. Vorrei piantarla di traslocare ogni anno, due anni al massimo. Ma soprattutto vorrei tanto che io e te potessimo vivere una buona vita onesta, senza doverci sempre preoccupare dei conti, dei soldi e roba del genere. Ma tu dormi, – disse. – No che non dormo, – disse lui. – Non riesco a pensare ad altre cose. Ora tocca a te. Dimmi che cosa piacerebbe a te. – Non so. Un sacco di cose, – bofonchiò lui. – Be’, dimmele. Si fa tanto per parlare, no? – Vorrei tanto che mi lasciassi in pace, Nan –. Si rigirò dalla sua parte e lasciò penzolare il braccio oltre il bordo.
Raymond Carver (Da dove sto chiamando)
La casa dove tua bis-bis-bisnonna e io andammo a stare appena sposati dava sulle cascatelle [...] Aveva pavimenti di legno e finestre magnifiche e spazio sufficiente per una famiglia numerosa. Era una bella casa. Una buona casa. Ma l'acqua... diceva la tua bis-bis-bisnonna ... non riesco a sentirmi quando penso. Tempo, io la incalzavo. Datti tempo. E, lascia che te lo dica: anche se la casa era spaventosamente umida, e il prato davanti una fangaia perenne a causa degli spruzzi; anche se i muri ogni sei mesi necessitavano di riparazioni, e scaglie di pittura cadevano dal soffitto in tutte le stagioni come neve... ciò che si dice di chi abita vicino a una cascata è vero. Che cosa, chiese mio nonno, cosa si dice? Si dice che chi abita vicino a una cascata non senta l'acqua. Questo, si dice? Esatto. Naturalmente la tua bis-bis-bisnonna aveva ragione. All'inizio fu terribile. Non sopportavamo di rimanere in casa per più di poche ore di fila. Le prime due settimane furono caratterizzate da notti di sonno intermittente, litigi soltanto per il gusto di farci sentiore sopra lo scroscio. Litigavamo al solo scopo di ricordarci a vicenda che eravamo innamorati e non in preda all'odio. Però le settimane successive andò un po' meglio: era possibile dormire qualche buona oretta per notte e mangiare con un disagio sopportabile. la tua bis-bis-bisnonna ancora malediceva l'acqua [...], ma meno di frequente, e con minore furia. [...] La vita continuò perchè la vita continua, e il tempo passò, perchè il tempo passa, e dopo poco più di due mesi: Hai sentito? le domandai, una delle rare mattine in cui eravamo seduti insieme a tavola. Hai sentito? Deposi il mio caffè e mi alazi dalla sedia. La senti quella cosa? Quale? mi chiese lei. Esatto! risposi, correndo fuori per salutare a pugno teso la cascata. Esattamente! Ballammo, lanciando in aria manciate d'acqua, senza sentire proprio neinte. Alternavamo abbracci di perdono e urla di umano trionfo all'indirizzo dell'acqua. Chi vince la battaglia? Chi vince la battaglia, cascata? Noi! La vinciamo noi! E questo vivere vicino a una cascata, Safran. [..] Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita. [...] Ma questa non è tutta la storia, continuò la Meridiana. L'ho capito la prima volta che ho tentato di bisbigliare un segreto senza riuscirvi, o fischiettare una canzone senza insinuare la paura nei cuori di chi era nel raggio di centro metri, quando i miei colleghi della conceria mi hanno supplicato di abbassare la voce perché chi riesce a pensare se gridi in quel modo? Al che io ho domandato: STO DAVVERO GRIDANDO? * La storia della casa sulla cascata, la Meridiana
Jonathan Safran Foer (Everything is Illuminated & Extremely Loud and Incredibly Close)
«Resta.» sussurrò, a testa bassa. «Ma io…» «Non hai nessuno ad aspettarti a casa, no?» Emily cercò di scorgere il suo sguardo sfuggente. Sembrava triste. «No.» «Allora resta.» «Castiel…» Le mise entrambe le mani sulle spalle. Erano fredde, e la sua presa era forte e irremovibile. «Ascolta.» le sussurrò sommessamente. «Vorrei soltanto che questa notte passasse in fretta. Non manca molto all’alba ormai. Resta con me.» Lo aveva detto in un modo tremendamente dolce e seducente. «Non mi sembra una buona idea.» obiettò ancora. Castiel alzò il viso con un’espressione fiera e decisa. La spinse contro il muro, e tenendole le braccia ferme la baciò famelico, più volte, fino a toglierle il respiro. Emily si sentiva trascinata da un uragano. La stanza intorno a sé cominciò a vorticare come in una spirale. Il corpo di Castiel era così vicino, e aveva messo una gamba tra le sue, come a impedirle di scappare. Lei aprì la bocca per riprendere aria, e sentì la sua lingua farsi strada con prepotenza. Castiel le prese le mani e intrecciò le proprie dita con le sue. Erano gelide, ma le sue labbra scottavano. Era impossibile resistere a un bacio tanto passionale. Emily si arrese, e lasciò che continuasse per alcuni lunghissimi e interminabili secondi, fino a quando, senza fiato, tirò indietro la testa. Non sapeva cosa dire. Aveva scoperto un lato incredibilmente sensibile di Castiel, qualcosa che lui non aveva mai mostrato prima. Le aveva trasmesso il suo stato d’animo in ogni sfumatura, la solitudine, il rancore, i rimorsi. «Castiel… perché?» boccheggiò, con le guance rosse. Lui le lasciò le mani, le cinse la vita e l’attirò a sé. Rispose con un sussurro impercettibile, e tornò a cercare le sue labbra. «Non lo so.»
Mia Another
THE CHARM OF THE STONES CONSECRATED TO DIANA To find a stone with a hole in it is a special sign of the favour of Diana, He who does so shall take it in his hand and repeat the following, having observed the ceremony as enjoined: — Scongiurazione della pietra bucata. Una pietra bucata U ho trovato; Ne ringrazio il destin, E k) spirito che su questa via Mi ha portata, Che passa essere il mio bene, E la mia buona fortuna! Mi alzo la mattina al alba, E a passegio me ne vo Nelle valli, monti e campi, La fortuna cercarvo Della ruta e la verbena, Quello so porta fortuna Me lo tengo in senno chiuso £ saperlo nessuno no le deve, £ cosi cio che commendo, " La verbena far ben per me ! Benedica quella strege! Quella fata che mi segna!" Diana fu quella Che mi venne la notte in sogno E mi disse : " Se tu voir tener Le cattive persone da te lontano, Devi tenere sempre ruta con te, Sempre ruta con te e verbena!" Diana, tu che siei la regina Del cielo e della terra e dell* inferno, E siei la prottetrice degli infelici, Dei ladri, degli assassini, e anche Di donne di mali afifari se hai conosciuto, Che non sia stato V indole cattivo Delle persone, tu Diana, Diana li hai fatti tutti felici! Una altra volta ti scongiuro Che tu non abbia ne pace ne bene, Tu possa essere sempre in mezzo alle pene^ Fino che la grazia che io ti chiedo Non mi farai! THE CHARM OF THE STONES Invocation to the Holy-Stone} I have found A holy-stone upon the ground. O Fate! I thank thee for the happy find, Also the spirit who upon this road Hath given it to me; And may it prove to be for my true good And my good fortune I I rise in the morning by the earliest dawn, And I go forth to walk through (pleasant) vales. All in the mountains or the meadows fair, Seeking for luck while onward still I roam, Seeking for rue and vervain scented sweet, Because they bring good fortune unto all. I keep them safely guarded in my bosom, That none may know it—'tis a secret thing. And sacred too, and thus I speak the spell: " O vervain ! ever be a benefit, And may thy blessing be upon the witch Or on the fairy who did give thee to me ! " It was Diana who did come to me, All in the night in a dream, and said to me: " If thou would'st keep all evil folk afar, Then ever keep the vervain and the rue Safely beside thee I" I hole ii . But such a slone is IS really a claim to the ARADIA Great Diana I thou Who art the queen of heaven and of earth, And of the inferna! lands—yea, thou who art Protectress of all men unfortunate, Of thieves and murderers, and c Who lead an evil life, and yet hast known That their nature was not evil, thou, Diana, Hast still conferred on them some joy in life.' Or I may truly at another time So conjure thee that thou shalt have no peace Or happiness, for thou shalt ever be In suffering until thou grantest that Which 1 require in strictest faith from thee! [Here
Charles Godfrey Leland (Aradia, Gospel of the Witches)
Dieci volte devi vincere te stesso durante il giorno; ciò procura una buona stanchezza ed è papavero per l'anima. Dieci volte devi riconciliarti con te stesso; giacché il vincersi è amarezza, e chi non si riconcilia non dorme bene. Dieci verità devi trovare durante il giorno: altrimenti cerchi la verità anche di notte, e la tua anima resta affamata. Dieci volte devi ridere ed essere allegro durante il giorno: altrimenti la notte avrai disturbi di stomaco, questo padre dell'afflizione. Lo sanno pochi: ma per ben dormire bisogna avere tutte le virtù.
Friedrich Nietzsche
Buona notte, Lisa. Dormi con gli angeli...  Poi torna sulla terra e dormi col tuo diavolo, che sarebbe disposto a bruciare all'inferno, per una notte tra le tue braccia
Karen Marie Moning
[...] Sul comodino, fra i medicinali, c’era il suo romanzo preferito, Piccolo mondo antico. «Ti devo parlare». «Ti stanchi, forse non è il caso…» «Lo decido io se è il caso. Sono io quella che se ne sta andando, e non voglio finire all’inferno. Ci sono cose di cui sono pentita, sì mio Signore che ascolti dall’alto dei cieli, sono sinceramente pentita, l’ho detto anche a don Bruno… Dicevo… Ci sono cose che devi sapere, finché non mi sarò confessata con te avrò sempre questo peso con me». «Ma io non sono un prete, non devi confessarmi proprio niente». «Sì invece, perché ti ho ingannato, ti ho fatto vivere nell’errore». Qualsiasi cosa stesse per dirmi, sentivo che era molto peggio dell’errore. «Non voglio sapere niente, ti perdono al buio». «Invece mi ascolterai, povero imbecille, ascolterai tutto». E ascoltai. Non mi aveva mai amato, mi aveva sposato solo per i miei soldi. Durante il nostro fidanzamento mi aveva tradito con cinque uomini; dopo le nozze non li aveva più contati. Aveva tenuto a precisare che pressoché tutti scopavano meglio di me, e che con me non ricordava orgasmo che non fosse simulato. Anselmo, il mio Anselmuccio, non era figlio mio ma del suo maestro di salsa e merengue, l’aitante Lucio. Matilde invece era figlia del commendator Ferrarini. Capivo Lucio, ma Ferrarini… Quando le chiesi perché rispose che proprio il fatto che fosse brutto e grasso le dava il gusto dello sfregio. Continuai ad ascoltare guardandole le spalle. Le mie promozioni, la mia nomina a sovrintendente non dipendevano dal mio merito: per solleticare la vanità di essere la moglie di un uomo importante era stata a letto con tutti quelli che avevano il potere di decidere. Anche la mia vittoria al torneo di scacchi di Neuchâtel non valeva nulla: la notte prima della finale aveva accettato di farsi sodomizzare dal campione russo perché facesse in modo di perdere: capisco adesso quella sciagurata spinta di pedone in b6… «Perché hai voluto parlare? Perché? Adesso la mia vita è rovinata…» «E non pensi alla mia, di vita? A quella eterna? Io voglio andare in paradiso, fra gli angeli… Il Signore lo sa, che dovevo dirti tutto, ora è contento della sua pecorella… È anche scritto, Egli si rallegra più di un malvagio pentito che di cento giusti… E rimetti a noi i nostri debiti… È cosa buona e giusta… Osanna nell’alto dei cieli… Accoglimi o Signore, è cosa giusta… Sì, vedo già la tua luce…» Più del dolore per quanto avevo saputo mi prostrava il disgusto per quella religione, la religione di Don Rodrigo morente e di Priebke, povero vecchiettino… Il mio eroe rimaneva Don Giovanni, quando dice di no al convitato di pietra, no che non mi pento… Presi dal comodino Piccolo mondo antico, lo sfogliai avanti e indietro. Sospirai. «Vedi cara, il fatto è che anch’io ti devo confessare un segreto». Mosse leggermente la spalla sinistra, come se stesse cercando di girarsi verso di me, ma si trattenne. «E il segreto è che io intrattengo certi rapporti con certi esseri spaventosi, esseri che tu non esiteresti a definire diabolici… Ma se oltre a Fogazzaro tu avessi letto anche Tolkien sapresti che esistono demoni molto più antichi del diavolo, demoni che vengono molto prima dell’umanità, prima di Dio e prima del nostro universo…» Si sentirono i primi colpi, lontanissimi. E già l’acqua nel bicchiere aveva incominciato a tremare. «Cosa sono questi colpi?» «Ne sta venendo uno per te, l’ho chiamato io». «Ma chi è?» «Un demone del mondo antico, come quello che trascina Gandalf nell’abisso». Ora i colpi erano boati, e facevano tremare le pareti. «Perché vedi, amore mio, il mondo antico non è piccolo. È grandissimo».
Michele Mari (Fantasmagonia)
In tribunale il valore del diario di Isabella rimase dubbio. Come ogni altro libro dello stesso genere, oltre che di ricordi era fatto anche di aspettative: era provvisorio e instabile, si situava al confine tra pensiero e azione, desiderio e realtà. Ma, come cruda testimonianza emotiva, era un’opera che lasciava attoniti, che poteva destare entusiasmo o allarme. Il diario diede ai suoi lettori vittoriani un’immagine del futuro, come offre a noi un’immagine del nostro mondo plasmato sul passato. Sicuramente non ci dice ciò che accadde nella vita di Isabella, ma ci dice ciò che lei desiderava. Il diario dipingeva un ritratto delle libertà a cui le donne avrebbero potuto aspirare, se avessero rinunciato a credere in Dio e nel matrimonio: il diritto ad avere delle proprietà e del denaro, a ottenere la custodia dei figli, a sperimentare dal punto di vista sessuale ed intellettuale. Accennava anche al dolore e alla confusione che queste libertà avrebbero generato. Nel decennio in cui la Chiesa rinunciò al proprio controllo sul matrimonio e Darwin gettò nel dubbio più profondo le origini spirituali dell’umanità, quel diario era un segno dei tumulti che si sarebbero verificati. In una pagina senza data Isabella si rivolgeva esplicitamente a un futuro lettore. «Una settimana del nuovo anno se n’è già andata, - esordiva. – Ah! Se avessi la speranza dell’altra vita di cui parla mia madre (oggi lei e mio fratello mi hanno scritto delle lettere affettuose), e che il signor B. ci ha sollecitato a conquistarci, sarei allegra e felice. Ma, ahimé!, non ce l’ho, e non potrò mai ottenerla; e per quanto riguarda questa vita, la mia anima è invasa e lacerata dalla rabbia, dalla sensualità, dall’impotenza e dalla disperazione, che mi riempiono di rimorso e di cattivi presentimenti». «Lettore, -scrisse – tu vedi la mia anima più nascosta. Devi disprezzarmi e odiarmi. Ti soffermi anche a provare pietà? No; perché quando leggerai queste pagine, la vita di colei che “era troppo flessibile per la virtù; troppo virtuosa per diventare una cattiva fiera e trionfante” sarà finita». Era una citazione imprecisa dall’opera teatrale The Fatal Falsehood (1779) di Hannah More, in cui un giovane conte italiano – un «miscuglio di aspetti strani e contraddittori» – si innamora perdutamente di una donna promessa al suo migliore amico. Quando Edward Lane lesse il diario, fu questo passaggio in particolare a suscitare la sua rabbia e il suo disprezzo: «Si rivolge al Lettore! – scrisse a Combe – Ma chi è il Lettore? Allora quel prezioso diario è stato scritto per essere pubblicato, o, almeno, era destinato a un erede della sua famiglia? In entrambi i casi, io affermo che è completa follia – e se anche non ci fossero ulteriori pagine, in questo guazzabuglio farraginoso, a confermare la mia ipotesi, a mio parere questa sarebbe già sufficiente». Eppure il richiamo di Isabella a un lettore immaginario può, al contrario, fornire la spiegazione più limpida del perché avesse tenuto il diario. Almeno una parte di lei voleva essere ascoltata. Coltivava la speranza che qualcuno, leggendo quelle parole dopo la sua morte, avrebbe esitato prima di condannarla; che un giorno la sua storia potesse essere accolta con compassione e perfino amore. In assenza di un aldilà spirituale, noi eravamo l’unico futuro che aveva. «Buona notte, - concludeva, con una triste benedizione: - Possa tu essere più felice!».
Kate Summerscale (Mrs. Robinson's Disgrace: The Private Diary of a Victorian Lady)
L'amore è tutto carte da decifrare e lunghe notti e giorni per imparare io se avessi una penna ti scriverei se avessi più fantasia ti disegnerei su fogli di cristallo da frantumare E guai se avessi un coltello per tagliare ma se avessi più giudizio non lo negherei che se avessi casa ti riceverei che se facesse pioggia ti riparerei che se facesse ombra ti ci nasconderei Se fossi un vero viaggiatore t'avrei già incontrata e ad ogni nuovo incrocio mille volte salutata se fossi un guardiano ti guarderei se fossi un cacciatore non ti caccerei se fossi un sacerdote come un'orazione con la lingua tra i denti ti pronuncerei se fossi un sacerdote come un salmo segreto con le mani sulla bocca ti canterei Se avessi braccia migliori ti costringerei se avessi labbra migliori ti abbatterei se avessi buona la bocca ti parlerei se avessi buone le parole ti fermerei ad un angolo di strada io ti fermerei ad una croce qualunque ti inchioderei E invece come un ladro come un assassino vengo di giorno ad accostare il tuo cammino per rubarti il passo, il passo e la figura e amarli di notte quando il sonno dura e amarti per ore, ore, ore e ucciderti all'alba di altro amore e amarti per ore, ore, ore e ucciderti all'alba di altro amore Perché l'amore è carte da decifrare e lunghe notti e giorni da calcolare se l'amore è tutto segni da indovinare Perdona se non ho avuto il tempo di imparare se io non ho avuto il tempo di imparare. [
Ivano Fossati
L'oscurità intima, buona, la calda culla dell'anima, la patria perduta si dischiusero: il tempo del destino informe, il primo palpito indeciso sul fondo della sorgente, sotto la quale riposa la preistoria con i suoi sogni di foreste vergini. Tenta pure, o anima, erra, rovista ciecamente nel bagno sazio degli istinti innocenti! Ti conosco, anima timorosa, nulla ti è necessario, nulla è per te nutrimento, bevanda e sonno più che il ritorno ai tuoi inizi. Lì l'onda ti gorgoglia vicino, tu sei onda, tu sei bosco, non ci sono più dentro e fuori, tu voli uccello nell'aria, nuoti pesce nel mare, suggi luce e sei luce, assaggi l'oscurità e sei oscurità. Noi andiamo, anima, nuotiamo e voliamo, ridiamo e annodiamo i fili strappati con le delicate dita dello spirito. Lì risuonano beate le vibrazioni distrutte. Non cerchiamo più Dio. Noi siamo Dio. Noi siamo il mondo. Uccidiamo e moriamo, creiamo e risorgiamo insieme coi nostri sogni. E il nostro sogno più bello è il cielo azzurro, il nostro sogno più bello è il mare, il nostro sogno più bello è la notte stellata, è il pesce, il suono chiaro e gaio, la luce chiara e gaia. Tutto è il nostro sogno, il nostro sogno più bello. Ora siamo morti e ritornati terra. Ora abbiamo composto una costellazione. Voci risuonano e ogni voce è la voce della madre. Gli alberi frusciano e ciascuno ha mormorato sopra la nostra culla. Strade si diramano a stella e ogni strada porta a casa.
Hermann Hesse
«Tu vedi altre cose.» Non era una domanda. «Sì.» «Anch'io?» «Non lo so. Facciamo una prova, se vuoi. E, se vuoi, c'è anche un modo per far sì che tu veda quelli che sono come l'uomo e la donna solo quando ne hai voglia.» «Quando ne ho voglia?» «Certo.» «E perché dovrei averne voglia?» Era una buona domanda. Juan rise.
Mariana Enríquez (Our Share of Night)
What would happen if he returned and asked permission to be Grace’s suitor? Well, she would not stand for it. Per l’amor di Dio, for the love of God, Grace was only seventeen, and it was the height of rudeness to abandon the mother for the daughter. If he did return, she would see that he was sent away. --Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
He wasn’t quite what you’d hoped for, was he, Mother dear?” remarked Violet. “I was trying to help you,” said Angelina, her cheeks warming. Violet folded her arms and gave her a look. “I’m never going to invite him again.” Angelina weaved unsteadily on her high heels as she made her way towards the stairs and the privacy of her dingy room. “You won’t have to,” replied Violet. “He’ll be back. --Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
I intend to marry her,” he said, without turning around. “Not if I have any say in it.” “What makes you think she will listen to you? You have nothing to offer her. I have enough funds to provide for a wife and family. I could take her to Italy, to Venice. She could perform with the best musicians in the world.” “You are not marrying her.” “How are you going to stop me?” “You will have to walk over my corpse. --Farewell My Life, Buona Notte Vita Mia
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
A sudden change took place. From lying back in her seat wreathed in her own thoughts, which often gave her an otherworldly quality, Grace actually raised her head, and looked straight at him for the first time. --Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia
Cynthia Sally Haggard (Farewell My Life: Buona Notte Vita Mia)
Lena sapeva che era una bugia, ma le piaceva tanto e ci credette, come se fosse stata una favola, una canzone, una storia della buona notte, un trucco di magia. Amò Vaclav finché diventò verità, e verità fu.
Haley Tanner (Vaclav & Lena)
«Nicky, tu vuoi sempre fare le cose di fretta. È uno dei tuoi problemi.» Shane sospirò piano. «Non che io abbia molto diritto di parlare; hai visto com’era finita con Jesse, la scorsa estate. Ma, cavoli, stavo per rovinare tutto per averlo pressato troppo, sai? A volte, devi lasciare che le cose seguano il loro corso naturale. Fa’ semplicemente capire a questo ragazzo che ti piace, che non ti interessa solo scopare e, se è destino, avrai di più.» Shane fece una pausa e sbuffò un’altra risatina. «Accidenti, non posso credere di essere proprio io a dirtelo… ma sii semplicemente quel fantastico ragazzo che so puoi essere.» Nick annuì, ma poi si rese conto che Shane non poteva vederlo. Si accorse, anche, che l’auto si era fermata di fronte a una schiera di residenze cittadine, mentre era distratto. Il nervosismo di cui si era scordato durante la conversazione con Shane, riaffiorò immediatamente. Nick ingoiò il nodo in gola. Poteva vedere le luci brillare dalle finestre dell’appartamento del piano interrato dell’ultima unità, e sapeva benissimo che Luka e Jeana lo stavano aspettando dentro. Adesso o mai più. «Nicky?» chiamò la voce di Shane nel suo orecchio. Nick sobbalzò dalla sorpresa e strinse un po’ di più il telefono. «Sì, sono ancora qui. Ascolta, Shaney, grazie. Scusami per averti svegliato.» «No problem. Puoi chiamarmi in qualsiasi momento, lo sai.» «Grazie. ‘Notte.» «’Notte,» rispose Shane. «Oh, e Nicky?» «Sì?» «Buona fortuna.»
Piper Vaughn (The Luckiest (Lucky Moon, #2))
Non ho avuto sfortuna. Ho avuto la maggiore dose di sfiga dalla quale un essere umano possa pensare di poter essere sommerso: prima il supermercato che mi aveva assunto a ore ha preso fuoco e noi dipendenti siamo stati tutti rispediti a casa senza ricevere buona parte della paga, poi la ditta di panettoni per la quale lavoravo stagionalmente come magazziniere ha chiuso i battenti a due settimane da Natale per colpa di alcuni casi di salmonella riguardanti i prodotti venduti – con il risultato che sono stato costretto a stare una settimana in ospedale facendo continuamente pipì in un vasetto per capire se avevo contratto anche io qualche virus –, infine la famiglia che mi aveva assunto come baby sitter ha deciso di punto in bianco di andare in vacanza alle Maldive e mi ha scaricato poco gentilmente dopo soli due giorni di lavoro. Se questa non è sfiga, allora io sono la persona più fortunata dell’Universo
Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
Quando apri gli occhi e ti rendi conto che c’è solo la sofferenza davanti a te provi il desiderio di richiuderli, perché l’oscurità che trovi è meno cupa e dolorosa. Ma quando apri gli occhi e non riesci a vedere quello che ti circonda, a quel punto anche il dolore e la sofferenza sono preferibili alle tenebre” __________________________________ “«Congratulazioni, da domani comincerà una nuova vita.» «Grazie,» rispondo commosso. «Non dimentichi a casa il suo lato polemico, l’aiuterà nei prossimi mesi,» mi dice. Ha appena fatto una battuta? Cielo, l’ha fatta? «Ehm, cercherò di trovargli un posticino nella valigia»” ________________________________ “Non ho avuto sfortuna. Ho avuto la maggiore dose di sfiga dalla quale un essere umano possa pensare di poter essere sommerso: prima il supermercato che mi aveva assunto a ore ha preso fuoco e noi dipendenti siamo stati tutti rispediti a casa senza ricevere buona parte della paga, poi la ditta di panettoni per la quale lavoravo stagionalmente come magazziniere ha chiuso i battenti a due settimane da Natale per colpa di alcuni casi di salmonella riguardanti i prodotti venduti – con il risultato che sono stato costretto a stare una settimana in ospedale facendo continuamente pipì in un vasetto per capire se avevo contratto anche io qualche virus –, infine la famiglia che mi aveva assunto come baby sitter ha deciso di punto in bianco di andare in vacanza alle Maldive e mi ha scaricato poco gentilmente dopo soli due giorni di lavoro. Se questa non è sfiga, allora io sono la persona più fortunata dell’Universo
Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
Paolo and Cass stood facing each other for a moment. The tall boy made an effort to smile, but couldn’t manage it. Cass’s heart still thrummed in her chest. “He’s not a bad person,” Paolo said abruptly. “Sometimes I think that I am, but he isn’t.” He looked away into the darkness. “What you do…,” Cass croaked out. “What I saw…” She focused on the outline of the closest rosebush, its naked branches crooked as a witch’s fingers. “Each man calls barbarism what is not his own practice--” Cass finished his sentence. “For indeed, it seems we have no other test of truth and reason than the example and pattern of the opinions and customs of the country in which we live.” It was another quote from Michel de Montaigne. “Do you really think that applies in this instance?” Paolo looked up. His dark eyes looked a little sad. “We live in the same place--you, me, Falco. But we live in very different worlds. Surely you understand that?” Cass didn’t know what to say. Paolo went on, a little defensively, “We have reasons. It’s not for you to judge us.” He thrust a square parcel, wrapped in rough muslin, into her arms. “There’s a note in there,” Paolo said, gesturing at the bundle. “I’m sure he’d rather you hear from him, not me.” He bowed slightly, his inky black hair falling forward to obscure part of his face. “Buona notte, Signorina Cassandra.” With that, he turned away, disappearing into the darkness in just a few long strides.
Fiona Paul (Venom (Secrets of the Eternal Rose, #1))
There’s a note in there,” Paolo said, gesturing at the bundle. “I’m sure he’d rather you hear from him, not me.” He bowed slightly, his inky black hair falling forward to obscure part of his face. “Buona notte, Signorina Cassandra.” With that, he turned away, disappearing into the darkness in just a few long strides. Cass re-bolted the door. Her heart was still beating hard. She looked down at the wrapped square. It was about two feet by two feet and as thick as her wrist. Lighting a candle, she laid the bundle on the long wobbly table where the servants prepared food for the villa and took their own meals. She held her breath as she tugged at the coarse twine wrapped around the package. The muslin unfolded in layers, revealing a canvas beneath. A folded scrap of parchment fluttered to the kitchen floor. Cass barely noticed it. She was too busy staring at the painting. There she was on the divan in Tommaso’s studio. Just a couple of weeks had elapsed between now and then, but already it felt like years, like the dream of a different lifetime. Falco had captured her tiniest quirks on the canvas: the smattering of freckles across her cheeks, the unruly piece of hair behind her left ear that worked its way out of any arrangement. And her smile--Cass almost couldn’t believe it was real. She looked radiant, like she was experiencing true happiness for the first time. She remembered Falco’s soft touches as he posed her, how delirious she’d been each time his fingers grazed her skin. She remembered how excited she was at being alone with him, the endless possibilities, the countless dangers. Cass wished she could dive into the painting and go back to that night where she had felt love for the first time.
Fiona Paul (Venom (Secrets of the Eternal Rose, #1))