Zuppa Quotes

We've searched our database for all the quotes and captions related to Zuppa. Here they are! All 16 of them:

Mrs. Zuppa was coming in from bingo just as I was leaving the building. "Looks like you're going to work," she said, leaning heavily on her cane. "What are you packin'?" "A thirty-eight." "I like a nine-millimeter myself." "A nine's good." "Easier to use a semiautomatic after you've had hip replacement and you walk with a cane," she said. One of those useful pieces of information to file away and resurrect when I turn eighty-three.
Janet Evanovich (Four to Score (Stephanie Plum, #4))
È fortuna che oggi non tira vento. Strano, in qualche modo si ha sempre l’impressione di essere fortunati, che una qualche circostanza, magari infinitesima, ci trattenga sull’orlo della disperazione e ci conceda di vivere. Piove, ma non tira vento. Oppure, piove e tira vento: ma sai che stasera tocca a te il supplemento di zuppa, e allora anche oggi trovi la forza di tirar sera. O ancora, pioggia, vento, e la fame consueta, e allora pensi che se proprio dovessi, se proprio non ti sentissi piú altro nel cuore che sofferenza e noia, come a volte succede, che pare veramente di giacere sul fondo; ebbene, anche allora noi pensiamo che se vogliamo, in qualunque momento, possiamo pur sempre andare a toccare il reticolato elettrico, o buttarci sotto i treni in manovra, e allora finirebbe di piovere.
Primo Levi (Survival in Auschwitz)
C’è una nota storiella che narra come due cani si incontrino a Mosca; l’uno è grasso e ben pasciuto, l’altro magro e affamato. Il cane affamato domanda all’altro: “come fai a trovare da mangiare?” e l’altro, con abilità zoosemiotica, risponde: “facilissimo. Ogni mattina a mezzogiorno vado all’Istituto Pavlov e mi metto a sbavare; ed ecco che a quel punto arriva uno scienziato condizionato che suona un campanello e mi porta un piatto di zuppa”.
Umberto Eco (Trattato di semiotica generale)
Isabelle scrollò le spalle. ‘‘Va bene. Hai intenzione di tornare? Vuoi un po' di zuppa?’’ ‘‘No’’ disse Jace. ‘‘Pensi che Hodge ne voglia un po’?’’ ‘‘Nessuno vuole la tua zuppa.’’ ‘‘Io la voglio, la tua zuppa’’ disse Simon. ‘‘No che non la vuoi’’ disse Jace. ‘‘Vuoi soltanto andare a letto con Isabelle.’’ Simon rimase di stucco. ‘‘Non è vero!’’ ‘‘Grazie tante’’ borbottò Isabelle guardando la pentola, ma stava ridacchiando. ‘‘Oh, sì che è vero’’ disse Jace. ‘‘Dai, chiediglielo, così lei può dirti di no e noi possiamo continuare a farci i fatti nostri mentre tu ti crogioli nell’umiliazione.’’ Schioccò le dita. ‘‘Muoviti, mondano, abbiamo del lavoro da fare.
Cassandra Clare (City of Bones (The Mortal Instruments, #1))
APrimo First course, usually a substantial pasta, rice or zuppa (soup) dish. ASecondo Second course, often carne (meat) or pesce (fish). AContorno Side dish, usually verdura (vegetable). ADolce Dessert; including torta (cake). AFrutta Fruit; usually the epilogue to a meal. ANostra produzione Made in-house. ASurgelato Frozen; usually used to denote fish or seafood not freshly caught.
Cristian Bonetto (Lonely Planet Italy (Travel Guide))
«Ma a te ti sembra di fare un libro che è piano di cose che hai anche già scritto?» Ecco, a una domanda del genere la mia risposta sarebbe Sì, a me mi sembra, e il motivo per cui mi sembra è l'effetto Kulešov, che è un regista sovietico che in un libro del 1941, Fondamenti della regia cinematografica, parla di un esperimento che ha fatto filmando quattro sequenze: qualche secondo del primo piano di un attore, che si chiama Mozžuchin, che guardava il paesaggio; qualche secondo di una zuppa fumante; qualche secondo di un bambino steso, come se fosse morto, dentro una bara; qualche secondo di una ragazza distesa su un divano. Poi Kulešov, il regista, aveva montato le sequenze in questi tre modi: primo piano dell'attore - zuppa; primo piano dell'attore - bambino nella bara; primo piano dell'attore - ragazza sul divano. E la faccia dell'attore Mozžuchin nel primo montaggio sembrava affamata, nel secondo una faccia disperata e nel terzo una faccia innamorata, e la faccia era sempre quella, e l'esperimento di Kulešov dimostra, ammesso che sia possibile dimostrare qualcosa, che il significato che si attribuisce a una cosa cambia a seconda delle cose che la circondano.
Paolo Nori (La piccola Battaglia portatile)
Ormai non mi interessavo ad altro che alla mia scodella quotidiana di zuppa, al mio pezzo di pane raffermo. Il pane, la zuppa: tutta la mia vita. Ero un corpo. Forse ancora meno: uno stomaco affamato. Soltanto lo stomaco sentiva il tempo passare.
Elie Wiesel (Night)
D'un tratto ad Andrej venne da pensare che per milioni di raggi era una vera e propria tragedia mettersi in viaggio dalla superficie del sole, attraversare a precipizio l'infinito vuoto del cosmo, squarciare una moltitudine di chilometri di cielo, e tutto solo per estinguersi nelle rivolventi spoglie della zuppa del giorno prima.
Victor Pelevin (La freccia gialla)
Imbattersi un bel giorno, per caso, in un’oca disorientata rompeva la monotonia della zuppa fredda, della carne in scatola e del pane del giorno prima – il vino, invece, non era più un problema giacché ora veniva generosamente distribuito dall’intendenza insieme all’acquavite nella convinzione, tenacemente alimentato dallo Stato maggiore, che ubriacare il soldato contribuisca ad accrescerne il coraggio e, soprattutto, offuschi in lui la consapevolezza della sua condizione.
Jean Echenoz (14)
La rauca risata di Bronson Ford fu, in tutta risposta, fragorosa. Una sezione di buio s’increspò di fiamma pallida, e moltitudini di stelle presero a ruotare come attraverso un vetro deformato. Costellazioni aliene tremolarono a contorcersi mentre una macchia nera vi si espandeva attraverso; fra loro c’era il sole come una rossa brace consumata, il sistema solare e i suoi pianeti in decomposizione, e Terra… La Terra era ammantata in una velenosa foschia cremisi. Gli oceani ormai zuppa stagnante. Giungle in suppurazione ocra e marroni a ricoprire un emisfero; sterili deserti vulcanici a dominare l’altro. La maggior parte delle città erano sepolte in sabbie mobili, o sotto una vegetazione marcescente, o sprofondate in pozzi nella terra. Strutture ancora intatte ricoperte di fogliame, incrostate in ambrate glaciazioni, contorte in spuntoni di torri senza più somiglianza con le loro sembianze originali. Primati si radunavano in queste marginalmente abitabili regioni, ma, mentre la lente di Bronson Ford si avvicinava a ingrandire la scena, apparve chiaro che quei miserabili erano deformati e fuori sesto esattamente come i grattacieli. Le loro masse si accalcavano verso uno ziqqurat grande quanto l’Empire State Building. La possente struttura era stata edificata con la carne e le ossa di innumerevoli cadaveri senzienti. Un nero e sgocciolante tunnel sull’Altrove si apriva nel suo centro. A grumi, e quindi a mandrie, le figure in arrivo si elevarono nell’aria e vennero risucchiate verso l’iride in chiusura. Strillavano come strillano le mosche.
Laird Barron (The Croning)
... e in quell'aria dall'odore acre, da lontano, riconobbi senza alcun dubbio il profumo della zuppa di rape. È stato un peccato, perché quella vista, quel profumo hanno scatenato nel mio petto ormai già sordo un sentimento il cui impeto è riuscito a spillare ai miei occhi aridi un paio di gocce che hanno scaldato la mia faccia fredda e bagnata. E qualunque sforzo di valutare e ragionare, di ricorrere al buonsenso e alla lucidità mentale non sono serviti – dentro di me non ho potuto evitare di sentire la voce furtiva, in un certo senso vergognosa della sua stessa insensatezza, che tuttavia diventava sempre più ostinata, la voce di un desiderio sommesso quanto ardente: poter vivere ancora un pochino in quel bel campo di concentramento.
Imre Kertész (Fatelessness)
Noi però – io, François Pierre de la Varenne, cuoco del marchese di Uxelles, e pochi altri –, ispirati da quello straordinario personaggio che è Nicolas de Bonnefons, gentiluomo di camera del re nonché appassionato orticultore, avevamo cambiato tutto. «Una zuppa di cavolo deve sapere interamente di cavolo, una di porri di porro, una di rape di rapa, e quello che dico per le minestre lo intendo per tutto, deve servire da legge per tutto ciò che si mangia»: così aveva proclamato Bonnefons, e aveva proseguito prendendosela con i cuochi «che mescolano e riempiono le loro pentole indifferentemente, così che danno lo stesso sapore a tutte le loro pietanze». E Bonnefons era uomo di enorme influenza, perché era a contatto diretto col re. Nel suo libro di cucina, non a caso intitolato Le delizie della campagna, aveva praticamente bandito le spezie sostituendole con erbette e, soprattutto, prezzemolo, che a suo dire è la vera «spezia francese». Aveva persino eliminato lo zafferano dalla preparazione del riso, etichettandolo come gusto antico e volgare
Francesco Antinucci (Il potere della cucina: Storie di cuochi, re e cardinali)
Zuppa Toscana.
K.E. Ganshert (The Gathering (Gifting, #3))
Yom Kippur. Il giorno del Grande Perdono. Bisognava digiunare? La questione venne aspramente dibattuta. Digiunare poteva voler dire una morte più certa, più rapida: qui si digiunava tutto l'anno, tutto l'anno era Yom Kippur. Ma altri dicevano che dovevamo digiunare proprio perché farlo era pericoloso; dovevamo dimostrare a Dio che anche qui, in questo inferno, eravamo capaci di cantare le Sue lodi. Io non digiunai. Prima per far piacere a mio padre, che mi aveva proibito di farlo, e poi perché non c'era più nessuna ragione perché digiunassi. Non accettavo più il silenzio di Dio. Inghiottendo la mia gamella di zuppa vedevo in quel gesto un atto di rivolta e di protesta contro di Lui.
Elie Wiesel (Night)
In vita mia non avevo mai visto una cucina così spoglia, pulita tanto a fondo, c'era solo quell'odore insipido che mi faceva impazzire. Cercando di trovare almeno un granello di miglio, mi misi a strisciare, studiando gli interstizi del pavimento. Era tutto spazzato alla perfezione! Non potevo crederci, ricominciai la ricerca daccapo. In una pentola era rimasto attaccato del bruciaticcio - lo raschiai e masticai, senza neppure capire cosa fosse. Una delle padelle mi sembrò non sufficientemente strofinata. Annusai - odorava di cipolla fritta. Ah, brutte prepotenti, maledette vipere, la loro zuppa se la condivano perfino con la cipolla rosolata nell'olio di girasole! Mi misi a guaire, tanta voglia avevo di zuppa condita con la cipolla. Presi a leccare la padella, un po' immaginando, un po' effettivamente sentendo un vago sapore di cipolla, guaivo e leccavo, guaivo e leccavo.
Anatoly Kuznetsov (Babi Yar: A Document in the Form of a Novel)
All'ingresso della città, su uno dei due lati della strada, c'è una scultura in calcestruzzo alta circa due metri che rappresenta una falce e martello, sull'altro lato una pentola gigantesca, emblema di Kotel'nič fin da tempi molto più remoti. In russo, mi spiega Saša, kotël vuol dire proprio pentola, calderone. Un soggiorno quaggiù è una specie di tre stelle dello straniamento depressivo, e viene naturale pensare che la sensazione di trovarsi immobili sul fondo di una pentola di zuppa fredda e rappresa, da cui siano spariti da tempo – ammesso che ci siano mai stati – i bocconi migliori, rappresenti la normalità per ogni cittadina di ventimila abitanti della Russia profonda. Nessuno ci viene. Nessuno ne parla. Finché un bel giorno non scopriamo che esisteva un posto sperduto chiamato Černobyl'.
Emmanuel Carrère (Un roman russe)