Prima J Quotes

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La vigilia di Natale, Harry andò a letto pregustando le leccornie e i divertimenti dell'indomani, ma senza aspettarsi nessun regalo. Ma al suo risveglio, il mattino seguente di buon'ora, la prima cosa che vide ai piedi del suo letto fu un un mucchio di pacchetti. "Buon natale" gli fece Ron ancora assonnato, mentre Harry si buttava giù dal letto e si infilava la vestaglia. "Anche a te" gli rispose "Ma... Hai visto che roba? Ho ricevuto dei regali!" "E che cosa ti aspettavi, un mazzo di rape?" disse Ron.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Sorcerer's Stone (Harry Potter, #1))
...she said all writers were prima donnas, drunks, social misfits, pompous, or depressed. Brilliant, maybe, but completely crazy.
Ilsa J. Bick (Drowning Instinct)
Lo sai che, se cadessi, ti salverei la vita prima che tu colpisca il terreno," "Ma aspetteresti l'ultimo istante?" "Forse" -Rhysand e Feyre
Sarah J. Maas
Quando il primo bambino rise per la prima volta, la sua risata si sbriciolò in migliaia di frammenti che si sparpagliarono
J.M. Barrie
Quando le braccia della maichen lo avvolsero e lei gli accarezzò la nuca, iAm sussultò…e si rese conto che in tutti gli anni che aveva passato sulla Terra, era la prima volta che aveva un posto dove andare quando sentiva che il mondo era un posto di merda e il tempo non era niente di più una tortura da sopportare.
J.R. Ward (The Shadows (Black Dagger Brotherhood, #13))
Penso di essermi innamorato di te nell'istante in cui capii che stavi spaccando quelle ossa per creare una trappola per il Verme di Middengard. O forse quando mi mostrasti il dito medio perchè ti avevo preso in giro. Mi ricordavi tanto Cassian. Avevo voglia di ridere per la prima volta da decenni. Mi innamorai di te, saccentona, perchè eri una di noi. Perchè non avevi paura di me, e perchè decidesti di completare la tua vittoria spettacolare lanciando quel pezzo d'osso ad Amarantha come se fosse un giavellotto. In quel momento percepii lo spirito di Cassian accanto a me e avrei potuto giurare di sentirlo dire: "Se non la sposi tu, stupido stronzo, la sposerò io. -Rhysand, Corte di Nebbia e Furia. Capitolo 55.
Sarah J. Maas
Locus ab auctoritate est infirmissimus. [The argument from authority is the weakest.]
Thomas Aquinas (S. Thomæ Aquinatis Summa Theologica, Vol. 1: Diligenter Emendata; Nicolai, Sylvii, Billuart, Et C.-J. Drioux, Notis Ornata; Pars Prima, 1 74 (Classic Reprint) (Latin Edition))
La morte non deve per forza essere una faccenda triste. Dobbiamo prima di tutto imparare a ridere di noi stessi e poi...
T.J. Klune
Quella è una cosa che mi manda fuori di testa. Quando la gente dice le cose due volte, dopo che tu gli hai già dato ragione alla prima
J.D. Salinger (The Catcher in the Rye)
Per quanto fosse un ragazzo decisamente insolito, in quel momento Harry Potter si sentì proprio come chiunque altro: felice, per la prima volta nella vita, che fosse il suo compleanno.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
Su Segunda, su prima, su amiga, sonrió, con los ojos brillantes como estrellas. —Vive, Manon. Manon parpadeó. Asterin sonrió más ampliamente, besó la frente de Manon, y susurró de nuevo: —Vive.
Sarah J. Maas (Kingdom of Ash (Throne of Glass, #7))
Era stato doloroso, aveva fatto un male atroce spezzare il patto tra noi, e Rhys era stato bravissimo nella sua parte, il suo orrore era stato impeccabile. Eravamo sempre stati bravi a recitare insieme. Non avevo dubitato su di lui, non avevo detto altro che "Si" la notte prima quando mi aveva portata giù al tempio e io avevo pronunciato i miei voti. A lui, a Velaris, alla Corte della Notte.
Sarah J. Maas
Mas que obra prima é o homem! quão nobre a sua razão!quão infinitas as suas faculdades! quão imponente e admirável é na forma e nos movimentos! quão semelhante a um anjo nas ações! quão semelhante a um deus no entendimento! a beleza do mundo!...
R.J. Palacio (Wonder (Wonder, #1))
Se davvero avete voglia di sentire questa storia, magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com'è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne. Primo, quella roba mi secca, e secondo, ai miei genitori gli verrebbero un paio di infarti per uno se dicessi qualcosa di troppo personale sul loro conto.
J.D. Salinger (The Catcher in the Rye)
«La prima volta che ti ho visto mi ricordavi un po’ me. Niente mamma e papà, e credevi che a Hogwarts non ti ci saresti mica ritrovato, ti ricordi? Non eri sicuro di essere all’altezza... e adesso guardati, Harry! Campione della scuola!» Fissò un attimo Harry e poi disse, in tono molto serio: «Lo sai cosa mi piacerebbe, Harry? Mi piacerebbe se vinci, davvero. Fagli vedere, a quelli, che uno non deve essere purosangue per farcela. Non bisogna vergognarsi di quello che sei. Fagli vedere che è Silente che ha ragione, a prendere tutti, basta che sanno fare le magie.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Goblet of Fire (Harry Potter, #4))
È solo una casa, sì, ma è anche tanto di più. È la dimostrazione che le cose potevano andare meglio per noi. “Per favore ditemi che non la dipingerete mai,” dice Corey. “Davvero, è come se il Gigante Verde ci si fosse masturbato sopra.” “Ed ecco un’altra immagine che non mi abbandonerà mai,” si lamenta Bear. “Anche il suo sperma è verde?” si chiede Otter a voce alta. “Potrebbe essere. Fa un po’ schifo, però.” “E forse sa di piselli e carote,” aggiunge Corey. “Almeno ti farebbe bene,” faccio io. “Forse è questa l’origine del passato di verdure per neonati.” “Disgustoso e offensivo,” protesta lui. “Tuttavia, probabilmente corretto.” “Stiamo già ricominciando, per l’amor del cielo,” fa Bear. “Siamo a casa da un minuto e stiamo parlando del Gigante Verde che si masturba per produrre gli omogeneizzati. Per una volta in vita nostra, sarebbe possibile fare delle conversazioni normali prima di un evento sociale?” “Bear è arrabbiato perché ora non riuscirà a pensare ad altro,” spiega Otter a Corey. “E forse si sente anche leggermente eccitato.” “Bleah!” mi lamento io. “Non voglio pensare a Bear che si eccita pensando al Gigante Verde. E neanche pensando ad altro, se è per questo. Tenetevi per voi i vostri giochini.
T.J. Klune (The Art of Breathing (Bear, Otter, and the Kid, #3))
Te lo dirò per la prima e ultima volta,” dice lui a denti stretti, quasi con furia. “Mi ascolti, Tyson?” “Sì,” riesco a dire. “Le cose possono essere state difficili. Può essere stata una situazione schifosa. Possiamo anche aver pensato che non ce l’avremmo mai fatta a uscirne, ma ci siamo riusciti. Io e te. Siamo stati tutto quello che avevamo per un periodo di tempo lunghissimo e siamo sopravvissuti. Senza di te, non ci sarebbe nessun me. Otter può possedere il mio cuore, ma tu sei la mia anima. Quindi no, non l’ho mai pensato. No, non l’ho mai desiderato. No, non ti lascerò mai e non ti permetterò mai di lasciarmi. Sei unito a me per il resto della vita, e se mi fai ancora una domanda del genere, giuro su Dio che mi arrabbierò come non mi hai mai visto. Ci siamo capiti?
T.J. Klune (The Art of Breathing (Bear, Otter, and the Kid, #3))
- Se vuoi, ti do un bacio. - Peter le rispose: - Grazie - e non avendo idea di ciò che fosse un bacio, le tese una mano attendendo che vi deponesse qualche cosa. Per Maimie, questo fu un terribile colpo, ma sentì che non poteva spiegargli meglio la cosa, senza maggiormente addolorarlo, perciò con squisita delicatezza gli infilò in un ditino un ditale d'argento che, frugando, si era trovata in tasta, e gli disse: - Ecco, caro! - proprio come se gli avesse dato un bacio. E Peter non seppe mai la differenza tra un bacio e un ditale. […] - Se desideri darmi un bacio, lo puoi fare - disse Maimie. Peter allora prese, con molta riluttanza, a sfilarsi il ditale dal dito; pensava che Maimie lo rivolesse e per questo stava diventando rapidamente triste e malinconico. - Non volevo dire un bacio - si corresse Maimie - ma un ditale. - Cos'è un ditale? - chiese Peter preoccupato. - Questo è un ditale - rispose Maimie e lo baciò- Così Peter le diede tanti, tanti ditali con dolcezza e serietà. E lo fece proprio bene, se considerate che era la prima volta che lo faceva. Si dice davvero a ragione che non si sa mai ciò di cui si è capaci finché non ci si è provati a farlo.
J.M. Barrie (Le avventure di Peter Pan)
«Ho qualcosa da discutere con voi due» disse Hagrid, sedendosi tra loro con aria insolitamente seria. «Cosa?» chiese Harry. «Hermione» disse Hagrid. «Perché?» disse Ron. «Perché non sta bene, ecco perché. È venuta qui a trovarmi tante volte da Natale. Si sente sola. Prima non ci parlavate, con lei, per via della Firebolt, adesso non ci parlate perché il suo gatto...» «...ha mangiato Crosta!» lo interruppe Ron furioso. «Perché il suo gatto ha fatto come fanno tutti i gatti» continuò Hagrid ostinato. «Ha pianto tante volte, sapete. È un brutto momento per lei. Troppi impegni, se volete saperlo, con tutto il lavoro che sta cercando di fare. Ma ha trovato lo stesso il tempo di aiutarmi con il caso di Fierobecco, sapete... ha trovato della roba davvero buona... credo che lui ha qualche possibilità adesso...» «Hagrid, avremmo dovuto aiutarti anche noi... scusa...» esordì Harry imbarazzato. «Non ti rimprovero mica!» disse Hagrid, respingendo le scuse di Harry. «Con tutto quello che c’hai avuto per la testa, ti ho visto che ti allenavi a Quidditch a tutte le ore del giorno e della notte... ma ve lo devo dire, credevo che a voi due vi importava di più della vostra amica che di una scopa o di un topo. Ecco». Harry e Ron si guardarono, entrambi a disagio. «Era davvero sconvolta, poverina, quando Black ti ha aggredito, Ron. Lei sì che ha il cuore al posto giusto, lei, e voi due che non ci parlate nemmeno...» «Se solo si sbarazzasse di quel gatto, io le parlerei ancora!» disse Ron arrabbiato, «ma lo difende sempre! È un criminale, e lei non vuole nemmeno sentirselo dire!» «Ah, be’, la gente a volte è un po’ stupida quando ci parli dei suoi animali» disse Hagrid saggiamente. Alle sue spalle, Fierobecco sputò qualche osso di furetto sul cuscino.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
Ce se întîmplă cu tine, băiete? mă întrebă. Vorbea destul de aspru pentru felul lui de a fi. Cîte materii ai urmat în trimestrul ăsta? ― Cinci, domnule profesor. ― Cinci? Şi la cîte ai căzut? ― La patru. Îmi amorţise fundul stînd pe pat. În viaţa mea nu stătusem pe un pat atît de tare. ― La engleză am trecut, i-am spus, fiindcă poveştile cu Beowulf şi cu Lord Randal, fiul meu le-am învăţat încă de pe vremea cînd eram la Whooton. Şi, de fapt, la engleză nu trebuia să fac mai nimic, decît să scriu din cînd în cînd cîte o compunere. Bătrînul nici nu mă asculta. N-asculta niciodată cînd îi vorbeai. ― Eu unul te-am trîntit la istorie fiindcă n-ai ştiut absolut nimic. ― Ştiu, domnule profesor, vă înţeleg. Ce era să faceţi? ― Absolut nimic, repetă el. Tare mă înfurie cînd oamenii repetă de două ori un lucru pe care tu l-ai recunoscut de prima dată. Şi pe urmă a mai spus-o şi a treia oară. ― Dar absolut nimic. Ai deschis cartea măcar o dată, în trimestrul ăsta? Eu mă îndoiesc. Spune drept! ― Păi, ştiţi, am răsfoit-o... de vreo două ori, am spus. Nu voiam să-l jignesc. Îi plăcea istoria la nebunie! ― A, ai răsfoit-o! spuse el foarte ironic. Uite, hm, teza ta e acolo sus pe raft, deasupra teancului de caiete. Ad-o, te rog, încoace. Era o figură urîtă din partea lui. Dar n-am avut încotro, m-am dus şi i-am adus-o. Pe urmă, m-am aşezat din nou pe patul lui de ciment. Mamă, nici nu ştiţi ce rău începuse să-mi pară că venisem să-mi iau rămas bun. Ţinea lucrarea mea de parc-ar fi fost o bucată de rahat sau mai ştiu eu ce. ― Am studiat cu voi egiptenii de la 4 noiembrie la 2 de¬cembrie, îmi zise. Singur ai ales să scrii despre ei la lucrarea facultativă de control. Vrei să auzi ce-ai scris? ― Nu, domnule profesor, nu face, i-am răspuns. Cu toate astea, începu să citească. Nu poţi opri niciodată un profesor să facă un anumit lucru, dacă s-a hotărît să-l facă. Oricum, face tot ce vrea el! Egiptenii sînt o rasă veche de caucazieni care locuiesc într-una din regiunile din nordul Africii. Africa, după cum ştim cu toţii, e cel mai mare continent în emisfera răsăriteană. Şi eu eram obligat să stau şi s-ascult toate tîmpeniile astea! Zău că era urît din partea lui. Pe noi, astăzi, egiptenii ne interesează din mai multe motive. Ştiinţa modernă n-a descoperit nici pînă azi ce substanţe misterioase întrebuinţau cînd îmbălsămau morţii, pentru ca feţele lor să nu putrezească secole la rînd. Această enigmă interesantă continuă să constituie o sfidare pentru ştiinţa modernă a secolului XX. Se opri şi puse jos lucrarea. Începusem să-l urăsc! ― Eseul tău, ca să-i zicem aşa, se opreşte aici, spuse cît se poate de ironic. N-ai crede că un tip atît de bătrîn poate fi atît de ironic şi aşa mai departe. Apoi adăugă: Şi în josul paginii mi-ai scris şi mie cîteva cuvinte. ― Ştiu, ştiu, i-am răspuns precipitat, ca să-l opresc înainte de a-ncepe să citească. Dar parcă mai putea cineva să-l oprească?! Ardea ca un fitil de dinamită. Dragă domnule Spencer (citi el cu glas tare), asta e tot ce ştiu eu despre egipteni. Nu reuşesc să mă intereseze, cu toate că dumneavoastră predaţi foarte frumos. Să ştiţi totuşi că nu mă supăr dacă mă trîntiţi ― că în afară de engleză tot am picat la toate materiile. Cu stimă, al dumnea¬voastră, Holden Caulfield. În sfîrşit, a pus jos lucrarea mea nenorocită şi mi-a arun¬cat o privire de parcă m-ar fi bătut măr la ping-pong sau mai ştiu eu ce. Cît oi trăi nu cred c-am să-l iert c-a citit cu glas tare toate rahaturile alea. Dacă le-ar fi scris el, eu unul nu i le-aş fi citit niciodată. Zău că nu. Şi, de fapt, nu-i scrisesem notiţa aia nenorocită decît ca să nu-i pară prea rău că mă trînteşte. ― Mă condamni că te-am trîntit, băiete? m-a întrebat el. ― Nu, domnule profesor, zău că nu! i-am răspuns eu. Numai de-ar fi încetat naibii să-mi mai zică "băiete"!
J.D. Salinger (The Catcher in the Rye)
«Prima di tutto, Harry, voglio ringraziarti» disse Silente con occhi di nuovo brillanti. «Devi avermi dimostrato una vera lealtà, giù nella Camera. Soltanto quella può avere indotto Fawkes ad avvicinarsi a te». Accarezzò la fenice, che gli si era accovacciata sulle ginocchia. Harry sorrise imbarazzato mentre Silente lo guardava. «E così hai conosciuto Tom Riddle» disse Silente pensieroso. «Immagino che fosse molto interessato a te...» Tutt’a un tratto, la cosa che tormentava Harry gli uscì di getto dalle labbra. «Professor Silente... Riddle ha detto che io sono come lui. Strane somiglianze, ha detto...» «Ah sì? Ma davvero?» chiese Silente guardando pensieroso il ragazzo da sotto le folte sopracciglia d’argento. «E tu che ne pensi, Harry?» «Io non credo di essere come lui!» disse Harry con voce più acuta di quanto avesse voluto. «Voglio dire, io sono... io appartengo a Grifondoro, io sono...» Ma poi tacque, perché un dubbio gli si era riaffacciato alla mente. «Professore» riprese di nuovo dopo un istante. «Il Cappello Parlante mi disse che io... che... sarei stato bene fra i Serpeverde. Per un po’ tutti hanno pensato che fossi io l’erede di Serpeverde... perché parlo il Serpentese...» «Harry, tu parli il Serpentese» disse calmo Silente, «perché Voldemort – che è l’ultimo discendente rimasto di Salazar Serpeverde – parla il Serpentese. A meno che io non mi sbagli di grosso, la notte in cui ti ha lasciato quella cicatrice ti ha trasmesso alcuni dei suoi poteri. Anche se di certo non ne aveva intenzione...» «Voldemort ha messo un pezzetto di sé dentro di me?» chiese Harry trasecolato. «Si direbbe proprio di sì». «Allora è vero che dovrei stare con i Serpeverde!» disse Harry guardando disperato Silente. «Il Cappello Parlante ha visto in me il potere di Serpeverde e...» «Ti ha assegnato a Grifondoro» disse Silente sempre calmo. «Ascoltami bene, Harry. Si dà il caso che tu abbia molte qualità che Salazar Serpeverde apprezzava nei suoi alunni, che selezionava accuratamente. Il dono molto raro del Serpentese... intraprendenza... determinazione... un certo disprezzo per le regole» soggiunse, e ancora una volta i suoi baffi vibrarono. «E tuttavia, il Cappello Parlante ti ha assegnato a Grifondoro. Tu sai perché. Pensaci». «Lo ha fatto» disse Harry con la delusione nella voce, «perché gli ho chiesto io di non andare fra i Serpeverde...» «Appunto» disse Silente ancora una volta tutto raggiante. «Il che ti rende assai diverso da Tom Riddle. Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità». Harry sedeva immobile, esterrefatto. «Se vuoi una prova che appartieni a Grifondoro, ti consiglio di dare un’occhiata più da vicino a questa». Così dicendo, si avvicinò alla scrivania della McGonagall, prese la spada d’argento macchiata di sangue e gliela porse. Come inebetito, Harry la rivoltò; i rubini mandavano bagliori luminosi alla luce del fuoco. Fu allora che vide il nome inciso proprio sotto l’elsa. Godric Grifondoro. «Soltanto un vero Grifondoro avrebbe potuto estrarla dal cappello, Harry» disse semplicemente Silente.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Chamber of Secrets (Harry Potter, #2))
Certe volte è difficile stabilire se è l'alba o il tramonto. Qui il sole è sempre lo stesso. Quando è vicino all'orizzonte comincia ad adagiarsi, come felice di una morte a lungo aspettata. Oppure, se lo guardiamo da un'altra angolazione, sembra una palla un po' sgonfia che sta per lanciarsi verso l'alto in un impeto elastico... ... Mi incamminai verso la riva, misi i piedi nell'acqua. Era freddo. Cercai di immaginarmi T. Per la prima volta riuscivo a vederla come una persona umana, di carne, non come una vuota bambola di un film esistenzialista. La fisicità con cui la vedevo ora che era morta mi colpì con forza. A lei piaceva giocare con le parole. E capii che io non avrei dovuto giocare con lei, che non avrei dovuto giocare a fare un romanzo. Non avrei dovuto scherzare con la vita.
J. Hole
In biblioteca, attraverso la porta aperta, vide Blay e Saxton che parlavano. Poi suo cugino fece un passo avanti e prese Blay tra le braccia. Rimasero cosi, stretti l'uno contro l'altro; Qhuinn fece un respiro profondo e si sentì morire un pochino anche lui.Ecco come siamo finiti, pensò.Vite separate, futuri separati.Difficile credere che all'inizio erano inseparabili...All'improvviso gli occhi azzurri di Blay incrociarono i suoi. E ciò che Qhuinn vi colse lo fece vacillare: quel volto splendeva d'amore, un amore puro e inalterato dalla timidezza che era parte integrante del suo riserbo. Blay non distolse lo sguardo.E per la prima volta... non lo fece neanche Qhuinn. Non sapeva se quell'emozione era legata a suo cugino - probabilmente sì - ma decise di godersela: guardò Blaylock dritto negli occhi, lasciando trasparire sul suo viso tutto ciò che aveva nel cuore.Lo lasciò trapelare in piena libertà.Perché c'era una lezione nella cerimonia funebre di quella sera: possiamo perdere in un batter d'occhio quelli che amiamo. E quando succede, c'è da scommetterci, non pensiamo a tutti i motivi che avrebbero potuto dividerci: pensiamo a tutti i motivi che ci univano.E di sicuro rimpiangiamo amaramente di non aver avuto più tempo a disposizione, anche se abbiamo avuto secoli e secoli...Da giovani pensiamo che il tempo sia un peso, qualcosa da scaricare il prima possibile per poter crescere. Ma è un tragico errore... da adulti capiamo che i minuti e le ore sono la cosa più preziosa che abbiamo.Nessuno ha a disposizione tutta l'eternità ed è un delitto sprecare il tempo che ci è dato da vivere.Basta, pensò Qhuinn. Basta con le scuse, basta scappare, basta cercare di essere qualcun altro, chiunque altro.Anche se restava fregato, anche se il suo prezioso piccolo ego e il suo stupidissimo cuoricino andavano in mille pezzi, era ora di piantarla con le stronzate.Era ora di comportarsi da persona matura. Esatto, amico, pensò Qhuinn vedendo che Blay cominciava a raddrizzarsi come se avesse colto il messaggio. Il nostro futuro è arrivato.
J.R. Ward (Lover Reborn (Black Dagger Brotherhood, #10))
Par delà l'évidence du contenu, du message déclaré dans le titre et surplombant même l'intention de l'auteur, ces recettes dévoilent un contenu plus ample et bien plus riche qu'il n'y paraît, ou qu'elles ne semblent le faire au premier abord. J'ai tenté, dans ce qui suit, de faire ressortir les lapsus, les allusions involontaires, le message caché de ces recettes. {Dincolo de conținutul evident, de mesajul declarat al titlului și mai presus chiar de intenția autorului, aceste rețete dezvăluie un conținut mai amplu și mai bogat decât par sau vor sa o facă la prima vedere. Am încercat, în cele ce urmează, sa scot la iveala lapsusurile, aluziile involuntare, mesajul ascuns al acestor rețete.} (extrait de l'Avant-propos)
Matei Pleşu (Amintiri din bucătăria lumii - Mică antologie de gusturi, stări şi gustări)
«Sirius rappresentava per te tante cose che non avevi mai conosciuto prima» sussurrò Silente con dolcezza. «La sua perdita è devastante... » «Ma mentre stavo dai Dursley» lo interruppe Harry, a voce più alta, «ho capito che non posso rinchiudermi o... o crollare. Sirius non l'avrebbe voluto, no? E comunque, la vita è troppo breve... Guardi Madama Bones, guardi Emmeline Vance... Io potrei essere il prossimo, vero? Ma se è così» disse con forza, guardando Silente dritto negli occhi azzurri che scintillavano alla luce della bacchetta, «farò in modo di portare con me tutti i Mangiamorte che posso, e anche Voldemort, se ci riesco». «Hai parlato come il degno figlio di tua madre e tuo padre, e il vero figlioccio di Sirius!» ribattè Silente dandogli una pacca di approvazione sulla schiena.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Half-Blood Prince (Harry Potter, #6))
«Ricordi che stiamo praticando gli incantesimi non verbali, Potter?» «Sì» rispose Harry, rigido. «Sì, signore». «Non c'è bisogno di chiamarmi signore, professore». Le parole gli erano sfuggite prima che se ne rendesse conto. Parecchi ragazzi trattennero il respiro, Hermione compresa. Alle spalle di Piton, tuttavia, Ron, Dean e Seamus sorridevano ammirati.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Half-Blood Prince (Harry Potter, #6))
«Direi che da 'prima i maghi' a 'prima i Purosangue', e infine a 'prima i Mangiamorte' il passo è breve» rispose Kingsley. «Siamo tutti esseri umani, no? Ogni vita umana ha lo stesso valore e merita di essere salvata.»
J.K. Rowling (Harry Potter and the Deathly Hallows (Harry Potter, #7))
«Perchè» rispose Harry, prima che potesse farlo Hermione, «a volte bisogna pensare a qualcosa di più della propria salvezza! A volte bisogna pensare al bene superiore! Questa è una guerra!»
J.K. Rowling (Harry Potter and the Deathly Hallows (Harry Potter, #7))
«Be', si capisce cos'hanno pensato. Aveva funzionato bene rapire i ragazzi per far rigare dritto i parenti: era solo questione di tempo prima che cominciassero a fare il contrario. Solo» li guardò e Harry notò con stupore che stava sorridendo, «che hanno trovato un osso duro. La vecchia strega vive da sola e avranno pensato che non valeva la pena di mandare qualcuno di particolarmente potente. Fatto sta» Neville rise «che Dawlish è ancora al San Mungo e la nonna è scappata. Mi ha mandato una lettera» e si battè una mano sulla tasca all'altezza del cuore. «Dice che è fiera di me, che sono il degno figlio dei miei genitori, e di resistere.»
J.K. Rowling (Harry Potter and the Deathly Hallows (Harry Potter, #7))
Non che sia importante, ma è la prima volta che la mia trasformazione non viene accolta da un applauso" [...] "Ci scusi, professoressa, abbiamo appena avuto la prima ora di Divinazione, e stavamo leggendo le foglie di tè..." "Ah, certo" esclamò la professoressa McGonagall accigliata. "Non c'è bisogno di aggiungere altro, signorina Granger. Ditemi, chi di voi morirà quest'anno?" [...] "io" disse Harry alla fine. [...] [...] "A me sembri in perfetta salute, Potter, quindi mi scuserai se non ti dispenso dai compiti oggi. Ti assicuro che se dovessi morire non sei tenuto a consegnarli".
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
The only approach to these intractable problems that is at all hopeful is to acknowledge the reality and the probable persistence of the conflict of aims, to try to get both parties to recognize their conflicting prima facie rights as such, and to look for a solution which can be seen as a reasonable compromise between these prima facie rights, and which can therefore be defended morally, not merely politically, in the court of international opinion in terms of principles which are already recognized and confidently relied upon in uncontroversial cases.
J.L. Mackie (Ethics: Inventing Right and Wrong)
Notoriously, there are disputed territories – for example, border areas and regions occupied by groups which are not independent nations, but many of whose members wish that they were. Again, there are territories like that which used to be called Palestine; here the principles which in the case of Norway point univocally to one national group as that to which the area belongs diverge, some supporting the claims of the Israelis and others the claims of the Palestinian Arabs. Cyprus and Northern Ireland are two other obvious examples of conflicting prima facie rights of distinguishable national groups. In such cases the appeal, by both parties to a dispute, to supposedly absolute rights is disastrous. It reduces the readiness to negotiate and compromise, and it seems to justify any atrocities against the enemy, and any resulting losses and suffering for one's own side, that are needed to vindicate those rights.
J.L. Mackie (Ethics: Inventing Right and Wrong)
accendere il fuoco quasi dappertutto, servendosi praticamente di qualsiasi cosa, vento o non vento; ma quella notte non ci riuscirono neanche Oin e Gloin, che avevano una particolare abilità a farlo. Poi uno dei pony si spaventò per un nonnulla e si imbizzarrì. Corse fin dentro al fiume prima che riuscissero a catturarlo e, quando infine riuscirono a tirarlo fuori di nuovo, Fili e Kili erano quasi annegati e tutto il bagaglio che portava gli era stato strappato di dosso. Ovviamente si trattava in prevalenza di cibarie, e così ne rimanevano poche per cena e ancor meno per la prima colazione. Sedevano tutti lì, abbattuti e bagnati, borbottando, mentre Oin e Gloin continuavano a cercare di accendere il fuoco e a litigarci sopra. Bilbo rifletteva tristemente che le avventure non sono fatte solo di piacevoli cavalcate al sole di maggio, quando Balin, la loro vedetta, disse: “C’è una luce laggiù!” A una certa distanza c’era una collina coperta di alberi, qua e là molto fitti. Nella massa scura, si scorgeva una luce rossastra dall’aspetto confortante, come un fuoco, per esempio, o alcune torce accese. Quando l’ebbero guardata per un po’, cominciarono a discutere animatamente. Alcuni dicevano “no” e altri dicevano “sì”. Alcuni dicevano che potevano almeno andare a vedere e che qualsiasi cosa era meglio di una
J.R.R. Tolkien (Lo Hobbit (Illustrato))
Ci diciamo che nel giusto siamo noi io do a voi la colpa e poi Di notte sto coi sensi di colpa che mi mangiano il cranio Non riesco a dartela vinta ho il cuore più freddo del titanio Ho la testa tra le mani, rimorsi grossi come titani E la ragione che affonda come il Titanic I drammi di una donna che si mischiano coi miei Io in torto, con l'odio in corpo, che incolpo lei Troppo narcisista per prendermela con lo specchio Troppo egoista per odiare me stesso Non mi accollo i pesi del dolore Mi depersonalizzo, la bella vita è un brutto vizio Se dire " ho torto " è solo l'inizio dell'umiltà Ho sbagliato indirizzo ma sono capitato qua Nella vita si fanno parecchi errori, pensa ai tuoi Io penso ai miei e li ammetto prima o poi E se facciamo sbagli Diamo la colpa agli altri Vestiti da sciacalli Ci crediamo eroi E più facciamo sbagli Più continuiamo a farli Per non pensare che L'inferno siamo noi L'inferno siamo noi L'inferno siamo noi Quindi guardi a un pozzo petrolifero, convinti di essere i giusti come Lucifero L'inferno è questa vita non negare Tengo dentro tutta l'aria per non annegare La vita è insipida fatti dare un po' di sale che più stiamo qua Più diventiamo matti da legare (già) La colpa è un po' di tutti e forse di nessuno Non te lo chiedi tu continui a fare il duro Sono molti meno quelli a cui hai chiesto scusa di quelli che hai mandato a fare in culo "L'inferno" Emis Killa, Deleterio, J-Ax
Emis Killa
Joy si immaginò la donna dall'altra parte del telefono e desiderò poter essere quella persona nella vita di Gray; quella che cercava per un consiglio e che chiamava quando non era sicuro e che teneva tra le braccia la notte... «Ti voglio bene, mamma» disse il ragazzo prima di terminare la comunicazione. Okay. Non voleva essere la madre di Gray. Però le sarebbe piaciuto avere l'opportunità di essere sua pari. La sua compagna.
J.R. Ward
La risata di Avery mi entrò dentro e io le presi il viso tra le mani. Fissando i suoi occhi allegri, nei miei pensieri si formarono tre parole: io la amavo. Quel sentimento era presente già da un po’, probabilmente da più tempo di quanto volessi ammettere. Forse addirittura dalla prima volta che mi aveva detto di no, avevo iniziato a innamorarmi di lei. Ed ero innamorato di lei anche in quel preciso istante. Quella presa di coscienza mi sconvolse. Guardavo quegli occhi caldi, del color del whisky, e volevo vederci dentro il mio futuro, il nostro futuro. Mai prima mi era capitato di voler leggere una cosa simile negli occhi di una ragazza, ma, con Avery Morgansten, non desideravo altro. Mi si spense il cervello e da quel punto in poi ogni cosa che feci fu per la spinta di quelle parole. Io l’amavo.
J. Lynn
Sono qui. Non andrò mai via. Le dita di entrambi erano intrecciate ai capelli dell’altro ormai: le grandi mani di Lord Richard che si muovevano tra le sue lunghe ciocche dritte come se volessero prenderne una manciata e David che sentiva la sensazione familiare dei ricci sotto le dita come se non li avesse mai toccati prima. Le labbra di sua signoria erano aperte sulle sue in baci avidi ed esigenti, le lingue intrecciate. Un piacere così intenso da fare quasi male.
K.J. Charles (A Gentleman's Position (Society of Gentlemen, #3))
Era prima zi cu adevărat frumoasă pe care o aveau de luni de zile. Cerul era limpede și albastru ca floarea de nu-mă-uita, iar vara părea că plutește deja în aer.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Sorcerer's Stone (Harry Potter, #1))
È divenuto così strano il mondo! Elfi e Nani camminano insieme sulle nostre praterie, in pieno giorno; c’è gente che parla con la Dama della Foresta, eppur rimane in vita; e ritorna a combattere finanche la Spada che fu Rotta nei tempi remoti, prima che i padri dei nostri padri giungessero nel Mark! Come può un uomo in tempi come questi decidere quel che deve fare?”.
J.R.R. Tolkien (Il signore degli anelli)
Lei mi chiede se ho cambiato la mia difesa. Ma io chi sono, chi è questo io, questo lei? Cambiamo ogni giorno, e restiamo anche sempre gli stessi. Non c’è un io, non c’è un lei che sia più fondamentale di qualsiasi altro. Lei potrebbe chiedermi quale sia la Elizabeth Costello più vera: quella che ha fatto la prima dichiarazione o quella che ha fatto la seconda. Rispondo che entrambe sono vere. Entrambe. E nessuna delle due. Io sono un’altra. Perdonatemi se ricorro a parole che non sono miei ma non posso migliorarle. Davanti a voi c’è la persona sbagliata. Credete di avere qui la persona giusta, ma avete quella sbagliata. L’altra Elizabeth Costello.
J.M. Coetzee (Elizabeth Costello)
Ci andavamo per ogni nostro bisogno. Quando avevamo sete, naturalmente, e fame, e quand’eravamo stanchi morti. Ci andavamo se eravamo felici, per festeggiare, e quand’eravamo tristi, per tenere il broncio. Ci andavamo dopo i matrimoni e i funerali, a prendere qualcosa per calmarci i nervi, e appena prima, per farci coraggio. Ci andavamo quando non sapevamo di cos’avevamo bisogno, ne la speranza che qualcuno ce lo dicesse. Ci andavamo in cerca d’amore, o di sesso, o di guai, o di qualcuno che era sparito, perché prima o poi capitava lì. Ci andavamo soprattutto quando avevamo bisogno di essere ritrovati.
J.R. Moehringer (The Tender Bar: A Memoir)
«Severus Piton, professore di questa scuola, ti ordina di rivelare le informazioni che nascondi!» disse Piton, e colpi di nuovo la mappa con la bacchetta. Come se una mano invisibile vi scrivesse, alcune parole apparvero sulla liscia superficie della mappa: «Il signor Lunastorta porge i suoi ossequi al professor Piton e lo prega di tenere il suo naso mostruosamente lungo lontano dagli affari altrui». Piton s'irrigidì. Harry fissò il messaggio, ammutolito. Ma la mappa non si fermò lì. Sotto la prima frase ne apparve un'altra: «Il signor Ramoso è d'accordo con il signor Lunastorta, e ci tiene ad aggiungere che il professor Piton è un brutto idiota». Sarebbe stato molto divertente se la situazione non fosse stata cosi seria. E c'era dell'altro… «Il signor Felpato vorrebbe sottolineare il suo stupore per il fatto che un tale imbecille sia diventato professore». Harry chiuse gli occhi orripilato. Quando li riaprì, la mappa concluse: «Il signor Codaliscia augura buona giornata al professor Piton, e gli dà un consiglio: lavati i capelli, sporcaccione».
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban Ravenclaw Edition)
Gli aveva salvato la vita. Senza dubbio Xhex, gli aveva restituito il suo futuro prima ancora che lui si rendesse conto che stava per perderlo.
J.R. Ward (Black Dagger Brotherhood Collection (Black Dagger Brotherhood, #1-9))
«No» sibilò. Con la voce che gli risuonava nel cranio decise di ascoltare se stesso. Basta. Doveva chiuderla lì. Molto tempo prima aveva perso la testa per quella persona. No c’era motivo di perdere anche l’anima.
J.R. Ward (Lover at Last (Black Dagger Brotherhood, #11))
Avanti, avanti, Cavalieri di Théoden! Gesta crudeli vi attendono: fuoco e stragi! Saran scosse le lance, frantumati gli scudi, e rosso il giorno prima dell’alba! Cavalcate! Cavalcate! Cavalcate verso Gondor!
J.R.R. Tolkien (Il signore degli anelli)
But for Christians, Jesus is the norm of the Bible. And he repudiated violence, even in his historical context of violence and injustice. Given that he is the norm of the Bible, he is the standard by which its divergent views of violence, war, nonviolence, and peace must be judged. His status as the norm, and the fact that his followers for three centuries understood him to be an advocate of nonviolence, create a prima facie case for Christians to be passionate about God’s dream of a world of justice and peace. Borg, Marcus J.. Convictions: How I Learned What Matters Most (p. 202). HarperCollins. Kindle Edition.
Marcus Borg
«Draco, fallo o spostati. Uno di noi...» strillò la donna, ma in quel preciso istante la porta si spalancò ancora una volta e apparve Piton, la bacchetta in pugno. Guardò la scena, da Silente accasciato contro il muro ai quattro Mangiamorte, a Malfoy. «Abbiamo un problema, Piton» disse il goffo Amycus, senza distogliere da Silente lo sguardo e la bacchetta. «Il ragazzo non sembra in grado...» Ma qualcun altro aveva pronunciato il nome di Piton, con dolcezza. «Severus...» Quel suono atterrì Harry più di ogni altra cosa che aveva vissuto quella sera. Per la prima volta, Silente supplicava. Piton non rispose. Avanzò e spinse rudemente Malfoy di lato. I tre Mangiamorte si ritrassero senza una parola. Perfino il lupo mannaro era intimorito. Piton scrutò per un attimo Silente, e incisi nei suoi duri lineamenti c’erano disgusto e odio. «Severus... ti prego...» Piton levò la bacchetta e la puntò contro Silente. «Avada Kedavra!»
J.K. Rowling (Harry Potter and the Half-Blood Prince (Harry Potter, #6))
«Ma se nessuno di voi fa circolare la notizia che Voldemort è tornato...» cominciò Harry. «Chi ha detto che nessuno di noi fa circolare la notizia?» disse Sirius. «Perché credi che Silente sia così nei guai?» «Che cosa intendi dire?» chiese Harry. «Stanno cercando di screditarlo» rispose Lupin. «Non hai letto La Gazzetta del Profeta la settimana scorsa? Hanno scritto che è stato estromesso dalla Presidenza della Confederazione Internazionale dei Maghi perché sta invecchiando e perde il controllo, ma non è vero, è stato escluso dai maghi del Ministero dopo che ha tenuto un discorso per annunciare il ritorno di Voldemort. L’hanno retrocesso dalla carica di Stregone Capo del Wizengamot – è l’Alta Corte dei Maghi – e stanno decidendo se levargli anche l’Ordine di Merlino, Prima Classe». «Ma Silente dice che non gl’importa di quello che fanno finché non lo tolgono dalle figurine delle Cioccorane» disse Bill con un gran sorriso.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Order of the Phoenix (Harry Potter, #5))
«Facciamo tutti parte dell’ES» gli ricordò a voce bassa Neville. «Era per prepararci a combattere Tu-Sai-Chi, no? E questa è la prima occasione di fare davvero qualcosa... o era solo un gioco?» «No... certo che no...» rispose Harry nervoso. «Allora verremo anche noi» concluse Neville con semplicità. «Vogliamo aiutarti».
J.K. Rowling (Harry Potter and the Order of the Phoenix (Harry Potter, #5))
Il senso di calore che avvertii la prima volta che tenni un libro in mano, prima ancora di aprirlo, non mi ha mai abbandonato. Cominciai a leggere voracemente, tutto e di tutto, e poco dopo aver finito un libro ne iniziavo un altro. Passavo da Beatrix Potter a A.A. Milne e a J.D. Salinger; da Harold Robbins a Hemingway e Dostoevskij; da Anna Frank a John Steinbeck e Proust; da Leon Uris a Isaac Bashevis Singer e Gertrude Stein, ad infinitum. Ero entrata in una compagnia di sconosciuti, e da allora ho sempre seguito il cammino che hanno tracciato per me. I loro pensieri mi hanno condotto a scoprire altri significati nei miei. Mi ha sempre colpito come un libro parli all'altro, ampliandone il significato.
Bernice Eisenstein (I Was a Child of Holocaust Survivors)
Corey rimase a guardare la scena, invaso da quello che sapeva essere sollievo. La perdita del coniglio non l’aveva rattristato e con tutta probabilità si sarebbe gelato l’inferno, prima che il giovane imparasse a forzare un’emozione a comando. L’unica cosa che provava in quel momento era l’insano bisogno di prendere la chitarra e cantare. Quando cantava, tirava fuori tutte le emozioni che voleva. Quando cantava, era la musica a parlare per lui. Era così che entrava in contatto con i suoi sentimenti.
R.J. Scott (Boy Banned)
«Sei stato fantastico.» «È merito tuo,» commentò il ragazzo. «Tu mi hai convinto di essere fantastico a tal punto da riuscire a fare rock senza sentirmi un impostore.» «Oh.» Stava forse dicendo che Corey lo stava cambiando? Era il momento giusto per ammettere la stessa cosa? Non ne era sicuro e odiava la sensazione, come se stesse perdendo il controllo di qualcosa di importante. Perciò, piantò le mani proprio sul fondoschiena di Angel e lo tirò su fino a raggiungere la sua bocca. Poi si baciarono. Fu un contatto bellissimo, raggiunse tutte le parti di Corey contratte per la confusione e i dubbi. Piano piano, il giovane si rilassò. Approfondirono il bacio e Angel si sollevò appena sui gomiti, premendo la propria erezione ancor più intensamente contro quella di Corey. L’avevano già fatto tante volte, si erano eccitati e masturbati a vicenda, ma il giovane aveva bisogno sentire la pelle dell’altro. «Via i vestiti,» ordinò. Angel rotolò giù e si liberò dei jeans aderenti a forza di strattoni. Corey fu ancora più veloce, si sfilò i larghi pantaloni fino a ritrovarsi in mutande quanto il suo ragazzo e Angel tornò a stendersi sopra di lui, schiacciandolo contro la trapunta. «Siamo soli, qui,» mormorò Angel tra i baci. «Voglio succhiartelo.» A Corey piaceva l’idea, ma invece di lasciare che Angel si abbassasse e glielo prendesse in bocca completamene, cambiò posizione. Di colpo, il giovane si ritrovò faccia a faccia con il membro di Angel, mentre il ragazzo leccava il suo. Non l’aveva mai fatto prima di allora, non si era mai neanche avvicinato a qualcosa di tanto erotico. Un potenziale orgasmo si risvegliò dentro di lui, un’improvvisa ondata di passione al solo pensiero di cosa stava accadendo. Diavolo, c’erano tantissime cose che non aveva mai fatto, ma questa? Questa era intensa.
R.J. Scott (Boy Banned)
Scott s’infilò nella stanza. «È ora di alzare il culo, signorine!» Afferrò la borsa e se ne andò. Il tipo era una forza della natura e Corey detestava che la sua pace fosse stata turbata così. Voleva tornare al momento in cui aveva desiderato baciare Angel. Non baciarlo con tutto se stesso solo per stabilizzarsi, ma per gustarlo dolcemente, accarezzarlo, amarlo. Sua zia diceva sempre che avrebbe trovato l’amore, prima o poi, e che allora avrebbe sorriso ogni giorno. Si stava forse innamorando di Angel? Era questo che si provava, all’inizio di un amore?
R.J. Scott (Boy Banned)
«Cazzo,» ansimò Angel. «È stato intenso. Non sai che mi fai, Corey... Non ho mai fatto una cosa del genere prima... venire solo per un bacio.» «Io non so... Non ho...» Corey non sapeva che dire. Si limitò a guardarlo negli occhi. Doveva dirgli che era la prima volta anche per lui. In assoluto. La voce di Scott infranse il momento. «Ragazze, esiste il bagno per quella roba, sapete?» Ma a Corey non importava. Aveva Angel tra le braccia, il suo peso a tenerlo giù, e non lo avrebbe lasciato ancora per un bel po'.
R.J. Scott (Boy Banned)
«Ascoltano la sua musica,» disse. «Dei completi estranei piangono la sua morte, dicono che è stata una tragedia e si aspettano che io stia come loro tutto il tempo. E credimi, li capisco. Era bravo. Un magnifico idolo che andava contro il sistema e che ha tenuto un’intera generazione nel palmo della sua mano. Capisco che ha plasmato la vita di tantissime persone, che è stato la colonna sonora della loro adolescenza o roba simile, ma per me era solo un papà che non ho mai conosciuto e che non mi ha mai incontrata. Per questo devo andare in terapia e fingere di provare tutte quelle emozioni che si aspettano da me.» Corey non riusciva a credere alle sue orecchie. Hannah stava descrivendo più o meno i suoi stessi sentimenti. «Fingi tanto?» le domandò. Lei toccò il gomito con il suo. «Tutto il tempo. Faccio finta che m’importi che mio padre sia morto prima ancora di vedermi, di non averlo mai conosciuto.» Si morse il labbro come se avesse appena rivelato qualcosa di grosso, e in effetti era così. «La gente si aspetta che m’importi, anche se sotto sotto non è così.» Corey annuì. «Anch’io fingo tutto il tempo.» Lei poteva anche avergli confidato un segreto, ma lui non si sarebbe mai aperto con nessuno. Non gli importava della morte di sua madre, ma d’altronde non era mai stato nella posizione di dover fingere di curarsene. Hannah saltò giù dal muretto e gli offrì il pugno. Corey chiuse le dita e premette la mano contro la sua. Non aveva tanta voglia di toccarla, non era zia Mim o Angel, ma il contatto non lo fece ritrarre. «Alle finzioni,» disse lei. «Già,»
R.J. Scott (Boy Banned)
«Ciao,» disse, inclinando il capo e mettendo il broncio. «Chi è il gay?» Il tizio davanti agli altri lo indicò, premendogli un dito sul petto. Il resto gruppo si esibì in una risata più simile a un grugnito. «Già!» esclamò Angel. L’ubriaco lo squadrò. «Eh?» «Mi hai scoperto, sono gay.» Angel allungò una mano. «Piacere di conoscerti. Sei etero?» Stavolta l’ubriaco ridusse gli occhi a fessura. «Mi prendi per il culo?» «Niente affatto.» Angel si mise le mani sui fianchi. «Ho solo pensato di chiedere, visto che a quanto pare stiamo tutti definendo la nostra sessualità. E poi non mi piace molto la birra di qui.» «La birra.» Il tizio si allontanò di un passo dal ragazzo. «Che cazzo...» «Il tempo però non è stato male. Ricordi che l’anno scorso in questo periodo pioveva sempre?» «Gesù.» L’ubriaco oscillò e sbatté le palpebre, cercando di concentrarsi sul volto di Angel. Poi sbuffò. «Andiamocene. Mezza sega.» I quattro ubriachi se ne andarono e Angel aspettò che la porta del pub si chiudesse alle loro spalle, prima di tornare al tavolo, facendo spostare Scott per sedersi accanto a Corey. «Beh,» esalò Scott, con enfasi. «Che qualcuno mi prenda a sprangate.» Angel scosse il capo, posò una mano sulla gamba di Corey sotto il tavolo e ingollò una bella sorsata di orrida birra. «Se proprio insisti...» «Gli hai chiesto... gli hai chiesto ehi sei etero!» DK non riusciva a formare la frase correttamente. «È stato fantastico.» Il ragazzo scrollò le spalle. «Non è la prima volta che ho a che fare con dei bulli. Era ubriaco, facile da confondere e probabilmente domani non ricorderà nulla.» Toby si scrocchiò le nocche. «Ti avrei guardato le spalle. Se le cose si fossero messe male, dico.» «Lo so, grazie.» Corey non disse nulla, mise solo una mano su quella di Angel e la strinse
R.J. Scott (Boy Banned)
«Voglio solo sapere che sapore hai.» Corey abbassò di nuovo gli occhi e strascicò un piede sul pavimento. «È sbagliato?» Lo guardò. «Non so se è sbagliato.» Angel era sbalordito. Era la cosa più imbarazzante, eppure allo stesso tempo più arrapante, che gli avessero mai chiesto. «Okay,» si sentì rispondere. Corey alzò la testa, un’espressione speranzosa in volto. «Davvero? Voglio dire, non ho rovinato tutto?» Il cuore di Angel si sciolse, quando colse il desiderio in quelle parole. «No, affatto.» Corey gli prese il volto tra le mani, guardandolo dritto in faccia, con un’espressione troppo concentrata. «Come faccio?» Corey lo fissò. «Voglio solo sentire...» Le loro labbra s’incontrarono. Una pressione delicata, niente di più, e poi si separarono. Il giovane sorrise. «Sei così morbido...» mormorò incantato, prima di protendersi di nuovo verso Angel. Questa volta, il bacio si trasformò in qualcosa di più. Corey premette la lingua sulla linea tra le labbra di Angel e il ragazzo lo accolse, pronto. Non era mai stato baciato da nessuno come lo stava baciando Corey, con tutta quell’attenzione, come se gli stesse chiedendo di dargli tutto. Poi, con una mossa impetuosa e trepidante, Corey spinse Angel contro il muro. Lo baciò ancora. Lo baciò con tutte le sue forze, fuoco, fiamme e determinazione. Il piercing si spinse dolorosamente nella carne di Angel finché il ragazzo non inclinò appena il capo, assaporandone il gusto metallico. Angel riusciva già a immaginarselo premuto contro il suo membro, e si eccitò. Cercò di resistere per circa un nanosecondo, poi aprì la bocca e prese tutto ciò che Corey aveva da dargli. Cazzo, i jeans attillati erano un’agonia attorno alla sua erezione. Anche Corey era eccitato e si spinse contro di lui, lasciandolo senza alcuna via di scampo. Angel era in trappola e, dannazione, era la cosa più arrapante che avesse mai sperimentato
R.J. Scott (Boy Banned)
Corey sorrise, un sorriso che gli partiva dal fondo dello stomaco come una bolla d’eccitazione e che lo riempì di gioia. «Ti amo,» si lasciò sfuggire. Tutti lo guardarono, ma Corey si concentrò solo sull’espressione di Angel. Non si era rabbuiato, ma nemmeno sorrideva. Scott sembrò afferrare al volo ciò che stava succedendo, così trascinò DK e Toby fuori dalla soglia. «La stanza è tutta vostra,» disse, prima di chiudersi la porta alle spalle. «Scusami,» si affrettò ad aggiungere Corey. «Non avrei dovuto dirlo così, lo so.» Angel sorrise, un sorriso che gli increspò i lineamenti. La sua postura si rilassò. «Anche io ti amo,» dichiarò. Poi si avvicinò e prese il volto di Corey tra le mani. «Così tanto che non puoi neanche immaginare.» Il giovane sorrise di rimando e gli scoccò un rapido bacio, niente più che una delicata pressione delle labbra. «Però vorrei provarci.» Angel lo strinse a sé e lo baciò, continuando a ripetere all’infinito: «Ti amo... ti amo...» Corey stava così bene, in pace con se stesso, sereno e amato. Era come tenere in braccio il coniglio della sua infanzia
R.J. Scott (Boy Banned)
Cosa poteva dirgli? Oh, aspetta un attimo, Angel! Indovina, sono nello spettro autistico! A prima vista non si nota, a meno che non provi a farmi indossare qualcosa che mi fa male alla pelle. O finché non mi rinchiudi in una stanza con così tanti colori che non riesco a pensare, al di là del rumore. Se succede, ho bisogno di stabilizzarmi, di qualcuno che mi stringa forte e sistemi tutto. Non poteva confessargli niente di tutto questo. Perché le boy band potevano avere un membro gay. Potevano avere il tipo sensibile che piangeva per un nonnulla. Potevano avere il tizio tutto pelle e ossa con problemi di rabbia e un rosso che imprecava tutto il tempo. Potevano anche avere il duro, il rocchettaro con il piercing e l’atteggiamento irritabile. Ma un cantante con l’etichetta dell’autismo? Uno che andava in paranoia per delle cose che gli altri accettavano e basta? Non era nel manuale delle boy band. Quindi, per il momento, Corey non disse nulla
R.J. Scott (Boy Banned)
«L’Asperger spiega come fai a essere sempre concentrato.» «È solo una parte della sindrome.» «Deve essere difficile stare dietro a ogni cosa tutto il tempo... tutte quelle emozioni, le luci, le ombre, il rumore e il caos.» Corey ascoltò il modo in cui Angel immaginava si sentisse. Più o meno, aveva fatto centro. «Non sempre,» ammise. A volte è talmente difficile da far male. Non lo disse, però. «È la prima volta che te lo sento dire. Beh, a parte quando usi la parola ‘autismo,’ allora mi fai pensare di doverci andare con i piedi di piombo.» «Puoi usarla, quella parola. Autismo. Non pensare mai di doverti trattenere.» «Quale dovrei usare? Asperger o autismo?» «O l’una o l’altra. Solo... preferisco che la gente non mi appioppi dei titoli.» «E allora non lo faremo.» Angel gli sorrise e Corey sentì di nuovo lo stomaco contrarsi. Un dolce calore risalì dentro di lui e il giovane avrebbe potuto giurare di avere le guance in fiamme. Ripensò alle sue esperienze passate. Non si era mai presentato come una persona facente parte dello spettro autistico, non più di quanto qualcun altro avrebbe esordito con un: «Ehi, mi chiamo Fred e ho gli occhi verdi, ma non importa. Mi piace essere diverso.» Quindi, non avrebbe mai detto: «Ehi, mi chiamo Corey e sono autistico, ma va benissimo essere diversi.» Angel proseguì. «E non dirò nulla. Non spetta a me. In ogni caso, la sindrome non definisce né te né il tuo modo di cantare.»
R.J. Scott (Boy Banned)
«Posso farti una domanda?» domandò Corey. Angel si aspettava l’inevitabile domanda su quanto lunga fosse una vita, perciò rimase scioccato, quando il giovane si limitò a chiedere: «Sai cosa si prova ad amare?» Il ragazzo esitò prima di rispondere. Lo faceva un bel po’, quando si trattava di Corey, una piccola pausa per capire come impostare la frase perché avesse assolutamente senso. «Vuoi stare tutto il tempo con qualcuno, immagino. E desideri un futuro con quella persona.» «E anche farci del sesso?» Angel sorrise fra sé e sé. «Sì, il sesso non è male.» «Forse potremmo provare, un giorno?» domandò l’altro in tono speranzoso. Angel si protese verso di lui e gli diede un colpetto con la spalla. «Cosa? A fare sesso?» «No. Ad avere un futuro.»
R.J. Scott (Boy Banned)
Harry prese la lettera. Era indirizzata a lui. Strappò la busta ed esclamò: «È di Sirius!» «Cosa?» chiesero Ron e Hermione eccitati. «Leggila ad alta voce!» Caro Harry, spero che questa lettera ti venga recapitata prima che tu arrivi dai tuoi zii. Non so se sono abituati alla posta via gufo. Io e Fierobecco siamo in clandestinità. Non ti dirò dove, nel caso che questo messaggio finisca nelle mani sbagliate. Ho qualche dubbio sull’affidabilità del gufo, ma è il migliore che ho trovato, e sembrava impaziente di affrontare la missione. Credo che i Dissennatori mi stiano ancora cercando, ma non hanno alcuna speranza di trovarmi qui dove sono. Sto progettando di farmi vedere al più presto da alcuni Babbani, molto lontano da Hogwarts, di modo che venga tolta la sorveglianza al castello. C’è una cosa che non sono riuscito a dirti nel nostro unico breve incontro. Sono stato io a mandarti la Firebolt... «Ah!» esclamò Hermione trionfante. «Visto? Te l’avevo detto che era lui!» «Sì, ma non l’aveva affatturata, vero?» disse Ron. «Ahia!» Il gufetto, che ora tubava allegramente nella sua mano, gli aveva beccato un dito in quello che a suo parere era un gesto di affetto. Grattastinchi ha portato l’ordine all’Ufficio Gufi per conto mio. Ho usato il tuo nome, ma ho dato disposizione di prelevare il denaro dal sotterraneo numero 711 della Gringott, il mio. Prendila come dono del tuo padrino per tutti i tuoi tredici compleanni. Voglio anche chiederti scusa per lo spavento che temo di averti fatto prendere quella notte dell’anno scorso, quando te ne sei andato dalla casa dei tuoi zii. Speravo solo di poterti vedere per un attimo prima di intraprendere il viaggio verso nord, ma credo di averti fatto paura. Accludo un’altra cosa per te, una cosa che credo renderà più piacevole il tuo prossimo anno a Hogwarts. Se hai bisogno di me, manda un messaggio. Il tuo gufo mi troverà. Ti scriverò presto. Sirius Harry guardò con ansia dentro la busta. C’era un altro foglio di pergamena. Lo lesse in fretta e all’improvviso si sentì caldo e soddisfatto come se avesse inghiottito una bottiglia di Burrobirra bollente in un sol sorso. Io, Sirius Black, padrino e tutore di Harry Potter, con la presente gli concedo il permesso di visitare Hogsmeade nei finesettimana. «A Silente basterà!» disse Harry allegramente. Guardò di nuovo la lettera di Sirius. «Aspettate! C’è un poscritto...» Ho pensato che il tuo amico Ron potrebbe essere felice di tenersi questo gufo, visto che per colpa mia non ha più un topo.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
In quel momento, Harry comprese fino in fondo per la prima volta perché si diceva che Silente era l’unico mago di cui Voldemort avesse mai avuto paura. L’espressione di Silente mentre scrutava il corpo privo di sensi di Malocchio Moody era più terribile di quanto Harry avesse mai potuto immaginare. Non c’era alcun sorriso benevolo sul suo volto, alcun brillio ironico negli occhi dietro le lenti. Una fredda furia era incisa in ogni tratto del suo viso antico; un senso di potere emanava da lui, come se sprigionasse vapore bollente.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Goblet of Fire (Harry Potter, #4))
Fudge trasse un profondo respiro e disse: «Primo Ministro, sono molto spiacente di doverla informare che è tornato. Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato è tornato». «Tornato? Quando lei dice ‘tornato’... è vivo? Voglio dire...» Il Primo Ministro frugò nella memoria alla ricerca dei particolari della terribile conversazione di tre anni prima. Fudge gli aveva parlato del mago temuto sopra ogni altro, il mago che aveva commesso un migliaio di orrendi crimini e che da quindici anni era misteriosamente scomparso. «Sì, vivo» disse Fudge. «Cioè... non so... è vivo uno se non può essere ucciso? Non capisco, e Silente non vuole spiegarmelo bene... ma comunque di sicuro possiede un corpo e parla e cammina e uccide, quindi immagino che ai fini della nostra discussione sì, è vivo»
J.K. Rowling (Harry Potter and the Half-Blood Prince (Harry Potter, #6))
«Cazzo, fa' vedere al pubblico quello che sai fare, piccolo etero,» prima di rubare ogni singolo respiro dal corpo di Riley, mentre inclinava la bocca e cominciava a dargli il più eccitante bacio alla francese che Riley avesse mai ricevuto. Non gli fu difficile lasciarsi trasportare. Poggiò le mani sui fianchi di Jack, spostandone una sulla curva della sua spina dorsale e un'altra sulla cintura dei jeans. Un sussurro nel suo inconscio lo implorò per averne ancora. Lui non era una donna, una ragazza morbida e arrendevole che si scioglieva tra le sue braccia, pronta a lasciarsi guidare. La loro era una battaglia per la supremazia. Un minuscolo gemito si fece strada nella gola di Riley e il giovane sentì la propria eccitazione gonfiarsi contro la gamba di Jack. Una botta di desiderio pulsò dentro i suoi stretti, aderenti pantaloni di denim. Jack si voltò e spinse Riley contro la macchina, la propria erezione dura e insistente contro quella di lui. Alla fine, il cowboy si ritrasse, e Riley rincorse quel bacio, lamentandosi della perdita prima di ricordarsi dov'era e del perché si stessero baciando.
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
Non si erano mai parlati, prima di allora. Non ne avevano mai avuto l'occasione e, nonostante Jack avesse intravisto spesso alcune foto di Riley su riviste e giornali, doveva ammettere di non aver mai visto degli occhi color nocciola così limpidi, o degli zigomi così delicati in un uomo. Riley era di certo un bel vedere, Jack non poteva ignorarlo: molto ben proporzionato, e quel completo gli stava come un guanto. Senza dubbio, Riley era quel genere di uomo che avrebbe attratto la sua attenzione, se fosse stato a caccia
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
«Devo dirti una cosa,» mormorò piano. «Che cosa, tesoro?» «Mi sono sposato, mamma. Ho incontrato Riley un po' di tempo fa. Non l'abbiamo detto a nessuno perché... Mamma, prima che me ne rendessi conto, ero sposato.» Silenzio. Jack afferrò la mano di Riley. La donna rimase a guardare, mentre Riley fissava il suo novello sposo con qualcosa negli occhi, qualcosa di molto simile alla gratitudine, e fu allora che capì. Chiuse gli occhi grondanti lacrime, le mani giunte. Un soffio impercettibile le sfuggì dalle labbra dischiuse. «Jack, che cos'hai fatto?» «Mamma...» «Dimmelo.» La sua voce si ruppe, e deglutì. «Dimmi che ti sei sposato per amore.» Jack si appoggiò a Riley, il quale gli posò una mano sul fianco in un piccolo gesto di supporto. «Mi sono sposato per amore, mamma.» Donna stava ancora piangendo, eppure avvolse entrambi in un abbraccio, macchiando le loro camicie di farina. Jack guardò Riley, che sembrava nervoso e incerto su dove mettere le mani, quando sua madre lo abbracciò. «Benvenuto in famiglia, Riley.»
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
«Ma sei davvero texano? Sul serio? Riley, quando ho mal di testa, avvolgo l'aspirina nel bacon, prima di prenderla!» Riley sogghignò e scosse il capo, distratto dalla conversazione alla sua sinistra. Jack, imbronciato, rimase a spizzicare le sue foglie d'insalata, più qualche pezzo di verdura non meglio identificata che galleggiava in una sostanza oleosa. Riley era quasi sicuro di averlo sentito borbottare: «Sarà meglio che ci fermiamo a una steak house, prima di tornare all'appartamento. Mi serve della carne. Vera carne»
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
«Allora diamogli i documenti e aiutiamoli a riprendersi ciò che gli spetta di diritto.» Agli occhi di Riley era tutto semplicissimo, assolutamente bianco e nero. «Riley, ascoltami. Lo vorrei anch'io, ma prima di tutto volevo darti la possibilità d'insabbiare la cosa, di dare un taglio a drammi e preoccupazioni. Se glielo mostrassi, potrebbero rovinarti. Con un buon avvocato, potrebbero spazzare via la Hayes Oil. In quel caso, potresti perdere tutto: il tuo denaro, la terra, gli uffici, le macchine...» «Mamma…» Riley si alzò, portandosi dietro Sandra. «Non capisci. Non voglio nulla.» Si premette la mano di lei sul cuore. «Tutto quello che mi serve, tutto ciò che desidero è qui.»
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
Jack lo stava facendo lavorare sodo al ranch: aveva deciso che, visto che per il momento Riley era immerso in un limbo di decisioni ancora da prendere, poteva anche cominciare ad adempiere alla clausola del contratto che prevedeva 'ventiquattro giorni dedicati al ranch'. E così, eccolo là. Gli facevano male muscoli che neanche sapeva di avere. Ovviamente, il fatto che la loro vita sessuale tendesse a livelli di follia fisica mai raggiunti non aiutava. Considerato che nessuno dei due ne aveva mai abbastanza dell'altro, spesso e volentieri si crollavano addosso, per poi dormire quelle poche ore che li separavano dall'alba, incapaci perfino di muoversi. Ormai era diventata un'abitudine. Jack gli si offriva sempre in un modo a cui Riley era incapace di resistere, figuriamoci di rifiutare, e la forza e l'intensità che usava per portarli entrambi al piacere era inebriante. Nella mente di Riley non c'era niente di meglio di Jack, disteso sotto di lui, che lo implorava di dargliene ancora, più forte, più in fretta. La notte prima era stata diversa. Qualcosa d'indefinibile si era acceso in Riley: il bisogno di avere tutto subito era stato sostituito da quello di averlo per sempre e la cosa lo spaventava a morte. Non gli veniva nemmeno in mente di chiedersi come fosse passato dall'essere il ragazzo immagine della città degli etero, a desiderare un uomo come desiderava Jack. Non era solo una questione fisica. Ammirava la mente di Jack, la determinazione, l'amore per la famiglia, il suo apparente bisogno senza fine di sacrificare la propria felicità per quella degli altri. Agli occhi del giovane, la profondità della passione di Jack era sconvolgente e tutti i sogni erotici che si stava facendo su di lui non erano d'aiuto. Riley voleva farsi mettere sotto, proprio come faceva con Jack, scoprire cosa si provasse ad avere il marito dentro di sé. Quella brama stava diventando tutto ciò a cui riusciva a pensare. Jack era forte, i muscoli sviluppati dal duro lavoro. Era rude e vagamente pericoloso, come aveva dimostrato durante la rissa al bar. Il pensiero di sottomettersi a lui fece scorrere una scia di brividi lungo la schiena di Riley. Farsi prendere, spingere oltre il limite, lasciarsi scopare talmente tanto da far male..
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Si fece coraggio. Il Jack che Hayes era venuto a incontrare era quello con cui avrebbe vissuto, e quel Jack... Beh, non gliel'avrebbe certo reso facile. Se doveva piegarsi, l'avrebbe fatto alle sue condizioni. Non sopportava più che i Campbell fossero usati come pedine nei meschini giochi di potere degli Hayes: prima suo padre, poi sua mamma (che aveva tenuto tra le braccia mentre si disperava per la perdita del marito) e ora sua sorella. Sbatté le palpebre quando Riley si voltò verso la casa, e fu costretto ad ammettere con se stesso che quell'uomo era un gran bel pezzo di bisteccone texano. Se solo non fosse stato... se non avesse... Jack sospirò, dandosi un contegno. Riley Hayes poteva anche essere affascinante e avere tutto ciò che, in circostanze normali, Jack avrebbe cercato fisicamente in un uomo, ma al centro del suo essere non si nascondeva altro che un cuore nero come la morte, il che era ben lontano dall'essere attraente. Jack stava accettando per sua sorella, ma se Riley pensava che si sarebbe messo a novanta per fargli fare una cavalcata senza obiezioni, si sbagliava di grosso. Era ora che un Hayes imparasse di che pasta fosse fatto un Campbell. E la lezione stava per cominciare
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Era paonazzo di vergogna, e Jack la prese come una vittoria. Si chiuse la porta del bagno alle spalle prima che Riley riuscisse a formulare una risposta coerente, sogghignando davanti all'occhiata che il giovane gli lanciò e alle sue labbra contorte in una smorfia di raccapricciato diniego. Poi, il suo sorriso svanì. C'era dell'altro negli occhi di suo marito, e si chiese se fosse davvero così tradizionale nei suoi gusti sessuali come aveva sospettato all'inizio. Aveva visto dell'eccitazione, mescolata allo smarrimento. Beh, che diavolo, rifletté, mentre decideva quali bottoni spingere nella francamente impressionante doccia di Riley. Sarà un anno lungo. Tanto vale che mi diverta. Per una frazione di secondo, si domandò se la cosa gli si sarebbe ritorta contro, ma scacciò quel pensiero. No. Per quanto lo riguardava, provocare Riley era appena diventato il nuovo sport nazionale
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«Jack, all'inizio...» sussurrò piano, «... forse qualche settimana fa, mi sarei accontentato di una stronzata del genere da parte tua. Diavolo, quando abbiamo cominciato, praticamente ti avevo in pugno. Ti ho comprato. Ho pagato per averti. Nella mia mente eri solo un'altra pedina da utilizzare nel grande gioco degli Hayes per ottenere ciò che volevo.» Frustrato, chinò il capo, passandosi una mano sul volto. Come spiegare a Jack quanto fosse cambiato, dannazione? «Tu non significavi nulla per me. E Beth...» S'interruppe, ben sapendo di dover essere del tutto sincero sulla questione, se voleva che Jack si fidasse delle sue parole. «... neanche Beth significava nulla per me. Quando Steve mi raccontò cosa le era accaduto, decisi di sfruttare la cosa per fottere la mia famiglia, e per farlo avrei usato te.» S'interruppe di nuovo. Era dura essere onesto, considerato che significava aprirsi a quel modo. «Non so se riuscirò mai a perdonarti per questo,» mormorò Jack a mezza bocca, e Riley sentì il suo stomaco contrarsi e il cuore spezzarsi. «Però io non sono così, Jack. Quello non è il vero me. Non voglio far male a nessuno. Non sono il tipo d'uomo che compra la gente. Non sono come loro. Ma... non mi aspetto che tu mi creda sulla parola.» Si strinse le ginocchia al petto, avvolgendole con le braccia e poggiandovi il mento. Era una delle conversazioni più difficili che avesse mai avuto. «Se l'unico modo che avevo di batterli era stare al loro gioco, allora, dannazione, sapevo di poterci riuscire. Perciò in quel momento, quando ti avvicinai per la prima volta, non avevo intenzione di aiutare Beth o d'innamorarmi di te. Eri solo merce, qualcosa che avrei potuto sfruttare a mio vantaggio.» Jack lo guardò di sottecchi. Evidentemente, aveva captato un paio di cose nelle sue parole. «Hai tradito la fiducia di Steve. Era tuo amico.» «Il mio unico, vero amico, a parte Eden,» sospirò Riley, tristemente. «E, sì, anche lui era solo un'altra pedina. Un giorno forse mi perdonerà, ma non me lo aspetto. Non è venuto a farmi visita in ospedale, era lì solo perché Beth aveva bisogno di lui.» «Non ti distrugge che il tuo unico amico ti odii per ciò che hai fatto?» Riley lo fulminò con lo sguardo. Che cosa pretendeva? «Vuoi che me ne stia qui seduto a piangere, per dimostrare quanto mi fa male? Perché, se basta questo a convincerti, lo faccio. Potrei mostrarti quanto la cosa mi divori dall'interno, anche subito, ma non posso permettermelo. Se cominciassi a tirare fuori i miei veri sentimenti, sento che mi ucciderebbero.» Jack annuì. «Quindi è così che è cominciata,» lo esortò a continuare, offrendogli un po' di silenzio da riempire. «Ma poi qualcosa è cambiato. Non so quando o come. Vorrei tanto poter tornare indietro e toccarlo, tenere stretto il minuto esatto in cui il vero Riley ha cominciato a venire alla luce. Forse è stato quando ho visto Beth così palesemente incinta, così pallida, oppure quando Steve mi ha tirato un cazzotto dicendo che mi odiava. O forse è successo proprio ora, quando ti ho ferito senza riflettere. Non lo so. So solo che quello che c'è tra noi, comunque tu lo voglia etichettare e per quanto potrà durare, è reale.»
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
Nella sua testa vorticavano immagini della madre di Jack, la sua grazia innata e con quanta facilità avesse accettato le azioni di lui, nonostante la preoccupazione in quei suoi occhi azzurri così simili a quelli del figlio. Poi si aggiunse Josh e il litigio che Riley aveva origliato tra i due fratelli. Si sarebbe aspettato che Josh avrebbe avanzato delle pretese, avrebbe inveito e si sarebbe lanciato in uno sproloquio su cosa Jack potesse o non potesse fare, proprio come Jeff avrebbe fatto con lui. Era rimasto sconvolto, quando Josh aveva stretto Jack tra le braccia e lo aveva chiamato ragazzo, l'affetto che usciva dalle sue labbra con la facilità delle urla di trenta secondi prima. Ripensò a come Beth lo avesse interrogato, tutta fuoco e fiamme, piantata tra lui e il fratello, talmente esile che un soffio di vento avrebbe potuto portarla via. Sei il cocco di papà? La domanda era stata come una pugnalata al cuore, perché, in fin dei conti sì, lo era. Era esattamente come suo padre, e un giorno il suo sangue lo avrebbe tradito. Eppure, aveva guardato Beth negli occhi e le aveva mentito. Davanti a quella ragazza incinta, con una battaglia così monumentale ad attenderla, si era sentito più infimo di un serpente. Cosa sarebbe successo se Jack avesse scoperto che Riley aveva già preparato del denaro per le cure di Beth prima ancora che lui dicesse di sì? Cazzo, Riley sarebbe stato un uomo morto, dato che il suo orgoglioso marito l'avrebbe ucciso. Un altro segreto da mantenere, un'altra preoccupazione a logorargli la mente, impedendogli di dormire
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«Non mi sarei mai aspettato di amare un uomo,» mormorò il giovane, alzando la testa: aveva l'aria stanca, gli occhi arrossati, le ciglia appuntite e incrostate di lacrime. Jack allora capì quanto si stesse realmente esponendo, in senso letterale e metaforico. Tutto ciò che il suo sposo aveva da dare era proprio lì, davanti ai suoi occhi. «Credevo di non poterlo fare, che fosse impossibile,» aggiunse, apprensivo, posando una mano sulla guancia di Jack. Jack si voltò a baciargli il palmo per poi sfregarvisi come un gatto, le palpebre dischiuse. «Ma di tutte le cose sbagliate a questo mondo...» S'interruppe. «Jack, questa è giusta. È così che ci si sente? Tutta questa felicità?» «Riley, non posso dirti cosa provare, so solo che è come se ti stessi aspettando da tutta la vita.» Fece un passo avanti, toccandolo pelle a pelle. Percepì le sue lacrime sulle labbra e assaporò il suo più intimo calore, mentre approfondiva il bacio. Percorse con le mani la linea dei fianchi e lo circondò, fermandosi sulla curva del fondoschiena. Una la tenne lì, mentre con l'altra gli sfiorò i capezzoli inturgiditi. Riley sospirò nel bacio. Non avevano molto tempo, ma Jack aveva bisogno che il marito gli ricordasse ciò che aveva, più dell'aria che respirava. Una sferzata di passione gli impose di spingersi contro Riley, prima in modo quasi impercettibile, poi sempre con maggiore insistenza. Non avevano nulla: niente lubrificante, nessuna preparazione per fare l'amore nella loro stalla
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
Quando fu il turno di Jack, il cowboy fece appello a ogni briciola di sentimento nel proprio cuore. «Quando abbiamo deciso di rinnovare le promesse, mi ero preparato tutto un discorso, ma oggi mi ritrovo solo con due domande: come spiegare l'amore che provo per mio marito, e com'è cambiata la nostra unione da quando ci siamo scambiati le promesse nuziali? «E ho solo una semplice risposta: quando ci siamo sposati, non ti amavo. Non potevo. Mi dispiace di averti mentito, mamma, ma è la verità. Di te sapevo solo che eri il figlio del nemico giurato della nostra famiglia. Soltanto un nome, ecco cos'eri per me. Per questo oggi me ne sto qui con delle nuove promesse, grazie a tutto ciò che ho imparato da ogni singolo avvenimento degli ultimi mesi. Passando da una crisi all'altra, il mio amore si è evoluto. La mia nuova promessa, che forse non è poi tanto nuova, è che ti amo, che continuerò a tenerti nel cuore, nella mente e ad amarti per tutti gli anni che il buon Dio vorrà concederci. Io, Jackson Robert Campbell-Hayes, prendo te, Riley Nathaniel Campbell-Hayes, come mio sposo. Amo tutto ciò che so di te e confido in ciò che devo ancora scoprire, so che sarà fantastico.» Sogghignò. «Sono così eccitato al pensiero di avere una possibilità di crescere insieme, d'imparare a conoscere l'uomo che diventerai, e ogni giorno che passa m'innamoro sempre di più. Sappi, piccolo etero, che giuro di amarti per l'eternità. Non ho poesie da dedicarti, Riley, ma posso offrirti l'amore della mia famiglia, la mia terra e i miei cavalli, e voglio condividerne ogni aspetto con mio marito. Ti amo, Riley.» Tutto attorno gli argini si ruppero mentre i due si abbracciavano, scacciando con un bacio ogni dubbio che avrebbero mai potuto avere prima di scambiarsi le nuove promesse. La famiglia proruppe in
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
But here is the dark little secret in all of this, and it sounds very odd to say it: glucose is toxic. It is poison, and the body regards it just that way. We have spent generations now in a search for toxins that sponsor the diseases that ail us, the industrial chemicals, pesticides, and pollutants that may kill us, and yes, these may be killing us. But the supreme irony in all of this is that the obvious toxin hides in plain sight. It’s difficult to accuse the very substance on which all of civilization depends. People who consider these matters often refer to the “omnivore’s dilemma,” but it gets more and more difficult to claim to be omnivores, creatures that eat both plants and animals. The prima facie case is we have become carbovores as a result of our domestication by grain. This is the carbovore’s dilemma: we exist for the most part on a substance that our bloodstream treats as a toxin.
John J. Ratey (Go Wild: Eat Fat, Run Free, Be Social, and Follow Evolution's Other Rules for Total Health and Well-Being)
«Severus Piton, professore di questa scuola, ti ordina di rivelare le informazioni che nascondi!» disse Piton, e colpi di nuovo la mappa con la bacchetta. Come se una mano invisibile vi scrivesse, alcune parole apparvero sulla liscia superficie della mappa: «Il signor Lunastorta porge i suoi ossequi al professor Piton e lo prega di tenere il suo naso mostruosamente lungo lontano dagli affari altrui». Piton s'irrigidì. Harry fissò il messaggio, ammutolito. Ma la mappa non si fermò lì. Sotto la prima frase ne apparve un'altra: «Il signor Ramoso è d'accordo con il signor Lunastorta, e ci tiene ad aggiungere che il professor Piton è un brutto idiota». Sarebbe stato molto divertente se la situazione non fosse stata cosi seria. E c'era dell'altro… «Il signor Felpato vorrebbe sottolineare il suo stupore per il fatto che un tale imbecille sia diventato professore». Harry chiuse gli occhi orripilato. Quando li riaprì, la mappa concluse: «Il signor Codaliscia augura buona giornata al professor Piton, e gli dà un consiglio: lavati i capelli, sporcaccione».
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))