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Ad Algeri vedevo per la prima volta il Mediterraneo da vicino, potevo immergerci la mano, sentirne il contatto. Per trovarlo non occorreva informarsi: bastava continuare a seguire le via in discesa. Lo si intravedeva anche da lontano: era dappertutto, luccicava tra le case, spuntava in fondo alle vie che scendevano a rotta di collo verso il basso.
In fondo si stendeva il quartiere del porto con la sua fila di semplici bar in legno, odorosi di pesce, vino e caffè. Ma le folate di vento portavano soprattutto il sentore acre del mare e il suo fresco alito ristoratore.
Non avevo mai visto un luogo dove la natura fosse così benevola nei confronti dell'uomo. C'era tutto: il sole, il vento fresco, l'aria chiara, l'argento del mare. Avevo letto talmente tanto su di esso, che mi sembrava di conoscerlo. Nelle sue onde piatte c'era il bel tempo, la pace e l'invito a viaggiare, a conoscere . Veniva voglia di unirsi ai pescatori che salpavano da riva in quel momento.
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