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Un altro viaggio al Nord è stato di più lunga durata e forse non finirà mai; i suoi porti e le sue stazioni si chiamano Kierkegaard e Jacobsen, Strindberg, Hamsun e così via; potrei tracciare la mappa dell'intera Scandinavia solo con i nomi di Brandes e Gjellerup, Geijerstam, Lagerlöf e Heidenstam, Garborg, Ibsen, Bjørnson, Lie, Kielland, Duun, Undset e non so chi altro; magari Per Hallström. Ma anche Ola Hansson, Johan Bojer e altri, altri come Andersen Nexø e via di questo passo. Se però ho vissuto un poco al Lofoten o nel Dalarna, se ho camminato lungo il Karl Johans Gate, è perché non c'è niente da fare, prima o poi l'uomo deve poter vedere di persona qualcuno di quei luoghi nei quali si sente a casa, per poi rimanere stupito, in un modo o nell'altro: o di averlo già visto una volta, o di non esser riuscito neanche a immaginarlo. È questa la particolarità della grande letteratura: di essere ciò che di più radicato possieda un popolo e, nello stesso tempo, di parlare una lingua comprensibile e intimamente vicina a ciascuno. Non c'è diplomazia, non c'è alleanza di popoli così universale come la letteratura, ma la gente non le attribuisce il giusto peso, è così. E per questo che gli uomini possono ancora odiarsi ed essere estranei tra loro.
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