Come Un Tuono Quotes

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-Che cosa?-, chiese con voce strozzata non appena fu in grado di prendere un respiro intero. -È inaudito!-, tuono qualcuno dal basso. A conferma del fatto che alcuni avvenimenti potevano richiamare i morti dalla tomba, anche quelli finti, Bryce Vandemberg si rivolto nella bara e poi si levò a sedere. -Inaudito-, ripeté. -Ho capito di quale pittore si tratta, che bastardo!-. -Verissimo-, rispose Axel rincuorato dalla solidarietà del fratello. Bryce sembrava altrettanto infuriato. -Ma come ha osato fare una cosa simile? Perché Eloise? Eravamo insieme quel giorno! Perché quello stupido imbrattatele non lo ha chiesto a me?-, sbraito.
Virginia De Winter (L'Ordine della chiave (Black Friars, #0.5))
«Guardami». La voce di Henri mi giunse come un'eco lontana. «Aleksandra, guardami». Il suo tono stentoreo mi rimbombò nelle orecchie come la deflagrazione di un tuono, e i miei occhi slittarono impauriti nei suoi. «Da me. Lentamente. Ma vieni da me».
Chiara Cilli (Soffocami (Blood Bonds, #1))
IL TUONO E nella notte nera come il nulla, a un tratto, col fragor d'arduo dirupo che frana, il tuono rimbombò di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, e tacque, e poi rimareggiò rinfranto, e poi vanì. Soave allora un canto s'udì di madre, e il moto di una culla.
Giovanni Pascoli (Myricae)
FAUST: Ah, Faust, hai solo un'ora di vita, poi sarai dannato per sempre. Fermatevi sfere del cielo che eternamente ruotate, che il tempo finisca e mezzanotte non venga mai. Occhio lieto della natura, sorgi, sorgi di nuovo e fai un giorno eterno, o fai che un'ora duri un anno, un mese, una settimana, un giorno, che Faust possa pentirsi e salvare l'anima. "O lente lente currite noctis equi". Le stelle ruotano, il tempo corre, l'orologio suonerà, verrà il demonio e Faust sarà dannato. Salirò fino a Dio! Chi mi trascina in basso? Guarda, il sangue di Cristo allaga il firmamento e una sola goccia mi salverebbe, metà d'una goccia. Ah, mio Cristo, non uncinarmi il cuore se nomino Cristo. Lo dirò di nuovo. Risparmiami, Lucifero. Dov'è? E' scomparso. Vedo Dio che stende il braccio e china la fronte minacciosa Montagne e colline, venite, franatemi addosso, nascondetemi all'ira terribile di Dio. No, no? Allora mi getto a capofitto nella terra: apriti, terra. No, non mi dà riparo. Stelle che regnavate alla mia nascita e che mi avete dato morte e inferno, risucchiatevi Faust come una nebbia nelle viscere di quelle nubi incinte, affinché, quando vomitate in aria, il corpo cada dalle bocche fumose ma l'anima salga al cielo. (L'orologio suona) Ah, mezz'ora è passata. Presto passerà tutta. Dio, se non vuoi avere pietà di quest'anima almeno per amore di Cristo il cui sangue mi ha riscattato, assegna un termine alla mia pena incessante: che Faust resti all'inferno mille anni, centomila, e alla fine sia salvato. Ma non c'è fine alle anime dannate. Perché non sei una creatura senz'anima? Perché la tua dev'essere immortale? Metempsicosi di Pitagora, fossi vera, l'anima mi lascerebbe, sarei mutato in una bestia bruta. Felici le bestie che morendo cedono l'anima agli elementi, ma la mia vivrà torturata in eterno. Maledetti i genitori che mi fecero! No, Faust, maledici te stesso, maledici Lucifero che ti ha privato del cielo. (L'orologio suona mezzanotte). Suona, suona! Corpo, trasformati in aria, o Lucifero ti porterà all'inferno. Anima, mùtati in piccole gocce d'acqua e cadi nell'oceano, nessuno ti trovi. (Tuono, ed entrano i diavoli) Mio Dio, mio Dio, non guardarmi così feroce! Serpi e vipere, lasciatemi vivere ancora un poco. Inferno orribile, non aprirti. Non venire, Lucifero. Brucerò i miei libri. Ah, Mefistofele. (Escono con Faust. [Escono in alto Lucifero e i diavoli]) Christopher Marlowe, La tragica storia del Dottor Faust [Atto V, Scena II]
Christopher Marlowe (Dr. Faustus)
Ma più strani di tutto sono gli avvenimenti che si svolgono sulla Prospettiva Nevskij. Oh, non credete alla Prospettiva Nevskij! Quando l'attraverso, sempre io m'avvolgo quanto più posso nel mio mantello e cerco di non guardare affatto gli oggetti che mi cadon sotto gli occhi. Tutto è inganno, tutto è sogno, nulla è ciò che sembra! Credete che quel signore che passeggia con quell'abito di ottima fattura sia molto ricco? Neanche per sogno: tutti i suoi averi consistono in quel soprabito. Vi immaginate che quei due grassoni che si sono fermati davanti a quella chiesa in costruzione stiano ragionando della sua architettura? Nient'affatto: parlano di quelle due cornacchie che si sono posate in modo così curioso una di fronte all'altra. Credete che quel tipo agitato che muove le braccia stia parlando di come sua moglie ha buttato dalla finestra una pallina su un ufficiale che lui non conosce affatto? Neanche per sogno: sta dimostrando in che cosa consistesse il principale errore di Lafayette. Credete che quelle signore... no, alle signore credeteci meno che a ogni altro. Guardate le vetrine dei negozi: i ninnoli che vi sono esposti sono magnifici, ma puzzano d'una terribile quantità d biglietti di banca. E Dio vi guardi dallo sbirciare sotto i cappellini delle signore! Sventoli pure in lontananza il mantello d'una bella donna; a nessun costo io la seguirò per curiosare. Lontano, per amor di Dio, lontano dal lampione! E, se ci passate vicino, fatelo in fretta, più in fretta possibile. E' già una fortuna se non lascerà sgocciolare del grasso maleodorante sul vostro elegante soprabito. Ma, lampioni a parte, tutto alita inganno. Essa mente a ogni ora, questa Prospettiva Nevskij, ma più che mai quando la notte cala sopra di essa come una massa densa e fa spiccare i muri bianchi e giallastri delle case, quando l'intera città si trasforma in un solo tuono e lampo, miriadi di carrozze rotolano giù dai ponti, i postiglioni gridano e sobbalzano sui cavalli, e un demone in persona accende le lampade solo per mostrare ogni cosa sotto un aspetto che non è il suo.
Nikolai Gogol (Racconti di Pietroburgo)
Passò per vie rumorose piene di luce, per gallerie dalla risonanza profonda, su cui, con rumore di tuono, rotolavano pesantemente i treni e che eran tutte tappezzate di annunzi reclamistici dai colori vistosi, vide splendidi palazzi, e case a quattro piani, strette, con finestre polverose che ammiccavan sulla via sporca; risalì file di strade che si somigliavano come orfanelle o ciechi, condotti in fila. Infine si svegliò lentamente alla realtà, e si sentì vecchia, triste e stanca, per aver vegliato e corso. Miserabili bottegucce si schiacciavano l'un l'altra per mettersi in evidenza: abiti vecchi per i più poveri, biancheria grigia per gli operai, e per tutti viveri a buon mercato. Ceste di pere, dure e verdi, e di prugne, nere e secche, aspettavano di sedurre una clientela infantile, coperte da una rete a maglie strette che le salvava dai ladruncoli. In una botteguccia vide una donna obesa, che con le mani tremanti, secche e gialle, accendeva una lampada a petrolio. Ai suoi piedi un ragazzino la guardava con curiosità, con una carota, mezzo rosicchiata, nella sua mano di bambino sporco. Le strade, i cumuli di mercanzie, le camicie grigie, le pere, la rete, i visi stanchi delle persone, tutto era annerito dalla fuliggine grassa delle locomotive che passavano, brontolando, e dal fumo di tutti i camini degli stabilimenti che erano là, stretti gli uni vicino agli altri, come alberi di una foresta. “Ecco il tuo giorno di festa” pensava Franzi. Ella era ferita e inasprita fino al pianto, come se tutto: la strada grigia, la bruttezza della miseria, la tristezza della povertà, fossero state accumulate in quest'angolo di città straniera per disprezzarla. “Ecco il tuo giorno di festa” diceva in lei una voce chiara. E questa creatura che detestava sognare, che non comprendeva la morte, che non si attaccava che alla realtà, che non voleva conquistare e non desiderava che ciò che si può afferrare, ciò che è vibrante di vita: questa creatura si svegliava qui, nella grigia strada di un quartiere popolare di Praga, Zizkov, che nel crepuscolo confuso di una sera di primavera si prolungava a perdita d'occhio. “Ecco il tuo giorno di festa” pensava Franzi. Ella sentiva che non era solo questo giorno che la condannava, ma la troppo lunga fila di giorni di lavoro, fra cui essa aveva il suo posto: ancora grigio su grigio, come un orfanello in una lunga fila, come un seguito di ore vuote in un mondo vuoto. Vuoto? Non stava più la sua vita sulle ali della musica, la più umana di tutte le arti? Perchè dunque il suo passato restava così freddo, così paurosamente squallido, senza un sorriso, senza un ricordo, senza altro che tante pagine voltate, in un gran quaderno di musica? Aveva sempre suonato per se stessa e per la propria soddisfazione. A finestre e porte chiuse si era ubriacata di musica come di un vizio segreto. Che significato aveva per lei? Tanto? Ancora ieri ella vi aveva trovato consolazione, speranza, entusiasmo e pace, terra e cielo, letizia e dolore. Oggi tutto era lontano. Nessuno mai l'aveva ascoltata; mai nessuna delle sue parole si era riflessa nel sorriso di un'altra creatura; mai nessuno era stato dietro a lei e le aveva passato la mano sulla spalla all'ultimo accordo del pianoforte...
Ernst Weiss (Franziska (Pushkin Collection))
...Quando Isabelle alzò lo sguardo ebbe l’impressione che il cuore le si fermasse. Stava risalendo insieme a Jeanne la scalinata che dall’Orangerie riportava al castello dopo avere verificato che per loro quella poteva essere la via di fuga perfetta la sera dello spettacolo. Era emozionata e non vedeva l’ora di fare ritorno alla locanda per potere parlare liberamente dei dettagli del piano che aveva in mente con l’amica, quando all’improvviso si era trovata a guardare un uomo il cui sguardo avrebbe riconosciuto in mezzo a mille. Jacques. Lui era lì a pochi passi da lei e quell’incontro non aveva senso. Perché mai Jacques si trovava lì a Corte,a Versailles e per giunta vestito da aristocratico? No, c’era qualcosa di sbagliato. L’uomo che aveva amato e che ancora non riusciva a dimenticare non era un semplice borghese che rientrava da un viaggio all’estero? Forse però quella era semplicemente l’idea che lei si era fatta di lui, dopotutto Jacques non le aveva mai detto chi fosse realmente. «Cosa c’è?» domandò Jeanne vedendo l’amica ancora immobile e visibilmente sconvolta. Poi alzò lo sguardo anche lei e vide quel giovane bellissimo e riccamente vestito che fissava l’amica. Se però a lei quel volto non diceva nulla, diversamente fu quando il suo sguardo si spostò sull’altro uomo che intanto aveva raggiunto Jacques e si era fermato accanto a lui. «Oh mio Dio» mormorò Jeanne. La situazione che si era creata aveva qualcosa di surreale. Isabelle, Jacques, Jeanne e Nicolas che si fissavano l’un l’altro lì, immobili su quella scalinata e con le prime fredde gocce di pioggia che cominciavano a cadere sui loro visi. Il rombo del tuono annunciò che il temporale era ormai arrivato. Sembrava che il tempo fosse congelato. Nessuno osava fare un gesto o pronunciare una parola. Infine fu Isabelle a parlare per prima. «Tu...qui?» riuscì a dire. Gli occhi azzurri di Jacques puntati in quelli verde smeraldo di lei. “Dio quanto è bella” pensò l’uomo avvicinandosi alla giovane che aveva lasciato due mesi prima. Vedere quegli occhi, quei lunghi capelli corvini legati in una treccia come ricordava di averli visti quella prima sera insieme alla locanda… e poi quel semplice vestito bordeaux che metteva in risalto il colore ambrato della sua pelle nonché le sue forme che ancora ricordava così bene. Il ricordo di loro due insieme era ancora troppo forte, troppo vivo in lui e quell’incontro non aveva fatto altro che riaccendere i suoi sentimenti e il suo desiderio. «Isabelle» fu tutto quello che l’uomo riuscì a dire. Aveva sceso gli ultimi gradini della lunga scalinata che ancora lo separavano da lei e se avesse allungato un braccio avrebbe potuto sfiorarle il viso con la mano...
Marta Savarino (La Vendetta di Isabelle)
Se non fossi saltato da quel palazzo non sarebbe successo niente. Se avessi voluto tenermi stretta la mia vita non sarei stato portato qui da Shinobu.La mia vita.La mia vita è importante, è la cosa più importante che mi rimane. L'unica cosa che mi rimane. I miei genitori me l'hanno regalata ventitré anni fa ed io ho infangato ancora di più il loro ricordo cercando di disfarmene.Si può morire di rimpianti?Se la risposta è sì, mi chiedo come mai io sia ancora vivo.Un lampo illumina la stanza passando attraverso le tende della finestra, subito seguito da un tuono improvviso e violento che fa vibrare i vetri. Sobbalzo e mi nascondo sotto le coperte, sperando di usarle come scudo.È colpa mia
Sara Coccimiglio (Il lato oscuro della Luna (Cremisi Vol. 1))
La vita nuova è come un grande tuono sbriciolato poi a poco a poco l’erba si china sotto la pioggia la prende la beve.
Chandra Livia Candiani (La bambina pugile ovvero la precisione dell'amore)
La canzone, di cui sopra abbiamo fornito alcuni stralci, ci è stata tramandata col titolo di «canzone montanina» perché è lui stesso a chiamarla così nel testo per indicarne il luogo di composizione, tra le montagne del Casentino, in mezzo agli Appennini, denominati all’epoca Alpi; essa fu spedita unitamente ad una lettera al suo amico e protettore Moroello Malaspina e questa lettera, che fortunatamente è stata copiata e tramandata, ci permette di attribuire alla canzone attendibilità autobiografica. Nella lettera infatti Dante spiega che la canzone racconta di un suo recente innamoramento per una donna del Casentino: Perché non ignori il signore la devozione del suo servo e la sincerità del sentimento che lo anima, e perché notizie riferite in luogo di altre non siano fonte di false opinioni e non facciano passare per negligente chi invece è prigioniero, ho deciso di indirizzare a Vostra Magnificenza il testo di questa lettera. A me dunque, allontanato dal vostro palazzo in seguito rimpianto, nel quale, come spesso notaste con ammirazione, potei tornare a dedicarmi alle arti liberali, non appena, incauto e senza sospetto, ho messo piede presso la corrente dell’Arno, all’improvviso, ahimè, una donna, come folgore dal cielo, mi apparve non so come; una donna rispondente al mio ideale, per aspetto e per costumi. Oh, quanto sono rimasto attonito per quell’apparizione! Poi, come ai fulmini segue il tuono, così attraverso la fiamma della sua bellezza, Amore, terribile e imperioso, mi catturò, feroce, come signore che espulso dalla sua patria vi fosse rientrato dopo un lungo esilio. Amore uccise o scacciò o legò qualunque mia resistenza a lui. E uccise, dunque, anche quel lodevole proposito di astenermi dalle donne e dalla poesia a loro dedicata. E ha empiamente sbandito, come fossero sospette, le meditazioni assidue attraverso le quali contemplavo sia le cose celesti che le terrestri. E infine, affinché il mio animo non gli si ribellasse ancora, ha legato il mio arbitrio cosicché io sono costretto ad andare non dove voglio io, ma dove vuole lui. Ed ecco che amore regna in me e nessuna virtù gli resiste; e in che modo mi governi, cercate giù, fuori dal seno della presente lettera. (Dante al marchese Moroello Malaspina, Epistola IV)
Chiara Mercuri (Dante: Una vita in esilio (Italian Edition))
Frasi inizio Bleach Volume 56 – March of the starcross – Quilge Opie L'armata marcia al suono della tromba Il ronzio nelle orecchie non si arresta, come polvere di stelle Il rombo degli stivali, come il tuono Volume 57 – OUT OF BLOOM – Byakuya Kuchiki Benché una volta sfioriti rifiorire non potremo come fiamme con leggiadria sfioriremo Volume 58 – THE FIRE – Shigekuni Genryūsai Yamamoto Arde l'anima benché scenda la pioggia Volume 59 – THE BATTLE – Retsu Unohana La battaglia è tutto. Volume 60 – EVERYTHING BUT THE RAIN – Masaki Kurosaki Nella tua innocenza, tu sei come il sole anche nella tua colpevolezza sei come il sole Volume 61 – THE LAST 9 DAYS – Vecchio Zangetsu (Manifestazione dei poteri Quincy di Ichigo) Io credo fermamente che il mondo sia saturo di pericoli e il mio desiderio di proteggerti da esso nasce proprio perché dentro di me esiste un impulso della stessa natura di quel pericolo Volume 62 – HEART OF WOLF – Sajin Komamura Continua a combattere per tutta la vita finché il tuo cuore resta armato di zanne Volume 63 – HEAR, FEAR, HERE – Äs Nödt Non vi è differenza tra il vivere e l'essere lasciato vivere Come non vi è differenza tra il morire e l'essere ucciso Volume 64 – DEATH IN VISION – Gremmy Thomeaux La bellezza è che lì non vi sia nulla Volume 65 – MARCHING OUT THE ZOMBIES – Giselle Gewelle Mi piaci. Da morire.
Tite Kubo
Ti ho amato nel modo in cui la conchiglia ama il mare: se qualcuno accostava l'orecchio alla mia bocca, ciò che sentiva era la tua canzone. Ti ho amato nel modo in cui la sabbia ama l'acqua: sempre pronta ad accoglierti con un fremito muto. Ti ho amato come il tuono che squarcia la notte, come la farfalla che accarezza il fiore, come la luna che insegue il sole.
Alex Landragin (Crossings)
Clara aveva il terrore degli incendi. «Ti rendi conto che siamo al quinto piano, e che non avremmo alcuna possibilità di fuga?». Se qualcuno bussava alla porta senza preavviso rimaneva come paralizzata. Gli amici lo sapevano, e si annunciavano sempre. «Sono Leo», oppure «Sono l’uomo nero. Mettete gli oggetti di valore in un sacco e passatemelo attraverso la porta». Il cibo troppo condito le dava il voltastomaco. Soffriva di insonnia, ma bastava farla bere un po’ e si addormentava come un angioletto – non che ci fosse da rallegrarsene troppo, perché col sonno arrivavano gli incubi, da cui si svegliava madida di sudore. Diffidava degli estranei, e ancor più degli amici. Era allergica ai frutti di mare, alle uova, al pelo di animale, alla polvere, e a chiunque non fosse pazzo di lei. Durante il ciclo soffriva di mal di testa, crampi, nausea, ed era di un umore schifoso. Aveva terrificanti attacchi di eczema. Teneva chiuso in un’anfora, contro il malocchio, un intruglio di pipì e unghie tagliate. Aveva paura dei gatti, soffriva di vertigini e se sentiva un tuono impietriva. Detestava i ragni, i serpenti, l’acqua, la gente. E io, lettore, questa donna l’ho sposata.
Mordecai Richler (La versione di Barney)