Volt Quotes

We've searched our database for all the quotes and captions related to Volt. Here they are! All 100 of them:

Gazzy: "What does that mean?" (points to metal plaque warning to stay off the third rail that said Stay off the third rail!) Fang: "It means the third rail has seven hundred volts of direct current running through it. Touch it and you're human popcorn.
James Patterson (The Angel Experiment (Maximum Ride, #1))
Great. Now I have to go back and tell Haymitch I want an eighty-year-old and Nuts and Volts for my allies. He'll love that.
Suzanne Collins (Catching Fire (The Hunger Games, #2))
Let me put it this way, my father believed in a righteous God. Deus volt, that was his motto- 'because God wills it.' It was the Crusaders' motto, and they went into battle and were slaughtered just like my father. And when I saw him lying dead in a pool of his own blood, I knew then that I hadn't stopped believing in God. I'd just stopped believing God cared. There might be a God, Clary, and there might not, but I don't think it matters. Either way we're on our own.
Cassandra Clare (City of Bones (The Mortal Instruments, #1))
She (Annabeth) put her hand on my spine, and my skin tingled. I (Percy) moved her fingers to the one spot that grounded me to my mortal life. A thousand volts of electricity seemed to arc through my body.
Rick Riordan (The Last Olympian (Percy Jackson and the Olympians, #5))
Her lips full and inviting, she has an infectious laugh and glassy cackle in her eyes, and a 2000 volt sexual charisma that beckons me like a fluff girl on scuffed knees.
Brett Tate
Gazzy: "What does that mean?" (points to metal plaque warning to stay off the third rail that said Stay off the third rail!) Fang: "It means the third rail has seven hundred volts of direct current running through it. Touch it and you're human popcorn." “Okay,” I said. “Good tip. Everyone stay off the third rail. Then I shot Fang a look that said, Thank you for that lovely image. He almost grinned at me.
James Patterson (The Angel Experiment (Maximum Ride, #1))
It means the third rail has seven hundred volts of direct current running through it. Touch it and you're human popcorn
James Patterson
No matter what you say, or how much you talk, someone isn’t really forgiven until you can stand beside them without wanting to slap them in the face.
Alan Heathcock (Volt)
È la vita. A volte credi che due occhi ti guardino e invece non ti vedono neanche. A volte credi d’aver trovato qualcuno che cercavi e invece non hai trovato nessuno. Succede. E se non succede è un miracolo. Ma i miracoli non durano mai
Oriana Fallaci
– Anyu? Apu? Valaki? – kiáltottam, de a ház tök sötét volt. Amúgy a „valakit” nem tudom, miért mondtam, mert tuti, hogy ha a valaki visszaszólt volna, akkor szívrohamot kapok.
Laura Leiner (Remény (A Szent Johanna Gimi, #5))
A volte è sufficiente omettere una parte della verità per creare una bugia.
Sara Zelda Mazzini (I Dissidenti)
A volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane.
Italo Calvino (Il visconte dimezzato)
... i fili si torcono e si intrecciano, a volte si sciolgono e si uniscono di nuovo. Questo è Musubi, questo è il tempo.
Makoto Shinkai (your name.)
Quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l'autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira.
J.D. Salinger (Il giovane Holden)
A volte è facile dimenticare quanto ci manchi una persona finché la rivediamo
Colleen Hoover (Ugly Love)
I got out of the tub and had to squelch a scream when I saw my reflection in the vanity mirror. My hair looked like it had taken 2000 volts and been spray starched
Janet Evanovich (One for the Money (Stephanie Plum, #1))
La vita è un viaggio e chi viaggia vive due volte.
Omar Khayyám
Le persone sono un po' simili alle stelle: magari brillano lontane, ma brillano, e hanno sempre qualcosa di interessante da raccontare...però ci vuole tempo, a volte tanto tempo, perchè le storie arrivino al nostro cuore, come la luce agli occhi.
Alessandro D'Avenia (Bianca come il latte, rossa come il sangue)
I wish I could take my brain and put it inside your head,” Winslow said. “Just for a moment. Then you’d know what all I can’t find how to say.
Alan Heathcock (Volt)
Szemtelenek voltunk egy korban, amelyben az önérzet és az értelem egyetlen méltó kifejezése a szemtelenség volt.
Ignotus Pál
Sajnos, én sohasem követtem el hibákat; életem téli álom volt, mert féltem a hidegtől.
István Örkény (Tóték / Macskajáték)
You get one chance. You get to do this and that and you don't even know when it goes from swirling forward and around and around in circles to just a plain cold stop and nothing more. Can you believe it? All this time I've spent weighing this and weighing that, worrying about this and worrying about that, living back then and living forward, caring about so-and-so, too, but never living here, here, this moment here. Never even acknowledging that this moment even exists, and it hits me like a live volt through the chest.
Andrea Portes (Anatomy of a Misfit)
Penso che se le cose fossero andate diversamente saremmo stati tutti bene, ma poi mi correggo: siamo stati bene. Per quanto complesso, e a volte odioso, è stato bello per il semplice fatto che è stato.
Eleonora C. Caruso (Comunque vada non importa)
Diventerò grande, accadranno tante cose e toccherò il fondo molte volte. Soffrirò molte volte e molte volte mi rimetterò in piedi. Non mi lascerò sconfiggere.
Banana Yoshimoto (Kitchen)
A volte penso che dovrei mettermi a dieta, poi penso che se dimagrissi sarei sempre tesa per la paura di ingrassare, invece così sono tranquilla.
Stefano Benni (Margherita Dolce Vita)
Fanno delle cose, le donne, alle volte, che c'è da rimanerci secchi. Potresti passare una vita a provarci: ma non saresti capace di avere quella leggerezza che hanno loro, alle volte. Sono leggere dentro. Dentro.
Alessandro Baricco
Non è per cambiare che si ricomincia da capo. Si ricomincia da capo per cambiare tavolo. Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo a un altro tavolo da gioco.
Alessandro Baricco (Tre volte all'alba)
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un’ombra, per lei, un’ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio.
Alessandro Baricco (Tre volte all'alba)
Sanchez looked at me and we locked eyes a second too long. There was nothing I could do about it. The signal went out. A moment of clear, silent hostility passed between us as hotly charged and unintentional as a thousand-volt arc through a squirrel.
Rick Riordan (The Last King of Texas (Tres Navarre, #3))
Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all'estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c'incontriamo, possiamo essere, l'uno con l'altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. [...] Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d'un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti più diversi della terra.
Natalia Ginzburg (Lessico famigliare)
Every evil starts with 15 volts.
Philip G. Zimbardo
A volte il timore di passare per una che non sa le cose finisce per farmi sembrare una che non le capisce.
Michela Murgia
Itt az ősz, járt a fejemben, itt az ősz. Mintha most először volna itt, fura dolog. Ősz. Még nem is olyan régen tavasz volt, aztán nyár, most meg ősz – fura csakugyan.
Ken Kesey (One Flew Over the Cuckoo’s Nest)
Cezary egy hatalmas íróasztal mögött ült, előtte laptop, néhány vaskos mappa, pénzkötegek, egy pohár, meg egy üveg vodka. Sötétszürke öltönyt viselt, jobb karján aranyóra, rövid, vaskos ujjai közül kettőn gyűrű. A feje kopaszra borotválva – a homlokától a tarkójáig erősen megritkult a haja, évek óta borotválta a fejét - jobb orcáján, a szája sarkától egészen a füléig egy halvány, vékony heg húzódott. Arcát alig látható borosta fedte. Karjait lazán, de méltóságteljesen pihentette az íróasztal mögötti bőrfotel karfáin, tekintetéről csak úgy áradt az öntudat, a fölényesség. Igaz, minden oka megvolt rá, hogy így tegyen. Úgy ült, akár egy trónuson. Tekintélyt parancsoló jelenség volt.
Mercèdes Rheinberger (Ártatlan vagyok)
Esisteva un tempo in cui non c’era letteratura. Oh, non fu un tempo lungo. Diciamo tra i diecimila e tremilioni di anni. Il tempo per la terra di cambiare il trucco tre volte, andare due volte a teatro, cinque al cinema, e iniziare una analisi.
Giorgio Manganelli (Discorso dell'ombra e dello stemma)
Sometimes I wish I was in the movies...Not to be famous or nothing. I just wish I was made of light. Then nobody’d know me except for what they saw up on that screen. I’d just be light up on the silver screen, and not at all a man.
Alan Heathcock (Volt)
One of the men gave Butch a bunch of volts with a stun gun. The Rangeman didn’t move fast enough, and Butch grabbed the gun and threw it across the room. “Hunh,” Rangeman guy said. “Yeah,” I said. “Been there, done that.” “Are you sure he’s human?” “Maybe you could hook a chain to the FlexiCuffs on his ankles and drag him behind your car,” I said. “We tried that once, and Ranger didn’t like it,” the guy said. “You do something twice that Ranger doesn’t like, and you’re out of a job and damaged.
Janet Evanovich (Sizzling Sixteen (Stephanie Plum, #16))
...ezeknek a régi férfiaknak soha nem láttuk az állát, ha valamelyikük véletlenül megborotválta magát, olyan volt, mintha borzasztó baleset érte volna, lenyesték volna a személyisége egy darabját, már csak félig volt férfi.
Jón Kalman Stefánsson (Heaven and Hell)
A volte la sera vengo qui anche se non devo regolare gli orologi, solo per guardare la città. Mi piace immaginare che il mondo sia un unico grande meccanismo. Sai, le macchine non hanno pezzi in più. Hanno esattamente il numero e il tipo di pezzi che servono. Così io penso che se il mondo è una grande macchina, io devo essere qui per qualche motivo. E anche tu.
Brian Selznick (The Invention of Hugo Cabret)
Perché niente è piú radicale dell’abbandono, ma niente è piú tenace di quei lacci invisibili che legano le persone le une alle altre. E a volte basta un gesto minimo per far riaffiorare quello che abbiamo provato a mettere da parte.
Domenico Starnone (Lacci)
C'è chi pensa che l'amore sia la fine della strada, e che se si è abbastanza fortunati da trovarlo ci si ferma lì. Altri dicono che è come un burrone nel quale si precipita. Ma chiunque abbia vissuto almeno un po' sa che muta con il passare dei giorni, e secondo l'energia che gli si dedica, lo si conserva o ci si aggrappa, oppure lo si perde, ma a volte capita che non sia nemmeno mai stato lì, sin dall'inizio."( Questo bacio vada al mondo intero)
Colum McCann
La vita non è sempre questione di tenere in mano delle buone carte ma, a volte, di saper giocare bene una mano svantaggiosa.
Jack London
Trissottani: ma lo scemo ignorante è uno scemo più puro. Clitandro: lo scemo intellettuale è uno scemo due volte.
Molière
A volte l'uomo è straordinariamente, appassionatamente innamorato della sofferenza.
Fyodor Dostoevsky
A volte i piccoli sogni avevano grandezza, pensò con dignità. A volte, i piccoli sogni erano tutto quello di cui aveva bisogno una persona per vivere
Amy Lane (It's Not Shakespeare (It's Not Shakespeare, #1))
Il presente a volte può essere un pessimo ambiente se arredato con i residui di un passato difficile da dimenticare.
Giorgio Faletti (Fuori da un evidente destino)
You're cute when you're worried," she muttered. "Your eyebrows get all scrunched together." "You are not going to die while I owe you a favor," I said. "Why did you take that knife?" "You would've done the same for me." It was true. I guess we both knew it. Still, I felt like somebody was poking my heart with a cold metal rod. "How did you know?" "Know what?" I looked around to make sure we were alone. Then I leaned in close and whispered: "My Achilles spot. If you hadn't taken that knife, I would've died." She got a faraway look in her eyes. Her breath smelled like grapes, maybe from the nectar. "I don't know, Percy. I just had this feeling you were in danger. Where... where is the spot?" I wasn't supposed to tell anyone. But this was Annabeth. If I couldn't trust her, I couldn't trust anyone. "The small of my back." She lifted her hand. "Where? Here?" She put her hand on my spine, and my skin tingled. I moved her fingers to the one spot that grounded me to my mortal life. A thousand volts of electricity seemed to arc through my body. "You saved me." I said. "Thanks." She removed her hand, but I kept holding it. "So you owe me," she said weakly. "What else is new?
Rick Riordan (The Last Olympian (Percy Jackson and the Olympians, #5))
We came from a mystery and it's to a mystery we go Maybe there's something there, but I'm betting it's not God as any church understands Him. Look at the babble of conflicting beliefs and you'll know that. They cancel each other out and leave nothing. If you want truth, a power greater than yourselves, look to the lightning - a billion volts in each strike, and a hundred thousand amperes of current, and temperatures of fifty thousand degrees Fahrenheit. There's a higher power in that, I grant you. But here in this building? No. Believe what you want, but I tell you this: behind Saint Paul's darkened glass, there is nothing but a lie.
Stephen King (Revival)
When humans work, they frequently become unaware of their own body, their own senses, are surprised to find that their wrists ache or their backs are sore or their friend has left the building. It's as close to an out-of-body experience as can be achieved short of fifty volts, a circle of warding, a pigeon's claw cut from an albino female of purest white feathers, or a lot of mushrooms.
Kate Griffin (A Madness of Angels (Matthew Swift, #1))
Naturalists tell of a noble race of horses that instinctively open a vein with their teeth, when heated and exhausted by a long course, in order to breathe more freely. I am often tempted to open a vein, to procure for myself everlasting liberty. Cento volte ho impugnato una lama per conficcarmela nel cuore. Si dice di una nobile razza i cavalli,che quando si sentono accaldati e affaticati, si aprono istintivamente una vena, per respirare più liberamente. Spesso anche io vorrei aprirmi una vena che mi desse libertà eterna.
Johann Wolfgang von Goethe (The Sorrows of Young Werther)
Mi sono resa conto che le persone sono costituite da diversi strati di segreti. Credi di conoscerle, di capirle, ma le loro motivazioni ti sono sempre nascoste, seppellite nei loro cuori. E tu non le conoscerai mai, anche se a volte decidi semplicemente di fidarti.
Veronica Roth (Insurgent (Divergent, #2))
Things vanished. People vanished. Clouds gave way to sun gave way to night. Only feelings, like spirits, endured, branded to the back of our eyes, laced into our marrow.
Alan Heathcock (Volt)
Nel tardo inverno dei miei sedici anni mia madre ha deciso che ero depressa, presumibilmente perché non uscivo molto di casa, passavo un sacco di tempo a letto, rileggevo infinite volte lo stesso libro, mangiavo molto poco e dedicavo parecchio del mio tempo libero a pensare alla morte.
John Green (The Fault in Our Stars)
This week in live current events: your eyes. All power can be dangerous: Direct or alternating, you, socket to me. Plugged in and the grid is humming, this electricity, molecule-deep desire: particular friction, a charge strong enough to stop a heart or start it again; volt, re-volt-- I shudder, I stutter, I start to life. I've got my ion you, copper-top, so watch how you conduct yourself. Here's today's newsflash: a battery of rolling blackouts in California, sudden, like lightning kisses: sudden, whitehot darkness and you're here, fumbling for that small switch with an urgent surge strong enough to kill lesser machines. Static makes hair raise, makes things cling, makes things rise like a gathering storm charging outside our darkened house and here I am: tempest, pouring out mouthfulls of tsunami on the ground, I've got that rain-soaked kite, that drenched key. You know what it's for, circuit-breaker, you know how to kiss until it's hertz.
Daphne Gottlieb (Why Things Burn)
Turns out there’s no way of dying that’s romantic. Turns out tragedy is always tragic.
Amanda Foody (Queen of Volts (The Shadow Game, #3))
The world didn’t have words to measure hate. There were tons, yards, years. Volts, knots, watts. Ronan could explain how fast his car was going. He could describe exactly how warm the day was. He could specifically convey his heart rate. But there was no way for him to tell anyone else exactly how much he hated Aglionby Academy. Any unit of measurement would have to include both the volume and the weight of the hate. And it would also have to include a component of time. The days logged in class, wasted, useless, learning skills for a life he didn’t want. No single word existed, probably, to contain the concept. All, perhaps. He had all the hate for Aglionby Academy. Thief? Aglionby was the thief. Ronan’s life was the dream, pillaged.
Maggie Stiefvater (The Raven King (The Raven Cycle, #4))
I desideri sono la cosa più importante che abbiamo e non si può prenderli in giro più di tanto. Così, alle volte, vale la pena di non dormire pur di star dietro a un proprio desiderio. Si fa la schifezza e poi la si paga. E solo questo è davvero importante: che quando arriva il momento di pagare uno non pensi a scappare e stia lì, dignitosamente, a pagare. Solo questo è importante.
Alessandro Baricco (Castelli di rabbia)
Morawski megvonta a vállát. – Egy éve volt a pasas szeretője. A neve Kozłowska. Művész – morogta az orra alatt. – Sose tudni, épp milyen hangulatban találja az ember. Túlérzékeny, könnyűvérű, hisztérikus. A keze folyton remeg, bizonyára felváltva vándorol benne az ecset meg a piásüveg. Kokaint szív, meg még ki tudja mit, maffiózók ágyát melegíti, akiktől méregdrága bundát kap, és olyan cipőt, ami más emberek havi fizetéséből sem telne ki – megvonta a vállát. Mozdulata feszültségről árulkodott. – Még sose volt dolgom művészekkel, fogalmam sincs, hogy kezeljem.
Mercèdes Rheinberger (Ártatlan vagyok)
Le lacrime erano brucianti e affilate come rasoi. Gli incubi, la sua unica compagnia, le ricordavano che era ancora viva. Sofia si dibatteva per riemergere dal sonno, per sottrarsi a esso, mentre l’urlo di terrore le restava conficcato in gola come una spina o a volte le sfuggiva dalle labbra, trattenuto eppur potente, così acuto da risvegliare i morti della sanguinosa guerra del passato, un passato ancora vivo e vicino. Rammentava quando la madre la portava da bambina in chiesa ad accendere la candelina a Gesù Bambino. Quei ricordi così lontani erano velati da una sottile foschia, essi erano la materia dei sogni quando ci si sveglia: inconsistenti, vaghi, fluidi e come acqua scivolavano via da lei, troppo velocemente per permetterle di ancorarsi a loro. (La grande Purga di Eilan Moon)
Eilan Moon
Peggiorerà e finirai per non fidarti proprio per niente e proprio di nessuno, se qualcuno non si prenderà la briga di dimostrarti, possibilmente al più presto, tipo adesso, adesso che ancora puoi impararlo, adesso che sei ancora abbastanza giovane e malleabile da imprimertelo nelle ossa, che a volte ci si può anche fidare. Che fidarsi va bene. Che non deve necessariamente andare poi tutto a puttane.
Alice Basso (L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome)
Magyarország a képzelet országa. Kitaláljuk magunknak az országot, függetlenül a reálisan létezőtől. Futballország volnánk, de sose nyertünk világbajnokságot; olvasom, hogy irodalmi nagyhatalom volnánk, és a kutya sem ismeri a világban az irodalmunkat, itt a két világháború közt úgy volt királyság, hogy király nem volt hozzá. A káprázat országa.
Péter Esterházy (A ​halacska csodálatos élete)
The projector's beam lay warm on Walt's neck, and he knew they'd all been plucked from danger and love, from another time, another place, and set back into this dark, sticky-floored theater, in the heart of nothing much that mattered.
Alan Heathcock (Volt)
„Aleksandra arcán a mosoly még szélesebbre húzódott. Mosolya szája két szélére bájos gödröcskéket formázott. Olyan tökéletes gödröcskéket, amelyek bárkit képesek lettek volna levenni a lábukról. Morawski is elragadónak találta őket. Romlottnak akarta látni a nőt és ostobának, mégis azon kapta magát, hogy egyre vonzóbbnak találja. Mert a vele szemben ülő nő nem pusztán szép volt, volt a jelenlétében valami rendkívül igéző, mintha egy édes, sejtelmes, izgató kis titkokkal teli burok lengte volna körül, amely egyszerűen magába szippantotta azt, aki a közelében volt. És Morawski úgy érezte, ez a láthatatlan burok egyre mélyebbre és mélyebbre szippantja őt.
Mercèdes Rheinberger (Ártatlan vagyok)
Forgiveness is not sought - it’s built, stone by stone, over whatever it is you’ve broken.
Amanda Foody (Queen of Volts (The Shadow Game, #3))
You get one chance. You get to do this thing one time and you don’t even know when it goes from swirling forward and around and around in circles to just a plain cold stop and nothing more. Can you believe it? All this time I’ve spent weighing this and weighing that, worrying about this and worrying about that, living back then and living forward, caring about what so-and-so thinks and about so-and-so, too, but never living here, here, this moment here. Never even acknowledging that this moment even exists, and it hits me, like a live volt through the chest. This moment here. This is all you get. Before you are part of the sky
Andrea Portes (Anatomy of a Misfit)
Ci sedemmo su una panchina, di fronte al panorama mozzafiato che la città ci offriva. Nel magnifico scenario dei giardini di Battery Park, mentre la luce del sole iniziava a farsi più morbida, ammirando il mare calmo solcato dalle barche a vela ai piedi della statua della Libertà, mi sentivo come in un film. Chiusi gli occhi e immaginai di essere Madonna in Cercasi Susan disperatamente: alcune scene erano state girate qui. Lo avevo visto tante volte, quel film; in un certo senso, aveva un legame con noi
Chiara Santoianni (Missione a Manhattan)
Egy felmérés hivatalos adatai szerint a megkérdezettek 58 százaléka egyetért az "Oroszország az oroszoké" szlogennel. Szintén 58 százalék válaszolta azt, hogy ha rendes fizetést kapna, azonnal vásárolna valami rendes ingatlant külföldön, és kivándorolna. Ez nem más, mint a "szabad Oroszország" halálos ítélete, és magyarázatot ad arra is, hogy az utóbbi időben miért nem volt nálunk forradalom. Arra várunk, hogy valaki más robbantsa ki helyettünk.
Anna Politkovskaya (A Russian Diary: A Journalist's Final Account of Life, Corruption & Death in Putin's Russia)
Ever since Freud made his famous, and in my view disastrous, volte-face in 1897, when he decided that the childhood seductions he had believed to be aetiologically important were nothing more than the products of his patients' imaginations, it has been extremely unfashionable to attribute psychopathology to real-life experiences.
John Bowlby (A Secure Base: Parent-Child Attachment and Healthy Human Development)
Metti insieme due persone che insieme non sono mai state; a volte il mondo cambia e a volte no. Può darsi che si schiantino e prendano fuoco, o che prendano fuoco e si schiantino. Ma a volte, invece, ne nasce qualcosa di nuovo, e allora il mondo cambia. Insieme, in quel primo momento esaltante, con quella sensazione esplosiva di ascesa, esse sono più grandi dei loro sé individuali. Insieme, vedono più lontano, più chiaro.
Julian Barnes (Levels of Life)
A volte desidereresti fuggire in un'altra parte del libro. Smetti di leggere e sfogli le pagine in avanti, scorgendo di sfuggita la storia che corre, non al di sopra del mondo ma attraverso di esso, attraverso foreste e complicazioni, attraverso il caos delle intenzioni e delle città. A mano a mano che ti avvicini alle ultime pagine, affretti sempre più il ritmo della lettura, finché non ti ritrovi immerso in un groviglio di inquietudine. Poi, all'improvviso, il pollice perde la presa e fluttui fuori dalla storia tornando in te stesso. Il libro è di nuovo una fragile nave fatta di tessuto e di carta. Sei stato ovunque e in nessun posto
Thomas Wharton (Salamander)
That was the problem with loving someone. Once you let someone into your heart, they could take a sledgehammer to it.
Amanda Foody (Queen of Volts (The Shadow Game, #3))
It didn’t matter what cards you were dealt. The City of Sin was a game, and the only way to win was to stack the cards in your favor.
Amanda Foody (Queen of Volts (The Shadow Game, #3))
„Aleksandra egyrészt agyrázkódást szenvedett, másrészt sokkot kapott. Továbbá nem szabad megfeledkeznünk a hipotermiáról sem. Egy egészséges, ruhátlan ember a saját testhőmérsékletét még nulla fok körüli hőmérsékleten is képes egy órán át tartani. Utánanéztem, a gyilkosság éjszakáján nyolc fok volt. Aleksandra valószínűleg órákat bolyongott a szabad ég alatt, a tünetei legalábbis erre engednek következtetni. Tíz fok alatti levegőhőmérsékleten már felléphet hipotermia. Ilyenkor a szívverés lelassul, a légzés ritkul, és felületessé válik. A szervezet hőszabályozása kimerül, a testhőmérséklet folyamatosan csökken. Bágyadtság, álmosság, érzékcsalódás jelentkezik. A vérnyomás leesik. Szívritmuszavar lép fel. A bőr erei összehúzódnak, a kéz- és lábujjak, a fül, orr, az ajkak elkékülnek, elszürkülnek. Az áldozat beszéde érthetetlen lesz, tántorog, a viselkedése zavarttá, ésszerűtlenné válik.
Mercèdes Rheinberger (Ártatlan vagyok)
Se è scritto che due pesci nel mare debbano incontrarsi, non servirà al mare essere cento volte più grande. Tu hai paura perché parti per un lungo viaggio; ma il più lungo viaggio fatto dall'uomo nell'universo è meno di un soffio. Il tuo cuore batte e la terra gira per 30 km intorno al sole. La formica viaggia nell'universo del giardino. Deve arrivare al rosario, là in fondo, per portare cibo alle compagne. Non ha strumenti per conoscere la strada, una parte e va,perché questo è nella sua Natura
Stefano Benni (Terra!)
Maksymilian feddhetetlen, árnyékként élő figura volt, és kényesen ügyelt rá, hogy az is maradjon. Ez elengedhetetlen volt a számára. Úgy mozgott Lengyelország határain belül, mintha láthatatlan lett volna. Ha Varsóban járt, kizárólag abban a privát klubban múlatta szívesen az időt, amely az érdekeltségébe tartozott. Kínosan kerülte a feltűnést, és kiküszöbölt minden lehetőséget, hogy a hatóságok látókörébe kerüljön. A felszín mindössze egy éles eszű, céltudatos, elegáns öltönybe bújt üzletembert láttatott, aki befektetésekkel foglalatoskodik. És ő mindent megtett azért, hogy ezt a kifogástalan felszínt senkinek se jusson eszébe megkapargatni. A valódi életét a színfalak mögött élte, lakásainak falai között, privát klubok elrejtett tárgyalótermeiben, luxusszállodák lakosztályaiban, magángépek fedélzetén, eldugott nyaralóhelyeken, magánjachtokon. A saját maga által felállított erkölcsi normák szerint élt, az ő világában az erős győz, és ő erős akart lenni, mert veszíteni képtelen volt. Intelligencia és helyzetfelismerő képesség birtokában soha nem is bukott bele semmibe. Mindenért, amije volt, keményen megküzdött, okos volt, ravasz, és merész, ha kitűzött egy célt, azt véghezvitte. Nagyratörő volt és elszánt. Imádta a minőségi holmikat, a tiszteletet, amely körülvette, imádta az autóit, a sebességet. De a józanságát és az éberségét csak ritkán hagyta elaludni, azt vallotta, hogy az embernek mindig készen kell állnia a legváratlanabb helyzetekre is. Olykor persze szerette halmozni az élvezeteket, melyekbe alkohol és drog csak ritkán vegyült, neki az élvezetet elsősorban a szex jelentette, amit senki mással nem szeretett még úgy megélni, mint Aleksandrával, akiben megtalálta a tökéletes szeretőt. Éppen csak betöltötte a negyvenet, de már mindene megvolt, amire csak vágyott.
Mercèdes Rheinberger (Ártatlan vagyok)
Mole. E enjoada comigo mesma como se me tivesse provado. Um pedaço de pão que depois de se mastigar durante muito tempo acabasse sabendo mal. Sabendo a mim própria, aos meus próprios sucos. Cuspi-me com desagrado para cima da cama e aqui fiquei líquida e espapaçada. É um estado de espírito entre calmo e desesperado com uma leve ansiedade à mistura. Por vezes sinto medo desta solidão maior do que nunca foi, imensa. Para onde quer que me volte só dou comigo mesma. Mas já me vi bastante e acabo de reparar que nada mais tenho a dizer-me. Nada mais.
Maria Judite de Carvalho (Tanta Gente, Mariana)
Le parole sono anche molto democratiche; pensano che una parola sia buona come un’altra; che le parole rozze valgano quanto quelle educate; che quelle incolte siano uguali a quelle colte, non esistono classi o titoli di merito nella loro società. E non amano essere sollevate in punta di penna ed esaminate una per una. Restano sempre unite in frasi, in paragrafi, e a volte per intere pagine di fila. Odiano essere utili; odiano dover far soldi; odiano andare in giro a tenere conferenze. In breve, odiano qualsiasi cosa che imponga loro un unico significato, o che le immobilizzi in un’unica posa, perché cambiare fa parte della loro natura.
Virginia Woolf
Le regole per scrivere bene (adattate da Umberto Eco) 1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi. 2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario. 3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata. 4. Esprimiti siccome ti nutri. 5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc. 6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso. 7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione. 8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”. 9. Non generalizzare mai. 10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton. 11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.” 12. I paragoni sono come le frasi fatte. 13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito). 14. Solo gli stronzi usano parole volgari. 15. Sii sempre più o meno specifico. 16. L'iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive. 17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale. 18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente. 19. Metti, le virgole, al posto giusto. 20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile. 21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso e! tacòn del buso. 22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia. 23. C’è davvero bisogno di domande retoriche? 24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media. 25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia. 26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile. 27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi! 28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri. 29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili. 30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio. 31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo). 32. Cura puntiliosamente l’ortograffia. 33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni. 34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve. 35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione. 36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato. 37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni. 38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competente cognitive del destinatario. 39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che. 40. Una frase compiuta deve avere.
Umberto Eco
I mean, clearly no one would vote for volts until everything else had failed. It’s reserved for those languishing in the suicidal ideation lounge, and I had never been truly suicidal. Not that I haven’t, on occasion, thought it might be an improvement over the all-too-painful present if I could be deadish for maybe just a teeny little bit of it. You know, like a really good sleep, after which I’d wake refreshed and equal to whatever the problem had been, that problem would have now vanished.
Carrie Fisher (Shockaholic)
La cosa più bella che può capitare a uno scrittore, a qualcuno che passa la sua vita a raccontare, è sentirsi raccontare. E quando scopri qualcuno che ti assomiglia veramente (ce ne sono) ti accorgi di quanto la persona su cui ti eri incastrata era sbagliata per te, e tu sbagliata per lui, e di quanto forse lei invece sia giusta, e quasi spero che ce la farà, che ce la faranno, perché è quello che conta, diventare un plurale – finché siamo io e te, come eravamo io e te, non cambia mai niente - e poi magari nessuno di noi si incontrerà mai, continueremo a essere soli in quel modo che soli non siamo, coi nostri fantasmi d’orgoglio e dolore, la nostra paura, un manipolo di sogni che a volte sono forti e hanno il potere di distorcere la trama del mondo e altre volte ci gravano addosso perché quella forza non la troviamo, vogliamo possiamo, ed è il mondo che distorce la trama di noi – io, te, lui, lei… così simili nel nostro essere – diversamente - alla deriva.
Sara Zelda Mazzini (Cronache dalla fine del mondo)
Quassù, la sensazione che la natura ha una sua presenza psichica è fortissima. A volte, quando tutto imbacuccato contro il freddo mi fermo ad osservare, seduto su un grotto, il primo raggio di sole che accende le vette dei ghiacciai e lentamente solleva il velo di oscurità, facendo emergere catene e catene di altre montagne dal fondo lattiginoso delle valli, un’aria di immensa gioia pervade il mondo ed io stesso mi ci sento avvolto, assieme agli alberi, gli uccelli, le formiche: sempre la stessa vita in tante diverse, magnifiche forme.
Tiziano Terzani (Lettere contro la guerra)
Hosszú idő telt el, amíg az elmének sikerült meggyőznie önmagát, hogy ő, akit mindennap láttunk, s akinek a puszta léte is részünkké vált, örökre eltávozhatott - szeretett szemének fénye kihunyhatott, a jól ismert s a fülnek oly drága hang elnémulhatott, s már soha többé nem lesz hallható. Ezek az első napok gondolatai voltak, de a keserű gyász akkor kezdődött igazán, mikor az idők múltán bebizonyosodott a rossz valódisága. Mert e durva kéz kinek nem tépte el már valamely drága kötelékét? És miért írjam le a gyászt, amit mindannyian éreztünk már, s még minden bizonnyal érezni fogunk? Eljön az idő, mikor a gyász inkább belenyugvás, mintsem szükség, s mikor a száj sarkában bujkáló mosoly, bár szentségtörésnek érezzük, többé már nem tilos. Anyám meghalt, de nekünk kötelességünk volt, amit teljesítenünk kellett. Tovább kellett élnünk az életünket a többiekkel, s meg kellett tanulnunk, hogy szerencsésnek tartsuk magunkat, mert maradt még valakink, akit nem ragadott el a rabló halál.
Mary Wollstonecraft Shelley (Frankenstein: The 1818 Text)
Anche a me la poesia delle rocce nere sembrava bellissima; e mi struggevo d’invidia, per non averla scritta io. Era semplice: prati verdi, rocce nere, ne avevo visti tante volte anch’io, in montagna. E non m’era venuto in testa che si potesse farne niente: li avevo guardati, e basta. Le poesie erano dunque cosí: semplici, fatte di niente; fatte delle cose che si guardavano. Mi guardavo intorno con occhi attenti: cercavo cose che potessero assomigliare a quelle rocce nere, a quei prati verdi, e che questa volta non mi sarei lasciata portar via da nessuno.
Natalia Ginzburg (Lessico famigliare)
Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quest’abbraccio e non chiedere altro perché la sua vita è solo sua e per quanto tu voglia, per quanto ti faccia impazzire non gliela cambierai in tuo favore. Fidarsi del suo abbraccio, della sua pelle contro la tua, questo ti deve essere sufficiente, lo vedrai andare via tante altre volte e poi una volta sarà l’ultima, ma tu dici, stasera, adesso, non è già l’ultima volta? Vedere il lato bello, accontentarsi del momento migliore, fidarsi di quando ti cerca in mezzo alla folla, fidarsi del suo addio, avere più fiducia nel tuo amore che non gli cambierà la vita, ma che non dannerà la tua perché se tu lo ami, e se soffri e se vai fuori di testa questi sono problemi solo tuoi; fidarsi dei suoi baci, della sua pelle quando sta con la tua pelle, l’amore è niente di più, sei tu che confondi l’ amore con la vita.
Pier Vittorio Tondelli (Biglietti agli amici)
Quando svoltai l'angolo, mi fermai di colpo. Ci avrei scommesso una settimana di stipendio che quel che stavo vedendo non poteva essere vero. Il nostro turbolento, esasperato cane stava adagiato tra le ginocchia di Jenny, il grosso testone posato placidamente sul suo grembo. La coda gli penzolava piatta tra le zampe, la prima volta che non lo vedevo agitarla quando stava toccando uno di noi. Gli occhi erano alzati verso di lei, e guaiva sommessamente. Jenny gli accarezzò la testa diverse volte e poi, senza preavviso, affondò la faccia nel folto del suo collo e cominciò a singhiozzare. Forte, in modo incontrollato. Restarono così a lungo, con Marley immobile come una statua, Jenny che lo stringeva a sè come un enorme bambolotto. Io mi tenevo in disparte, sentendomi un po' come un intruso che interferiva in quel momento privato, non sapendo esattamente che cosa fare. E poi, senza alzare la faccia, Jenny mosse un braccio verso di me, e io li raggiunsi sul divano e me la strinsi contro. Restammo lì noi tre, nel nostro abbraccio di condiviso dolore.
John Grogan (Io & Marley)
Latchkey! I mean . . . I want to talk to you . . .' He fell silent, glancing behind him and shifting from foot to foot, his waterproof trousers rattling like the bulls' bladders that boys use to learn swimming. Sterlingov angrily spat out his cigarette. 'Well? What about?' 'A . . . about a secret matter ,' Alyoshka whispered. Dozens of ears floated around them in the dust waves; the whisper was heard, and it ran on like a spark along a gunpowder wick. Alyoshka's secret message, the mysterious special clothing, the deacon's catastrophe-all this was too much. The atmosphere was charged with thousands of volts, and something was needed to discharge the electricity, to clear the air. ("X")
Yevgeny Zamyatin (The Dragon: Fifteen Stories (English and Russian Edition))
Mi guardo bene dal tenermi in gola le parole: ho passato gran parte della mia vita a non dire le cose che volevo dire, e me ne sono pentito. La nostra natura ci impone di mandare messaggi subliminali, comunicare con i gesti, perché abbiamo paura di esporci per come siamo. Anche a noi stessi. Quando tutto sarà finito sono sicuro che mi verrà concesso un minuto per ripensare a tutte le volte che volevo urlare cosa sentivo, ma sono stato zitto per paura di non essere capito, e rimpiangerò gli obbiettivi che ho abbandonato perché il timore di fallire mi ha impedito di perseguirli. Questa vita è una puttana e probabilmente mi spezzerà il cuore, ma cazzo, sono innamorato. Va così, rhum e pera, perché ci sono dei momenti forti che ti lasciano l’amaro in bocca, e altri talmente belli da farti dimenticare quel retrogusto sgradevole che ha la vita
Charles Bukowski
È il petto di un'altra persona a spalleggiarci, ci sentiamo realmente spalleggiati solo quando abbiamo qualcuno dietro, lo dice la parola stessa, alle nostre spalle, come in inglese, to back, qualcuno che magari non vediamo e che ci copre le spalle col petto che è sul punto di sfiorarci e che alla fine sempre ci sfiora, e a volte, addirittura, questo qualcuno ci mette una mano sulla spalla con la quale ci tranquillizza e al tempo stesso ci sottomette. In questo modo dormono o credono di dormire gran parte delle coppie, dopo la buonanotte i due si girano dallo stesso lato, di modo che uno dà le spalle all'altro per tutto il tempo e si sente spalleggiato da lui o da lei, e quando nel pieno della notte si sveglia di soprassalto per un incubo o non riesce a prender sonno, soffre per la febbre o si crede solo e abbandonato al buio, non deve far altro che voltarsi e vedere, di fronte a sé, il volto di colui che lo protegge, che si lascerà baciare quel che si può baciare in un volto (naso, occhi e bocca; mento, fronte e guance, tutto il volto) o che magari, mezzo addormentato, gli metterà una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, o per sottometterlo, o forse per aggrapparsi. (da Un cuore così bianco, pag. 72)
Javier Marías (A Heart So White)
Invece io penso che una cosa che piace molto alla donna è qualcuno che le chieda: come stai? Tutto lì. A me quello che manca di più al mondo è proprio uno che mi chieda come sto. Perché sono sempre io a chiederlo agli altri e a occuparmi del loro benessere. Sarò banale, una femminuccia vanitosa, ma mi piacciono anche i complimenti piccoli, tipo, non so: stai bene pettinata così o come sei carina oggi. Quelle robe facili, che sembrano sciocche, ma in realtà fanno. Perché vuol dire che la persona con cui stai ti guarda ancora. Invece quando stai con degli uomini per tanto tempo, puoi anche arrivare a casa con la testa rasata come Demi Moore in Soldato Jane e lui manco se ne accorge. Non lo fa per cattiveria, solo che non vede più niente di quello che ti succede. Tante volte a me capita che mi taglio i capelli, arrivo a casa e lui non dice nulla. Né nel bene né nel male. Devo prendere a testate il citofono perché si accorga di qualcosa. Ma a questo punto il corteggiamento è un lontano ricordo.
Luciana Littizzetto (L'educazione delle fanciulle)
La solitudine è questa situazione un po’ buffa, un po’ ridicola, un po’ aggressiva di un uomo seduto al tavolo di un ristorante turistico: l’immagine di una persona incompleta, tanto goffa da sembrare stupida o arrogante. Leo deve incominciare a difendere questa sua solitudine. Non deve permettere che gli altri lo vedano come un atomo dalle valenze aperte, come qualcuno immiserito dalla mancanza di un compagno, di un amico, di un amore. La solitudine è anche scomodità. Obbliga a rivolgersi agli altri, a fare richieste continue. Sul treno lui non può lasciare i bagagli per recarsi al ristorante. Deve cercare il controllore, o un altro passeggero, e chiedergli di dare cortesemente un’occhiata alla macchina fotografica. Negli aeroporti, con il carrello carico di valigie, non riesce a raggiungere la toilette, o la cabina del telefono soprattutto se si trovano a livelli diversi da quelli in cui è stato sbarcato e allora, scaricare i bagagli, affrontare le scale, deporli, entrare in un bagno diventa un’impresa impossibile, faticosa già mentalmente. Nei ristoranti è pressato dalla gente in coda solo perché gli altri sono in due e lui, solo, sta occupando un piccolo tavolo. Negli alberghi le camere singole sono, in genere, le più strette e le più piccole: i sottotetti o le mansardine della servitù. E per giunta c’è sempre un supplemento da pagare.    La solitudine impietosisce gli altri. A volte lui sente lo sguardo indiscreto della gente posato sulla sua figura come un gesto di una violenza inaudita. Come se gli altri lo pensassero cieco e gli si accostassero per fargli attraversare la strada. Certe premure lo offendono più dell’indifferenza, perché è come se gli ricordassero continuamente che a lui manca qualcosa e che non può essere felice. Si vede con un lato del corpo sanguinante, una cicatrice aperta dalla quale è stata separata l’altra metà. Vorrebbe spiegare che sì, Thomas gli manca e di questo sta soffrendo. Ma che non avverte la propria solitudine come una disperazione. Si sta concentrando su di sé, si sta racchiudendo nelle proprie fantasie e nei propri ricordi. Sta cercando di abbracciare la parte più vera di se stesso recuperandola attraverso il ricordo, la riflessione, il silenzio.
Pier Vittorio Tondelli (Camere separate)
Cezary már jó ideje a háttérből irányított. Habár a rendszerváltás utáni zavaros időszak egyik legveszélyesebb és leggátlástalanabb figurája volt, akit Kelet-Európa-szerte ismertek és rettegtek alvilági körökben, a kellő pillanatban öltönyös üzletemberré vedlett át, és kikérte volna magának, ha valaki közönséges gengszternek titulálja. Igyekezett észrevétlen maradni, és ahelyett, hogy lépten-nyomon erőt demonstrált volna, inkább kapcsolatokat épített. Már jó ideje nem erőszakkal, hanem a megfelelő gazdasági és politikai alkuk megkötésével érvényesítette az akaratát. Csak nagyon keveseknek sikerült talpon maradni az idők folyamán a hozzá hasonló figurák közül. Cezary azonban kitűnően lavírozott a rendszerváltozás utáni évtizedek szinte követhetetlenül változó gazdasági, pénzügyi, és politikai világában. Egyik titka tulajdonképpen a kitűnő helyzetfelismerő képessége és alkalmazkodókészsége volt. Ha az ember képes alkalmazkodni, az ajtók nem záródnak be előtte, sőt, újabbak és újabbak nyílnak meg előtte. Azok a figurák, akik Kelet-Európa-szerte Cezaryhoz hasonló módon építették fel a maguk birodalmát, éppen azzal hibáztak a legnagyobbat, ha nem érzékelték a változást, vagy nem voltak hajlandóak alkalmazkodni, és ugyanazokkal a módszerekkel dolgoztak tovább, és ugyanazt az életvitelt folytatták, amelyet a kilencvenes években. Az efféle alakok közül sokaknak széthullott a birodalma, mert képtelenek voltak a háttérbe húzódva élni, látványosan szórták a pénzt, mindenáron fitogtatni akarták a hatalmukat, és nem vették észre, hogy már nem a vadkeleten élnek. Azt hitték, hogy néhány rendőrtiszt, politikus, bíró megkenésével, vagy néhány befolyásos ember megfélemlítésével a végtelenségig folytathatják kétes üzelmeiket. Csakhogy az idők változtak. Időközben a konfliktusok megoldásának módja már nem az ellenség autóinak felrobbantása volt, az alkuk a háttérben köttettek öltönybe bújt üzletemberek között. Cezary legfontosabb emberei már régen nem maffiózók, vagy véreskezű gengszterek benyomását keltették, éppen ellenkezőleg, kétes üzleteik, tisztességtelen módszereik, és a kezük között forgó mocskos pénz ellenére is, egy külső szemlélő számára aligha különböztek egy multinacionális cég vezetőjétől, vagy egy kiváló pedigréjű bankigazgatótól. A Cezaryhoz hasonló birodalmak urai már nem állig felfegyverzett, megtermett, morcos tekintetű fickókkal végeztették a munka javát, hanem a Maksymilian és Miłosz-féle, több nyelven beszélő, elegáns zakóba bújt alakokkal, akik egy pohár whisky és egy szivar mellett, zárt ajtók mögött kötötték meg az alkukat, ahelyett lyett, hogy lövöldöztek volna, vagy autókat robbantgattak volna. Persze a kellő erő megmaradt a háttérben, és ha szükség volt rá, be is vetették a megfelelő módon, helyen, és időben, de azzal tisztában voltak, hogy az erő látványos, ész nélküli fitogtatása manapság többet árt, mint használ. Cezarynak tulajdonképpen minden adottsága meg is volt ahhoz, hogy a körülmények megváltozásával kifinomultabban játsszon. Mestere volt a manipulációnak, mások kijátszásának és megvezetésének, és annak, hogyan hozzon függőségbe magától másokat. Sikerének egyik kulcsa éppen ez volt. A ravaszsága, a kíméletlensége, kiegészülve a szerencsével, hiszen ő aztán kétség kívül elmondhatta magáról, hogy jókor volt jó helyen. A kilencvenes évek Kelet-Európája, melyben ő is kinőtte magát, tökéletes táptalajt biztosított a hozzá hasonló alakoknak. Manapság már lehetetlen lett volna hasonló pályát befutni.
Mercèdes Rheinberger (Ártatlan vagyok)
«Incolpi la gente di credere in Dio considerandola una massa di poveri illusi. Tu ti conforti nella scienza che fa solo congetture. Quali prove concrete hai a sostegno della tua tesi della malattia da cinquecento milioni di dollari?». Scossi la testa come per dire che non ne avevo, ed era la verità. Ipotesi più accreditata non è sinonimo di certezza. È solo più facile per me da accettare, com’è più semplice per chi ha fede pensare che i vampiri siano i dannati terreni che Dio non vuole nemmeno all’inferno. Una lacrima mi rigò la guancia e immediatamente Adam sciolse la presa ad un passo da quella che sarebbe potuta essere la mia fine. Rimasi sdraiata nella stessa posizione in cui mi aveva costretto, supina, e ricominciai a respirare gradualmente senza allontanare i miei occhi dai suoi. Era bello tornare a vivere sotto il suo sguardo. Si avvicinò ulteriormente al mio viso parlandomi sopra le labbra. Le sfiorò più volte con le sue, senza il minimo proposito di baciarmi. «Forse potrebbe essere la morte la vera malattia e noi la legittima cura. Guardami, Elizabeth» bisbigliò alzandomi il mento col pollice. «Ho quasi duecentocinquanta anni e non ne dimostro nemmeno trenta. Magari tra qualche anno scoprirete le origini della patologia che ammorba gli angeli, e allora la rivenderete a coloro che vorranno volare».
Giorgia Penzo (Red Carpet)
Succedeva sempre che a un certo punto uno alzava la testa... e la vedeva. È una cosa difficile da capire. Voglio dire... Ci stavamo in più di mille, su quella nave, tra ricconi in viaggio, e emigranti, e gente strana, e noi... Eppure c'era sempre uno, uno solo, uno che per primo... la vedeva. Magari era lì che stava mangiando, o passeggiando, semplicemente, sul ponte... magari era lì che si stava aggiustando i pantaloni... alzava la testa un attimo, buttava un occhio verso il mare... e la vedeva. Allora si inchiodava, lì dov'era, gli partiva il cuore a mille, e, sempre, tutte le maledette volte, giuro, sempre, si girava verso di noi, verso la nave, verso tutti, e gridava (piano e lentamente): l'America. Poi rimaneva lì, immobile come se avesse dovuto entrare in una fotografia, con la faccia di uno che l'aveva fatta lui l'America. La sera, dopo il lavoro, e le domeniche, si era fatto aiutare dal cognato, muratore, brava persona... prima aveva in mente qualcosa in compensato, poi... gli ha preso un po' la mano, ha fatto l'America... Quello che per primo vede l'America. Su ogni nave ce n'è uno.
Alessandro Baricco (Novecento. Un monologo)
Lo so, lo so, ma ascoltami. Hai letto L’idiota, vero? Sì. Beh, L’idiota è un libro molto inquietante per me. Mi ha fatto così effetto che dopo non ho quasi più letto romanzi, a parte roba tipo ‘Uomini che odiano le donne’. Perché… provavo a intromettermi, …be’, magari me lo dici dopo, a cosa pensavi, lasciami finire di dirti perché l’ho trovato inquietante. Perché tutto quello che Myškin fa è buono… altruista… tratta tutti con compassione e comprensione e a cosa porta tutta quella bontà? Omicidi! Disastri! Una volta mi preoccupavo un sacco di questa cosa. Me ne stavo sveglio a letto di notte e mi preoccupavo! Perché – perché? Com'era possibile? Ho letto quel libro tre volte, pensando di non averlo capito. Myškin era gentile, amava la gente, era tenero, perdonava sempre, non faceva mai niente di sbagliato – ma si fidava di tutte le persone sbagliate, prendeva solo decisioni sbagliate, faceva soffrire tutti quelli che gli stavano intorno. Quel libro contiene un messaggio oscuro. “A che pro essere buoni?” Ma – questo è ciò che ho capito ieri notte, mentre guidavo. E se… se fosse più complicato di così? Se fosse vero anche il contrario? Perché se è vero che il male può discendere dalle buone azioni… dove sta scritto che da quelle cattive può venire solo il male? Magari a volte – il modo sbagliato è quello giusto? Magari prendi la strada sbagliata e ti porta comunque dove volevi? O vedila in un altro modo, certe volte puoi sbagliare tutto, e alla fine viene fuori che andava bene?
Donna Tartt (The Goldfinch)
Il dialogo socratico, sia esso composto da Platone, Senofonte o Eschine di Sfetto, non mira a insegnarci una determinata dottrina - che Socrate, come tutti sanno e come infinite volte egli stesso ci ha detto non ha mai posseduto - ma intende evocare un'immagine luminosa del filosofo assassinato, intende difendere e perpetuare la sua memoria e quindi tramandarne il messaggio. Tale messaggio, essi ci dicono, è senza dubbio filosofico. Ma, se è vero che i dialoghi comportano un insegnamento, non si tratta dell'esposizione di una dottrina, bensì di una lezione di metodo. Socrate infatti ci insegna l'uso e il valore della definizione dei concetti che vengono impiegati nella discussione e nello stesso tempo ci dimostra come sia impossibile arrivare a possedere il concetto senza procedere preliminarmente ad una revisione critica delle nozioni tradizionali, delle opinioni <> presenti e operanti nel linguaggio. Il risultato apparentemente negativo della discussione è di grande valore. E' molto importante infatti sapere di non sapere, scoprire che le opinioni e il linguaggio comuni, pur formando il punto di partenza della riflessione filosofica, non costituiscono altro che questo e che la discussione dialettica tende proprio al suo superamento.
Alexandre Koyré (Discovering Plato)
mi viene solo in mente quella storia dei fiumi, […] e al fatto che si son messi lì a studiarli perché giustamente non gli tornava 'sta storia che un fiume, dovendo arrivare al mare, ci metteva tutto quel tempo, cioè scelga, deliberatamente, di fare un sacco di curve, invece di puntare dritto allo scopo, […] c'è qualcosa di assurdo in tutte quelle curve, e così si sono messi a studiare la faccenda e quello che hanno scoperto alla fine, c'è da non crederci, è che qualsiasi fiume, […], prima di arrivare al mare fa esattamente una strada tre volte più lunga di quella che farebbe se andasse diritto, sbalorditivo, se ci pensi, ci mette tre volte tanto quello che sarebbe necessario, e tutto a furia di curve, appunto, solo con questo stratagemma delle curve, […] è quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi, per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perché, ho pensato, c'è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall'altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benché indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perché in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, sì, è una storia che se ci pensi è rassicurante, io la trovo molto rassicurante, che ci sia una regola oggettiva dietro a tutte le nostre stupidate, è una cosa rassicurante, tanto che ho deciso di crederci, e allora, ecco, quel che volevo dire è che mi fa male vederti navigare curve da schifo come quella di Couverney, ma dovessi anche andare ogni volta a guardare un fiume, ogni volta, per ricordarmelo, io sempre penserò che è giusto così, e che fai bene ad andare, per quanto solo a dirlo mi venga da spaccarti la testa, ma voglio che tu vada, e sono felice che tu vada, sei un fiume forte, non ti perderai…
Alessandro Baricco (City)
Ho riflettutto molto su come descriverlo, e questo è quel che ho deciso: «Nessuno l'ha mai definito un grande cane, o anche un buon cane. Era sfrenato come un ossesso e forte come un toro. Affrontava gioiosamente la vita, con un entusiasmo associato spesso a disastri naturali. È l'unico cane che sia mia stato espulso da un corso di aducazione all'obbedienza». Continuavo: «Marley era un divoratore di divani, un demolitore di porte a zanzariera, un dispensatore di saliva, un ribaltatore di coperchi di pattumiera. Quanto al cervello, lasciatemi dire che ha dato la caccia alla sua coda fino al giorno in cui è morto, apparentemente convinto di essere sull'orlo di una grossa svolta nel mondo canino». Ma c'era dell'altro in lui, e descrissi il suo intuito e la sua empatia, la sua dolcezza con i bambini, e il suo cuore puro. Quelo che volevo realtmente dire era come quest'animale aveva toccato le nostre anime e ci aveva insegnato alcune delle lezioni più importanti della vita. «Una persona può imparare molto da un cane, anche da un cane strambo come il nostro», scrissi. «Marley mi ha insegnato a vivere ogni giorno con sfrenata esuberanza e gioia, a cogliere il momento e seguire il mio cuore. Mi ha insegnato ad apprezzare le cose semplici: una passeggiata nei boschi, una fresca nevicata, un sonnellino in un raggio di sole invernale. E mentre diventava vecchio e malandato, mi ha insegnato l'ottimismo di fronte alle avversità. Sopprattutto mi ha insegnato l'amicizia, l'altruismo e una profonda devozione.» Era uno straordinario concetto che solo ora, sulla scia della sua morte, stavo assorbendo totalmente: Marley come mentore. Era un maestro e un modello di comportamento. Era possibile per un cane, qualsiasi cane, ma soprattutto un pazzo cane incontrollabile come il nostro, indicare agli umani le cose che contavano realmente nella vita? Direi di sì. Lealtà. Coraggio. Devozione. Semplicità. Gioia. E le cose che non contavano. A un cane non servono automobili lussuose o grandi case o vestiti di sartoria. Gli status symbol non significano niente per lui. Un bastone fradicio gli va altrettanto bene. Un cane giudica gli altri non dal colore, il credo o la classe ma da chi sono interioremente. A un cane non importa se sei ricco o povero, istruito o analfabeta, intelligente o stupido. Dagli il tuo cuore e lui ti darà il suo. Era molto semplice, eppure noi umani, così più saggi e più sofisticati, abbiamo sempre avuto difficltà a immaginare quel che conta e non conta realemente. Mentre scrivevo quest'articolo di addio a Marley, mi rendevo conto che era tutto lì di fronte a noi, se solo avessimo aperto gli occhi. A volte occorre un cane con un alito cattivo, pessime maniere, e intenzioni pure per aiutarci a vedere.
John Grogan (Io & Marley)
Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata. Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.
Patrick Süskind (Perfume: The Story of a Murderer)
Tante volte era rimasto in ammirazione di fronte a un paesaggio, a un monumento, a una piazza, a uno scorcio di strada, a un giardino, a un interno di chiesa, a una rupe, a un viottolo, a un deserto. Solo adesso, finalmente, si rendeva conto del segreto. Un segreto molto semplice: l'amore. Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d'amore. Quanto era stato stupido a non essersene mai accorto finora. Che interesse avrebbe una scogliera, una foresta, un rudere se non vi fosse implicata una attesa? E attesa di che se non di lei, della creatura che ci potrebbe fare felici? Che senso avrebbe la valle romantica tutta rupi e scorci misteriosi se il pensiero non potesse condurci lei in una passeggiata del tramonto tra flebili richiami di uccelli? Che senso la muraglia degli antichi faraoni se nell'ombra dello speco non potessimo fantasticare di un incontro? E l'angolo del borgo fiammingo che ci potrebbe importare o il caffè del 'boulevard' o il 'suk' di Damasco se non si potesse supporre che anche lei un giorno vi passerà, impigliandovi un lembo di vita? E l'erma cappelletta al bivio col suo lumino, perché avrebbe tanto patos se non vi fosse nascosta un'allusione? E a che cosa allusione se non a lei, alla creatura che ci potrebbe fare felici? [...] Le torri antiche, le nuvole, le cateratte, le enigmatiche tombe, il singhiozzo della risacca sullo scoglio, il piegarsi dei rami alla tempesta, la solitudine dei greti nel pomeriggio, tutto è un'indicazione precisa a lei, la donna nostra che ci incenerirà. Ogni cosa del mondo congiurando con le altre cose del mondo in complotto sapientissimo per promuovere la perpetuazione della specie. Era una intuizione così bella e geniale che in altre circostanze egli ne avrebbe avuto soddisfazione. Ma, proprio per la sua esattezza, oggi a lui procurava solamente dolore. L'espressione degli alberi fuggenti corrispondeva infatti alla condizione del suo amore; il quale era stolto e disperato. Egli correva in direzione di lei benché sapesse che laggiù lo aspettavano soltanto nuovi affanni, umiliazioni e lacrime. Ma lui correva a perdifiato ugualmente, il piede premuto con tutta la forza sul pedale, per la paura di perdere un minuto.
Dino Buzzati (Un amore)
I once read the most widely understood word in the whole world is ‘OK’, followed by ‘Coke’, as in cola. I think they should do the survey again, this time checking for ‘Game Over’. Game Over is my favorite thing about playing video games. Actually, I should qualify that. It’s the split second before Game Over that’s my favorite thing. Streetfighter II - an oldie but goldie - with Leo controlling Ryu. Ryu’s his best character because he’s a good all-rounder - great defensive moves, pretty quick, and once he’s on an offensive roll, he’s unstoppable. Theo’s controlling Blanka. Blanka’s faster than Ryu, but he’s really only good on attack. The way to win with Blanka is to get in the other player’s face and just never let up. Flying kick, leg-sweep, spin attack, head-bite. Daze them into submission. Both players are down to the end of their energy bars. One more hit and they’re down, so they’re both being cagey. They’re hanging back at opposite ends of the screen, waiting for the other guy to make the first move. Leo takes the initiative. He sends off a fireball to force Theo into blocking, then jumps in with a flying kick to knock Blanka’s green head off. But as he’s moving through the air he hears a soft tapping. Theo’s tapping the punch button on his control pad. He’s charging up an electricity defense so when Ryu’s foot makes contact with Blanka’s head it’s going to be Ryu who gets KO’d with 10,000 volts charging through his system. This is the split second before Game Over. Leo’s heard the noise. He knows he’s fucked. He has time to blurt ‘I’m toast’ before Ryu is lit up and thrown backwards across the screen, flashing like a Christmas tree, a charred skeleton. Toast. The split second is the moment you comprehend you’re just about to die. Different people react to it in different ways. Some swear and rage. Some sigh or gasp. Some scream. I’ve heard a lot of screams over the twelve years I’ve been addicted to video games. I’m sure that this moment provides a rare insight into the way people react just before they really do die. The game taps into something pure and beyond affectations. As Leo hears the tapping he blurts, ‘I’m toast.’ He says it quickly, with resignation and understanding. If he were driving down the M1 and saw a car spinning into his path I think he’d in react the same way. Personally, I’m a rager. I fling my joypad across the floor, eyes clenched shut, head thrown back, a torrent of abuse pouring from my lips. A couple of years ago I had a game called Alien 3. It had a great feature. When you ran out of lives you’d get a photo-realistic picture of the Alien with saliva dripping from its jaws, and a digitized voice would bleat, ‘Game over, man!’ I really used to love that.
Alex Garland