Venuto Al Mondo Quotes

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Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene. Continuerà a mandarti dei segnali disperati, come la noia e l'assenza di entusiasmo, confidando nella tua ribellione.
Massimo Gramellini
Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dentro ad una nuvola di scetticismo ma non riuscirai mai a liberartene.
Massimo Gramellini (Fai bei sogni)
Vede, caro amico, la natura non è mai tanto benigna come quando ci regala un piccolo difetto. Se fossi venuto al mondo senza imperfezioni, probabilmente non avrei imparato niente.
Joseph Roth (Confession of a Murderer: Told in One Night)
Hai sempre avuto questa capacità d’infilarti sotto la pelle degli altri…
Margaret Mazzantini (Venuto al mondo)
E per la prima volta nella vita, credo, mi sono sentito ok. Hai presente? Quella piacevole sensazione che provi quando ti guardi allo specchio, e i capelli ti stanno a posto per la prima volta da quando sei venuto al mondo. Io penso che non dovremmo dare troppa importanza al peso, ai muscoli e ai capelli in ordine...quando capita, però, ti senti bene. Proprio bene.
Stephen Chbosky
Why do we insist of depriving ourselves of the best people in life? Why do we spend so much time with people who don't interest us, who don't do us any good - people who simply happen along to corrupt us with their lies and train us to keep our heads down?
Margaret Mazzantini (Venuto al mondo)
Why do we insist on depriving ourselves of the best people in life? Why do we spend so much time with people who don't interest us, who don't do us any good - people who simply happen along to corrupt us with their lies and train us to keep our heads down?
Margaret Mazzantini (Venuto al mondo)
La religione era una bugia che aveva riconosciuto presto nella vita, e trovava offensive tutte le religioni, considerava insensato e puerile il loro superstizioso bla-bla e non poteva soffrire l’assoluto infantilismo di tutto ciò: i discorsi da bambini e la rettitudine e le pecore, gli avidi credenti. Niente abracadabra su Dio e sulla morte, né obsolete fantasie sul paradiso, per lui. Esisteva solo il nostro corpo, venuto al mondo per vivere e morire alle condizioni decise dai corpi vissuti e morti prima di noi. Se si fosse potuto dire che aveva individuato una nicchia filosofica in cui collocarsi, eccola: l’aveva trovata presto e intuitivamente, e per quanto elementare, era tutta lí. Se avesse mai scritto un’autobiografia, l’avrebbe intitolata Vita e morte di un corpo maschile.
Philip Roth (Everyman)
Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa e per i bambini le cose non stanno diversamente che per i grandi. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare, e coloro che non hanno mai provato nulla di simile non le possono comprendere. Ci sono persone che mettono in gioco la loro esistenza per raggiungere la vetta di una montagna. A nessuno, neppure a se stessi, potrebbero realmente spiegare perché lo fanno. Altri si rovinano per conquistare il cuore di una persona che non ne vuole sapere di loro. E altri ancora vanno in rovina perché non sanno resistere ai piaceri della gola, o a quelli della bottiglia. Alcuni buttano tutti i loro beni nel gioco, oppure sacrificano ogni cosa per un'idea fissa, che mai potrà diventare realtà. Altri credono di poter essere felici soltanto in un luogo diverso da quello dove si trovano e così passano la vita girando il mondo. E altri ancora non trovano pace fino a quando non hanno ottenuto il potere. Insomma, ci sono tante e diverse passioni, quante e diverse sono le persone. Per Bastiano Baldassarre Bucci la passione erano i libri. Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo; chi non ha mai letto sotto le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile, perché altrimenti il papà o la mamma o qualche altra persona si sarebbero preoccupati di spegnere il lume per la buona ragione ch'era ora di dormire, dal momento che l'indomani mattina bisognava alzarsi presto; chi non ha mai versato, apertamente o in segreto, amare lacrime perché una storia meravigliosa era finita ed era venuto il momento di dire addio a tanti personaggi con i quali si erano vissute tante straordinarie avventure, a creature che si era imparato ad amare e ammirare, per le quali si era temuto e sperato e senza le quali d'improvviso la vita pareva così vuota e priva di interesse; chi non conosce questo per sua personale esperienza, costui molto probabilmente non potrà comprendere ciò che fece allora Bastiano. Fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo. Questo, ecco, proprio questo era ciò che lui aveva sognato tanto spesso e che sempre aveva desiderato da quando era caduto in preda alla sua passione: una storia che non dovesse mai aver fine. Il libro di tutti i libri.
Michael Ende (The Neverending Story)
Tu sei il diavolo,” disse allora Guglielmo. Jorge parve non capire. Se fosse stato veggente direi che avrebbe fissato il suo interlocutore con sguardo attonito. “Io?” disse. “Sì, ti hanno mentito. Il diavolo non è il principe della materia, il diavolo è l'arroganza dello spirito, la fede senza sorriso, la verità che non viene mai presa dal dubbio. Il diavolo è cupo perché sa dove va, e andando va sempre da dove è venuto. Tu sei il diavolo e come il diavolo vivi nelle tenebre. Se volevi convincermi, non ci sei riuscito. Io ti odio, Jorge, e se potessi ti condurrei giù, per il pianoro, nudo con penne di volatili infilate nel buco del culo, e la faccia dipinta come un giocoliere e un buffone, perché tutto il monastero ridesse di te, e non avesse più paura. Mi piacerebbe cospargerti di miele e poi avvoltolarti nelle piume, portarti al guinzaglio nelle fiere, per dire a tutti: costui vi annunciava la verità e vi diceva che la verità ha il sapore della morte, e voi non credevate alla sua parola, bensì alla sua tetraggine. E ora io vi dico che, nella infinita vertigine dei possibili, Dio vi consente anche di immaginarvi un mondo in cui il presunto interprete della verità altro non sia che un merlo goffo, che ripete parole apprese tanto tempo fa.
Umberto Eco (The Name of the Rose)
Mi sono risvegliata dall'etere con la sensazione di essere stata abbandonata e ho chiesto subito all'infermiera se era un maschio o una femmina. Lei ha detto che era una femmina, così ho voltato la testa e ho pianto. "Va bene,' mi sono detta, sono contenta che sia una femmina. E spero che sia scema - la cosa migliore per una femmina in questo mondo è essere una bella scemetta." • Fece un sorriso comprensivo, molto più che comprensivo. Era uno di quei rari sorrisi che racchiudono un tocco di rassicurazione eterna, e nel quale ci si imbatte quattro o cinque volte nella vita. Per un istante affrontava - o pareva affrontare - l'eternità intera per poi concentrarsi su di te con una irresistibile predilezione nei tuoi confronti. Ti comprendeva fino al punto in cui volevi essere compreso, credeva in te come tu vorresti credere in te stesso e ti assicurava che di te aveva esattamente l'impressione che, al tuo meglio, speravi di dare. • Trent'anni - la promessa di un decennio di solitudine, un elenco sempre più sottile di scapoli da conoscere, una valigetta sempre più sottile di entusiasmo, di capelli sempre più sottili. • E mentre me ne stavo lì a rimuginare su un mondo vecchio e sconosciuto, pensai alla meraviglia di Gatsby quando per la prima volta aveva scorto la luce verde in fondo al pontile di Daisy. Era venuto da lontano fino a questo prato blu, e il suo sogno deve essergli sembrato così vicino che non poteva credere di non riuscire ad afferrarlo. Non sapeva che ce l'aveva già alle spalle, da qualche parte nella vasta tenebra oltre la città, dove i campi scuri della repubblica ondeggiavano sotto la notte. Gatsby credeva nella luce verde, nel futuro orgastico che anno dopo anno si ritira davanti a noi. Allora ci è sfuggito, ma non importa; domani correremo più forte, allungheremo le braccia ancora di più... E un bel mattino... Così navighiamo di bolina, barche contro la corrente, riportati senza posa nel passato.
F. Scott Fitzgerald (The Great Gatsby)
- Adoro il caso. Mi piace pensare che, voilà, possa capitare qualcosa che non era previsto. Il caso è ovviamente una mia distrazione, ma in apparenza, perché io so cosa significano tutte le cose che avvengono per caso. Io conosco tutte le tegole che cadon giù inspiegabilmente dai tetti fin dalla preistoria; i numeri dei biglietti vincenti di qualsiasi lotteria, tutte le combinazioni di tutti i casinò del mondo. [...] Non ti è mai venuto il sospetto che l'errore imprevisto, inimmaginabile, sia proprio la prova della mia esistenza? Se le vicende degli uomini rispondessero sempre a una concatenazione mai disillusa di cause ed effetti, ciò dimostrerebbe che il mondo è regolato solo ed esclusivamente dalla meccanica della materia, dalla sua fisica, dalla sua chimica, ogni atto non potrebbe essere che la conseguenza di una precisa premessa: non spunterebbero, dietro la curva, camion contromano; non esisterebbero malattie inguaribili; non finirebbe, da un giorno all'altro, un grande amore. Un mondo perfetto dimostrerebbe l'inutilità di Dio, ne negherebbe l'esistenza. Un mondo di apparenti errori, di inaspettate eccezioni ci dà al contrario la certezza della sua esistenza. In una natura che si è generata da sé ogni casualità è fuor di discussione, solo Dio mette in conto il caso: «La casualità è soltanto il travestimento assunto da un Dio che vuol passeggiare in incognito per le strade del mondo». - Ma perché? - Il caso è variazione, fantasia, umiltà della ragione; il caso ridimensiona il rigore dei fatti, il senso della storia, la presunzione umana di aver afferrato per le ali l'aquila del mistero. E così, ogni volta si ricomincia da capo, ogni volta torna tutto in discussione. Perché? Perché la felicità per gli uomini è nel non arrivare mai: trovare un limite, che da lì non c'è più niente da scoprire, sarebbe per loro la fine; e se il mondo si fosse creato da solo, le sue leggi, incalcolabili ma non infinite, prima o poi verrebbero tutte svelate e calerebbe la notte della ragione e dell'anima.
Roberto Vecchioni (Scacco a Dio)
Presi in giro dalla doppia ipocrisia di calcio e politica Michele Brambilla | 723 parole Sinceramente: non ne possiamo più di sentire un ministro dell’Interno che dice «nessuna clemenza» per i delinquenti che rovinano una partita di calcio. Ci sentiamo presi in giro. Sono anni che, periodicamente, siamo qui a commentare incidenti aggressioni e ferimenti prima, durante e dopo le partite. Abbiamo visto di tutto: tifosi ammazzati con una coltellata, capi ultrà che intimano ai giocatori di non giocare un derby, motorini lanciati dal secondo anello. E i ministri dell’Interno e i capi di governo che dicono: adesso basta, nessuna clemenza. Poi, tutto resta come prima. Altrettanto sinceramente: non ne possiamo più neppure di sentire ministri dell’Interno che si complimentano con le forze dell’ordine per aver «subito identificato e fermato» i delinquenti che hanno tirato le bombe carta dentro lo stadio. Eh no, signor ministro, anche qui ci sta prendendo in giro. Qualsiasi buon padre di famiglia sia andato almeno una volta allo stadio, sa che ai tornelli viene fermato, controllato, perquisito: e se ha una bottiglietta di acqua minerale, gli viene ordinato di togliere il tappo. Poi però i cosiddetti ultras possono portare dentro di tutto, compreso il materiale per fabbricare le bombe carta. Ecco perché ci sentiamo presi in giro anche per i complimenti alle forze dell’ordine che individuano e fermano: bisogna pensarci prima, signor ministro. Le «forze dell’ordine», come le chiama lei, devono perquisire i cosiddetti ultrà come intrepidamente perquisiscono i nonni. È passato un anno dalla finale di Coppa Italia che aveva fatto indignare il presidente del Consiglio. Era presente allo stadio e aveva assistito con i propri bambini allo strazio della trattativa fra un soggetto chiamato Genny ’a carogna e la polizia. Aveva dunque promesso interventi durissimi e immediati. Siamo ancora qui, come venti o trenta anni fa. E a proposito di trent’anni fa: nel 1985 ci fu la tragedia dell’Heysel, una strage provocata dai cosiddetti holligans. La Gran Bretagna decise che bisognava fare sul serio, e sul serio fece. Da allora, in Inghilterra non è più successo nulla. In Italia, invece, solo il nuovo stadio della Juventus ha provato a replicare il modello inglese. Per il resto, tutto è ancora come ai tempi di quel derby romano del 1979, quando un tifoso venne accoppato da un razzo sparato dalla gradinata opposta. Questo è dunque un fronte: l’ipocrisia delle società di calcio e della politica, capaci solo di esprimere il consueto «sdegno». Un altro fronte riguarda la domanda, che prima o poi dovremo pur porci in profondità, sull’immensa quantità di rabbia, di rancore e di violenza che si è riversata sul mondo del calcio. Non solo su quello professionistico. Chiunque abbia figli che giocano nelle giovanili sa di che cosa sto parlando. Le partite dei ragazzi e dei bambini sono ormai diventate momenti in cui genitori e ahimè spesso anche gli allenatori e i dirigenti sfogano tutto l’irrisolto che si portano dentro. Ieri ho visto una partita di uno dei miei figli e a un certo punto è entrato un ragazzo di colore. Uno degli avversari gli ha detto: «Sei venuto in Italia a rompere i c...?». L’arbitro per fortuna ha sentito e l’ha espulso. Ma mentre l’espulso, uscendo dal campo, gridava al ragazzo di colore «ci vediamo fuori», il suo allenatore, invece di zittirlo, insultava l’arbitro per aver tirato fuori il cartellino rosso per così poco. Tutto questo mentre sugli spalti i genitori delle due squadre – che avevano appena deprecato gli incidenti del derby di Torino – se ne dicevano di tutti i colori. Ecco, credo che dovremo anche chiederci come mai il calcio sia diventato il ricettacolo di tanta violenza repressa. I tifosi che gridano «uccideteli» in serie A sono immersi nello stesso odio che fa litigare anche sui campi dove sgambettano i pulcini. Insomma i fronti sono due: la politica e le società
Anonymous
Ciò che aveva formato Felix dal giorno della sua nascita fino al trentesimo compleanno era ignoto al mondo, perché in ogni figlio maschio c'è il passo dell'ebreo errante. Dovunque lo incontri, in qualunque momento, senti che è venuto da un posto, non importa quale, da una regione che egli ha, più che abitato, divorato, una qualche terra segreta di cui si è nutrito ma che non può ereditare, perché l'ebreo sembra essere dovunque e non venire da nessun posto.
Djuna Barnes (Nightwood)
E mentre me ne stavo lì a rimuginare su un mondo vecchio sconosciuto, pensai alla meraviglia di Gatbsy quando per la prima volta aveva scorto la luce verde in fondo al di Daisy. Era venuto da lontano fino a questo prato blu, e il suo sogno deve essere sembrato così vicino che non poteva credere di non riuscire ad afferrarlo. Non sapeva che ce l'aveva già alle spalle, da qualche parte nella vasta tenebra ultima città […] Gatbsy credeva nella luce verde, nel futuro orgastico che anno dopo anno si ritira davanti a noi. […] così navighiamo di bolina, barche contro la corrente, riportati senza posa nel passato.
Francis Scott Fitzgerald
Non ho mai superato il trauma di essere venuto al mondo, non mi è mai piaciuta la stupidità dell'universo, e figuriamoci se potrò mai accettare il dolore per la morte di mia madre. Carl William
Carl William Brown (Aforismi. Volume quarto.: Aforismi, massime, pensierini, riflessioni, battute, idee, motti di spirito, invettive, sentenze e paradossi. (Italian Edition))
Sono entrato nella vita sapendo che la legge è di uscirne. Come aveva detto Saint-Savin, si impersona la propria parte, chi più a lungo, chi più in fretta, e si esce di scena. Me ne sono visti molti passar davanti, altri mi vedranno passare, e daranno lo stesso spettacolo ai loro successori. D'altra parte, per quanto tempo non sono stato, e per quanto non sarò più! Occupo uno spazio ben piccolo nell'abisso degli anni. Questo piccolo intervallo non riesce a distinguermi dal niente in cui dovrò andare. Non sono venuto al mondo che per far numero. La mia parte è stata così piccola che, anche se fossi rimasto dietro alle quinte, tutti avrebbero detto lo stesso che la commedia era perfetta. E' come in una tempesta: gli uni annegano subito, altri si spezzano contro uno scoglio, altri rimangono su un legno abbandonato, ma non per molto anch'essi. La vita si spegne da sola, come una candela che ha consumato la sua materia. E ci si dovrebbe essere abituati, perché come una candela abbiamo cominciato a disperdere atomi sin dal primo momento che ci siamo accesi. Non è una gran sapienza sapere queste cose, d'accordo. Dovremmo saperle dal momento che siamo nati. Ma di solito riflettiamo sempre e soltanto sulla morte degli altri. EH sì, tutti abbiamo abbastanza forza per sopportare i mali altrui. Poi viene il momento che si pensa alla morte quando il male è nostro, e allora ci si accorge che né il sole né la morte si possono guardare fissi. A meno che non si abbiano avuti dei buoni maestri.
Umberto Eco (The Island of the Day Before)
Ma Molly lo spinse da parte e andò verso l'unicorno, sgridandola come se fosse una mucca da latte smarrita. – Dove sei stata? –. Davanti al suo candore e al corno rilucente, Molly rimpicciolì come un trillante insetto, ma stavolta furono gli antichi occhi neri dell'unicorno che guardarono in basso. – Ora sono qui – disse alla fine. Molly rise con le sue labbra sottili. – E che me ne faccio del fatto che tu sei qui ora? Dov'eri venti anni fa? Dieci anni fa? Come osi tu, come osi tu venire da me ora, ora che sono così? –. Riassunse tutto ciò che era con un movimento della mano: viso arido, occhi deserti e un cuore ingiallito. – Vorrei che non fossi mai arrivata, perché sei qui ora? –. Le lacrime iniziarono a scorrere giù lungo i lati del suo naso. L'unicorno non rispose nulla e Schmendrick disse: – Lei è l'ultima. L'ultimo unicorno al mondo. – Potrebbe esserlo –. Molly tirò su col naso. – Sarebbe l'ultimo unicorno al mondo che è venuto da Molly Grue –. Dopo di che si protese in avanti per poggiare la mano sulla guancia dell'unicorno, ma entrambe trasalirono un po' e il tocco venne a fermarsi sul punto teso e vibrante sotto la mascella. Molly disse: – È tutto a posto. Ti perdono.
Peter S. Beagle (The Last Unicorn)
«Ho visto di peggio, in fondo,» commentò lui. Era la cosa sbagliata da dire, però, lo sapeva anche prima di vederlo sussultare come per una frustata. «Voglio dire. Sei stato stronzo, ma non mi hai, tipo… picchiato…»A ogni parola gli sembrava di scavarsi una fossa più profonda: gli occhi di Carlos, fissi su di lui, diventavano voragini in cui precipitava.«Qualcuno l’ha fatto?» domandò, a voce bassa.Sembrava pensare che un suono più forte avrebbe potuto incrinare il mondo, trasformarsi in terremoto. Viv rise apposta, con forza, e scosse la testa per cancellare l’immobilità. «Non pensavo ti saresti preoccupato.» Poi, vedendo che il suo sguardo non cambiava, aggiunse: «Non so perché l’ho detto. Era una cazzata.»Posando il piatto da una parte, Carlos gettò le gambe oltre la sponda del letto come per alzarsi. «So che dopo il modo in cui ti ho trattato non ho il diritto di scagliare la prima pietra, ma lo sai, vero, che nessuno dovrebbe permettersi di…»Viv lo interruppe, sferzante. «Herrera, per essere uno che ha reagito a un pompino come se l’avessi violentato stai tirando fuori atteggiamenti un po’ troppo simili a un fidanzato, te lo dico…»«Non sto facendo il fidanzato,» sbottò Carlos. Lo guardò negli occhi, subito dopo: uno sguardo intenso, vivido. Sincero. Viv si accorse di avere un sorriso finto stampato sul volto e lasciò che si spegnesse. L’altro si passò una mano sulla faccia, stancamente. «Il fatto che l’altra sera sia stato uno sbaglio non significa che non mi importi di te. O che non vorrei esserti amico.»«Amico?» ripeté lui, confuso.Carlos si strinse nelle spalle. «Pensavo che lo fossimo. Almeno un po’.» Un mezzo sorriso, incerto. «Non spiattello al primo venuto le umiliazioni che mi infligge il mio capo, questo te l’assicuro.»
Micol Mian (In luce fredda (Rosa dei venti Vol. 1))
Ma è certo, questo ve lo devo confessare, che non potrò mai pensare a nessun altro al mondo se non a lui! Presunzione! direte voi; e questo è. Ma l'amore, immagino, non è una cosa volontaria -l'amore, ho detto! Ma andiamo, io non spero: perlomeno non è, spero, andato così lontano da mettermi molto a disagio: poiché io non so come è venuto, né quando è iniziato, ma mi si è insinuato addosso strisciando, strisciando, come un ladro, e prima che sapessi di che si trattava, aveva l'aspetto dell'amore.
Samuel Richardson (Pamela)
«Nonostante come abbiamo cominciato,» esordì in un sospiro, «voglio che tu sappia che in questi ultimi mesi, da quando sei venuto a incontrarmi alla Hayes Oil, il mio cuore non è stato più mio. Ci siamo scontrati e io ho resistito, ci siamo amati e ho continuato a resistere, eppure non mi hai permesso di allontanarmi da te. Mi hai aperto il tuo cuore, la tua esistenza, e mi hai donato la tua famiglia. Così, finalmente, mi sono arreso.» Deglutì, le luci del tramonto riflesse negli occhi di Jack particolarmente brillanti. «Prometto che non dovrai mai pentirti di avermi fatto questo dono. Te lo giuro, Jack.» Prese le mani del marito e le strinse forte. «Il giorno del nostro matrimonio, ti ho promesso un sacco di cose e ho pronunciato delle parole che per me non avevano alcun significato, al tempo. Ma oggi, nel primo giorno del resto delle nostre vite, qui, davanti alla nostra famiglia, voglio assicurarmi che tu sappia quanto ti amo. Io, Riley Nathaniel Campbell-Hayes, amo te, Jackson Robert Campbell-Hayes. Prometto di amarti ogni giorno più del precedente.» Riley si lasciò trasportare dalle sue stesse parole. Intendeva ogni singola sillaba, totalmente concentrato sulla pressione delle dita di Jack sulle sue, sul sorriso che gli attraversava il volto e su ogni singola lentiggine che gli picchiettava la pelle. Con un profondo sospiro, seguito da un'impercettibile esitazione, proseguì: «Una volta ho letto qualcosa da qualche parte, e i tuoi occhi, i tuoi bellissimi occhi azzurri e cangianti me l'hanno ricordata. L'ha scritta qualcuno, e spero di recitarla come si deve: 'Il mondo, per me, e tutto ciò che contiene risiede nel circolo delle tue braccia; per me lì giace, tra le luci e le ombre dei tuoi occhi, l'unica bellezza destinata a non invecchiare mai'. Ti donerò la mia fede, il mio rispetto, riderò e piangerò con te, ti sarò devoto nella buona e nella cattiva sorte, non importa quanto insormontabili appariranno gli ostacoli della vita. Li affronteremo insieme. Jack, ti amo, e ti offro la mia mano, il mio cuore e il mio amore. Per sempre.»
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))