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Sono una persona che negli anni, ossessionata dal lavoro, si è chiusa sempre di piú. Spesso io stavo fermo e il mondo si muoveva, spesso io stavo a casa e il mondo era per strada; comunque, sia la frustrazione sia la soddisfazione erano in relazione con la società che in qualche modo chiamava, chiedeva, seduceva; amici, persone vicine, chiunque. Ho lavorato a questo libro soprattutto durante il lungo periodo della pandemia; ma questa clausura è stata diversa, perché è stata di tutti; e infatti, in qualche modo, si è trattato di un tempo fermo per tutti, per gli amanti delle feste e per chi alle feste non ci andava, per i sociopatici, o anche per quelli che non potevano partecipare a qualcosa. In pratica è stata la fine del sentirsi diversi perché non c’erano piú frustrazioni sociali: chi stava a casa non pensava che fuori il mondo si muoveva ma era rassicurato dal fatto che anche il mondo se ne stava fermo a casa. Questa cosa, credo, ha reso gli introversi delle persone piú forti. Ho letto un articolo su Bloomberg che diceva che chi aveva maggiori difficoltà sociali stava resistendo meglio alla quarantena perché in qualche modo traeva delle forze da sé stesso che gli altri non avevano. Gli altri si sono trovati in una prigione; chi in prigione già c’era, sapeva come resistere.
Uno scrittore, secondo me, assomiglia molto agli introversi, e un po’ perfino ai sociopatici. In pratica il suo sistema di vita è organizzato intorno a un luogo chiuso, davanti a un computer, e si basa sul tentativo di avere a disposizione una giornata vuota. E quindi uno scrittore, se riesce a trovare l’umore giusto per scacciare i fantasmi della paura, dell’angoscia, se riesce a non sentirsi bloccato, usa e ha potuto usare come me il tempo per la quarantena come un tempo perfetto per andare avanti; e andare avanti voleva dire anche andare avanti in un mondo che in fondo non andava avanti, ed era anche esaltante per certi aspetti. È un po’ come quando si lavora di domenica, o quando si lavora ad agosto: tutti sono fermi e tu recuperi terreno sulla vita e sul mondo. Questa sensazione qui per qualche mese è stata forte.
Ma questo libro in particolare, al contrario di tutti quelli che ho scritto finora, mi ha aiutato a tenermi lontano, fuori dal presente. Ero nel 1954, nel 1962, nel 1963, in un mondo distante da quello che stavo vivendo, chiuso in casa e in isolamento. Questo libro mi ha permesso di vivere gran parte della giornata con la testa lontana da quello che succedeva intorno.
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