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E, sopra a tutto, c'è l'idea della morte come estinzione, la morte come apocalisse, come fine del mondo. La grandezza tragica della situazione è questa: se io muoio, tutto si sfascia. Il regime fascista è, oggi, il modo d'essere dell'Italia, è l'Italia stessa, ma non resisterebbe un'ora alla morte del suo fondatore. Il fascismo rivolgerebbe i propri denti contro se stesso, i fascisti si sbranerebbero a vicenda in un batter d'occhio. Davanti a noi c'è questo grande mistero: nessuna idea forte potrà mai opporsi al cannibalismo. Soltanto io, l'uomo che dà forza allo Stato, al fascismo, soltanto io posso trattenere la fine; e, allora, lo Stato sono io, il fascismo sono io. Io, l'autodidatta, io, il figlio della serva, io, il tirocinante tardivo, io, il figlio del popolo che, passata la quarantina, si affanna ad apprendere gli sport, privilegio borghese, io che, con volontà e perseveranza, divento uno schermidore temuto e un cavallerizzo provetto con le lezioni di Camillo Ridolfi, io che imparo a pilotare un aereo, a correre in moto, a tenermi sugli sci, a nuotare con stile, io che imparo perfino il gioco del tennis. Io, caparbietà laboriosa, disciplina, buona volontà, cene frugali, io mi occupo di tutto, controllo tutto, dall'edilizia scolastica alle perdite degli acquedotti, io leggo centinaia di rapporti su ogni aspetto, annoto a mano, sui margini bianchi, per ore, pagine e pagine ogni santo giorno, io sono il mulo nazionale, io, il bue nazionale. E allora io non posso morire.
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Antonio Scurati (M. L'uomo della provvidenza)