Suo Moto Quotes

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Bor era bello da fare male. Il cuore della ragazza saltò un battito quando il suo profumo le raggiunse le narici e inondò la sua mente come una droga. Un accenno di barba disegnava il contorno appuntito del mento e le labbra si schiusero in un ghigno ferino da animale pronto alla caccia. «Ti voglio attenta e pronta. Ti insegnerò a difenderti. Non sono qui per giocare o rivangare il passato. E ora muoviti, non ho tempo da perdere, anzi, non abbiamo tempo da perdere.» Voltandosi e scendendo le scale tre gradini alla volta aggiunse: «Ti aspetto in strada, sono quello figo sulla moto». Le guance di Asia divennero paonazze, mentre stringeva i pugni con intensità fino a sentire il sudore delle mani appiccicarle la pelle. Con un'espressione degna di un drago sputa fuoco, Asia rimase a guardare Bor che usciva di casa. Vomitò un urlo a dir poco agghiacciante che miscelava rabbia e frustrazione.
Eilan Moon (R.I.P. Requiescat In Pace (The R.I.P. Trilogy, #1))
«Mettiti il casco. È tardi!» le ordinò senza guardarla in viso mentre le porgeva il copricapo. Asia non disse una parola. Il sole era già scomparso ed era consapevole che con l’oscurità il Male avrebbe potuto fare capolino da un momento all’altro. Il cimitero del Wawel distava pochi minuti dal suo appartamento, ma lei conosceva bene il Venator e sapeva perché si spostava comunque in moto. Le sacche laterali della sua cavalcatura erano piene zeppe di armi, una vera e propria santa barbara sempre pronta all’uso. Mentre si issava con accuratezza dietro di lui cercò di trattenere il respiro. L’idea di sfiorare di nuovo, dopo quasi due anni, il suo corpo la faceva sentire come una bambina il primo giorno di scuola: tensione a mille, ansia, batticuore e la sensazione che di lì a poco sarebbe morta di infarto. Ma quel momento magico fu bruscamente distrutto, e le acide parole inzuppate nel veleno che uscirono dalle labbra di Bor la scaraventarono con una forza dolorosa nella realtà di quel pomeriggio. «Aggrappati alle manigliette laterali, non a me. E reggiti forte, non mi va di dovermi fermare a raccogliere i tuoi pezzetti.» Asia si sentì morire ma mai, per nessuna ragione al mondo, gli avrebbe dato soddisfazione. «Certo, non temere, non ti accorgerai nemmeno di me», disse a denti stretti mentre la bocca le si seccava per la delusione di essere stata respinta così in malo modo.
Eilan Moon
Bor era appostato davanti all’entrata di casa, indossava il suo cappotto e un cappellino di lana. Le braccia erano incrociate sul petto e tutto di lui sembrava essere impaziente. «L’appuntamento con la tua amica è alle dieci, muoviti dai!» esordì. Asia non rispose e rimase a fissarlo per un tempo indefinito. Era sbigottita. «E tu che ne sai?», chiese non appena si riprese dallo stupore. «Tua madre stamattina presto è rientrata. Ti ha lasciato qualcosa da mangiare in cucina.» Cambiò discorso. Non guardava la ragazza mentre parlava, teneva lo sguardo fisso sulle braccia di Asia accartocciate in modo irrequieto. «Non ho fame. È tua abitudine origliare le conversazioni altrui?» insistette lei con caparbietà. Solo allora il Venator alzò gli occhi e catturò con il suo sguardo intenso la mente di lei. «Non origlio, sono entrato in camera tua mentre lo dicevi. Semplice. Se non devi mangiare allora copriti e andiamo.» «Per quale assurda ragione dovresti venire con me?» «Anche io voglio vedere come sta Nowak.» Asia non osò ribattere. Afferrò con un moto di stizza il suo piumino e uscì seguendo il Venator. La nebbia copriva il fiume Vistola e rendeva tutto ovattato e silenzioso, nonostante non fosse più mattino presto. Bor le porse il casco e si sedette sulla sua cavalcatura. «L’ospedale dista dieci minuti a piedi, non vengo con te in moto. Voglio fare una passeggiata» rifiutò la proposta. «Come vuoi» rispose secco lui intanto che scendeva e iniziava a camminarle davanti. Asia rimase ferma per un istante e poi con una rapida corsa lo raggiunse posizionandosi al suo fianco. «Guarda che la mia passeggiata doveva essere solitaria», affermò. «Saprò essere invisibile e silenzioso.» Cosa diavolo vuole questo cavernicolo da me? si domandò lei, mentre manteneva il passo svelto di Bor. (brano tratto da R.I.P. Requiescat In Pace di Eilan Moon)
Eilan Moon (R.I.P. Requiescat In Pace (The R.I.P. Trilogy, #1))
Nell'esperienza assurda, la sofferenza è individuale. A prinicipiare dal moto di rivolta, essa ha coscienza di essere collettiva, è avventura di tutti. Il primo progresso di uno spirito intimamente straniato sta dunque nel riconoscere che questo suo sentirsi straniero, lo condivide con tutti gli uomini, e che la realtà umana, nella sua totalità, soffre di questa distanza rispetto a se stessa e al mondo. Il male che un uomo solo provava diviene peste collettiva. In quella che è la nostra prova quotidiana, la rivolta svolge la stessa funzione del “cogito” nell'ordine del pensiero: è la prima evidenza. Ma questa evidenza trae l'individuo dalla sua solitudine. È un luogo comune che fonda su tutti gli uomini il proprio valore. Mi rivolto, dunque siamo.
Albert Camus (The Rebel)
Non mi piace fare troppe domande, ti fanno pensare al giorno del giudizio universale. Porre una domanda è come mettere in moto una pietra: te ne stai tranquillo e beato sulla sommità di un colle e la pietra comincia a rotolare trascinando con sé altri detriti, e tutto ad un tratto un buon vecchietto, l'ultima persona al mondo cui avresti pensato, si busca un colpo sulla zucca mentre vanga il suo orticello e così la sua famiglia è costretta a cambiar nome [...]
Robert Louis Stevenson (Lo strano caso del dottore Jekyll e del signor Hyde - Il trafugatore di salme - Un capitolo sui sogni)
A scuola la signora Forbes mi disse che quando mia madre era morta era volata in cielo. Mi aveva raccontato questa cosa perché la signora Forbes è molto vecchia e crede nell’aldilà. Porta sempre i pantaloni della tuta perché sostiene che sono molto più comodi dei pantaloni normali. E ha una gamba leggermente più corta dell’altra a causa di un incidente in moto. Quando mia madre è morta, però, non è andata in cielo perché il cielo non esiste. Il marito della signora Peters è un prete che tutti chiamano il Reverendo Peters, e ogni tanto viene a trovarci a scuola per parlare un po’ con noi; un giorni gli chiesi dove fosse il cielo. - Non è nella nostra galassia. È un luogo a sè, - rispose. Qualche volta il Reverendo Peters emette uno strano verso mentre pensa, una specie di ticchettio con la lingua. E fuma e si sente l’odore delle sigarette mentre tespira e a me dà fastidio. Dissi che non c’era niente fuori dall’universo e che non poteva esistere un luogo a sè. A meno che non si attraversi un buco nero, ma un buco nero è ciò che si definisce una Singolarità, che significa che è impossibile scoprire cosa c’è dall’altra parte perché la forza di gravità di un buco nero è talmente potente che persino le onde elettromagnetiche come la luce non riescono a sfuggirle, e le onde elettromagnetiche sono il mezzo attraverso il quale riceviamo le informazioni su tutto ciò che è lontano da noi. Se il cielo si trovasse dall’altro lato di un buco nero i morti dovrebbero essere scaraventati nello spazio su dei razzi per arrivare fin lassù e così non è, altrimenti la gente se ne accorgerebbe. Penso che le persone credano nell’aldilà perché detestano l’idea di morire, perché vogliono continuare a vivere e odiano pensare che altri loro simili possano trasferirsi in casa loro e buttare tutte le loro cose nel bidone della spazzatura. Il Reverendo Peters spiegò: - Be’, quando dico che il cielo è fuori dall’universo è solo un modo di dire. Immagino che ciò che significa veramente è che i defunti sono con Dio. - Ma Dio dov’è? Allora il Reverendo Peters tagliò corto dicendo che avremmo fatto meglio a discuterne in un altro momento, quando avessimo avuto più tempo a disposizione. Ciò che di fatto avviene quando una persona muore è che il cervello smette di funzionare e il corpo si decompone, come quando morí Coniglio e noi lo seppellimmo in fondo al giardino. E tutte le sue molecole si frantumarono in altre molecole e si sparsero nella terra e vennero mangiate dai vermi e defluirono nelle piante, e se tra 10 anni andremo a scavare nello stesso punto non troveremo altro che il suo scheletro. E tra 1000 anni anche il suo scheletro sarà scomparso. Ma va bene ugualmente perché adesso lui è parte dei fiori e del melo e del cespuglio di biancospino. Quando una persona muore qualche volta viene messa in una bara, che significa che il suo corpo non si unirà alla terra per moltissimo tempo, finché anche il legno della bara non marcirà. Mia madre però fu cremata. Questo vuol dire che è stata messa in una bara e bruciata e polverizzata per poi trasformarsi in cenere e fumo. Non so cosa capiti alla cenere e non potei fare domande al cimitero perché non andai al funerale. Però so che il fumo esce da lcamino e si disperde nell’aria e allora qualche volta guardo il cielo e penso che ci siano delle molecole di mia madre lassù, o nelle nuvole sopra l’Africa o l’Antartico, oppure che scendano sotto forma di pioggia nelle foreste pluviali del Brasile, o si trasformino in neve da qualche parte, nel mondo.
Mark Haddon (The Curious Incident of the Dog in the Night-Time)
Tu sei venuto per conoscere tutto! Tu sei venuto per amare tutto! Per strappare al gran buco del non-essere, le cose e chiamarle al viaggio, alla luce. Per questo sei qui. Per conoscere tutto: case, strade, corridoi, galere, orologi, vette, animali, batteri, metalli, pietre, amori, ogni moto di un cuore, anche il suo massimo strazio, e poi cattedrali, ponti, numeri, colori, atomi, particelle, velocità, formule. Per questo sei qui. Per amare tutto.
Mariangela Gualtieri (Caino: il buio era me stesso)
1 I buchi in questa storia non sono lampade, non sono ruote. Ho camminato e camminato, mi sono fatto crescere la barba per poterla trascinare nella terra, in una foresta che non c'era. Voglio darti di più ma non tutto. Non hai bisogno di tutto. 2 Questo è ciò che hanno trovato sulla scrivania del morto quando il padrone di casa li ha fatti entrare: ventotto pagine, esoteriche e impossibili da seguire, scritte con una calligrafia perfetta e un totale disprezzo per qualsiasi lettore, in quanto il pubblico a cui era destinato era un popolo non del tutto umano . Sceneggiatura angelica , dice il detective, sollevando le pagine, sentendone il peso e si chiede cosa intende perché non lo è. Il suo partner annuisce ma lo ignora. Una panchina del parco, rose bianche, cappotti scuri e rose bianche, neve e ripetizioni di neve - è difficile da leggere ma più o meno come l'hanno trovato: morto su una panchina con un cappotto nero, la neve che cadeva. Ramoscelli e merli, neve e cavalli rossi, i fantasmi che volano in alto, la neve che cade - il detective sta piangendo - e il cappotto nero. 3 Qualcuno deve partire prima. Questa è una storia molto antica. Non esiste altra versione di questa storia. 4 Si sta facendo tardi, piccola luna. Finisci la canzone. Non è così tardi. Sei la mia luna, piccola luna, ed è abbastanza tardi. Quindi scendi dall'albero . È sicuro? Abbastanza sicuro. Sei morto anche tu? La notte è fredda, è argento, è una moneta. Non tutti sono morti, piccola luna. Ma la grande luna ha bisogno dell'albero. C'è un fantasma alla fine della canzone. Si C'è. E vedi la sua mano e poi vedi la luna. Sono il fantasma alla fine della canzone? Siamo molto vicini ora, piccola luna. Grazie per aver brillato su di me. 5 Stava indicando la luna ma io stavo guardando la sua mano.Era morto comunque, un fantasma. Sono sorpreso di aver visto la sua mano. Tutto questo è stato preparato per me. Tutto questo è stato messo in moto molto tempo fa. Vivo nel futuro di qualcun altro. Sono rimasto il più a lungo possibile , ha detto. Ora guarda la luna . The Worm King’s Lullaby Traduzione
Richard Siken
Ma il segreto della scintilla scoccata tra lui e quella Harley, stava altrove, annidato tra immagini di vecchi film, fotografie in bianco e nero, officine scure in fondo alle quali moto senza padrone cercavano disperatamente di resistere agli assalti del tempo e della ruggine. Giubbotti di cuoio rovinati dall’uso, jeans sbiaditi e stivali impolverati, stazioni di servizio intraviste dai finestrini in mezzo alla pianura, lunghe file di motociclisti che sfilano nel buio in mezzo a paesi addormentati. Tra l’eco di vecchie storie dove qualcuno ha bisogno di fuggire o di rincorrere qualcosa – forse la sua anima o il suo destino – e lo fa salendo su una moto e perdendosi disperatamente nella notte.
Roberto Parodi (Il cuore a due cilindri)
Vidi i suoi occhi smeraldini spalancarsi per la paura della profondità dei miei pensieri. Non voleva perdersi in essi, eppure non esitò un secondo. Lasciai, per la prima volta nella mia esistenza, che qualcuno penetrasse nella mia anima. Quel contatto fu così intimo e potente da lasciarci entrambi senza fiato. In quell’istante l’universo arrestò il suo moto perpetuo e potei così coglierne tutte le intrinseche e contorte asimmetrie. La natura intorno a noi sembrò trattenere il respiro, in attesa del successivo battito dei nostri cuori unisoni.
Isabella Vinci (Cronache della Stirpe Nascosta)
Dante conosceva davvero il segreto profondo della giustizia divina, i termini ultimi del patto tra Dio e Mosè, tra Cristo e gli uomini? Qualcosa che lo avrebbe indotto, a un certo punto della sua vita, a scrivere il poema degli stati dell’anima, di quell’aldilà che lui descrive, in cui ciascun essere umano è fissato in un atto definitivo, che ripete eternamente il gesto terreno che lo ha salvato o dannato per sempre? Come in quei personaggi che sembrano monumenti: Vanni Fucci che fa le fiche a Dio prima di trasformarsi in un rettile, esprimendo con quel gesto tutta la sua vita piena di risentimento; Farinata e il padre di Guido Cavalcanti con il loro ateismo, che li induce a ritenere che la vita sia tutto; il conte Ugolino, colto nel moto di stizza con cui azzanna il teschio dell’arcivescovo Ruggieri; Paolo e Francesca, che peccano e piangono, si amano e sanno che è una colpa di cui però non possono fare a meno... Statue scolpite nell’attimo decisivo, nella mossa che ne esemplifica la condizione e la pena. Sembra quasi che un gesto, uno solo, un istante della nostra vita si dilati fino all’eternità, e in questo suo divenire eterno riveli definitivamente chi siamo. Cosa vedono i poeti, che noi non vediamo?
Francesco Fioretti (Il libro segreto di Dante)
Il fotografo è un uomo ombroso, diffidente, irritabile, e forse ha trovato in Lee il suo raggio di luce, la scintilla vitale indispensabile per mettere in moto il processo creativo e l'intera esistenza.
Serena Dandini (La vasca del Führer)
In casa mia c’è un regime di non belligeranza e indifferenza reciproca, io sono diventata la figlia a carico che non produce, non moltiplica, non incassa, non cucina e non ha tesori o dispense, la figlia mai cacciata e mai tornata, la statua di sale che a tutti tocca vedere all’ora di cena, eppure vorrei interrogare mia madre, chiederle cosa dovrei fare, perché lei sempre ha trovato soluzioni sul da farsi, sul mettersi in moto e risolvere, mentre io ho solo preso armi e carrarmati e ho attaccato le altrui barricate, il suo agire è progetto, il mio agire è guerra, nel primo caso l’obiettivo è noto, nel secondo ciò che si sa è solo che conviene distruggere prima che siano gli altri a pensarci.
Giulia Caminito (L'acqua del lago non è mai dolce)