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Ma i rami, dopo un migliaio di anni, incurvandosi con ramoscelli incrostati di una dozzina di piani sopra di lei, sono ancora pieni zeppi di pigne. Si rivolge al cedro, usando parole dei primi esseri umani della foresta. “Creatore di lunga vita. Sono qua. Quaggiù.” Sulle prime, si sente sciocca. Ma ogni parola è un po’ più facile della successive.
“Grazie per i cesti e le cassette. Grazie per le mantelle e i cappelli e le gonne. Grazie per le culle. I letti. I pannolini. Canoe. Pagaie, arpioni, e reti. Aste, ceppi, pali. Le assicelle e le scandole a prova di marciume. La legna che si accenderà sempre.”
Ogni nuovo articolo è liberazione e sollievo. Non trovando alcuna buona ragione per andarsene, lascia che la gratitudine abbia libero sfogo. “Grazie per gli attrezzi. Le cassapanche. I rivestimenti delle navi. Gli armadi a muro. Il rivestimento a pannelli. Dimentico... Grazie,” dice, seguendo l’antica formula. “Per tutti quei doni che ci hai dato.” E non sapendo ancora come fermarsi, aggiunge, “Ci dispiace. Non sapevamo quanto fosse dura per te ricrescere”.
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