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Frustrato, Doug tentò un’altra strada. “Ascolta, supponiamo che la maggioranza voti per la Brexit e noi...”
“Scusami se ti interrompo,” disse Nigel. “Supponiamo che la maggioranza voti per cosa?”
“Brexit.”
Nigel lo guardò sbalordito. “Come mai salti fuori con questa parola?”
“Non è così che la chiamano tutti?”
“Credevo che si dicesse Brixit.”
“Cosa? Brixit?”
“Noi diciamo così.”
“Noi... chi?”
“Dave e tutto il gruppo.”
“Tutti dicono Brexit. Da dove viene Brixit?”
“Non lo so. Pensavo che si dicesse così.” Di nuovo prese un appunto sul taccuino. “Brexit? Sei sicuro?”
“Sicurissimo. È una parola composta. British exit.”
“British exit... Allora dovrebbe essere Brixit?”
“Be’, i greci l’hanno chiamata Grexit.”
“I greci? Non sono usciti dall’Unione europea.”
“No, ma hanno valutato la possibilità di farlo.”
“Noi non siamo i greci. Dovremmo avere una parola che sia unicamente nostra?”
“Ce l’abbiamo. Brexit.”
“Ma noi continuiamo a dire Brixit.” Scuotendo la testa, Nigel continuò a scrivere. “Sarà una notizia bomba nel prossimo consiglio dei ministri. Spero che non tocchi a me comunicarlo.”
“A che ti serve avere una definizione se sei sicuro che la cosa non succederà?” gli domandò Doug.
Nigel sorrise felice. “Naturale... hai ragione da vendere. Non succederà e quindi non ci serve definirla.”
“Ecco, vedi.”
“Dopotutto, tra un anno, nessuno si ricorderà più di questa stupida faccenda.”
“Esattamente.”
“Nessuno si ricorderà che qualcuno voleva la Brixit.”
“Proprio così. Però, sai, alcuni di loro...” Si chiese come dovesse metterla. “Sono personaggi da prendere sul serio, no? Boris Johnson, per esempio. Un vero peso massimo.”
“Non infierire sul suo aspetto fisico,” disse Nigel. “Anche se Dave è molto arrabbiato con lui.”
“Non si aspettava che si pronunciasse a favore dell’uscita?”
“No, non se l’aspettava.”
“Gira voce che la sera prima che il ‘Telegraph’ andasse in stampa, Boris avesse preparato due articoli – uno in cui sosteneva l’uscita e l’altro in cui si dichiarava favorevole a restare nell’Unione europea.”
“Non ci credo per niente,” disse Nigel. “Boris avrebbe preparato tre articoli: uno per uscire, l’altro per restare e il terzo perché non riusciva a decidere. Gli piace essere sempre pronto.”“E poi c’è Michael Gove. Un altro attaccante che si è pronunciato a favore dell’uscita.”
“Lo so. Dave è arrabbiatissimo con Michael. Per fortuna rimangono molti conservatori leali e di buon senso che apprezzano i benefici di restare membri della UE. Credo che tu vada a letto con una di loro. Ma prova a immaginare cosa pensa Dave di Michael e di alcuni altri. Insomma, è andato a Bruxelles, è tornato con un accordo assai vantaggioso, e questi non sono ancora contenti.”
“Semplice: a molti non va giù la UE,” disse Doug. “Pensano che non sia democratica.”
“Sì, ma uscirne sarebbe un male per l’economia.”
“Pensano che la Germania comandi a bacchetta su tutti.”
“Sì, ma uscirne sarebbe un male per l’economia.”
“Pensano che dalla Polonia e dalla Romania siano arrivati troppi immigrati che spingono i salari al ribasso.”
“Sì, ma uscirne sarebbe un male per l’economia.”
“D’accordo,” disse Doug. “Credo di avere appena capito quali saranno i tre punti strategici della campagna di Dave.” Adesso era il suo turno di prendere appunti. “E come la mettiamo con Jeremy Corbyn?”
Nigel inspirò con un lungo sibilo e sobbalzò visibilmente. “Jeremy Corbyn?”
“Se il quadro è questo, lui dove si colloca?”
“Preferisco non parlarne.”
“Perché no?”
“Perché no? Perché è un marxista. Marxista, leninista, trotzkista, comunista. Maoista, bolscevico, anarchico, di sinistra. Un socialista fondamentalista, anticapitalista, antimonarchico, pro-terrorismo.”
“Ma è anche uno che vuole rimanere nella UE.”
“Davvero?”
“Così dice.”
“Allora, naturalmente, saremo felici di averlo a bordo. Ma non credo che Dave sarebbe pronto a condividere alcunché sul piano politico.”
“Non sarà necessario. È Jeremy il primo a respingere un accordo di questo tipo.”
“Bene.
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