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Ma avevo colto l’avvertimento e, come una giuria che ha ascoltato una deposizione inammissibile prima che sia cancellata dal verbale, all’improvviso mi resi conto che eravamo in un tempo preso in prestito, che il tempo è sempre in prestito e che la banca che ce l’ha concesso viene a riscuotere la rata proprio quando siamo meno preparati a pagare e, anzi, ce ne servirebbe dell’altro. All’improvviso cominciai a scattargli mentalmente una serie di fotografie, raccolsi le briciole di pane che cadevano dal nostro tavolo e le misi da parte per il mio nascondiglio e, con mia vergogna, compilai elenchi: lo scoglio, la collina, il letto, il rumore del posacenere. Lo scoglio, la collina, il letto… Quanto avrei voluto essere come quei soldati nei film che finiscono i proiettili e buttano via la pistola come se non sapessero più cosa farsene, o come chi attraversa il deserto e, invece di razionare l’acqua, cede alla sete e si scola tutta la borraccia, abbandonandola vuota dietro di sé. Io, invece, accumulavo piccoli tesori che, nei giorni di magra che mi attendevano dopo i fasti del passato, avrebbero potuto ricreare quel calore. Con riluttanza, cominciai a rubacchiare dal presente per poter saldare debiti che sapevo avrei contratto in futuro. Anche questo era un crimine, ne ero ben consapevole, come chiudere le imposte nei pomeriggi assolati. Ma sapevo anche che, nel mondo superstizioso di Mafalda, immaginarsi il peggio era un modo sicuro per evitare che accadesse. Ma quando una sera andammo a fare una passeggiata e Oliver mi disse che presto sarebbe tornato a casa, mi resi conto di quanto erano state futili le mie previsioni. Le bombe non cadono mai nello stesso punto; questa, nonostante le mie premonizioni, aveva colpito proprio il mio nascondiglio.
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