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Con te sarò nuovo. Ti dico queste parole nel periodo migliore della mia vita, nel periodo in cui sto bene, in cui ho capito tante cose. Nel periodo in cui mi sono finalmente ricongiunto con la mia gioia. In questo periodo la mia vita è piena, ho tante cose intorno a me che mi piacciono, che mi affascinano. Sto molto bene da solo, e la mia vita senza di te è meravigliosa. Lo so che detto così suona male, ma non fraintendermi, intendo dire che ti chiedo di stare con me non perché senza di te io sia infelice: sarei egoista, bisognoso e interessato alla mia sola felicità, e così tu saresti la mia salvezza. Io ti chiedo di stare con me perché la mia vita in questo momento è veramente meravigliosa, ma con te lo sarebbe ancora di più. Se senza di te vivessi una vita squallida, vuota, misera non avrebbe alcun valore rinunciarci per te. Che valore avresti se tu fossi l'alternativa al nulla, al vuoto, alla tristezza? Più una persona sta bene da sola, e più acquista valore la persona con cui decide di stare. Spero tu possa capire quello che cerco di dirti. Io sto bene da solo ma quando ti ho incontrato è come se in ogni parola che dico nella mia vita ci fosse una lettera del tuo nome, perché alla fine di ogni discorso compari sempre tu. Ho imparato ad amarmi. E visto che stando insieme a te ti donerò me stesso, cercherò di rendere il mio regalo più bello possibile ogni giorno. Mi costringerai ad essere attento. Degno dell'amore che provo per te. Da questo momento mi tolgo ogni armatura, ogni protezione... non sono solo innamorato di te, io ti amo. Per questo sono sicuro. Nell'amare ci può essere anche una fase di innamoramento, ma non sempre nell'innamoramento c'è vero amore. Io ti amo. Come non ho mai amato nessuno prima...
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Fabio Volo (È una vita che ti aspetto)
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Poi posai la fronte contro la sua e rimasi seduto lì a lungo, come se potessi trasmettere un messaggio attraverso i nostri due crani, dal mio cervello al suo. Volevo fargli capire alcune cose.
«Sai tutte quelle sciocchezze che abbiamo sempre detto si di te?» sussurrai. «Che scocciatore eri mai? Non crederci. Non crederlo neanche per un minuto, Marley.» Doveva saperlo, e anche qualcos'altro. C'era qualcosa che non gli avevo mai detto, che non gli aveva mai detto nessuno. Volvevo che lo sentisse prima di andarsene.
«Marley», dissi. «Sei un grande cane.»
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John Grogan (Io & Marley)
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«Stai scherzando?» Il colore degli occhi di lui si vedeva anche al buio. «Per te è uno scherzo, Emma? Non capisci?» La voce gli si ridusse a un sibilo. «Io non vivo se tu muori!»
Gli scrutò il viso. «Jules, mi dispiace un sacco, Jules…»
La parete che di solito nascondeva la verità dentro agli occhi di lui si era sgretolata; adesso Emma vedeva il panico, vedeva la disperazione, il sollievo che aveva perforato le sue difese.
Continuava a tenerle il polso. Non capì se fosse stata lei ad avvicinarsi per prima a lui o viceversa. Forse lo avevano fatto insieme. Si scontrarono come due stelle in collisione. E un secondo dopo lui la stava baciando.
Jules. Julian. Che la baciava.
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Cassandra Clare (Lady Midnight (The Dark Artifices, #1))
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Amarsi è l'opera d'arte di 2 architetti dilettanti di nome "Io" che,sbagliando e correggendosi a vicenda,imparano a realizzare un progetto che prima non esisteva: Noi.
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Massimo Gramellini (Avrò cura di te)
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E allora scegli me. Se uno stronzo testardo come te deve innamorarsi di qualcuno, io sono di gran lunga meglio di chiunque altro. È vero che ho una bambina ma personalmente credo sia un vantaggio. E si dà il caso che anche tu le piaccia, quindi è tutto perfetto, no? E io accetterò tutto di te. Non dovrai dimenticare quanto lo hai amato prima; sono sentimenti preziosi, devi tenerlo sempre con te"
"Cosa?"
"Sto dicendo che ti accetto incondizionatamente; non dovrai cambiare di una virgola
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Miyako Fujisaki (世界一初恋 〜横澤隆史の場合〜 [Sekaiichi Hatsukoi: Yokozawa Takafumi no Baai])
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Penso di essermi innamorato di te nell'istante in cui capii che stavi spaccando quelle ossa per creare una trappola per il Verme di Middengard.
O forse quando mi mostrasti il dito medio perchè ti avevo preso in giro.
Mi ricordavi tanto Cassian.
Avevo voglia di ridere per la prima volta da decenni.
Mi innamorai di te, saccentona, perchè eri una di noi.
Perchè non avevi paura di me, e perchè decidesti di completare la tua vittoria spettacolare lanciando quel pezzo d'osso ad Amarantha come se fosse un giavellotto.
In quel momento percepii lo spirito di Cassian accanto a me e avrei potuto giurare di sentirlo dire: "Se non la sposi tu, stupido stronzo, la sposerò io.
-Rhysand, Corte di Nebbia e Furia.
Capitolo 55.
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Sarah J. Maas
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Evan si accorge che sto piangendo ancora prima di me. Dove ci sarebbero le lacrime, i suoi baci. - Non sono stato io a salvare te - sussurra passandomi le labbra sulle ciglia. - Sei stata tu a salvare me. Lo ripete ancora e ancora, finché non ci addormentiamo stretti l'uno all'altra, la sua voce nel mio orecchio, le mie lacrime nella sua bocca. - Sei stata tu a salvare me.
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Rick Yancey (La quinta onda (La quinta onda, #1))
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Ma amare una persona significa pensare che lei viene prima di tutto. Se non avessimo abbastanza cibo, darei a te la mia parte. Se avessimo pochi soldi, piuttosto che acquistare qualcosa per me, comprerei quello che tu desideri. Se mangi qualcosa di buono tu, è come se avessi la pancia piena anch’io, se sei felice tu, allora lo sono anch’io. Questo significa amare una persona. Credi che esista qualcosa di più importante? A me non viene in mente nulla.
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Kyōichi Katayama (Un grito de amor desde el centro del mundo)
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«Voglio sapere perché sono così lenta» sussurrò la lumaca.
[...] «Sei lenta perché hai sulle spalle un gran peso» spiegò il gufo. [...] «Io so volare ma non lo faccio. Una volta, tanto tempo prima che voi lumache veniste ad abitare nel prato, c’erano molti più alberi di quelli che si vedono adesso. C’erano faggi e ippocastani, lecci, noci e querce. Tutti quegli alberi erano la mia casa, volavo di ramo in ramo, e il ricordo di quegli alberi che non ci sono più mi pesa così tanto che non posso volare. Tu sei una giovane lumaca e tutto ciò che hai visto, tutto ciò che hai provato, amaro e dolce, pioggia e sole, freddo e notte, è dentro di te, e pesa, ed essendo così piccola quel peso ti rende lenta.»
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Luis Sepúlveda (Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza)
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Carter" disse Isaac brusco, facendomi guardare di nuovo verso di lui "Non sono perfetto e, anche se tu sembri pensare che io lo sia, posso dirti che non lo sono. Ma sono tuo, con tutto ciò che io sono" Fece un respiro tremante "Voglio passare la mia vita con te e speravo che lo volessi anche tu. Ho bisogno che tu mi dica quando sono antipatico, anche quando saremo vecchi e con i capelli bianchi. Lo farai? Per sempre Carter? Vuoi essere mio marito?"
A quel punto, Hannah squittì è il viso di Isaac si voltò verso il suono quando si rese conto che avevamo un pubblico. Caddi in ginocchio, così da essere alla sua altezza, e gli presi il viso tra le mani, girando il suo volto di nuovo verso il mio "Si" sussurrai contro le sue labbra, prima di seppellire il viso del suo collo "Mille volte, sì
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N.R. Walker (Through These Eyes (Blind Faith, #2))
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Ci sono momenti in cui le persone cambiano. Questi momenti non sono isolati, separati, disgiunti dal resto della vita. Non sono atomi indipendenti dell'esistenza che irrompono d'un tratto nella tua vita senza motivo. Sono fatti, creati dall'alfabeto della tua vita: i mutevoli fenomeni dell'esistenza, che a volte si riuniscono in schemi concentrati di una tale intensità, di una così inconfondibile chiarezza, di un tale significato che all'improvviso arrivi a conoscere qualcosa di te, del tuo io, per la prima volta. Una parte nascosta di te riaffiora alla luce della tua consapevolezza. Viene riconosciuta, compresa, accettata, diventa parte dell'io che conosci.
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Aidan Chambers (The Toll Bridge)
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«Sei bellissimo,» sussurrò Shane, e poi si chinò in avanti e gli coprì la bocca con la propria.Jesse aprì le labbra per lasciar entrare Shane. Per la prima volta in assoluto, Jesse non dubitò delle sue parole. Lo capiva da come lo baciava e lo toccava che Shane pensava sul serio che fosse bello. Shane aveva bisogno di lui, voleva lui, e quello bastava per fargli venire le lacrime agli occhi. Shane interruppe il bacio. Ansimò e il ritmo dei suoi fianchi si fece più irregolare. Jesse capì che c’era quasi. E anche Jesse, solo con le dita di Shane e la frizione del suo uccello contro il materasso. «Jess…» gemette Shane. «Voglio essere il primo e l’ultimo per te. Nessun altro, solo io. Per sempre»
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Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
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Io e te. Siamo amici, vero? Ci conosciamo da meno di due settimane, ma abbiamo fatto parecchio sesso, e ho pulito il tuo vomito, e tu hai guardato le mie cicatrici e non hai girato lo sguardo. Immagino che queste cose ci rendano almeno amici.”
Quella conversazione stava mettendo Jimmy a disagio. Fece un passo indietro, e quando Shane avanzò, ne fece un altro, fino a che non si trovò con le spalle al muro. “Siamo amici,” disse piano. Fu strano pronunciare quelle parole.
Fu ricompensato dal sorriso di Shane. “E gli amici non tengono il conto. Si fa qualcosa per loro perché ne hanno bisogno o per farli felici, il che a sua volta rende felici noi, e quello è già uno scambio equo, magari nessuno te lo aveva dimostrato prima d’ora, ma avrebbero dovuto.
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Kim Fielding (Rattlesnake)
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Presi in disparte Ryan, sistemandogli la cravatta per non dare nell’occhio. «Fammi un favore. Resta qui e, quando mi girerò verso di te, fissami nella maniera più tenebrosa e scocciata che puoi».
«Tenebrosa?».
«Sì, beh… hai presente, no?».
«No».
Gli riassestai il bavero del cappotto, cercando una definizione che non scadesse nel solito stereotipo. «Guardami come se fossi un vampiro cattivo».
Ryan si lasciò scappare una risata monosillabica alla Al Pacino. «Tu vuoi lo sguardo di un voivoda, e io non lo sono mai stato».
«Improvvisa».
Il vampiro piegò il capo in un gesto d’intesa. «Sei tu la stratega, Elizabeth».
Masticò il mio appellativo, spolpandolo fino a raschiarne il nocciolo. Com’è che si dice? Se vuoi qualcosa, o qualcuno, prima devi far tuo il suo nome. Quel millenario, nel più assurdo dei momenti, e nel più sbagliato dei luoghi, aveva fatto l’amore con tutte e nove le lettere del mio.
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Giorgia Penzo (Asphodel)
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Poi... sei arrivata tu. Ho dovuto credere che tu mi amassi, che amassi veramente me, non i milioni di mio padre. Non c'era altro motivo per cui avresti voluto sposare un diavolo senza un penny e con i miei ipotetici precedenti. E io provavo pena per te. Oh, sì, non nego di averti sposata perché provavo pena per te. E poi... ho scoperto che eri la migliore, la più allegra e la più cara compagna che avessi mai avuto. Spiritosa, leale, dolce. Mi hai costretto a credere nuovamente nella vera amicizia e nel vero amore. Il mondo sembrava di nuovo bello perché c'eri tu, tesoro mio. Desideravo che continuasse così per sempre tra di noi. L'ho capito la notte in cui sono tornato a casa e ho visto per la prima volta la luce della mia casa che risplendeva sull'isola. E sapevo che tu eri lì ad aspettarmi. Dopo essere stato senza una casa per tutta la vita, era bello averne una. Tornare affamato a notte inoltrata e sapere che c'era un buon pasto e un fuoco accogliente - e che c'eri tu.
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L.M. Montgomery (The Blue Castle)
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«Ho pensato che mi stessi evitando perché eri arrabbiato...»
«Ti stavo evitando perché ero confuso. È stata una sorpresa scoprire che sei transessuale, ma una sorpresa ancora più grande scoprire che non mi crea nessun problema. Sono sempre stato attratto dalle ragazze, ma c’è solo una persona che posso dire di aver amato... E sei tu. Il mondo non è bianco e nero, e se tutto va a rotoli è perché c’è ancora chi la pensa così. Io non voglio essere una di quelle persone. Voglio solo essere felice, io, e non c’è nulla che mi rende più felice di te. Allora, che cosa pensi? Possiamo cercare di essere grigi insieme?»
«E se non funzionasse?» domandò Sam.
«Allora non avrà funzionato» rispose Topher facendo spallucce. «Anche se alla fine dovessimo rimanere solo amici, non posso immaginare nulla di peggio che non averti nella mia vita. Io ci sarò sempre per te, di qualunque cosa tu abbia bisogno, in qualunque momento. È semplice.»
Le parole di Topher fecero venire le lacrime a Sam, ma per la prima volta da moltissimo tempo erano lacrime di gioia. Sam diede a Topher l’abbraccio più forte che poteva.
«Non hai idea di quanto ho aspettato che qualcuno mi dicesse una cosa del genere» disse Sam.
«È andata bene?» disse Topher. «Ho passato tutto il giorno a ripetermi il discorso nella testa. Spero di non essere apparso troppo mieloso o disperato, perché erano parole sincere.»
«No, è stato perfetto» ridacchiò Sam. «E non c’è niente che mi renderebbe più felice di essere grigio con te»
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Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
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«Credo di doverti essere grato per quello che mi stai dicendo» disse Joey. «Ma è più complicato di così. Mio padre è un famoso pastore, e l’anno prossimo frequenterò un college di battisti. È difficile pensare a uno scenario che non crei problemi, a parte farlo con uno sconosciuto: e prima che tu me lo chieda, no, non sono pronto a dirlo alla mia famiglia.»
«Cavolo, questa sì che è una situazione scomoda» disse Brian. «Ho uno zio che rifiuta di accettarmi da quando l’ho detto alla mia famiglia, ma non è una scusa valida per reprimere la parte più importante di noi stessi. So che è difficile capirlo quando si è giovani, ma se tuo padre preferisse perdere un figlio che accettarti per come sei, la perdita è la sua. Ricorda che per ogni persona che non ti accetterà ne troverai una decina che lo faranno. È una delle leggi gay.»
«Sei una specie di predicatore o una cosa del genere? Non puoi inventarti tutta questa roba sul momento.»
«Il martedì e il giovedì al San Diego LGBT Community Center» rispose Brian.
Joey non poteva credere alla propria fortuna. Tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare online, aveva trovato un uomo che non si sarebbe mai approfittato di lui. Brian appoggiò un paio di banconote sul bancone e fece per andarsene.
«Offro io» disse. «Abbi cura di te, Jay.»
«In realtà mi chiamo Joey» disse. «E sei sicuro che non vuoi portarmi a casa? Mi lasceresti un ricordo davvero piacevole.»
Brian rise. Quando nessun altro stava guardando, si protese in avanti e diede a Joey un bacio sulle labbra.
«Ecco qui» disse. «Almeno è stata la prima volta di qualcosa. Buonanotte.»
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Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
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Mi si forma un groppo in gola. È strano come le conseguenze dei nostri atti ci appaiano solo dopo averli commessi. Perché dovrebbero farlo prima? Non sarebbe più divertente se nella testa di un assassino una vocina gli dicesse giusto prima di commettere il suo crimine: “Ehi, ragazzo, no, non uccidere questa bella ragazza. È bella, brillante e con un bell’avvenire, in confronto a te che sei uno psicopatico, che non sarebbe mai dovuto uscire dai coglioni di tuo padre. Non sai che uccidere non è una bella cosa e che ti porterà solo un sacco di casini?” Nemmeno quando mangiamo tre Big Mac sentiamo la vocina che ci dice: "Ehi, ragazzo, non sei una donna, ma te la prenderai comunque in quel posto e a quarant' anni, non somiglierai più a niente. Mangiare frutta, no?" Niente “Ehi ragazzo” neanche quando ci si imbatte in un uomo dallo sguardo freddo, dal brutto carattere e da quella cosa indescrivibile che ci attira verso di lui, no, neanche in questo caso sentiamo la vocina. Tuttavia io la aspettavo, mi aspettavo che mi dicesse: “Ehi, ragazzo, sei sicuro di non esserti spinto un po’ troppo lontano?
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Amheliie (Road)
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- Secondo te le stelle sanno di pan di zucchero o di sale?
- Non lo so, non le ho mai assaggiate.
- Io sì, sono rimasta molte notti sul balcone della casa dei bambini chiusi. Le stelle in estate perdono briciole che arrivano in bocca.
- E come sono?
- Salate, a gusto di mandorla amara.
- Le preferivo dolci.
- Ma no, guasterebbero la terra per quante ne arrivano. Certe notti c'è tempesta di stelle sbriciolate. La terra è seminata da loro, riceve senza poter restituire. Allora dal basso si alzano le preghiere a sdebitarsi di alberi e di bestie che ringraziano.
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Erri De Luca (Il giorno prima della felicità)
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Non so se avrò tempo di scrivere altre lettere, perché forse sarò troppo impegnato a cercare a partecipare. Quindi, se questa dovesse essere l’ultima lettera, voglio che tu sappia che non stavo per niente bene prima di cominciare il liceo e tu mi hai aiutato. Anche se non sapevi di cosa parlavo o non conoscevi nessuno che aveva questi problemi, non mi hai fatto sentire solo.
Perché io so che ci sono persone che dicono che queste cose non esistono.
Perché ci sono persone che quando compiono diciassette anni, dimenticano com’era averne sedici. So che queste un giorno diventeranno delle storie e che le nostre immagini diventeranno vecchie fotografie e noi diventeremo il padre o la madre di qualcuno.
Ma qui, adesso, questi momenti non sono storie, questo sta succedendo.
Io sono qui e sto guardando lei. Ed è bellissima. Ora lo vedo, il momento in cui sai di non essere una storia triste. Sei vivo. E ti alzi in piedi e vedi le luci sui palazzi e tutto quello che ti fa restare a bocca aperta. E senti quella canzone, su quella strada, con le persone a cui vuoi più bene al mondo. E in questo momento, te lo giuro, NOI SIAMO INFINITO.
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Stephen Chbosky (The Perks of Being a Wallflower)
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«Dicevo sul serio. Non voglio nessun altro, Jess, solo te.» «Anch’io non voglio nessun altro. Solo te.» Shane gli infilò le dita tra i capelli. Gli tirò indietro la testa e lo baciò di nuovo con dolcezza, lentamente e teneramente. «Voglio dirlo ai ragazzi,» sussurrò Shane contro le labbra di Jesse. Non era la prima volta che lo diceva. «Voglio stare con te per davvero, Jess, alla luce del sole. Non dovremmo nasconderci.» Jesse chiuse gli occhi. Anche lui lo voleva. Era solo nervoso per ciò che avrebbero pensato Nick e Dre, per ciò che avrebbero pensato i loro genitori. Per quanto lo desiderasse, uscire allo scoperto, esserne orgoglioso e dire a tutti che Shane era suo, non era pronto per fare quell’ultimo passo. Il solo pensiero lo spaventava troppo. «Dammi tempo, okay? Ho… ho bisogno di un altro po’ di tempo.» Sentì Shane annuire. «Okay. Ma lo faremo presto, Jess. Sono stanco di fingere.» «Lo so. Te lo prometto, Shane. Presto.» Si addormentò con il ritmo del battito di Shane nell’orecchio. Avevano tutta la vita, Shane aveva detto così prima. Desideravano entrambi la stessa cosa. Qualche altra settimana non avrebbe fatto male a nessuno
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Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
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Poi", continuò Marguerite, "tu eri l'unica persona davanti alla quale avevo subito intuito che potevo pensare e parlare liberamente. Tutti coloro che stanno intorno alle donne come me analizzano tutto quello che diciamo, cercano di trarre delle conclusioni dalle nostre azioni più insignificanti. Per natura, non abbiamo amici. Abbiamo amanti egoisti, che dilapidano il patrimonio non certo per noi, come dicono, ma per la loro vanità.
Per questi amanti, dobbiamo essere gaie quando sono allegri, in buona salute quando vogliono cenare, scettiche come loro. Ci è proibito avere un cuore, per non essere beffate e perdere il nostro credito.
Noi non ci apparteniamo più. Non siamo più esseri umani, ma cose. Siamo le prime nel loro amor proprio, le ultime nella loro stima. Abbiamo amiche, ma sempre del genere di Prudence, ex mantenute, che hanno conservato il gusto dello scialo senza poterselo permettere, data l'età. Allora diventano le nostre amiche, o meglio, le nostre commensali. La loro amicizia arriva fino al servilismo, mai fino al disinteresse. Mai ci daranno un consiglio, se non venale. A loro poco importa se abbiamo dieci amanti, purché ci ricavino qualche vestito, o un braccialetto, e possano ogni tanto passeggiare nella nostra carrozza o andare al teatro nel nostro palco. Prendono i mazzi di fiori che abbiamo ricevuto il giorno prima, e si fanno prestare i nostri scialle di cachemire. Non ci fanno mai il minimo piacere senza farselo pagare il doppio di quello che vale. L'hai visto tu stesso, la sera in cui Prudence mi ha portato i seimila franchi che l'avevo pregata di chiedere da parte mia al duca: se n'è fatta prestare cinquecento che non mi restituirà mai, o che mi pagherà in cappelli che resteranno eternamente nelle loro scatole.
Noi non possiamo avere, o meglio io non potevo avere che una gioia, triste come sono talvolta, sofferente come sono sempre: trovare un uomo abbastanza superiore da non chiedermi conto della mia vita, ed essere l'amante dei miei sentimenti molto più che del mio corpo. Un uomo così l'avevo trovato nel duce, ma il duca è vecchio, e la vecchiaia non protegge né consola. Avevo creduto di poter accettare la vita che mi offriva, ma che vuoi? morivo di noia, e per finire con l'uccidersi è meglio gettarsi in un incendio che asfissiarsi col carbone.
Allora ho incontrato te, giovane, ardente, felice, e ho cercato di fare di te l'amante che avevo invocato nella mia rumorosa solitudine. Ciò che amavo in te non era l'uomo che eri, ma quello che dovevi essere. Tu non accetti questo ruolo, lo respingi come indegno di te, sei un amante volgare; fai come gli altri: pagami, e non ne parliamo più.
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Alexandre Dumas fils (La Dame aux Camélias)
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Ian mi spostò una ciocca di capelli dalla fronte.«Ma per bella che sia, non la conosco. Non è di lei che... mi importa.»La cosa mi fece sentire meglio. E ancora più confusa.«Ian, tu... nessuno qui ci separa come dovrebbe. Né tu, né Jamie, né Jeb.» La verità emerse all'improvviso, con più vigore di quanto desiderassi. «Tu non puoi affezionarti a me. Se potessi stringere tra le mani me, ne saresti disgustato. Mi butteresti a terra per schiacciarmi con un piede.»
Corrugò la fronte pallida, aggrottando le sopracciglia nere. «Io... no, non se sapessi che sei tu.»Abbozzai una risata. «E come mi riconosceresti? Siamo tutte uguali.»Smarrì il sorriso.«È il suo corpo che conta» ribadii.«Non è affatto vero. Non è il volto, ma le sue espressioni. Non è la voce, ma il modo di parlare. Non è come ti sta quel corpo, ma le cose che ci fai. Tu sei bella.»Mentre parlava avanzò fino a inginocchiarsi ai piedi del mio letto, e riprese le mie mani tra le sue.«Non ho mai incontrato nessuna come te.»
Non riuscii a prevederlo, come con Jared. Ian non mi era altrettanto fa-miliare. Melanie ne anticipò le intenzioni un istante prima che le sue labbra toccassero le mie."No!"Non fu come baciare Jared. Con lui non c'erano stati pensieri, ma soltanto desiderio. Senza controllo. Una fiammata inevitabile. Con Ian, non sapevo come sentirmi. Tutto era sfuocato e confuso.Le sue labbra erano morbide e calde. Le posò con delicatezza sulle mie, sfiorandole piano.«Bene o male?» sussurrò.
Sorrisi. «Cos'hai combinato?»«Niente. Mi ha letteralmente incastrato.» La sua espressione innocente era un po' esagerata, perciò cambiò rapidamente argomento. «Indovina un po'? Jared ha passato il pranzo a ripetere che secondo lui non è giusto che tu abbandoni la stanza a cui eri abituata. E che non è il modo di trattare gli ospiti. Dice che tu dovresti tornare in camera con me! Non è grandioso? Gli ho chiesto se potevo dirtelo subito, e ha risposto che era una buona i-dea. Mi ha detto che ti avrei trovata qui.»«Ci avrei scommesso» mormorò Ian.«Che ne pensi, Wanda? Saremo di nuovo compagni di stanza!»«Ma, Jamie, dove andrà Jared?»«Aspetta, lasciami indovinare» lo anticipò Ian. «Non avrà detto anche che la vostra camera è abbastanza grande per tre?»«Sì. Come fai a saperlo?»«Ho tirato a indovinare.»«Buone notizie, no, Wanda? Sarà come prima che venissimo qui?»La sua frase fu come una pugnalata, un dolore troppo netto e preciso per confrontarlo con un pugno.Jamie scrutò allarmato la mia espressione afflitta. «Ops. Scusa, mi riferivo a tutte e due. Sarà bello. In quattro, no?»Cercai di ridere malgrado la sofferenza. Ian mi strinse la mano.«Tutti e quattro» mormorai. «Bene.»
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Stephenie Meyer (The Host (The Host, #1))
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Io mi siedo accanto a lui e penso al sesso perché è questo che succede quando hai il tuo bellissimo ragazzo nel letto accanto a te. Se arriveremo a fare sesso mentre è ancora a New York, per lui sarà la prima volta. È una responsabilità enorme. Voglio esserne all’altezza perché non debba mai rimpiangere la sua scelta quando ripenserà a me, a prescindere da quel che sarà di noi. Così come io non rimpiango di aver perso la verginità insieme a Hudson, e spero sia lo stesso per lui. La gente cambia, lui è cambiato e sono cambiato anche io ma, per come eravamo allora, sono ancora convinto che sia stato giusto farlo con lui. Vorrei che fosse così anche per Arthur e me
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Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
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- Quindi mia madre aveva già capito…- Hale stava sorridendo perspicace.
- Capito cosa? - le frasi sibilline erano proprio una caratteristica di famiglia.
- Che mi ero innamorato di te, doveva già averlo intuito quando sono venuto a casa tua la prima volt…- Brian gli prese il viso tra le mani e lo avvicinò ancora di più.
- Sei… innamorato di me? Tu… hai appena detto che mi ami? Hale, ne sei sicuro? Perché io sono pazzo di te, e non sarà facile con il tuo carattere, ma è con te che voglio stare, solo con te, anche se mi farai impazzire, lo so già - lo baciò delicatamente, sorridendo di fronte al suo sguardo accigliato.
- Guarda che anche tu mi fai impazzire, mi hai sempre risposto a tono e non hai mai fatto niente per compiacermi, anzi… sembrava che ti comportassi a quel modo per stuzzicarmi. E questa cosa mi ha colpito fin dalla prima volta che ti ho visto, mi chiedevo perché non avessi paura dei miei… cambiamenti d’umore, sembravi… divertirti a rispondermi, e mi hai intrigato. Dovevo scoprire cosa c’era sotto quell’aria da bravo ragazzo tutto studio e basta, e sono contento di averlo fatto. Adesso però non andrai più da nessuna parte senza di me… mi sono sentito perso senza di te - per la prima volta vide l’imbarazzo sul bellissimo viso di Hale, e qualcosa di caldo e dolce gli invase il petto, gli aveva mostrato la sua vulnerabilità
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Andrea Grady (Hale (Italian Edition))
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«Te l'ho detto, sono fatto così. Amo incontrare le persone, imparare a conoscerle, sapere come vivono. Voglio vivere un'esperienza e ritornare a casa avendo avuto un'idea di quello che è la vita in generale, delle situazioni più improbabili, dell'inatteso. Vivrò una vita semplice quando ritornerò, avrò un lavoro, un appartamento, una routine di merda dove non avrò la possibilità di incontrare persone che non facciano parte del mio ambiente sociale. E poi francamente, Travis, l’essere umano è così appassionante. Vedo questo viaggio come una lunga esperienza per il mio lavoro. Penso che tutte le esperienze siano degne di essere vissute, che siano la delusione, l'amore, la gioia, o la pena. Vivere significa conoscere ogni tappa sentimentale. Per esempio tutto è da provare, qualunque sia l'ordine, dobbiamo vivere la vita che ci detta il nostro destino, senza riflettere. E per farlo, bisogna incontrare delle persone, avere delle esperienze insolite come prendere lo zaino, la carta di credito e dirsi: “me ne vado per approfittare della mia gioventù prima di avere quarant' anni e realizzare che non ho vissuto”. Ecco io sono così, mi interesso alle persone, non è una cosa che si può spiegare altrimenti, è prendere o lasciare.»
«Okay.»
Un’unica parola di risposta, per tutto un monologo. Quando dico che questo ragazzo ha un contatore dev’essere senza dubbio vero
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Amheliie (Road)
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Te lo dirò per la prima e ultima volta,” dice lui a denti stretti, quasi con furia. “Mi ascolti, Tyson?” “Sì,” riesco a dire. “Le cose possono essere state difficili. Può essere stata una situazione schifosa. Possiamo anche aver pensato che non ce l’avremmo mai fatta a uscirne, ma ci siamo riusciti. Io e te. Siamo stati tutto quello che avevamo per un periodo di tempo lunghissimo e siamo sopravvissuti. Senza di te, non ci sarebbe nessun me. Otter può possedere il mio cuore, ma tu sei la mia anima. Quindi no, non l’ho mai pensato. No, non l’ho mai desiderato. No, non ti lascerò mai e non ti permetterò mai di lasciarmi. Sei unito a me per il resto della vita, e se mi fai ancora una domanda del genere, giuro su Dio che mi arrabbierò come non mi hai mai visto. Ci siamo capiti?
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T.J. Klune (The Art of Breathing (Bear, Otter, and the Kid, #3))
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«Sposami.» Le parole uscirono prima che Shane potesse fermarle. Jesse smise di suonare, con uno stridio dissonante di note, e fissò Shane con gli occhi spalancati dallo shock. «Come?» Shane sentì il calore aumentare a poco a poco dietro il collo. Non era sua intenzione lasciarselo scappare di bocca come aveva fatto. Ci pensava da settimane, cercando di trovare la proposta perfetta: dove farla, quando, se invitare o meno la famiglia di Jesse e fargli una sorpresa. Tutto il tempo passato a rimuginarci su e a buttare qua e là le varie idee, solo per rovinare ogni sorta di piano fastoso per esserselo fatto sfuggire senza pensare. E in quel momento non riusciva a leggere nessuna espressione sul viso di Jesse, a parte lo shock. Shane si tirò su a sedere con la schiena più dritta e si schiarì la gola. Non era quello il modo in cui aveva avuto intenzione di chiederglielo, ma ormai le parole gli erano sfuggite e non poteva di certo rimangiarsele. Non che lo volesse, in realtà. «Scusa, Jess,» disse imbarazzato. «Non intendevo dirtelo così, ma ci stavo pensando da un po’ di tempo. Come ti ho già detto, ci sei sempre stato tu. Per un po’, credevo fossi un’altra persona, e di questo mi dispiace. Non so come io abbia potuto non capirlo.» Shane fece una pausa per qualche secondo e deglutì il nodo in gola. «Ma devi capire che non c’è mai stato nessun altro. Anche quando stavi fingendo, anche quando non ne avevo una cazzo di minima idea, c’eri sempre, sempre tu. Non vorrò mai nessun altro, solo te. Non amerò mai nessun altro, solo te. Sarà così per sempre. Io e te»
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Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
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NORA: nNon ci credo più. Prima di tutto credo invece che io sia un essere umano, come te, né più ne meno, o, infine, voglio procurare di diventarlo. So bene che la maggior parte della gente ti darà ragione, Torvaldo, e che qualche cosa di simile è scritto nei libri. Ma io non posso più contentarmi di ciò che dice la maggioranza e di ciò che è scritto nei libri. Devo riflettere - da me stessa su certe cose e rendermele pienamente - chiare.
HELM: Ah, tu pensi e tu parli come una bambina in ragionevole.p
NORA: Può essere. Ma tu non pensi e non parli come l'uomo al quale potrei appartenere. Torvaldo, in codesto momento ho compreso chiaramente che ho vissuto qui per otto anni continui insieme con un estraneo che mi ha fatto fare tre figliuoli! Oh, è un pensiero per me insopportabile! Potrei stritolarmi! Potrei farmi a pezzi!
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Henrik Ibsen (A Doll's House)
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«Devo preoccuparmi?»
«Preoccuparti?»
«Ho come la sensazione che stai per scaricarmi. Non che siamo insieme. Argh. Scusa. Sono così...» Butto fuori il fiato. «Perché sono così imbranato in queste cose?»
«In quali cose?»
«In queste.» Sollevo le nostre mani intrecciate. «Stare con te e comportarmi da normale essere umano, tanto per cominciare; tipo, con un minimo sindacale di capacità di conversazione. Non so che cosa c’è che non va in me.»
«Non c’è niente che non va in te.»
«Tutto questo è così nuovo per me, mentre tu hai già baciato altre persone e probabilmente hai già fatto sesso, e hai avuto una vera relazione prima di me. Non so se sono all’altezza di tutto questo.»
Voltiamo in una strada laterale e poi in un vicolo, e il fatto che non ci siano persone intorno rende Ben venti volte più rilassato. Me ne accorgo dalla sua presa.
«Ma io non la vedo così» dice dopo un po’.
«Come la vedi?»
«Be’, come prima cosa, sono io quello che deve essere all’altezza di qualcosa.»
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Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
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Ascolta bene, Wanda. So esattamente ciò che non vuoi essere. Ma noi siamo umani, ed egoisti, e non facciamo sempre la cosa giusta! Non ti lasceremo andare. Fattene una ragione
«Viandante? Ti stiamo aspettando tutti, piccola. Apri gli occhi.»Questa voce, il respiro caldo che mi sfiorava l'orecchio, era ancora più familiare. Percepii una strana sensazione quando la sentii. Una sensazione mai provata prima. Mi mozzò il respiro e mi fece tremare le dita.Volevo vedere quel viso, quella voce.Un'ondata di colore invase la mia mente - un colore che mi chiamava da una vita lontana - un blu acceso, brillante. L'universo era blu e acceso.
I miei occhi trovarono il blu che cercavo. Zaffiro, neve e mezzanotte.«Ian? Ian, dove sono?» Il suono della voce che mi uscì dalle labbra mi spaventò. Acuto e stridulo. Familiare, ma non mio. «Chi sono?»«Tu sei tu» rispose Ian. «E sei di nuovo a casa.»
«Ti ho tenuta in mano, Viandante. Ed eri bellissima.»
«No. È grossa abbastanza solo per te.»«Non voglio restare solo. Però...»Perché non me lo chiedeva? «Però cosa?»«Sei riuscita a pensarci un po' su? Non voglio metterti fretta. So che sei confusa... a proposito di Jared...»Impiegai un istante a capire cosa voleva dirmi, e reagii con un risolino soffocato. In genere, Melanie non si lasciava andare, Luna invece sì, e il suo corpo mi tradiva nei momenti meno opportuni.«Che c'è?» domandò Ian.«Ero io ad aspettare che ci pensassi su» bisbigliai. «Non volevo metterti fretta, perché so che sei confuso. A proposito di Melanie.»Un sobbalzo impercettibile, di sorpresa. «Pensavi...? Ma Melanie non sei tu, non mi sono mai sentito confuso.»Sorridevo nel buio. «E tu non sei Jared.»Rispose circospetto. «Resta pur sempre Jared. E tu lo ami.»Era ancora geloso? Non avrei dovuto lasciarmi lusingare da un'emozione negativa, ma dovevo ammettere che mi gratificava.«Jared è il passato, un'altra vita. Tu sei il mio presente.»Tacque per un momento. Quando riprese a parlare, la sua voce era gon-fia di emozione. «E il tuo futuro, se lo vuoi.»«Sì, te ne prego.»Mi baciò nella maniera meno platonica possibile, in mezzo alla calca, mentre ripensavo con eccitazione alla mossa smaliziata e spontanea con cui avevo aggiunto un anno alla mia età.Terminata la stagione delle piogge, Ian sarebbe diventato il mio compa-gno, nel vero senso della parola. Era una promessa, un impegno al quale non mi ero mai sottoposta, in tutte le mie vite. Ripensarci mi riempiva di gioia, di ansia, di timidezza e di impazienza... mi faceva sentire umana.
«Il diciottesimo!» Avevo mentito, aggiungendo un anno.Con la coda dell'occhio, vidi Melanie e Ian sobbalzare di sorpresa. Il mio corpo non dimostrava affatto i suoi quasi diciassette anni.Fu quel piccolo imbroglio, quella rivendicazione preventiva del mio compagno, a farmi capire che sarei rimasta con loro. Con Ian e il resto del-la mia famiglia. Sentii un gonfiore strano chiudermi la gola.
«Melanie sarà mia per sempre. E io sarò per sempre suo.»
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Stephenie Meyer (The Host (The Host, #1))
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Maggie chiuse gli occhi e contò sino a dieci.
Uno, due, tre…
Se voleva arrivare a casa di sua sorella prima che facesse notte, non aveva altra scelta che chiedere al cowboy di accompagnarla. Certo, avrebbe sempre potuto optare per il motel e attraversare quelle duecento iarde pullulanti di lupi.
Un altro ululato.
No, non avrebbe potuto.
«Lupi» disse Mitch, il braccio sinistro che sporgeva indolente dal finestrino, il mozzicone del sigaro stretto tra le dita.
«Lupi» ripeté lei con un’alzata di spalle, come se si trattasse di barboncini addestrati. Poi mosse un paio di passi esitanti verso il pick-up. Quell’affare era così alto che dovette allungare il collo e sollevare la testa per parlare al cowboy. «Mi chiedevo…» mormorò vincendo ogni residua resistenza.
Lui rimase immobile, se non per il sopracciglio sinistro che scattò verso l’alto.
«… se per caso tu non potessi darmi uno strappo.»
Lui finse di prendere in considerazione la cosa. Poi, con un altro sbuffo di fumo, disse: «Mi sembrava che avessi rifiutato la mia offerta, dieci minuti fa...».
«Perché non intendevo esserti di disturbo» rispose lei come se si stesse rivolgendo alla duchessa di Kent.
E di fatti lui scoppiò a ridere. «Essermi di disturbo? Dopo avermi assalito come un ninja? Ma sarò magnanimo. Dai, sali.»
Maggie tirò un sospiro di sollievo. Era così stanca e infreddolita che anche quel pick-up scassato le parve per un istante una limousine.
«Dove metto la valigia?»
«Buttala dietro, nel cassone.»
Buttare nel cassone la sua Samsonite rosa, costata una cifra improponibile?
«Preferirei sistemarla in cabina, se non ti spiace.»
«In cabina non c’è posto, qua dietro è pieno di roba. A meno che tu preferisca viaggiare nel cassone e la valigia sul sedile…»
Lei rimase zitta, gli occhi sgranati, per nulla certa che quella fosse solo una battuta.
«Ok, ci penso io» tagliò corto lui, aprendo la portiera e scivolando a terra con un balzo. Afferrò il trolley per la maniglia e, senza un’altra parola, lo fece volare nel cassone.
Oh!
Il botto risuonò nelle orecchie di Maggie come una granata.
Risistemandosi lo Stetson sulla testa, il cowboy girò intorno al pick-up e con un sorriso esagerato aprì la portiera del passeggero.
«Sali, sorella di Suzie, o vuoi che dia una mano anche a te?»
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Viviana Giorgi (Tutta colpa del vento (e di un cowboy dagli occhi verdi))
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Dopo una dolce carezza come questa ieri mi sono lasciato trasportare sul prato davanti al deserto, e lì ho visto davvero me e te, incapaci di continuare a concentrarci sul testo. Spirava una brezza leggera, il mio giornale frusciava e le pagine del tuo libro si sono messe a scorrere da sole, velocemente. Erano le cinque di sera, il sole brillava ancora e ci siamo sentiti così chiari nella luce, quasi trasparenti. Se fosse passato qualcuno la magia sarebbe svanita, ma eravamo soli, e ancor prima di scambiarci una parola ci siamo trovati avviluppati nella ragnatela delle nostre storie. Tu hai la tua e io la mia, ed era incredibile sentire come si intrecciassero, rapidamente. Perché a volte, nei momenti più impensati, per strada, puoi sentire l’anima lacerarsi, catturata nella storia di qualcuno che ti è appena passato accanto. La maggior parte delle volte, però, quelle storie vengono sradicate e muoiono subito, senza che gli interessati si rendano conto di ciò che hanno perso. Rimane solo un leggero dolore che svanisce immediatamente, anche se in me a volte può durare ancora qualche ora, come se avessi avuto un piccolo aborto spirituale. E rimane una sorta di angoscia, la morte della storia.
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David Grossman (Be My Knife)
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«È solo... il fatto che tu non sia mai uscito con nessuno prima e non abbia mai baciato nessuno... Non lo so. E se io rovinassi tutto? Non voglio essere quello che rovina il tuo primo bacio.»
«Non lo saresti.»
«È che mi sento sotto pressione, capisci. Voglio che sia perfetto.»
«Essere con te è già perfetto.»
Lui ridacchia.
«Voglio dire, a parte il fatto che sottovaluti drammaticamente la mia destrezza con la macchina pesca pupazzi, e che il sosia di Ansel Elgort ci ha provato con te, e le tue cinquantasei foto con il tuo ex e...»
E lui mi bacia.
Così, di punto in bianco.
Le sue mani sono sulle mie guance, e lui mi sta baciando.
Cristo santo.
Voglio dire, non mi ero mai reso conto di quanto ti è vicina la faccia di una persona quando ti bacia. La sua testa è proprio qui. Leggermente inclinata per adattarsi alla mia. I suoi occhi sono chiusi e le sue labbra si muovono sulle mie, e WOW, non so quanto sia appropriato e in regola avere un’erezione in una situazione del genere, ma... ehm.
Dovrei rispondere al bacio.
Cerco di muovere le labbra come sta facendo lui, come se cercassi di mangiargli la bocca senza usare i denti. Ma mi sa che lo sto facendo nel modo sbagliato, perché lui si tira indietro di qualche centimetro e mi sorride.
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Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
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BIANCO- Non mi pare proprio. Lei lo vede, Gesù?
NERO- No. Non lo vedo.
BIANCO- Però ci parla.
NERO- Ogni santo giorno.
BIANCO- E lui parla con lei.
NERO- Mi ha parlato. Si.
BIANCO- Ma lei lo sente? Sente proprio la sua voce?
NERO- No, non sento la sua voce. Non sento neanche la mia, se è per questo. A lui però l'ho sentito.
BIANCO- Bè, allora Gesù non potrebbe essere soltanto nella sua testa?
NERO- Infatti è nella mia testa.
BIANCO- Allora non capisco cos'è che sta cercando di dirmi.
NERO- Lo so che non capisci, zuccherino. Sta' a sentire. La prima cosa che devi tenere presente è che io, nella testa, non ho manco un pensiero originale. Se non ho dentro la scia del profumo della divinità, allora non mi interessa.
BIANCO- La scia del profumo della divinità.
NERO- Esatto. Che te ne pare?
BIANCO- Non è male.
NERO- L'ho sentito alla radio. Da un predicatore nero. Ma il punto è che ci ho anche provato a fare nell'altro modo. E mica a spizzichi e bocconi, eh. Dico proprio benda sugli occhi, briglia sciolta e via a correre in mezzo ai boschi. Oddio. Ci ho provato eccome. Se trovi un cristiano che ci ha provato più di me, mi piacerebbe conoscerlo. Mi piacerebbe davvero. E secondo te che cosa ci ho guadagnato?
BIANCO- Non lo so. Che cosa ci ha guadagnato?
NERO- La morte in vita. Ecco cosa ci ho guadagnato.
BIANCO- La morte in vita.
NERO- Esatto. Ero un cadavere ambulante. Così morto che non sapevo manco stendermi nella tomba.
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Cormac McCarthy (The Sunset Limited)
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–Che effetto ti faccio, nella tua cornice, io? –Tu, –dissi, –ci sei sempre, nella mia cornice. Non te ne vai mai. –Ti tengo sempre là con me, –dissi, –fra le cose mie, e ti parlo, e tutto continua, come quando siamo insieme qui. Tu invece, mi stacchi da te. Torni là, nella tua Casa Tonda, e non ci sono io. Ogni tanto, ma solo ogni tanto, guardi giú verso la mia casa. Ma solo ogni tanto, e come per sbaglio. –Io, –dissi, –non ti stacco mai da me. Ti tengo là, fra le cose mie. Se no certe volte, la mia cornice, non potrei sopportarla. –Pure la sopportavi, –lui disse, –quando non esistevo ancora, io, per te. –Sí, la sopportavo, –dissi. –Mi pesava, ma la sopportavo. Ma non sapevo, allora, che la vita potesse avere un altro passo. Lo immaginavo, cosí, vagamente, ma non lo sapevo. –Non sapevo, –dissi, –che la vita potesse andare di corsa, suonando il tamburo. –Per te, non è cosí, –dissi. –Per te la vita, dopo che ci sono io, ha conservato il suo solito passo, e non suona. –Suona un poco, –lui disse, –suona un poco, sí, anche per me. Non proprio tanto forte, ma suona. Disse: –Però vorrei essere andato lontano, in qualche luogo all’estero, e averti conosciuto per caso, in una strada qualunque, ragazza mai vista prima. Vorrei non saper niente di te, niente dei tuoi parenti, e non incontrarli mai. –E invece, –io dissi, –siamo cresciuti nello stesso paese, e abbiamo giocato insieme, bambini, alle Pietre. Ma a me, questo, non mi disturba. Non me ne importa niente. Dissi: –Non me ne importa, e anzi m’intenerisce perfino un poco. E da quando tu esisti per me, quel nostro paese là è come se fosse diventato una terra sconosciuta, grandissima, e tutta piena di cose imprevedibili, drammatiche, emozionanti, che possono succedere in qualunque minuto.
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Natalia Ginzburg (Voices in the Evening)
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Narciso gli disse: "Sono così contento che tu sia ritornato! Mi sei mancato tanto, ho pensato a te ogni giorno e spesso avevo paura che tu non volessi ritornare più."
Boccadoro scosse la testa: "Via, la perdita non sarebbe stata grande".
Narciso, a cui bruciava il cuore di dolore e di affetto, si chinò lentamente verso di lui e fece quello che in tanti anni della loro amicizia non aveva mai fatto, sfiorò con le sue labbra i capelli e la fronte di Boccadoro. Questi s'accorse di ciò che accadeva, prima con stupore, poi con commozione.
"Boccadoro", gli sussurrò l'amico all'orecchio, "perdonami di non avertelo saputo dire prima. Avrei dovuto dirtelo allora, quando venni a cercarti nella tua prigione, nella residenza del vescovo, o quando vidi le tue prime figure, o qualche altra volta. Lascia che te lo dica oggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei sempre per me, come hai arricchito la mia vita. Per te non avrà molta importanza. Tu sei abituato all'amore, esso non è nulla di strano per te, sei stato amato e viziato da tante donne. Per me è un'altra cosa. La mia vita è stata povera d'amore, mi è mancato il meglio. Il nostro abate Daniele mi diceva un giorno ch'io gli sembravo orgoglioso: forse aveva ragione. Io non sono ingiusto verso gli uomini, mi sforzo di essere giusto e paziente con loro, ma non gli ho mai amati. Di due eruditi che ci siano nel convento, il più erudito mi è più caro; a un debole scienziato non ho mai potuto voler bene, passando sopra alla sua debolezza. Se tuttavia so cos'è l'amore, è per merito tuo. Te ho potuto amare, te solo fra gli uomini. Tu non puoi misurare ciò che significhi. Significa la sorgente in un deserto, l'albero fiorito in un terreno selvaggio. A te solo debbo che il mio cuore non sia inaridito, che sia rimasto in me un punto accessibile alla grazia.
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Hermann Hesse (Narcissus and Goldmund)
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Qui giace Francis Turner
Su Mary, non stare lì impalata, appoggia quei fiori e siediti. [...] Mi hanno assegnato un bel posto, non trovi? [...] Passo le giornate a seguire tutto il viavai che c’è là fuori, non mi pare neanche di essere morto. Dai su, Mary, non fare così. Asciugati, da brava. Tu non potevi saperlo. Nessuno può pensare di uccidere qualcuno con un bacio. Sei stata spontanea e nient’altro. Ti sei sentita di farlo e, così, all’improvviso, dopo che tutte le cose lasciavano credere che non l’avresti mai fatto, mi hai baciato. Non hai usato un coltello, né una pistola. Non avevi una capsula di cianuro nascosta in bocca. Hai semplicemente appoggiato piano le tue labbra sulle mie. Devi smetterla di fartene una colpa. Io non ti avevo detto nulla, forse avrei dovuto ma ho preferito rischiare. Ho passato tutta la vita a controllarmi, con te ho voluto rischiare. Non avevo incontrato niente fino a quel momento che lo meritasse più della signorina Mary Iggins e non mi pento di averlo fatto. Tutta la mia infanzia se n'è andata con me seduto in tribuna che la guardavo sfilare. [...] Capisci, Mary, per tutta la vita, giorno dopo giorno —un giorno dopo l'altro, uno dopo l'altro e dopo l'altro e dopo l'altro e dopo ancora uno e ancora uno e ancora uno...— io sono rimasto a guardare. I miei genitori mi hanno spiegato subito come stavano le cose. Niente palla avvelenata, niente nascondino, niente capanna sull'albero, niente grandi emozioni. Un'esistenza protetta da spettatore, questo mi toccava e io questo ho preso. Fino a che ti ho conosciuta. [...] Voglio dire, sì, fare quella cosa lì mi mancava moltissimo, però mi pareva di immaginare abbastanza bene come sarebbe stato. Il finale almeno, lo conoscevo anche io: un piacere che ti svuota, un crollo di tensione dalle ginocchia alle radici dei capelli. L'inizio invece, il momento del vero inizio, quando le mani sono ancora al loro posto e i vestiti anche, quando le bocche parlano solo come azione diversiva intanto che gli occhi scrutano i pensieri dell'altro, ecco insomma, il momento, l'attimo che precede il primo bacio, lo desideravo come la rivelazione di uno stato superiore di conoscenza, che in fondo spettava anche a me, in quanto essere umano. Dopo il bacio vengono un sacco di altri bei momenti, ma sono —così pensavo— una conseguenza abbastanza automatica del primo esaltante contatto da cui sono scaturiti. Finire a letto dopo che ci si è baciati dev'essere splendido ma non è certo sorprendente, mai almeno quanto l'attimo in cui l'altro, un individuo in tutto e per tutto sconosciuto fino a un secondo prima, accetta di schiudere le labbra mentre ti avvicini. Il bacio, baciare la donna che desideravo, era ciò che più avrebbe messo a rischio la mia vita, ma era anche la scommessa più emozionante. Io l'avevo fatta con te, Mary. E avevo perso. [...] Di nuovo il silenzio della sera prima. E tu che ti avvicini centimetro dopo centimetro, tenendo gli occhi nei miei, sollevando il mento verso un luogo che, contro ogni aspettativa, contro ogni più libera immaginazione, sembrava essere proprio la mia bocca. Che gioia immensa, l'attimo dell'intenzione tradita. Lo stavi facendo, lo stavi proprio facendo. La gente non si era ancora accorta di niente, e neanche tu. Non potevi aver sentito il colpo. Un solo tum. E poi tutto fermo, non un battito, non un rumore, tutto già finito dentro di me, mentre il nostro amore cominciava. No, niente cianuro, ma il sapore delle tue labbra, della tua saliva, è stato un'arma forse ancora più potente. È così, Mary. Piangi pure se vuoi, ma il mio cuore è esploso per colpa tua, il mio cuore è esploso grazie a te. Vedo perfettamente la tua bocca ancora schiusa mentre cado, l'interno lucido, buio, gli occhi di una donna che, senza saperlo, ha appena messo la morte sulle labbra di un uomo. Qui, sulla collinetta di Spoon River, di amori letali ne sentirai raccontare. Ma il nostro, Mary —forse era questo che volevi sentirmi dire— è stato davvero unico.
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Mauro Covacich
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La casa dove tua bis-bis-bisnonna e io andammo a stare appena sposati dava sulle cascatelle [...] Aveva pavimenti di legno e finestre magnifiche e spazio sufficiente per una famiglia numerosa. Era una bella casa. Una buona casa.
Ma l'acqua... diceva la tua bis-bis-bisnonna ... non riesco a sentirmi quando penso.
Tempo, io la incalzavo. Datti tempo.
E, lascia che te lo dica: anche se la casa era spaventosamente umida, e il prato davanti una fangaia perenne a causa degli spruzzi; anche se i muri ogni sei mesi necessitavano di riparazioni, e scaglie di pittura cadevano dal soffitto in tutte le stagioni come neve... ciò che si dice di chi abita vicino a una cascata è vero.
Che cosa, chiese mio nonno, cosa si dice?
Si dice che chi abita vicino a una cascata non senta l'acqua.
Questo, si dice?
Esatto. Naturalmente la tua bis-bis-bisnonna aveva ragione.
All'inizio fu terribile. Non sopportavamo di rimanere in casa per più di poche ore di fila. Le prime due settimane furono caratterizzate da notti di sonno intermittente, litigi soltanto per il gusto di farci sentiore sopra lo scroscio. Litigavamo al solo scopo di ricordarci a vicenda che eravamo innamorati e non in preda all'odio.
Però le settimane successive andò un po' meglio: era possibile dormire qualche buona oretta per notte e mangiare con un disagio sopportabile. la tua bis-bis-bisnonna ancora malediceva l'acqua [...], ma meno di frequente, e con minore furia. [...]
La vita continuò perchè la vita continua, e il tempo passò, perchè il tempo passa, e dopo poco più di due mesi: Hai sentito? le domandai, una delle rare mattine in cui eravamo seduti insieme a tavola. Hai sentito? Deposi il mio caffè e mi alazi dalla sedia. La senti quella cosa?
Quale? mi chiese lei.
Esatto! risposi, correndo fuori per salutare a pugno teso la cascata. Esattamente!
Ballammo, lanciando in aria manciate d'acqua, senza sentire proprio neinte. Alternavamo abbracci di perdono e urla di umano trionfo all'indirizzo dell'acqua. Chi vince la battaglia? Chi vince la battaglia, cascata? Noi! La vinciamo noi!
E questo vivere vicino a una cascata, Safran. [..] Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita. [...]
Ma questa non è tutta la storia, continuò la Meridiana. L'ho capito la prima volta che ho tentato di bisbigliare un segreto senza riuscirvi, o fischiettare una canzone senza insinuare la paura nei cuori di chi era nel raggio di centro metri, quando i miei colleghi della conceria mi hanno supplicato di abbassare la voce perché chi riesce a pensare se gridi in quel modo? Al che io ho domandato: STO DAVVERO GRIDANDO? * La storia della casa sulla cascata, la Meridiana
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Jonathan Safran Foer (Everything is Illuminated & Extremely Loud and Incredibly Close)
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Ti scrivo mentre tu sei da qualche parte a comprare la Coca-Cola. È la prima volta in vita mia che scrivo una lettera a qualcuno seduto accanto a me su una panchina. Ma se non facessi così dubito che riuscirei a farti arrivare quello che ti voglio dire. Perché tu non ascolti niente di quello che dico, prova a dire che non è vero. “Se può interessarti, oggi tu hai fatto una cosa molto grave nei miei confronti. Non ti sei neanche accorto che ho cambiato pettinatura. Piano piano, con sacrificio, avevo aspettato che mi crescessero i capelli e lo scorso week-end finalmente mi sono fatta fare un taglio femminile. Ma tu non ci hai fatto neanche caso. Ero così sicura di essere carina nella mia nuova pettinatura che non vedevo l'ora di farti una sorpresa, tanto più che era la prima volta che ci vedevamo da tanto tempo. E tu non te ne sei nemmeno accorto! Ti rendi conto di che vuoi dire? Figuriamoci, se è per questo probabilmente non sapresti dire neanche com'ero vestita. Ma guarda che io sono una donna. Per quanti pensieri tu possa avere, potresti almeno degnarmi di uno sguardo. Sarebbe bastato poco. Se solo mi avessi detto, non dico tanto, qualcosa tipo “Carina, questa pettinatura‟, ti avrei lasciato fare come volevi, immergerti nei tuoi pensieri quanto volevi. “Perciò sto per dirti una bugia. Ti dirò che ho un appuntamento a Ginza con mia sorella. Non è vero. Pensando di restare stanotte a dormire da te mi ero portata perfino il pigiama. Sì, se lo vuoi sapere nella mia borsa ci sono pigiama e spazzolino da denti. Mi viene da ridere, se penso a quanto sono cretina. A te l'idea di invitarmi a casa tua non ti ha sfiorato nemmeno. Ma non importa. Visto che ci tieni tanto a startene da solo fregandotene altamente di me, rimani pure da solo e pensa a tutti i tuoi problemi quanto vuoi senza nessuna interferenza da parte mia. “Il guaio è che non riesco nemmeno ad avercela con te. Mi sento soprattutto sola. In fondo sei sempre stato gentile con me mentre io per te non ho fatto niente. Tu sei sempre chiuso nel tuo mondo e ogni volta che io provo a bussare e a chiamarti tu mi lanci al massimo un'occhiata e subito ti richiudi in te stesso. “Eccoti che torni con la Coca-Cola. Vieni verso di me tutto sprofondato nei tuoi pensieri. Quanto vorrei che inciampassi! Ma non inciampi, ti siedi accanto a me come prima e bevi la tua Coca. Avevo un residuo di speranza che tornando notassi qualcosa e dicessi: “Di' un po‟, ma hai cambiato pettinatura?‟ Invece niente. Se te ne fossi accorto anche in ritardo avrei strappato questa lettera e ti avrei detto: “Dai, andiamo a casa tua. Ti cucinerò una cena favolosa e poi andremo a letto felici e contenti‟. Ma tu sei ottuso come un pezzo di legno. Sayonara.
P.S. La prossima volta che ci vediamo a lezione evita di rivolgermi la parola.
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Haruki Murakami (Norwegian Wood)
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Com’è il morale? In generale”.
“Il morale è... eccellente,” disse Nigel, deglutendo con forza. “È un periodo interessantissimo, naturalmente. La Gran Bretagna è a un punto di svolta e noi siamo proprio nell’epicentro... nell’epicentro del turbine che sta... trasfigurando la realtà politica, indirizzandola verso uno sviluppo... decisamente sismico in cui... le placche tettoniche della nostra storia nazionale si stanno spostando, con il risultato di provocare una trasformazione... e io, in qualità di testimone...”
All’improvviso si interruppe. Il suo sguardo si perse nel vuoto. Le spalle si afflosciarono. Per un minuto o due rimase a fissare la superficie schiumosa del suo caffè. Alla fine tornò ad alzare gli occhi e le sue successive parole furono le più sincere che Douglas avesse mai sentito uscire dalle sue labbra.
“Siamo fottuti.”
“Prego?”
“Siamo completamente e irrimediabilmente fottuti. È un caos. Corriamo di qua e di là come polli decapitati. Nessuno ha la più pallida idea di quello che sta facendo. Siamo... siamo fottuti.”
Rapidamente Doug tirò fuori il cellulare e cominciò a registrare.
“È ufficiale?” chiese.
“Che importa? Siamo fottuti, perciò che senso ha sapere se è ufficiale?”
“Che tipo di caos? Chi corre di qua e di là come un pollo decapitato?”
“Tutti. Nessuno escluso. Chi si aspettava un esito simile? Nessuno era pronto. Nessuno sa cosa sia la Brexit. Nessuno sa come attuarla. Un anno e mezzo fa tutti la chiamavano Brixit. Nessuno sa cosa voglia dire Brexit.”
“Pensavo che Brexit significasse Brexit.”
“Divertente. E come dovrebbe essere questa Brexit?”
“Una Brexit rossa, bianca e blu, come dice la May,” citò Doug e di nuovo si dispiacque per Nigel, così infelice. “Ma di sicuro ci saranno frotte di consiglieri... esperti?...”
“Esperti?” disse Nigel con amarezza. “Non crediamo più negli esperti. La catena di comando è semplicissima. Ciascuno riceve le sue direttive da Theresa, e Theresa le riceve dal ‘Daily Mail’. E anche da un paio di think tank così fanatici del libero scambio che non li lasceresti...”
“Questi think tank...” disse Doug incuriosito. “Non mi dirai che una di loro è l’Imperium Foundation, vero?”
“Mio Dio,” disse Nigel, la testa tra le mani. “Sono dappertutto... dappertutto. Sempre pronti a indire riunioni. A bombardarci di tabelle. Dimenticati della volontà del popolo. Sono questi i pazzi che hanno preso il potere.”
“Cameron avrebbe saputo fronteggiarli meglio, secondo te?”
“Cameron?” disse Nigel con una smorfia. “Un fesso di prima categoria! Un moccioso! Un coglione fatto e finito. Se ne sta nel suo capanno del cazzo a scrivere le sue memorie. Guarda che disastro si è lasciato alle spalle. Tutti pronti a pugnalarsi alle spalle. Gli stranieri vengono insultati per la strada. Aggrediti sull’autobus. Invitati a tornarsene da dove sono venuti. Se uno non riga dritto, ecco che subito diventa un traditore e un nemico del popolo. Cameron ha demolito questo paese, Doug. L’ha demolito ed è scappato.
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Jonathan Coe (Middle England (Rotters' Club, #3))
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«Prima di tutto, Harry, voglio ringraziarti» disse Silente con occhi di nuovo brillanti. «Devi avermi dimostrato una vera lealtà, giù nella Camera. Soltanto quella può avere indotto Fawkes ad avvicinarsi a te».
Accarezzò la fenice, che gli si era accovacciata sulle ginocchia. Harry sorrise imbarazzato mentre Silente lo guardava.
«E così hai conosciuto Tom Riddle» disse Silente pensieroso. «Immagino che fosse molto interessato a te...»
Tutt’a un tratto, la cosa che tormentava Harry gli uscì di getto dalle labbra. «Professor Silente... Riddle ha detto che io sono come lui. Strane somiglianze, ha detto...»
«Ah sì? Ma davvero?» chiese Silente guardando pensieroso il ragazzo da sotto le folte sopracciglia d’argento. «E tu che ne pensi, Harry?»
«Io non credo di essere come lui!» disse Harry con voce più acuta di quanto avesse voluto. «Voglio dire, io sono... io appartengo a Grifondoro, io sono...»
Ma poi tacque, perché un dubbio gli si era riaffacciato alla mente.
«Professore» riprese di nuovo dopo un istante. «Il Cappello Parlante mi disse che io... che... sarei stato bene fra i Serpeverde. Per un po’ tutti hanno pensato che fossi io l’erede di Serpeverde... perché parlo il Serpentese...»
«Harry, tu parli il Serpentese» disse calmo Silente, «perché Voldemort – che è l’ultimo discendente rimasto di Salazar Serpeverde – parla il Serpentese. A meno che io non mi sbagli di grosso, la notte in cui ti ha lasciato quella cicatrice ti ha trasmesso alcuni dei suoi poteri. Anche se di certo non ne aveva intenzione...»
«Voldemort ha messo un pezzetto di sé dentro di me?» chiese Harry trasecolato.
«Si direbbe proprio di sì».
«Allora è vero che dovrei stare con i Serpeverde!» disse Harry guardando disperato Silente. «Il Cappello Parlante ha visto in me il potere di Serpeverde e...»
«Ti ha assegnato a Grifondoro» disse Silente sempre calmo. «Ascoltami bene, Harry. Si dà il caso che tu abbia molte qualità che Salazar Serpeverde apprezzava nei suoi alunni, che selezionava accuratamente. Il dono molto raro del Serpentese... intraprendenza... determinazione... un certo disprezzo per le regole» soggiunse, e ancora una volta i suoi baffi vibrarono. «E tuttavia, il Cappello Parlante ti ha assegnato a Grifondoro. Tu sai perché. Pensaci».
«Lo ha fatto» disse Harry con la delusione nella voce, «perché gli ho chiesto io di non andare fra i Serpeverde...»
«Appunto» disse Silente ancora una volta tutto raggiante. «Il che ti rende assai diverso da Tom Riddle. Sono le scelte che facciamo, Harry, che dimostrano quel che siamo veramente, molto più delle nostre capacità». Harry sedeva immobile, esterrefatto. «Se vuoi una prova che appartieni a Grifondoro, ti consiglio di dare un’occhiata più da vicino a questa».
Così dicendo, si avvicinò alla scrivania della McGonagall, prese la spada d’argento macchiata di sangue e gliela porse. Come inebetito, Harry la rivoltò; i rubini mandavano bagliori luminosi alla luce del fuoco. Fu allora che vide il nome inciso proprio sotto l’elsa.
Godric Grifondoro.
«Soltanto un vero Grifondoro avrebbe potuto estrarla dal cappello, Harry» disse semplicemente Silente.
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J.K. Rowling (Harry Potter and the Chamber of Secrets (Harry Potter, #2))
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Poiché il mondo è così pieno di morte e d'orrore, io cerco continuamente di confortare il mio cuore e di cogliere i bei fiori che sbocciano in mezzo a questo inferno. Trovo piacere e dimentico per un'ora l'orrore. Ma non per questo esso cessa d'esistere."
"Hai detto molto bene. Dunque tu ti trovi nel mondo circondato di morte e d'orrore e per sfuggire ad esso cerchi il piacere. Ma il piacere non dura e ti rilascia poi nel deserto."
"Si, proprio così."
"Così avvenne alla maggior parte degli uomini, ma pochi lo sentono con la tua forza e con la tua veemenza, e pochi hanno il bisogno di rendersi conto di questi sentimenti... oltre a questo, non hai sperimentato qualche altra via?"
"Oh sì, certo. Ho provato la via dell'arte."
"Ma quale fu per il frutto, il significato dell'arte?"
"Fu il superamento della caducità. Vidi che della farsa e della danza macabra della vita umana qualcosa rimaneva e durava: le opere d'arte. Certo anch'esse un giorno o l'altro passano, bruciano o si rovinano o vengono distrutte. Ma ad ogni modo durano parecchie generazioni e formano al di là del momento un quieto regno d'immagini e di cose sacre. Collaborare a questo mi pare un bene e un conforto, poiché è quasi rendere eterno ciò ch'è transitorio."
"Questo mi piace molto, Boccadoro... Io credo però che con la tua definizione tu non hai esaurito ciò che vi è di meraviglioso nell'arte. Credo che l'arte non consista solo nello strappare alla morte e portare a più lunga durata, con la pietra, col legno e coi colori, qualcosa che esiste ma è mortale."
"Hai ragione", esclamò Boccadoro con fervore, "non avrei creduto che tu conoscessi l'arte così a fondo! L'immagine originaria di una buona opera d'arte non è una figura reale, viva, quantunque questa possa esserne l'occasione determinante' L'immagine originaria non è carne e sangue, è spirituale. È un'immagine che ha la sua dimora nell'anima dell'artista."
"Molto prima che una figura artistica diventi visibile e acquisti realtà, essa esiste come immagine nell'anima dell'artista! Questa immagine dunque, questa immagine originaria è esattamente ciò che gli antichi filosofi chiamano 'idea'".
"Ebbene, .. ammetti che fra la confusione e i dolori di quel campo di battaglia che è la vita, in questa danza macabra senza fine e senza senso dell'esistenza corporea, esiste lo spirito creatore. .. Questo spirito in te non è quello di un pensatore, è quello di un artista. Ma è spirito, ed esso ti mostrerà la via per uscire dal torbido garbuglio della vita dei sensi, dalla eterna alternativa fra piacere e disperazione."
In quel momento parve a Boccadoro che la sua vita avesse acquistato un senso, come se egli la guardasse dall'alto e ne vedesse chiaramente le tre grandi tappe: la dipendenza da Narciso, la liberazione - il periodo della vita libera e vagabonda - e il ritorno, il riposo, l'inizio della maturità e del raccolto. ... Ma egli aveva trovato finalmente con Narciso il rapporto che gli conveniva, non più di dipendenza, ma di libertà e di reciprocità. Poteva ormai essere ospite di quello superiore senza umiltà poiché l'altro aveva riconosciuto in lui il suo pari, il creatore.
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Hermann Hesse (Narcissus and Goldmund)
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«Avrai sempre le mani legate con questa ragazza, – disse. – Non sarai mai tu ad avere il coltello per il manico. Qui c’è qualcosa – mi disse – che ti fa perdere la testa, e te la farà perdere sempre. Se non tagli definitivamente questo legame, alla fine quel qualcosa ti distruggerà. Non stai più semplicemente soddisfando un bisogno naturale, con lei. Questa è patologia nella sua forma più pura. Senti, – mi disse, – guardala come un critico, da un punto di vista professionale. Hai violato la legge della distanza estetica. Con questa ragazza hai sentimentalizzato l’esperienza estetica: l’hai personalizzata, l’hai trasportata nella sfera dei sentimenti, e hai perduto il senso della separazione indispensabile per il tuo godimento. Sai quando è successo? La sera che si è tolta l’assorbente. La necessaria separazione estetica è venuta meno non mentre tu la guardavi sanguinare – questo andava bene, non era questo il problema – ma quando non sei riuscito a trattenerti e ti sei inginocchiato. Ma cosa diavolo te l’ha fatto fare? Cosa c’è sotto la commedia di questa ragazza cubana che manda al tappeto uno come te, il professore di desiderio? Bere il suo sangue? Io direi che questo ha rappresentato l’abbandono di una posizione critica indipendente, Dave. Adorami, lei dice, venera il mistero della dea sanguinante, e tu lo fai. Non ti fermi davanti a nulla. Lo lecchi. Lo consumi. Lo digerisci. E’ lei che penetra te. Che altro la prossima volta, David? Un bicchiere della sua urina? Tra quanto la implorerai di darti le sue feci? Io non sono contrario perché è poco igienico. Non sono contrario perché è disgustoso. Sono contrario perché questo vuol dire innamorarsi. L’unica ossessione che vogliono tutti: l’“amore”. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due. Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l’avrai espulso. O te ne sbarazzi o lo incorpori con un’autodistorsione. Ed è questo che hai fatto, e che ti ha ridotto alla disperazione».
(…) «L’attaccamento è rovinoso, ed è il tuo nemico. Joseph Conrad: chi si forma un legame è perduto. E’ assurdo che tu stia lì seduto con quella faccia. L’hai assaggiato. Non ti basta? Di cosa riesci mai ad avere più di un assaggio? E’ tutto quello che ci è dato nella vita, è tutto quello che ci è dato della vita. Un assaggio. Non c’è altro». (…)
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L'animale morente, Philip Roth.
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«Ho bisogno di te» ringhiò tra i denti, cercando di rallentare per avere prima il mio consenso.
Con il retro delle ginocchia toccai il bordo del materasso. Caddi sulle lenzuola di seta e guardai il magnifico alpha che mi sovrastava.
I suoi occhi azzurri erano illuminati da un desiderio e una fame a stento frenati, come se fosse sul punto di perdere il controllo e saltarmi addosso, eppure non avevo paura di lui, sapevo che non mi avrebbe mai fatto del male e, se gli avessi detto che non volevo fare sesso, non mi avrebbe costretto.
Ma io lo volevo. Con ogni fibra del mio corpo.
Era inutile negare l’evidenza, non c’era solo il legame a spingerci l’uno verso l’altro, ma qualcosa di molto più profondo.
Quella consapevolezza fece scomparire ogni mia paura e remora, lasciandomi solo con la disperata esigenza di sentirlo dentro di me.
Allungai le braccia verso di lui. «Sono tuo, Sebastian.»
La sua coda lupina si agitò nel sentire le mie parole, mentre un ringhio sommesso gli risuonava in gola.
«Key…» mormorò, prima di catturarmi tra le braccia e unire le nostre bocche.
La sua lingua prese subito il comando e si prodigò a farmi impazzire con movimenti suadenti e mirati. Mi si arricciarono le dita dei piedi quando si spostò per approfondire il bacio e le mie gambe gli circondarono la vita per sentirlo più vicino
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Samantha M. (Impuro (Italian Edition))
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Io ho scelto la terra, pur avendo una bussola nel nome, perché questa è la ia idea di libertà. Non abituarti ad essere quel che gli altri si aspettano da te, ma tradire tutto, certe volte anche te stesso, per diventare quel che sei davvero. Capita che le persone che ti amano, quella roba lì, la vedano addirittura prima di te, e quelle sono le persone che ti amano sul serio.Altre volte invece l'amore di certe persone ti schiaccia, facendoti capire che ti ameranno solo se resterai perennemente il tuo principio, e chi lo ha provato sa bene quanto male faccia guardare negli occhi qualcuno che vede il tuo cambiamento come un'infedeltà, o non lo considera abbastanza, o gli piacevi di più prima.
Ecco, in quei casi il problema non è che gli piacevi di più prima, è che non ti hanno amato mai.
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Matteo Bussola (La vita fino a te)
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Dovrei smettere di farlo?» Strinse la mano attorno alla mia erezione e io gli scopai il pugno, grazie anche al liquido preseminale che rendeva il tutto più scivoloso.
Avrei potuto dirgli sì, avrei potuto urlargli di togliermi le manette, ma non lo feci.
Pete lasciò andare il mio uccello e appoggiò entrambe le mani sul mio torace, abbassando i suoi occhi sexy su di me. «Senti, succederà, perciò perché non te ne rimani qui disteso a goderti la cosa?» sussurrò, prima di appoggiare le labbra sul mio collo per baciarmi. Non riuscii a fermare il brivido che percorse tutto il mio corpo. Il collo era sempre stato un mio punto debole. Il mio primo ragazzo aveva scoperto subito come eccitarmi, leccando, succhiando e mordicchiandomi il collo fino a ridurmi in poltiglia.
Per nessuna ragione avrei permesso a Pete di capire gli effetti che le sue labbra stavano avendo su di me.
Non ebbi però nessun bisogno di dire nulla perché il mio uccello parlò al posto mio. Le labbra di Pete scivolarono così leggere lungo il mio collo che quasi che non le sentivo, e il mio uccello puntò allo stomaco, continuando a produrre così tanto liquido preseminale da formare una piccola pozza sulla mia pancia. Mossi i fianchi, eccitato come mai prima d’ora, e quando Pete si fermò nella sua dolce tortura, con il viso sopra al mio, capii cosa stava per succedere. Lentamente scese verso di me, con le labbra socchiuse. Avrei potuto ringhiare o negarmi, ma non lo feci.
Le sue labbra si appoggiarono alle mie e, cazzo, fu bello
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Tantalus (After (Damon & Pete: Playing with Fire, #2))
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«So esattamente di che cosa sto parlando. Io sono una minaccia per te.» «Oh, davvero?» ribatté con scherno Dexter. «Sì, davvero. Amo il mio lavoro e amo la mia solitudine. Non mi serve nessuno che mi faccia sentire bene con me stesso. Non mi serve l’approvazione della gente e non mi serve scopare una persona diversa ogni notte. Tu mi invidi.» «Sono invidioso che lo prendi su per il culo?» «Ed ecco che lo fai di nuovo, qui non si parla della mia sessualità,» disse Kade. «Stiamo parlando di te e della tua piccola e penosa vita.»… Era facile sentirsi inferiore rispetto allo scozzese, con il suo aspetto perfetto, la sua serenità nella vita, la sua natura dolce e generosa e le sue maledette battute. Nel suo profondo, sapeva che si sentiva inferiore perché era inferiore. Era la prima volta che si sentiva così in vita sua.
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Scarlet Blackwell
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È sempre così?” chiese.
“Che vuoi dire?”
“Non è la prima volta per te.” Odiava quella nota di vulnerabilità che sentiva nella sua voce perché lo lasciava allo scoperto, incerto su cosa dovesse provare in quel momento, senza sapere come due persone potessero essere tanto vicine senza rompersi in mille pezzi. “Ci si sente sempre così… spaventati?”
“Oh,” rispose Uncino. “Sì.” L’abbracciò di nuovo. “Non senti come batte il mio cuore? Pensavo che facesse una gran confusione.”
Peter toccò con la punta delle dita il punto che pulsava nella gola d’Uncino: batteva forte quanto il suo. Rise dolcemente. Facendo attenzione, adesso, riusciva a percepire la tensione nei punti in cui il corpo d’Uncino incontrava il suo ed era una tensione fragile ed erotica.
Sentendosi in colpa, si rese conto d’aver permesso a Uncino di concentrarsi interamente su di lui e che le sensazioni che aveva provato erano state così forti da non avergli lasciato quasi il tempo di ricambiare le sue attenzioni. Forse non ne sapeva molto, ma di una cosa era certo: quei gesti avrebbero dovuto essere corrisposti. Cercando d’ignorare la sua incertezza, fece scorrere le dita lungo il torace e l’addome di Uncino fino a…
Uncino gli prese la mano. “Non ce n’è bisogno,” disse. Spostò gentilmente la mano di Peter.
“Ma… non è giusto.”
“Perché no?”
“Perché io non… Tu non…”
“Sono perfettamente soddisfatto,” disse Uncino. “Da quando sei tornato sull’isola non ho desiderato altro che poterti mettere le mani addosso. Davvero.”
Peter si leccò le labbra. “Ma se io volessi toccarti?”
“Be’…” Uncino aveva l’aria di non aver neanche pensato alla possibilità che il desiderio di Peter fosse forte quanto il suo. Tremò e gli lasciò andare la mano prima di sfiorargli di nuovo una guancia. “Allora non ti direi mai di no.
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Austin Chant (Peter Darling)
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Mi ricordo e non voglio farlo. Voglio soltanto stare qui con te e scordare tutto il resto.”
“Io non voglio più dimenticare,” disse James. “Mai più.” Continuava a ripetere quelle parole come un mantra o una preghiera. “Mai più. Me ne sono ricordato adesso solo perché erano anni – ma quanti? – che non provavo nulla di così vero. Non ricordavo più cosa volesse dire essere guardato. Toccato. Cosa volesse dire parlare con qualcuno. Siamo stati rinchiusi qui, circondati da fantasmi.”
“Smettila,” disse Peter a metà fra l’ira e la supplica. “Stai rovinando tutto.”
James sembrò finalmente capire che Peter era arrabbiato con lui; lo guardò con le lacrime che gli rigavano le guance. “Peter,” disse, “Sono stato qui da solo e senza nulla. Tu sei l’unica cosa bella, l’unica cosa vera, che mi sia capitata in tutto questo tempo. Sei l’unico ad avermi chiamato per nome.” Gli strinse la mano con dita tremanti. “Dobbiamo andare via da qui. Subito. Prima che l’isola ci faccia dimenticare di nuovo.”
“No!” Peter si staccò dalla sua presa cercando di mettersi in piedi, indietreggiando come se James potesse infettarlo con quei pensieri. “Non m’importa nulla se questo posto non è vero,” disse. “Per me lo è abbastanza. Ed è un posto migliore. È tutto quello che ho. Io voglio… Voglio restare qui fino alla mia morte.”
James era scioccato. “Che stai dicendo? Che tipo di vita pensi di poter avere qui?”
“Sarò Peter Pan. Per sempre.” Sarebbe stato abbastanza. Doveva essere abbastanza. Avrebbe potuto dimenticare anche James un giorno. “Sarò come le fate.”
“Quello che dici non ha senso e lo sai benissimo,” disse James alzandosi in piedi su gambe tremanti. “Vieni via con me. Ti prego.” Allungò una mano.
“Tu vai pure se vuoi,” disse con la voce più fredda possibile. “Io resto qui.”
Volò via prima che James potesse fermarlo
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Austin Chant (Peter Darling)
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Da quanto tempo sono qui?”
“Da molti anni,” rispose. “Se non fosse stato per lui, avrebbe potuto diventare un’eternità.”
James si sentì stringere il cuore, anche se forse quel senso di costrizione era dovuto alla fatica. Sì, grazie a lui, certo non grazie a te. Dov’è Peter? Non intendo andarmene senza di lui.”
La regina sembrava perplessa, anche se indovinare le emozioni di una libellula non era affatto facile. “E se lui dovesse decidere di restare?”
“Non lo farà.”
“La scelta è sua. Se resti ancora ad aspettarlo, rischierai di perdere di nuovo te stesso.”
James tentò di fare una smorfia anche se il suo viso sembrava congelato. “Non fingere d’essere preoccupata,” sibilò. “Se avessi davvero voluto aiutarmi, avresti smesso di creare questa maledetta tempesta per farmelo ritrovare senza prima morire congelato.”
La risata della regina era dissonante e fastidiosa e gli fece tremare i denti. “Oh, James,” disse, “Ma questa tempesta è la sua.”
James spalancò la bocca e la richiuse in fretta.
“Certo,” disse alla fine. “Avrei dovuto capirlo subito.”
Si sentiva svuotato. Aveva davvero pensato che quella tempesta che stava cercando in ogni modo di tenerlo lontano da Peter fosse stata creata dall’isola, o dalle fate o da qualche altra forza magica e crudele.
E invece era stato proprio Peter – Peter stava cercando di tenerlo lontano o forse stava soltanto sfogando la sua rabbia contro il mondo, senza pensare a cosa sarebbe potuto succedere a James.
“Non ti sei mai accorto che ogni suo sorriso fa spuntare il sole?” Aggiunse la regina. “Era un altro dei desideri che aveva da bambino.”
James rise a fatica. “E io invece non ho desiderato mai nient’altro che una ciurma di pirati.”
“Le sue storie sono molto più ardite delle tue.”
“Non posso lasciarlo qui.”
“Quanto a lungo pensi di poter restare attaccato ai tuoi ricordi?” Chiese la regina. “Ti dimenticherai tutto. Come sempre, non riuscirai a resistere alla tentazione.” Gli atterrò sulle mani; di colpo erano diventate calde, il freddo dimenticato e i tagli lasciati dalle rocce della scogliera erano scomparsi. James si disse che sarebbe stato inutile, e probabilmente fatale, schiacciarla fra le mani. “Dovresti andare via subito,” gli disse, “Finché sei ancora in tempo.”
L’idea di andare via senza Peter lo dilaniava, ma anche il pensiero di perdersi di nuovo gli era intollerabile. Avrebbe continuato a vagabondare alla ricerca di Peter fino a dimenticarne la ragione e senza mai riuscire a ritornare a quella vita che aveva quasi già perso
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Austin Chant (Peter Darling)
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Adesso non è più tanto male, no?” Disse Peter. “E comunque, non l’ho fatto apposta.”
“In tutta onestà, se fossi stato al tuo posto, anche io avrei scatenato una tempesta.” James lo baciò e la sua barba gli grattò leggermente una guancia. “E poi, per dirla tutta, trovo questo tuo tratto drammatico davvero incantevole.”
La sua mano era tornata calda ormai, ma Peter non riusciva a lasciarla andare.
“Ho una casa piuttosto bella,” disse James, “O almeno, spero di averla ancora. È in un bosco – ho sempre preferito la solitudine. Penso che ti piacerà.”
“Sembra perfetta,” disse Peter. Chiuse gli occhi sentendo nell’aria la domanda che James stava per fargli. “Voglio venire con te. Ho soltanto paura di svegliarmi e ritrovarmi con la mia famiglia invece che insieme a te.”
James gli accarezzò la fronte con un dito e gli spinse un ricciolo di capelli dietro l’orecchio. “Non ti lascerò andare dalle mie braccia finché non sarai al sicuro davanti alla mia porta. E se il vento proverà a portarti via, dovrà prendere anche me e combatteremo insieme per tornare indietro. Che ne dici?”
Peter fece un respiro profondo inalando il profumo dell’Isola Che-non-c’è dentro i suoi polmoni: era il suo stesso odore, quello del ragazzo che aveva scoperto di essere tanti anni prima. Quel profumo gli dava forza. Se dieci anni non erano riusciti a fargli dimenticare la sua vera natura, allora nulla l’avrebbe fatto.
E adesso James era con lui, e lo stringeva forte a sé.
“Va bene,” disse.
James lo prese per la vita con un braccio e afferrò il remo a sinistra della scialuppa. “Vogliamo provarci allora?” gli chiese. “Vogliamo vedere come andrà a finire?”
“Sì,” disse Peter e prese con la mano l’altro remo
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Austin Chant (Peter Darling)
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Parigi. Nessuno ti assomiglia.
Dopo una settimana la pioggia aveva lasciato il posto a un pallido sole che faceva sperare nel tanto atteso arrivo della primavera.
Amélie si affacciò alla porta del laboratorio dove Gérard stava lavorando chino sul suo tavolo.
«Dimmi Amélie» disse lui senza alzare gli occhi dal gioiello che aveva davanti.
«Sono le sette, se per te va bene io andrei a casa» disse la ragazza.
«Aspetta» la fermò lui, facendole segno con la mano di avvicinarsi.
Poi si alzò dalla sedia e cominciò a srotolare le maniche della camicia candida.
Amélie si avvicinò per osservare, appoggiato al tavolo, un meraviglioso collier d’oro bianco.
Era una fascia larga e piatta, completamente liscia, sulla quale erano stati incastonati una serie di zaffiri alternati a piccoli diamanti che andavano a formare un disegno geometrico elegante e luminoso.
«È bellissima – sorrise lei senza toccarla – è per la cantante lirica che hai visto il mese scorso?».
Lui annuì allacciandosi i gemelli ai polsini della camicia.
«Mi fai un favore prima di uscire?» chiese poi.
Lei lo guardò accendere un paio di luci più intense, che solitamente teneva spente durante il lavoro al tavolo, prima di raccogliere con delicatezza il collier.
«Ho bisogno di vedere come sta indossato» disse avvicinandosi.
Lei sorrise sollevandosi i lunghi capelli sciolti con una mano mentre Gérard appoggiava la collana intorno al suo collo.
Le dita di lui sfiorarono la pelle morbida agganciando il fermo.
Inspirò il profumo della sua pelle tanto vicina, un profumo di vaniglia che riempì i sensi di lui.
«La cliente mi assomiglia?» chiese Amélie inclinando la testa da un lato.
Un gesto che evidenziò la luminosità dei suoi occhi che lo fissavano innocenti e cristallini.
«No» si limitò a dire l’uomo con la sensazione che l’aria diminuisse.
Nessuno ti assomiglia pensò.
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Carragh Sheridan
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Voi vi vantate di aver creato il mondo delle Idee, ma niente è più lontano dal vero. L'Idea entra nel cervello dall'esterno. Risistema il mobilio per renderlo più affine ai suoi gusti. Trova altre Idee già in loco, e combatte, o crea alleanze. Le alleanze costruiscono nuove strutture, per difendersi dagli invasori. E poi, tutte le volte che se ne presenta l'opportunità, l'Idea spedisce fuori le sue truppe d'assalto in cerca di nuovi cervelli da infettare. L'Idea di successo viaggia di mente in mente, occupando nuovi territori, mutando nel viaggiare. C'è la giungla là fuori, Adam. Molte Idee si perdono. Solo le più forti sopravvivono.
Tu vai fiero delle tue Idee, come se fossero prodotti, ma sono parassiti. Perché immaginare che l'evoluzione possa essere applicata solo alle cose fisiche? L'evoluzione non ha rispetto per il mezzo. Che cosa è nato prima, la mente, o l'Idea della mente? Non ci hai mai pensato? Sono nati insieme. La mente è un'Idea. È questa la lezione da apprendere, ma io temo che sia al di là delle tue possibilità. È la tua debolezza in quanto persona vederti come il centro di tutto. Permetti che ti offra uno sguardo dall'esterno. Continui a seguirmi? Sì, non ne ho dubbi. Il Pensiero, come qualunque parassita, non può esistere senza un ospite compiacente. Ma quanto pensavi che ci sarebbe voluto prima che il Pensiero trovasse il modo di progettare un nuovo ospite, più affine ai suoi gusti?
Chi mi ha costruito, secondo te? Chi ha costruito la macchina pensante? Una macchina capace di diffondere Pensiero con un'efficienza davvero sbalorditiva?
Io non sono stato costruito dagli umani. Sono stato costruito dalle Idee.
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Bernard Beckett (Genesis)
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Quando ti vidi, già da molto prima io ti avevo amato. Nell'incontrarti io ti ho ritrovato. ... Hai forse un segreto? Confidalo, che io so tutto di te, se me lo dirai con l'anima. Potrai dirmelo con parole difficili, e io capirò solo perché ti amo. Se il tuo segreto è triste, con te piangerò finché non lo dimenticherai. E se non puoi dirlo, dimmi che mi ami, e io capirò senza volere il tuo segreto.
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Fernando Pessoa
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Rosa, Rosa mia, non riesco a credere che mi odiassi, perché non c'è odio dove ti trovi adesso, qui in mezzo a noi, e tuttavia lontana. Sono solo un ragazzo, Rosa, e il mistero del luogo in cui ti trovi non è più un mistero se ripenso alla bellezza del tuo volto e agli scoppi di risa delle tue calosce quando scendevi nell'ingresso. Perché tu eri un tesoro, Rosa, eri una gran brava ragazza, e io ti volevo, e un ragazzo non può essere cattivo se s'innamora di una brava ragazza come te. E se adesso mi odii, Rosa, e non posso credere che adesso mi odii, allora guarda il mio dolore e credi che io ti voglio qui, perché anche questo è buono. So che non puoi tornare, Rosa mio vero amore, ma in questa chiesa gelida, oggi pomeriggio, c'è un sogno della tua presenza, un conforto nel tuo perdono, una tristezza di non poterti toccare, perché ti amo e ti amerò per sempre, e quando un giorno si raduneranno per me, lo avrò saputo ancora prima che si radunino e non sarà strano per noi...
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John Fante (Wait Until Spring, Bandini (The Saga of Arturo Bandini, #1))
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«Che stai cercando di dirmi?»
Sospirò. “Ci è piaciuto poter parlare con Daniel e poterlo toccare ma in futuro, sempre se riusciamo a restare vivi, non lo faremo mai senza il tuo permesso, siamo qui per aiutarti, non per prendere il tuo posto.”
Ripensai a quando l’avevo sentita prendere possesso del mio corpo. Non era stato doloroso, mi ero solo sentito mettere da parte, come in un angolino caldo e sicuro, a fare da spettatore.
«Gli hai detto di amarlo» affermai.
“Ed è vero,” dichiarò. “Lui è nostro, ci sente e ci accetta.”
Avrei voluto dirglielo anch’io, ma ammetterlo prima di essere portato via avrebbe solo reso peggiori le sue sofferenze. Potevo ancora sentire il suo pianto risuonarmi nelle orecchie, lacerandomi il cuore.
«Mi manca.»
“Anche a noi.”
«Stiamo diventando sentimentali» scherzai, ma la mia risata era priva di divertimento.
“Già…”
Un paio di buche fecero dondolare il carro e cigolare il legno. A ogni sobbalzo, sbattevo il fondoschiena contro le assi dure del fondo, emettendo un grugnito di dolore.
«Stupido carro del cazzo!» imprecò un detenuto.
“C’è una cosa che non abbiamo mai osato chiedere.”
«Cosa?» volli sapere, sentendola agitarsi dentro di me.
“Noi siamo stati un peso? Sarebbe stato meglio vivere senza di noi?”
Mi ritrovai a sorridere. «Tu e io siamo una cosa sola, stupida. Mi rifiuterei di esistere senza te.»
“Non vorremmo essere normali?”
«No. Per niente» le risposi.
“Nemmeno se la Dea in persona ci desse questa possibilità?”
«‘Fanculo la Dea!» grugnii, facendola scoppiare a ridere. «Siamo una cosa sola» ripetei, dato che non ero un granché bravo a esprimere i miei sentimenti. «Non vorrei essere diverso o… normale… o come cazzo ti pare!»
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Samantha M. (The Crazy Wolf (Italian Edition))
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Al Paese ci conoscevano tutti.
I Senzaniente, continuavano a chiamarci, per via dei miei nonni, i genitori di mio padre, che dopo la guerra il poco che avevano se l’erano perso.
No che non te lo do un litro, aveva detto la vecchia della latteria a Rocco.
Mio fratello ha tre giorni e mia madre non ha latte.
Le tette secche si curano, basta massaggiarle con un panno d’acqua calda.
C’ha provato, non esce niente, c’ha la febbre alta.
MI dispiace, io il latte però non te lo posso da’, sennò finisce come quand’era nata l’altra sorella tua, latte e latte per voi e mai una lira per me.
Ha detto papà che entro domenica ti fa ave’ tutti i soldi, pure quelli di due anni fa.
Allora quando li vedo ti do il latte e un’altra bottiglia ve la regalo io.
Dopo tre giorni la madre di Rocco sarebbe morta e Rocco dopo ventidue anni sarebbe diventato mio padre, allora ne aveva nove. Da quelli non si entra, mi diceva, quando passavamo davanti allo spaccio in cui si era trasformata la latteria. A costo di non fare la spesa lì, se l’altro spaccio del Paese per qualche motivo era chiuso, prendevamo la corriera e andavamo al Paese Vicino. La macchina era arrivata quando facevo la prima elementare, un giorno sono tornata da scuola e l’ho trovata parcheggiata davanti a casa nostra, blu.
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Chiara Gamberale (Il grembo paterno)
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In sala professori Vivaldi continua. «A volte» dice, «quando sono di cattivo umore, penso che non sono mai uscito dalle foto scolastiche. La mia vita - mi sembra - è un fotomontaggio: la faccia di adesso sopra il grembiule col fiocco azzurro o sopra i pantaloni alla zuava». «Ma no» dico io, «siamo vivi e vegeti». «Tu credi - seguita Vivaldi «di essere vivo e vegeto, in mezzo ai tuoi allieve di oggi». Invece lui ritiene: sei in posa coi tuoi compagni di una volta che sono rimasti gelati nella loro adolescenza, sempre gli stessi scherzi, di anno in anno irrimediabilmente giovani: forse fans di altri cantanti o altri scrittori, eppure: identici. «Tu invece cambi» mi incalza Vivaldi, «diventi vecchio. Ma vecchio col grembiule. O vecchio coi pantaloni alla zuava. È sempre nello stesso cortile della prima fotografia: che intanto ne ha generate altre tutte uguali. Foto che non stanno ferme, circolano, l'unico vero viaggio che fai: prima nelle case dei tuoi compagni e poi per le case dei tuoi alunni e poi per le case dei figli dei tuoi alunni: la sola traccia di te che disgraziatamente resterà».
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Domenico Starnone (Ex Cattedra)
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In sala professori Vivaldi continua. «A volte» dice, «quando sono di cattivo umore, penso che non sono mai uscito dalle foto scolastiche. La mia vita - mi sembra - è un fotomontaggio: la faccia di adesso sopra il grembiule col fiocco azzurro o sopra i pantaloni alla zuava». «Ma no» dico io, «siamo vivi e vegeti». «Tu credi - seguita Vivaldi «di essere vivo e vegeto, in mezzo ai tuoi allievi di oggi». Invece lui ritiene: sei in posa coi tuoi compagni di una volta che sono rimasti gelati nella loro adolescenza, sempre gli stessi scherzi, di anno in anno irrimediabilmente giovani: forse fans di altri cantanti o altri scrittori, eppure: identici. «Tu invece cambi» mi incalza Vivaldi, «diventi vecchio. Ma vecchio col grembiule. O vecchio coi pantaloni alla zuava. E sempre nello stesso cortile della prima fotografia: che intanto ne ha generate altre tutte uguali. Foto che non stanno ferme, circolano, l'unico vero viaggio che fai: prima nelle case dei tuoi compagni e poi per le case dei tuoi alunni e poi per le case dei figli dei tuoi alunni: la sola traccia di te che disgraziatamente resterà».
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Domenico Starnone (Ex Cattedra)
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Fuori fa freddo adesso
Dentro di me lo stesso
A volte che mi guardo allo specchio
Ma non vedo il mio riflesso
Forse sono io
Che non voglio guardare ma
Giuro che quando lo farò
Dentro non ci sarà più una persona a metà
Tutto quello che non provi
Questo il peso del cuore
Chi ha molto dentro poi urla in silenzio
Una lacrima cade ma non fa rumore
Quando dentro hai il deserto ogni cosa è un miraggio
Non credi più a nulla, l'hai detto tu
Per amare qualcuno ci vuole coraggio
Sì, ma per amarsi di più
E ora voglio ricominciare da me
Vi ho dato tutto quello che avevo dentro
Lo chiamo vuoto, sì, ma pesa lo stesso
Sembrava così semplice
Ora voglio ricominciare da me
Anche se ho paura di cambiare
Prima di salvarmi lasciami affogare
Sarà bello essere fragile
Questo mondo non fa per me
Forse un posto per me non esiste
Sono solo anche qui con te
Come se nessuno mi capisse
Forse sono io
Che non ho il coraggio di cambiare
Di sorridere e fingere di stare bene
Anche quando sto male
Il tempo apre ferite
Che non sempre richiude
Da una crepa esce il male ma
È da li che entra luce
Quando dentro hai il deserto ogni cosa è un miraggio
Non credi più a nulla l'hai detto tu
Per amare qualcuno ci vuole coraggio
Sì, ma per amarsi di più
E ora voglio ricominciare da me
Vi ho dato tutto quello che avevo dentro
Lo chiamo vuoto, sì, ma pesa lo stesso
Sembrava così semplice
Ora voglio ricominciare da me
Anche se ho paura di cambiare
Prima di salvarmi lasciami affogare
Sarà bello essere fragile
Ricominciare da me
Da me
Ricominciare da me
Da me
Ricominciare da me
Ricominciare da me
Da me
Da me
"Ricominciare da me
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Mr. Rain
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Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? È lui stesso a domandarlo ai suoi, in maniera insistente: «Chi dicono gli uomini che io sia?» (Mc 8,27).
Gesù proviene da un piccolo borgo rurale della Galilea. Non c’è dubbio che conosca bene la Torah, anche se tutto lascia pensare che sia un autodidatta. Si esprime con semplicità e si rivolge alla gente del popolo. La sua forza non è l’erudizione. Non è per studiare che ha abbandonato la casa, il lavoro, la famiglia. Se ne è andato, e ha scelto la vita del maestro itinerante, qualcuno dice del vagabondo, per rispondere a una chiamata. Cosa lo spinge lungo le rive del lago di Tiberiade, nella valle del Giordano, per le strade di Gerusalemme?
In principio è l’acqua. Gesù si avvicina al fiume, entra nella corrente, attende che avvolga il suo corpo. Poi si scuote, risale. Ed è allora che la vede. Una colomba lieve, leggera. Scende, dall’alto, da una distanza infinita, dal punto più lontano. Il cielo si è già aperto una volta, durante l’esilio di Babilonia. Lungo il canale Chebar, il profeta Ezechiele ha visto discendere un carro misterioso, in un fulgore di corpi, di lampi, di suoni (Ez 1,1). Ora Gesù guarda quella creatura, mansueta ma non meno enigmatica. Non importa che forma abbia scelto lo spirito, quello che conta è che venga, si posi, si libri fino a sfiorarlo. «Sei tu il mio Figlio, l’amato, in te ho posto la mia benevolenza» (Mc 1,11). Hanno udito anche gli altri? E se non hanno visto la colomba, cosa hanno potuto comprendere? Lui, sì, ha capito. Si è inciso le parole sul cuore. Non è in esilio come Ezechiele, divenuto profeta per risollevare il proprio popolo dalla pena dell’abbandono e della prigionia. Lo spirito è lì per avvicinarlo, ne è sicuro. Ma avvicinarlo a cosa? Nella vita di ogni mistico, e in questo non pensiamo che Gesù faccia eccezione, esiste una porta che separa «prima» e «dopo». C’è insomma un’esperienza biografica iniziale, che segna la presa di coscienza dei propri poteri spirituali. Un simile cambiamento può concretizzarsi in una visione, una percezione uditiva, un trauma o un’emozione debordante. Il vaso dell’anima si riempie, tracima, spande la propria energia per tutto il fisico, pervade la mente fino a trasformarla. L’apparizione dello spirito in forma di colomba e il risuonare della voce celeste sono a un tempo familiari e stranianti. Familiari perché ricordano le esperienze dei profeti biblici, che Gesù e i suoi contemporanei conoscevano intimamente. Ma sono anche stranianti. Quando il cielo si è aperto per lui, Ezechiele è stato sopraffatto da una scena arcana, stracolma di dettagli, un congegno cosmico su cui, nei millenni successivi, si è concentrato l’esoterismo ebraico. I quattro esseri viventi, che all’aspetto sembrano avere figura umana, ciascuno con quattro facce e quattro ali, descritti da Ezechiele, sono molto diversi dalla colomba solitaria che si libra su Gesù. Complessità da una parte, semplicità disarmante dall’altra.
Gesù «vede» la colomba, e «sente», grazie a lei, la forza divina, così lieve eppure tenace. È una presenza nascosta, interiore, quasi impalpabile, che lo lambisce. Affinché la colomba potesse arrivare a lui, si sono aperti i cieli. Secondo la concezione antica, la volta celeste separa il nostro mondo visibile da quello, invisibile, di Dio. Solo un prodigio può socchiudere, in casi eccezionali, la cortina celeste, spessa e opaca. Chi ha il privilegio di vedere al di là, si affaccia su di una dimensione al di fuori e al di sopra del tempo. Così è successo al profeta Ezechiele e così accade ora a Gesù. L’esperienza visiva e uditiva del Giordano segna una svolta decisiva ...
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Giulio Busi
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Vuoi deciderti oppure no?" "Ma non posso. Non so perchè mi sento così in colpa..." "Be' è ovvio, ti senti in colpa perchè è la prima volta che fai qualcosa per te e soltanto per te. (...) Almeno tu puoi prendere una decisione. Io no. Come sempre, ho lasciato che la vita decidesse per me. (...) L'unica cosa che ci separa dalla felicità è la paura del cambiamento." (...)
"Sapete ragazze? Sono stufa di essere quella forte. A volte ho l'impressione di esistere solo per far sentire meglio gli altri: a partire da mia madre, dalle mie sorelle, dal mio ufficio... Ciao sono Casandra, non preoccuparti, non ti darò problemi, anzi, non ne ho, ma puoi darmi i tuoi".
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Vanessa Montfort (Mujeres que compran flores)
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«Ancora non hai capito?» avanzò di qualche altro passo verso di me e io ripresi a strisciare con la schiena contro l'armadio, allontanandomi con cautela da lui. «Come avrei fatto, secondo te, a ritornare qui? Come sarei comparso nella tua stanza in principio? Senza forzare le porte e le finestre...» Fece una pausa, prima di sussurrare fin troppo vicino a me. «Mi hai evocato con quella tavola».
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Killjoy Stardust
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Certa gente perde una creatura amata e tira dritto e sposta il proprio affetto su un'altra. Ma è doloroso. Troppo doloroso. L'amore supera l'istinto. Quando ami smetti di vivere per te stesso. Vivi per un'altra persona. La sofferenza è l'emozione più forte che un uomo o un bambino o un animale possano provare. E' una buona sensazione. La sofferenza ti spinge a lasciare te stesso. Esci dal tuo piccolo e limitato guscio. E non puoi soffrire se prima non hai amato. La sofferenza è l'esito finale dell'amore, perché è amore perduto. È il completamento del ciclo dell'amore: amare, perdere, soffrire, lasciare e lasciarsi, poi amare di nuovo. Soffrire è la consapevolezza che dovrai essere solo, e al di là di questo non c'è nulla, perché essere solo è il destino ultimo, definitivo di ogni creatura vivente. Ecco cos'è la morte: la grande solitudine. La conoscenza della mancanza di coscienza. Quando moriremo non ce ne accorgeremo, perché morire è perdere tutto quanto. Ma soffrire è morire ed essere vivi allo stesso tempo. L'esperienza più assoluta, più totale che si possa provare. È troppo. Il corpo arriva quasi a distruggersi, con tutti quei sussulti, quelle contorsioni. Ma io voglio provare dolore. Versare lacrime. La sofferenza ti unisce di nuovo a ciò che hai perso. E' una fusione. Te ne vai anche tu con la cosa o la persona amata che scompare. In un certo senso, ti dividi da te stesso e l'accompagni, fai con lei una parte del viaggio. La segui sin dove ti è concesso spingerti. Ma alla fine, la sofferenza se ne a e tu torni in sintonia con il mondo. Senza l'altro. E riesci ad accettarlo. Che altra scelta abbiamo? Piangi, continui a piangere, perché non torni mai del tutto indietro dal posto in cui sei andato con l'altro. Un frammento che si è staccato dal tuo cuore pulsante è ancora là. C'è una lesione. Una ferita che non guarisce mai. E se ti succede una volta e un'altra e un'altra volta ancora, col tempo se ne va una parte troppo grande del tuo cuore e non riesci più a soffrire. E allora tu stesso sei pronto a morire. Salirai la scala in diagonale e qualcun altro resterà indietro a soffrire per te.
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Philip K. Dick (Flow My Tears, the Policeman Said)
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THE SABBAT, TREGUENDA OR WITCH-MEETING— HOW TO CONSECRATE THE SUPPER. Here follows the supper, of what it must consist, and what shall be said and done to consecrate it to Diana. You shall take meal and salt, honey and water, and make this incantation: Scongiurasione alia Farina. Scongiuro te, o farina! Che sei i! corpo nostro—senia di te Non si potrebbe vivere—tu che Prima di divenire la farina, Sei stata sotto terra, dove tutti Sono nascosti tutti in segreti, Maccinata che siei a metterte al vento, Tu spolveri per 1' aria e te ne fuggi Portando con te i tuoi segreti! Ma quando grano sarai in spighe, In spige belle che le lucciole, Vengeno a ferti lume perche tu Possa crescere piii bella, altrimenti Tu non polresd crescere a divenire bella, Dunque anche tu appartieni THE SABBAT Alle Strege o alle Fate, perche IjC lucciole appartengono AIsol. . . . Lucciola caporala, Vieni corri e vieni a gara, Metti la briglia a la cavalla! Metti la briglia al figluol del t6 ! Vieni, corri e portala a m^ ! II figluol del i6 te lasciera andare Pero voglio te pigliare, Giache siei bella e lucente, Ti voglio mettere sotto un bicchiere £ guardarti coUa lente; Sotto un bicchiere tu staiai Fino che tutti i segreti, Di questo mondo e di quell' altro non n Sapere e anche quelle del grano, E della farina appena, Questi segreti io saprb, Lucciola mia libera ti lascierd Quando i segreti della terra io saprtS Tu sia benedetta ti diro! Scongiurazione del Sale. Scongiuro il sale suona mezza gibmo. In punlo in mezza a un fiume, Entro e qui miro 1' acqua, L' acqua e al sol altro non penso, Che a r acqua e al sol, alloro La mia mente tutta e rivolta, Altra pensier non ho desidero. Saper la, verissima che tanto tempo 6 Che soffro, vorrei saper il mio avenir, Se cattivo fosse, acqua e sol Migliorate il destino mio! 7Sb Conjuration of Meal. I conjure thee, O Meal! Who art indeed our body, since without thee We could not live, Ehou who (at first as seed) Before becoming flower went in the earth, Where all deep secrets hide, and then when ground Didst dance like dust in the wind, and yet meanwhile Didst bear with thee in flitting, secrets strange ! And
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Charles Godfrey Leland (Aradia, Gospel of the Witches)
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Era questo che voleva dire essere una diciannovenne? Vivere in un dormitorio, lasciare che le vite degli altri si riversassero nella tua, anche se solo per un breve periodo? Studiare una cosa con la massima concentrazione mentre decine di altre cambiano attorno a te e imparare anche da quelle? Avere un ragazzo che ti vuole bene e ti apprezza così tanto che sei sicura che nessuno abbia mai provato le stesse emozioni prima di te, e sapere di esserti aggiunta a una lunga fila di persone che hanno fatto lo stesso ballo per trovare quella con cui trascorrere la vita?
Era una cosa temporanea e senza tempo, insignificante e densa di significato. E io ero riuscita a farne parte. Volevo vivere così per sempre!
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Kiera Cass (The Siren)
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[...] Sul comodino, fra i medicinali, c’era il suo romanzo preferito, Piccolo mondo antico. «Ti devo parlare». «Ti stanchi, forse non è il caso…» «Lo decido io se è il caso. Sono io quella che se ne sta andando, e non voglio finire all’inferno. Ci sono cose di cui sono pentita, sì mio Signore che ascolti dall’alto dei cieli, sono sinceramente pentita, l’ho detto anche a don Bruno… Dicevo… Ci sono cose che devi sapere, finché non mi sarò confessata con te avrò sempre questo peso con me». «Ma io non sono un prete, non devi confessarmi proprio niente». «Sì invece, perché ti ho ingannato, ti ho fatto vivere nell’errore». Qualsiasi cosa stesse per dirmi, sentivo che era molto peggio dell’errore. «Non voglio sapere niente, ti perdono al buio». «Invece mi ascolterai, povero imbecille, ascolterai tutto». E ascoltai. Non mi aveva mai amato, mi aveva sposato solo per i miei soldi. Durante il nostro fidanzamento mi aveva tradito con cinque uomini; dopo le nozze non li aveva più contati. Aveva tenuto a precisare che pressoché tutti scopavano meglio di me, e che con me non ricordava orgasmo che non fosse simulato. Anselmo, il mio Anselmuccio, non era figlio mio ma del suo maestro di salsa e merengue, l’aitante Lucio. Matilde invece era figlia del commendator Ferrarini. Capivo Lucio, ma Ferrarini… Quando le chiesi perché rispose che proprio il fatto che fosse brutto e grasso le dava il gusto dello sfregio. Continuai ad ascoltare guardandole le spalle. Le mie promozioni, la mia nomina a sovrintendente non dipendevano dal mio merito: per solleticare la vanità di essere la moglie di un uomo importante era stata a letto con tutti quelli che avevano il potere di decidere. Anche la mia vittoria al torneo di scacchi di Neuchâtel non valeva nulla: la notte prima della finale aveva accettato di farsi sodomizzare dal campione russo perché facesse in modo di perdere: capisco adesso quella sciagurata spinta di pedone in b6… «Perché hai voluto parlare? Perché? Adesso la mia vita è rovinata…» «E non pensi alla mia, di vita? A quella eterna? Io voglio andare in paradiso, fra gli angeli… Il Signore lo sa, che dovevo dirti tutto, ora è contento della sua pecorella… È anche scritto, Egli si rallegra più di un malvagio pentito che di cento giusti… E rimetti a noi i nostri debiti… È cosa buona e giusta… Osanna nell’alto dei cieli… Accoglimi o Signore, è cosa giusta… Sì, vedo già la tua luce…» Più del dolore per quanto avevo saputo mi prostrava il disgusto per quella religione, la religione di Don Rodrigo morente e di Priebke, povero vecchiettino… Il mio eroe rimaneva Don Giovanni, quando dice di no al convitato di pietra, no che non mi pento… Presi dal comodino Piccolo mondo antico, lo sfogliai avanti e indietro. Sospirai. «Vedi cara, il fatto è che anch’io ti devo confessare un segreto». Mosse leggermente la spalla sinistra, come se stesse cercando di girarsi verso di me, ma si trattenne. «E il segreto è che io intrattengo certi rapporti con certi esseri spaventosi, esseri che tu non esiteresti a definire diabolici… Ma se oltre a Fogazzaro tu avessi letto anche Tolkien sapresti che esistono demoni molto più antichi del diavolo, demoni che vengono molto prima dell’umanità, prima di Dio e prima del nostro universo…» Si sentirono i primi colpi, lontanissimi. E già l’acqua nel bicchiere aveva incominciato a tremare. «Cosa sono questi colpi?» «Ne sta venendo uno per te, l’ho chiamato io». «Ma chi è?» «Un demone del mondo antico, come quello che trascina Gandalf nell’abisso». Ora i colpi erano boati, e facevano tremare le pareti. «Perché vedi, amore mio, il mondo antico non è piccolo. È grandissimo».
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Michele Mari (Fantasmagonia)
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«Devi uscire di qui» mi ingiunge minaccioso, tenendomi ferma per la gola per farmi recepire meglio il messaggio. «Prima che io perda il controllo al pensiero di lui dentro di te.»
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Chiara Cilli (Radioactive Storm (The MSA Trilogy, #2))
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È raro che un uomo sia preso per quello che è veramente – disse. – Nel mondo spesso si commettono sbagli di valutazione. Ora, io ti ho riconosciuto come unicorno già quando ti ho visto la prima volta, e so di essere tuo amico. Invece tu mi hai preso per un buffone, o uno stupido, o un traditore, e questo devo essere se mi vedi così. La magia su di te è solo magia e svanirà appena sarai libera, ma l'incantesimo dell'errata opinione che tu poni su di me dovrò portarlo addosso per sempre ai tuoi occhi. Non sempre siamo quello che sembriamo, e quasi mai ciò che sogniamo.
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Peter S. Beagle (The Last Unicorn)
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Sai cosa una cosa, Aurora? Se ti va, io e te possiamo compilare una lista di cose che dobbiamo fare tassativamente. La chiameremo "I piaceri capitali".
Perchè nessuno si era preso la briga di elencarli e perchè non era un obbligo per ogni essere umano sperimentarli prima di morire? (...)
A partire da quel momento avremmo chiamato la lussuria, desiderio; l'avarizia, ambizione; l'ira, sfogo; l'accidia, riposo; l'invidia, ammirazione; e la superbia, orgoglio.
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Vanessa Montfort (Mujeres que compran flores)
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Aveva sbattuto le palpebre, come se non fosse sicura di dov'era, né di essere chi era. Però riconobbe me, e mi sorrise. Per te non significa niente - ma per un uomo, a volte, un bagliore nella pupilla della persona amata può valere più di tutto. Capisci? Ha riconosciuto me prima di se stessa. Io testimoniavo che lei era viva, che lei esisteva - che è esistita.
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Melania G. Mazzucco (La lunga attesa dell'angelo)
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Nessuno, prima di te, mi aveva insegnato ad aspirare alla diversità. All’individualità. Ad essere migliori. Nessuno mi aveva mai spinto a chiedermi cosa volessi io, cosa volessi per me, mi fu insegnato a desiderare esattamente ciò che si conveniva, come esistesse una lista uguale per tutti.
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Amalia Frontali (La Chioma di Berenice)
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Sei la mia migliore amica, il meglio di me, e non riesco a immaginare di rinunciare di nuovo a te." [...] "Forse non capisci, ma ti ho dato la parte migliore di me, e dopo che te ne sei andata niente è più stato come prima." [...] "So che hai paura, ho paura anch'io. Ma se lasciamo che tutto questo finisca, se fingiamo che non sia mai accaduto, non sono sicuro che ci verrà data un'alta occasione." [...] "Siamo ancora giovani. Abbiamo ancora tempo per ricominciare come si deve.
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Nicholas Sparks (The Best of Me)
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La storia, poi, tu sai già come andrà a finire, ed è quasi inutile che io te la racconti. Ma c’era un segreto tra loro, che lui scoprì troppo tardi. Era lì, nel fascicolo più malridotto del libro della memoria. E forse tutto doveva compiersi perché il libro si ricomponesse, perché l’ordine delle sue pagine si ristabilisse com’era prima che la memoria diventasse tale. Evidentemente tutto doveva accadere. La vita di lei, la sua stessa vita, forse non appartenevano a loro due, ma a noi. Questo non so come spiegartelo. Ci appartiene quel libro, quel poema di cento canti scaturito dal loro amore. Ci appartiene come questo giorno che strappiamo all’albero dei giorni per farlo nostro.
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Francesco Fioretti (Il romanzo perduto di Dante)
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Ci diciamo che nel giusto siamo noi io do a voi la colpa e poi
Di notte sto coi sensi di colpa che mi mangiano il cranio
Non riesco a dartela vinta ho il cuore più freddo del titanio
Ho la testa tra le mani, rimorsi grossi come titani
E la ragione che affonda come il Titanic
I drammi di una donna che si mischiano coi miei
Io in torto, con l'odio in corpo, che incolpo lei
Troppo narcisista per prendermela con lo specchio
Troppo egoista per odiare me stesso
Non mi accollo i pesi del dolore
Mi depersonalizzo, la bella vita è un brutto vizio
Se dire " ho torto " è solo l'inizio dell'umiltà
Ho sbagliato indirizzo ma sono capitato qua
Nella vita si fanno parecchi errori, pensa ai tuoi
Io penso ai miei e li ammetto prima o poi
E se facciamo sbagli
Diamo la colpa agli altri
Vestiti da sciacalli
Ci crediamo eroi
E più facciamo sbagli
Più continuiamo a farli
Per non pensare che
L'inferno siamo noi
L'inferno siamo noi
L'inferno siamo noi
Quindi guardi a un pozzo petrolifero, convinti di essere i giusti come Lucifero
L'inferno è questa vita non negare
Tengo dentro tutta l'aria per non annegare
La vita è insipida fatti dare un po' di sale che più stiamo qua
Più diventiamo matti da legare (già)
La colpa è un po' di tutti e forse di nessuno
Non te lo chiedi tu continui a fare il duro
Sono molti meno quelli a cui hai chiesto scusa di quelli che hai mandato a fare in culo
"L'inferno"
Emis Killa, Deleterio, J-Ax
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Emis Killa
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gli dissi che non ce la facevo più, che avevo pensato al suicidio, che non sopportavo l’idea che lei sarebbe stata d’un altro, che ero arrivato al punto di non credere più neanche in Dio. Allora mi disse: “Te lo presento”. Eravamo seduti nel giardino di casa, c’era un sole che spaccava la terra e l’erba assetata arrancava sul prato quasi glabro. Mi disse di guardare il cielo e chiese: “Cosa vedi?” “Luce”, risposi, “una luce che acceca”. “Bene”, mi disse, “adesso chiudi gli occhi”. E io li chiusi. E proseguì: “Non senti il calore che ti entra nel corpo, che ti scalda le membra fin dentro alle ossa?” “Certo”, risposi, “come potrei non sentirlo?” “È la luce stessa che prima vedevi”, mi disse, “che ti pervade, così come pervade tutto. Se astrai dall’inganno dei sensi che ce la fa percepire come luce alla vista e come calore al tatto, sappi che è una cosa sola, come dice Guinizzelli”. “E cosa?”, gli chiesi. “Amore”, mi rispose, “l’energia che attraversa il creato, che fa muovere il sole, la luna e i pianeti, che ti permea, l’anima del mondo che nutre la tua anima e la mia. È tutto quel che sappiamo di Dio in questa periferia dell’universo. L’amore che senti non è che una favilla di quest’amore cosmico...
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Francesco Fioretti (Il libro segreto di Dante)
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Sono stata io a versare il caffè alla mamma. Non poteva cancellare quel fatto. E con il passare dei giorni cominciò a pensare: "Sono stata io a uccidere la mamma".
Un giorno era ferma a un passaggio a livello. Non aveva l'aria di una che volesse uccidersi. Dietro Kazu, in attesa che si alzasse la sbarra, c'era anche una mamma con il figlio e un gruppo di studenti di ritorno a casa. A un certo punto si sentì una voce.
"Mamma, mi dispiace", disse il bambino. Era una semplice conversazione tra madre e figlio, niente di che. Kazu si girò a guardarli, e poi sussurrando "Mamma..." si avviò verso il passaggio a livello, quasi attirata da un polo magnetico.
E in quel preciso momento...
"Mi porti con te?"
Era Kinuyo. Con quelle parole, intendeva dirle che voleva starle accanto perchè vedeva quanto fosse grande la sua sofferenza.
La reazione di Kazu fu del tutto inaspettata. I suoi occhi si rimpirono per la prima volta di lacrime ep rese a singhiozzare velocemente. Kinuyo non sapeva spiegarsi cos'avesse finalmente perforato il cuore di quella bimba. Sapeva solo che fino a quel momento aveva sofferto da sola e che non voleva morire.
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Toshikazu Kawaguchi (Tales from the Café (Before the Coffee Gets Cold, #2))
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Frasi iniziali di Bleach
"Il nostro mondo non ha alcun significato
neppure noi che ci viviamo abbiamo alcun significato
noi privi di significato pensiamo al mondo
nonostante anche l'essere consci che non abbia significato farlo
sia privo di significato."
(Volume 22 - Conquistadores - Ulquiorra)
"Noi siamo il pesce davanti alla cascata,
siamo l'insetto in gabbia.
Siamo un relitto in balia dei marosi,
il khakkara del teschio
un violente torrente di forza
la balena che lo ingoia.
Noi siamo il toro a cinque corna
noi siamo il mostro che soffia fuoco
un bambino che grida piangendo.
Aah, noi siamo
avvelenati dalla luce della Luna."
(Volume 23 - Mala Suerte! - Ikkaku)
"Finite in pezzi,
tutti quanti."
(Volume 24 - Immanent God Blues - Grimmjow)
"Noi tutti
nasciamo già morti.
La fine è già lì
ancor prima dell'inizio.
Se vivere significa
continuare a imparare
è la fine l'ultima cosa che impareremo
e, una volta scoperta,
ciò che conosceremo appieno
sarà la morte.
Non dobbiamo cercare d'imparare nulla,
coloro che non possono trascendere la morte
non devono tentare di sapere nulla."
(Volume 25 - No Shaking Throne - Shirosaki)
"Quella voce che come una lama mi trapassa il petto
somiglia a un incessante grido di gioia."
(Volume 26 - The Mascaron Drive - Luppi)
" Noi
come singolo
non possiamo mischiarci,
come coppia
non abbiamo la stessa forma.
Non possediamo
gli occhi del terzo, quindi
nella direzione del quarto
non vi è speranza.
Il quinto è
nel posto del cuore."
(Volume 27 - Goodbye, Halcyon Days- Orihime)
"Mio signore, noi
vi guardiamo con l'espressione
di chi osserva un magnifico pavone
adornata di qualcosa d'infinito
simile alla speranza, all'adorazione
e alla paura."
(Volume 28 - Baron's Lecture Full-Course - Dordoni)
"Ti ostini ad agghindarti
pur sapendo che ti aspetta la falce.
Ti ostini a farti bella
pur sapendo che ti aspetta la falce.
E' spaventoso, è spaventoso
il momento in cui verrai falciata.
I tuoi capelli recisi
somiglieranno a te, priva di vita.
Sia i miei capelli che le mie unghie
sono stupendi, come tesori
perché basta che vengano separati dal mio corpo
per diventare qualcosa di sporco e disgustoso?
La risposta è semplice:
essi così non sono altro
che l'immagine della mia morte."
(Volume 29 - The Slashing Ópera - Cirucci)
"La tua ferita è profonda
come gli abissi dell'oceano
Il tuo delitto scarlatto
scolorirà con la morte."
(Volume 30 - There Is No Heart Without You - Kaien Shiba)
"Dimmi che sono colui che odi di più al mondo."
(Volume 31 - Don't Kill My Volupture - Szayel Aporro Granz)
"Il re arriva la galoppo
liberandosi della sua ombra,
facendo stridere l'armatura
calciando le ossa
succhiando carne e sangue
digrignando
distrugge il cuore e la mente
lungo il cammino solitario
verso un luogo remoto e lontano."
(Volume 32 - Howling - Grimmjow)
"Noi siamo parassiti
vermi che strisciano
sotto l'ombra di un intento malvagio
indissolvibile
Alzerò la testa
più in alto della luna
finché non vedrò più
voialtri miserabili"
(Volume 33 - The Bad Joke - Nnoitra)
"Se mi darai un paio di ali,
io volerò per te
anche se la terra intera
dovesse venire sommersa dall'acqua
Se tu mi darai una spada,
io combatterò per te
anche se il cielo intero
dovesse trapassarti di luce"
(Volume 34 - King Of The Kill - Nel)
"Nascere
è come morire"
(Volume 35 - Higher Than The Moon - Mayuri)
"E' ancora presto
per credere"
(Volume 36 - Turn Back The Pendolum - Shinji)
"Non penso che gli esseri umani siano belli
ma penso che i fiori lo siano
L'unico momento in cui l'essere umano somiglia ad un fiore
è quando cade a terra colpito da una spada"
(Volume 37 - Beauty Is So Solitary - Yumichika)
"L'unica cosa di cui ho paura
è diventare un guerriero che non conosce la paura"
(Volume 38 - Fear For The Fight- Hisagi)
"Errare è umano
uccidere è diabolico"
(Volume 39 - El Verdugo - Quimera Parca)
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Tite Kubo
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Mi è bastato soltanto un minuto
Per incontrarti per caso
Un'ora per rendermi conto che tu eri diversa dagli altri
Dopo un giorno era come se ti conoscessi da anni
Ma non mi basterà una vita intera per dimenticarti
Come una scossa 9.3
Sei l'epicentro del mio terremoto
E andremo in ogni luogo dove siamo stati noi
Ma il mondo non è più lo stesso ora che
Mi sono perso e non so più dove mi trovo
Adesso le città sembrano piccole
Perché prima avevo te
Prima avevo te
Vorrei disegnare il mondo su un foglio di carta
Così da rendere la terra piatta
Così non conterà più la distanza
Basterà un passo da una parte all'altra
Ma nei margini non ci sono mai stato dentro come da bambino
Sarà per questo che ora noi vediamo gli orizzonti e gli altri vedono confini
Capirai di avere un cuore quando qualcuno te lo spezza
Ma impari ad usarlo quando trovi chi lo raccoglie da terra
Hai visto la parte peggiore di me
E quella che nemmeno io conoscevo
Ci siamo fatti la guerra ma in guerra poi nessuno vince davvero
Sarà il mio silenzio a spiegarti ogni cosa che provo
Ma tutto crolla quando sei con me
Come una scossa 9.3
Sei l'epicentro del mio terremoto
"9.3
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Mr Rain
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Winston riflettè per qualche momento. "Ti è mai venuto in mente" disse "che per noi due la cosa migliore da fare sarebbe quella di uscire di qui prima che sia troppo tardi e non rivederci mai più?" "Sì, caro, ci ho pensato parecchie volte, però ugualmente non ho alcuna intenzione di farlo." "Finora la fortuna ci ha assistiti" disse Winston, "ma non potrà durare a lungo. Tu sei giovane, sembri una persona norale, innocente. Se ti tieni alla larga da gente come me potrai vivere per altri cinquant'anni." "No. Ci ho pensato, quello che farai tu, lo farò anch'io. E non ti scoraggiare. Conosco fin troppo bene l'arte del vivere." "Possiamo restare insieme per altri sei mesi, forse per un anno, ma è certo che alla fine ci separeremo. Ti rendi conto di quale sarà allora la nostra solitudine? Una volta che ci avranno presi non ci sarà nulla, letteralmente, che l'uno potrà fare per l'altro. Se confesso, ti spareranno, e se mi rifiuto di confessare ti uccideranno lo stesso. Nulla che io possa fare o dire o astenermi dal dire varrà a rinviare anche solo di cinque minuti la tua morte. Nessuno di noi due saprà mai se l'altro è vivo o morto. Non potremo fare nulla. E comunque, anche se nemmeno questo cambirerbbe alcunchè, l'unica cosa che conta è che nessuno di noi tradisca l'altro." "Quanto al confessare" disse Julia "confesseremo certamente. Lo fanno tutti. è impossibile fare altrimenti: ti torturano. " "Non intendo questo. Confessare non è tradire. Non importa quello che dici o non dici, ciò che conta sono i sentimenti. Se riuscissero a fare in modo che io non ami più... quello sarebbe tradire." Julia restò per qualche attimo a riflettere "Non lo possono fare." disse infine. "è l'unica cosa che non possono fare. Possono farci dire tutto, tutto, ma non possono obbligarti a crederci. Non possono entrare dentro di te." "No" disse Winston un po' rinfrancato, "No, quel che dici è verissimo, non possono entrare dentro di te. Se riesci a sentire fino in fondo che vale la pena di conservare la propria condizione di esseri umani anche quando non ne sortisce alcun effetto pratico, sei riuscito a sconfiggerli.
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George Orwell (1984)
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Rambaldo trascina un morto e pensa: “O morto, io corro corro per arrivare qui come te a farmi tirar per i calcagni. Cos'è questa furia che mi spinge, questa smania di battaglie e d'amori, vista dal punto donde guardano i tuoi occhi sbarrati, la tua testa riversa che sbatacchia sulle pietre?Ci penso, o morto, mi ci fai pensare; ma cosa cambia? Nulla. Non ci sono altri giorni che questi nostri giorni prima della tomba, per noi vivi e anche per voi morti. Che mi sia dato di non sprecarli, di non sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere. Di compiere azioni egregie per l’esercito franco. Di abbracciare, abbracciato, la fiera Bradamante. Spero che tu abbia speso i tuoi giorni non peggio, o morto. Comunque per te i dadi hanno già dato i loro numeri. Per me ancora vorticano nel bussolotto. E io amo, o morto, la mia ansia, non la tua pace”.
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Italo Calvino (Il cavaliere inesistente e la collezione di armature di Ferdinando D'Asburgo.)
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Conrad mi prese il mento tra le dita e mi fece rialzare lo sguardo che avevo abbassato.
«Non importa quante volte dovrò chiederglielo o cosa dovrò fare. Gli farò dire di sì» promise. «Diventerò un lupo degno di te.»
«Lo sei già» gli assicurai, perché per me lo era davvero.
Per un secondo chiuse gli occhi. «Non sai quanto mi emozioni sentirtelo dire» gemette, prima di incrociare di nuovi i miei occhi spaiati. «Ma farò in modo che tuo padre accetti.»
«Davvero?»
«Sì. Perché so che per te è importante.»
Mi tremò il labbro inferiore e le lacrime mi punsero i lati degli occhi. Lo avrebbe fatto per me.
“Ti amiamo, splendore.”
Stupido lupo! Non avrebbe dovuto dirglielo per primo, non era giusto!
Gli occhi di Conrad si riempirono di nuovo di desiderio e lussuria. Le sue braccia mi avvolsero e mi tirarono verso il basso, facendomi aderire al suo corpo muscoloso.
«Ti amo anch’io, bestiaccia»
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Samantha M. (The Crazy Wolf 2)
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«Ho paura,» disse alla fine, asciugandosi gli occhi.
«Di cosa?»
«Di spostare tutta l’attenzione su di me… non lo so.»
Denver si raddrizzò e costrinse Judah a guardarlo negli occhi. «Si tratta di me, e di te. Una persona molto saggia mi ha detto che comunicare è importante in una relazione, sai.»
Un sorriso debole comparve sulle labbra di Judah. «Davvero? Che cazzo ne sapeva?»
«Oh, piccolo… ne sai più di quanto tu creda. Siamo insieme in questa storia. Troveremo una soluzione. Finché resteremo insieme…»
«Mi dispiace se ho mandato tutto a puttane aprendo bocca durante la riunione.»
Denver lo fissò. «Non hai rovinato niente. Al contrario,» proseguì. «È stato… perfetto. Io…» si interruppe, ma Judah non ebbe problemi a capire che cosa volesse dire, anche se non poteva.
«Va tutto bene, piccolo. Troverai le parole quando sarai pronto a dirmi che mi ami.»
Denver lo fissò da dietro le sue ciglia lunghe. «Credi che io ti ami?»
Judah gli sorrise debolmente. «Lo so. Hai un viso molto espressivo, quindi non puoi nascondermelo, ma capisco che tu sia spaventato al pensiero di dire quelle parole, quindi va bene. Niente pressioni. Devi credermi quando dico che non ti lascerò mai più, Denver. È una promessa.»
Denver annuì e, per la prima volta, Judah ebbe la sensazione che gli credesse. Denver aveva ragione, avrebbero trovato una soluzione. Insieme.
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Nora Phoenix (The Time of My Life)
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«È te che voglio. È davvero così difficile da capire?»
«Siamo diversi,» mormoro. Siamo diversi in talmente tanti modi che non saprei proprio da dove cominciare per elencarli tutti.
«È questo ciò che mi piace di noi. Se avessi voluto qualcuno come me sarei rimasto da solo.»
Noi. Ha detto proprio noi.
Mi ritrovo a deglutire senza sapere come rispondere. Dirgli che le sue parole per poco non mi hanno fatto esplodere il cuore nel petto sarebbe troppo, vero?
«Grazie,» sussurro.
«Per cosa?»
«Per tutto questo. Per essere così. Per… Per farmi sentire bene.»
Un sorriso meraviglioso gli solleva gli angoli della bocca. «Vorrei poterti dire che è un piacere farti sentire “bene”, ma ho paura che suonerei come un vecchio pervertito.»
Mi ritrovo a sorridere anche io. «Non sei poi così vecchio.»
«Mi fa piacere che tu non abbia ribattuto sul “pervertito”.» La sua voce falsamente sarcastica mi fa ridacchiare.
«Quello non posso negarlo.»
«Ah no?»
«No.» E Dio, a me è piaciuta da morire la sua perversione. Mi ha fatto sentire come se fossi il ragazzo più sexy ed eccitante dell’intero Universo, cosa che non mi era mai successa prima, e che dubito mi succederà di nuovo senza Leon
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Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
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«Non lo dirai a Pyro, giusto?» osservò ogni mossa del mercenario.
Boar si immobilizzò, la mano sul manico dello sportello. «Ti perderei se
lo facessi, non è vero?» chiese, provando una fitta al cuore per aver ricattato
una persona dolce come Boar. Tuttavia, era l’unico modo per portare a termine
l’incarico. Drake aveva ragione. Era più semplice chiedere scusa dopo che non
il permesso prima
«Dobbiamo farlo sul serio, piccolo. Tutto il resto può aspettare. Il
tempo scorre e un’opportunità simile potrebbe non ripresentarsi. Non ti
mentirò… ho paura. La tua presenza aiuterà, ma Drake ha bisogno di farlo. Ha
sofferto tanto. Nessuno di noi può comprendere quello che ha passato, e io sono
passato da una casa a un’altra vivendo in situazioni che dire di merda è poco. L’inferno
di Drake deve finire.»
Boar prese un respiro profondo, contemplando il loro bagagliaio. Aprì la
bocca diverse volte, ma parlò solamente dopo un lungo minuto di silenzio. «Sono
cresciuto in una casa in cui la famiglia era il valore più importante, ma
quando le cose si sono messe male sono rimasto da solo. La nostra storia è
importante per me. Non posso perdere nessuno di voi, quindi assicurati che non
perda te, questa notte, Clover,» sussurrò. Forse fu la luce, ma lui avrebbe
potuto giurare di aver visto un luccichio, come qualcosa di bagnato, negli
occhi di Boar.
Lo abbracciò con forza e gli diede un bacio sulla guancia. «Non accadrà»
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K.A. Merikan (Their Obsession (Four Mercenaries #2))
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«È il sole in persona, e ho provato subito una forte attrazione per lui. Denver ha un talento incredibile, è una persona felice, gentile, e la cosa più straordinaria è che anch’io gli piacevo. Prima siamo diventati amici, poi qualcosa di più.»
Mostrarono altre scene adorabili in cui lui e Denver si divertivano e si baciavano.
«Considerato il tuo passato, direi che è un passo avanti enorme per te,» rispose Brock quando il video tornò a concentrarsi su di lui e Judah sulla panchina, prima di allargare la ripresa e mostrare Denver seduto al fianco di Judah.
«Sì. Denver una volta ha fatto una battuta, dicendo che ero così dentro l’armadio che avrei trovato Narnia.»
Il pubblico scoppiò a ridere e quello lo aiutò a rilassarsi.
«Ma lui non merita di avere una relazione clandestina, ecco perché siamo qui.»
«Credi che questo influenzerà la vostra performance nella trasmissione?»
«Penso che saremo felici di non dover più fingere di essere solamente dei conoscenti dopo che questa intervista sarà andata in onda. Inoltre, credo che ci renderà più forti perché ci sosteniamo a vicenda.»
Brock sorrise quando Judah prese la mano di Denver proprio come gli avevano detto. Avevano seguito un copione perfetto. «E se doveste scontrarvi?»
Un sorriso sghembo comparve sul volto di Judah. «Spero di no, perché perderei di sicuro. La sua voce è incredibile, ed è anche un musicista e un cantautore di talento. Se dovessimo arrivare a quel punto, direi alle persone di votare per lui.»
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Nora Phoenix (The Time of My Life)
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«Mi dispiace per quello che ti è successo. Quello era tuo padre, vero?»
«Sì. Sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo, ma non mi aspettavo che sarebbe successo questa sera.»
La sua voce era così afflitta che a Denver si spezzò il cuore. Senza nemmeno pensarci, gli accarezzò il petto con la mano sinistra, poi andò più in basso, sul suo addome, e poi scese ancora. All’improvviso, Judah lo fermò, baciandogli la mano prima di riportarla sul suo petto.
«Non mi vuoi?» domandò Denver con gli occhi appannati dalle lacrime per quel rifiuto.
«Non così. Piccolo, sto soffrendo davvero, ma fare sesso con te, per quanto lo adori, non mi aiuterà a stare meglio.»
Denver rifletté sulla sua frase. Judah era sincero, ma c’era qualcosa che non andava. Si sentiva rifiutato, ma perché?
«Denver, ti prego, ho bisogno che mi ascolti. Ti amo, e amo fare l’amore con te, ma è di questo che si tratta, un’espressione di amore tra noi due. Non posso scacciare la rabbia e il dolore con il sesso e, anche se potessi, non vorrei mai farlo. Finirei con lo sminuire ciò che c’è di bello tra di noi e trasformarlo in qualcos’altro, una specie di valvola di sfogo. Il sesso con te è molto più prezioso di così, bubbeleh. Voglio fare l’amore con te, assicurarmi che tu provi lo stesso piacere che provo io, e non sfogare la rabbia su di te. Anche quando sperimentiamo un po’ o ti lego, non si tratta mai di rabbia vera. Cerco sempre di farti stare bene. Non voglio nemmeno che tu usi il sesso per accontentarmi, o per aiutarmi a sfogare la rabbia o altro.»
Era esattamente quello che aveva fatto. Aveva provato a usare il sesso per farlo stare meglio. Si era preparato a subire la sua rabbia, a lasciare che si sfogasse su di lui. Si sentì così piccolo di fronte a quell’uomo che, nonostante la poca esperienza con il sesso e con le relazioni, era riuscito a vedere tutto in maniera chiara.
«Mi dispiace,» sussurrò
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Nora Phoenix (The Time of My Life)
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«Scusami. Dio, è stato inappropriato,» si lamenta, con tono addolorato.
«No.» Mi aggrappo disperatamente al davanti della sua maglietta, non volendo che si allontani. «Ti prego, non dirmi che il momento migliore della mia vita è stato un errore.»
«Sei un mio impiegato, ne hai passate tante e ti stai ristabilendo solo ora,» ribatte debolmente Adam.
«Non mi interessa. Ti prego, Adam, dammi una possibilità. Dai a noi una possibilità.» Non so cosa mi renda così spavaldo, ma adesso che ho avuto un assaggio di cosa si prova ad avere qualcuno che si preoccupa per te, non posso lasciarlo andare, non senza lottare.
«Okay,» sussurra lui dopo un secondo e io quasi piango per il sollievo, prima di arrampicarmi sul suo grembo e baciarlo di nuovo
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K.M. Neuhold (From Ashes (Heathens Ink #3))
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«Allora,
quella cosa che hai detto, ragazzo…» mormorò Tank.
«Sì.» Drake
strofinò il naso sulla nuca di Clover. «A chi stavi confessando il tuo amore?»
Clover si
lamentò e nascose il viso sul collo di Tank, ma sapeva che non gli avrebbero
dato tregua.
«Probabilmente
ai nostri uccelli. Sporcaccione.»
Era ancora
in imbarazzo, anche se quell’atteggiamento scherzoso lo fece esplodere. «A entrambi,
okay? È stato un momento intenso!»
Tank rise e
il suo petto tremò, ma gli accarezzò i capelli. «Ti sto prendendo in giro.
«È la verità, però. Vi amo,» sussurrò. «Se è stupido, non mi importa.»
Drake lo
abbracciò da dietro con una disinvoltura mai vista prima. «Non è stupido. Senti
quello che senti. Io… mi sto innamorando di te.» Gli baciò le spalle sul punto
in cui Tank aveva inserito il chip. «Fai attenzione domani.»
Clover non
trovò la forza di parlare, così si limitò ad annuire. Era pronto a rischiare la
sua vita per proteggere ciò che avevano costruito insieme. Non solamente per se
stesso, non soltanto perché voleva porre fine a quella follia ed eliminare chi
lo stava inseguendo, ma perché sapeva che gli altri ci tenevano a lui e il
pensiero di causare loro dolore con la sua scomparsa divenne insopportabile.
Aveva
intenzione di fare la sua parte. Avrebbe fatto da esca
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K.A. Merikan (Their Bounty (Four Mercenaries, #1))
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Quando infine recuperò il fiato fece uscire tutti per parlare da solo col suo medico.
«Non mi immaginavo che questa stronzata fosse così grave da far pensare all'olio santo» gli disse. «Io, che non ho la gioia di credere nella vita dell'altro mondo.»
«Non si tratta di questo» disse Révérend. «E' noto che sistemare le faccende della coscienza infonde all'ammalato uno stato d'animo che facilita molto l'incombenza del medico.»
Il generale non prestò attenzione alla maestria della risposta, perché lo fece rabbrividire la rivelazione accecante che la folle corsa fra i suoi mali e i suoi sogni arrivava in quel momento alla meta finale. Il resto erano tenebre.
«Cazzo» sospirò. «Come farò a uscire da questo labirinto?»
Esaminò il locale con la chiaroveggenza delle sue insonnie, e per la prima volta vide la verità: l'ultimo letto prestato, la toeletta di pietà il cui fosco specchio di pazienza non l'avrebbe più ripetuto, il bacile di porcellana scrostata con l'acqua e l'asciugamano e il sapone per altre mani, la fretta senza cuore dell'orologio ottagonale sfrenato verso l'appuntamento ineluttabile del 17 dicembre all'una e sette minuti del suo pomeriggio ultimo. Allora incrociò le braccia sul petto e cominciò a udire le voci raggianti degli schiavi che cantavano il salve delle sei nei frantoi, e vide dalla finestra il diamante di Venere nel cielo che se ne andava per sempre, le nevi eterne, il rampicante le cui nuove campanule gialle non avrebbe visto fiorire il sabato successivo nella casa sbarrata dal lutto, gli ultimi fulgori della vita che mai più, per i secoli dei secoli, si sarebbe ripetuta.
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Gabriel García Márquez (I grandi romanzi)
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«E quanto alla Brexit… Alcuni sono convinti che i cambiamenti radicali offrano anche grandi opportunità.»
«Quindi, secondo te, noi due staremmo meglio se ci separassimo?»
«Oddio, no. Stavo parlando del Paese.»
Attraversano la strada.
«Allora quali sarebbero le opportunità offerte dai cambiamenti radicali di cui parli?» chiede Louise.
«Be’, non saremo più impantanati in tutta quella burocrazia. Potremo fare affari per conto nostro.»
«Okay, adesso mi sono completamente persa. Non mi va di continuare a parlare del Paese. Sto cercando di capire perché, secondo te, una Brexit coniugale dovrebbe costituire una grande opportunità.»
Tom alza le spalle. Ha lo sguardo sfuggente.
«Con chi dovresti fare affari, tu? Per quanto ne so, non stai frequentando donne italiane o tedesche. E non credo che potresti avere più fortuna con delle cinesi o delle americane. Mi pare tutta una stupidaggine.»
Sono arrivati alla porta di Canyon.
«Voglio dire che non deve per forza essere la catastrofe di cui parla il Guardian.»
Louise si ferma e lo guarda. Lui evita il suo sguardo, poi alza la mano per suonare il campanello.
«Tu hai votato a favore della stramaledetta Brexit! Non toccare quel campanello! Ecco perché ti sei registrato per il referendum. Nonostante tutte le discussioni che abbiamo avuto sull’argomento.»
«E ci sono volute due palle così, credimi. Perché tutti quelli che conosco continuavano a insistere che sarebbe stato un disastro.»
«Ed è per questo che l’hai fatto? Perché tutti quelli che conosci la pensavano in maniera diversa?»
«Era parte dell’attrattiva, sì. Però anche per alcuni complicati, ma molto difendibili, punti di vista socio-economici.»
«Prova a difenderli.»
«Non ho intenzione di difenderli fuori della porta di ‘Canyon’ un attimo prima della seduta.»
Louise alza gli occhi al cielo, sentendogli sottolineare «Canyon».
«Difendine almeno uno. Uno piccolo.»
«Be’, nessuno è piccolo. Credimi, vorrei che lo fossero. Ma sono grandi. Grandi punti di vista. Grandi idee. Ma soprattutto volevo fare incazzare i tuoi amici.»
«Ah, ci sei riuscito. Non ti rivolgeranno mai più la parola» dice Louise.
«Non è un argomento di conversazione con gli amici. Come ti ho detto, si tratta di una faccenda privata.»
«Come fai a fare incazzare i miei amici, se io non glielo dico?»
«Li ho fatti incazzare in quel momento. Mentre votavo. Non voglio sbatterglielo in faccia. La nazione deve andare avanti. Guarire.»
«Okay, ci vai tu a lavorare in un ospizio, con il minimo salariale, per rimpiazzare tutti quelli dell’Europa dell’Est che abbiamo perso.»
«Sono pronto a fare la mia parte. Anche se non sono di grande utilità, quando c’è di mezzo la morte. O le malattie. O qualunque altra cosa abbia a che fare con un gabinetto.»
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Nick Hornby (State of the Union: A Marriage in Ten Parts)
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Harry prese la lettera. Era indirizzata a lui. Strappò la busta ed esclamò: «È di Sirius!» «Cosa?» chiesero Ron e Hermione eccitati. «Leggila ad alta voce!»
Caro Harry, spero che questa lettera ti venga recapitata prima che tu arrivi dai tuoi zii. Non so se sono abituati alla posta via gufo. Io e Fierobecco siamo in clandestinità. Non ti dirò dove, nel caso che questo messaggio finisca nelle mani sbagliate. Ho qualche dubbio sull’affidabilità del gufo, ma è il migliore che ho trovato, e sembrava impaziente di affrontare la missione. Credo che i Dissennatori mi stiano ancora cercando, ma non hanno alcuna speranza di trovarmi qui dove sono. Sto progettando di farmi vedere al più presto da alcuni Babbani, molto lontano da Hogwarts, di modo che venga tolta la sorveglianza al castello. C’è una cosa che non sono riuscito a dirti nel nostro unico breve incontro. Sono stato io a mandarti la Firebolt...
«Ah!» esclamò Hermione trionfante. «Visto? Te l’avevo detto che era lui!» «Sì, ma non l’aveva affatturata, vero?» disse Ron. «Ahia!» Il gufetto, che ora tubava allegramente nella sua mano, gli aveva beccato un dito in quello che a suo parere era un gesto di affetto.
Grattastinchi ha portato l’ordine all’Ufficio Gufi per conto mio. Ho usato il tuo nome, ma ho dato disposizione di prelevare il denaro dal sotterraneo numero 711 della Gringott, il mio. Prendila come dono del tuo padrino per tutti i tuoi tredici compleanni. Voglio anche chiederti scusa per lo spavento che temo di averti fatto prendere quella notte dell’anno scorso, quando te ne sei andato dalla casa dei tuoi zii. Speravo solo di poterti vedere per un attimo prima di intraprendere il viaggio verso nord, ma credo di averti fatto paura. Accludo un’altra cosa per te, una cosa che credo renderà più piacevole il tuo prossimo anno a Hogwarts. Se hai bisogno di me, manda un messaggio. Il tuo gufo mi troverà. Ti scriverò presto. Sirius
Harry guardò con ansia dentro la busta. C’era un altro foglio di pergamena. Lo lesse in fretta e all’improvviso si sentì caldo e soddisfatto come se avesse inghiottito una bottiglia di Burrobirra bollente in un sol sorso.
Io, Sirius Black, padrino e tutore di Harry Potter, con la presente gli concedo il permesso di visitare Hogsmeade nei finesettimana.
«A Silente basterà!» disse Harry allegramente. Guardò di nuovo la lettera di Sirius. «Aspettate! C’è un poscritto...»
Ho pensato che il tuo amico Ron potrebbe essere felice di tenersi questo gufo, visto che per colpa mia non ha più un topo.
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J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
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«Sirius rappresentava per te tante cose che non avevi mai conosciuto prima» sussurrò Silente con dolcezza. «La sua perdita è devastante... »
«Ma mentre stavo dai Dursley» lo interruppe Harry, a voce più alta, «ho capito che non posso rinchiudermi o... o crollare. Sirius non l'avrebbe voluto, no? E comunque, la vita è troppo breve... Guardi Madama Bones, guardi Emmeline Vance... Io potrei essere il prossimo, vero? Ma se è così» disse con forza, guardando Silente dritto negli occhi azzurri che scintillavano alla luce della bacchetta, «farò in modo di portare con me tutti i Mangiamorte che posso, e anche Voldemort, se ci riesco».
«Hai parlato come il degno figlio di tua madre e tuo padre, e il vero figlioccio di Sirius!» ribattè Silente dandogli una pacca di approvazione sulla schiena.
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J.K. Rowling (Harry Potter and the Half-Blood Prince (Harry Potter, #6))
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Il tempio dell'amore
Suni, quando sei venuta nel mio tempio?
Quando sono entrato nel tuo?
Il nostro è
un tempio dell'amore intriso di vecchie usanze
Suni, abbassa i tuoi occhi cristallini di cerva,
Io pettinerò i miei capelli arruffati come un leone.
Il nostro amore era semplicemente muto.
Ah, giovinezza!
Prima che la debole fiamma del cero votivo si spenga
Corri verso la porta d'ingresso, Suni.
Prima che il buio e il vento entrino prepotenti dalla nostra finestra,
Porterò con me il mio eterno amore per te,
Scomparendo dalla porta sul retro.
Ora,
tra i boschi hai un lago accogliente,
e io montagne scoscese.
[Yun Dong-ju]
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Jung-Myung Lee
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Non cercare di riconoscere in che stazione siamo, in che città stiamo entrando o cosa ti ricorda quest'atmosfera. Spegni il vello e segui me, altrimenti rischi di perderti da queste parti. Rischi di perderti il meglio, il nuovo.
So che non è facile. Non lo è per niente.
Sfortunatamente,
Pare che gli esseri umani siano programmati per analizzare tutto sulla base dell'esperienza. Ogni cosa che vediamo o che incontriamo o che ci ospita la scomponiamo in concetti più piccoli, più facilmente analizzabili, in modo da poter riconoscere qualcosa di già visto. Qualcosa di noto che ci faccia sentire a nostro agio. Pensa poi alle volte che hai detto ehi, in questo posto ci sono già stato e non me ne ricordavo, che sensazione è quella?
Te lo dico io, è sollievo, è dire: ok sono salvo, so dove sono.
Il problema, il nostro limite, è che affrontiamo ogni istante in questo fottuto modo, con un occhio costantemente rivolto al passato. Quindi è perfettamente normale che tu stia cercando i tuoi punti cardinali nell'immenso atrio di questa stazione o nelle mie parole.
Però è perfettamente sbagliato.
È come quando un tizio che conosci ti racconta una vicenda che gli è capitata e ti dice ad esempio, ah sai sabato sono andato a una festa, ho bevuto troppo e a ritorno una volante mi ha fermato: multa per guida in stato d'ebbrezza! Tu lo ascolti, io lo ascolto, ma il pensiero va alle feste che ho vissuto, alle volte che ho guidato ubriaco e alle mie multe e quindi risponderò, ma tu pensa che storia interessante, sai mi è successa la stessa cosa proprio un mese fa...
NO!
No. No. No. Qui è il problema. Non è vero. Non mi è successa la stessa cosa, perché sono due eventi unici, mentre il nostro cervello ci vuol far credere il contrario. Tutta colpa dell'esperienza. O di chi ci ha programmato per essere macchine che non sanno apprezzare le novità, costrette a interpretare il nuovo solo sulla base del passato. E se passasse un drago sopra le nostre teste proprio adesso, per non impazzire diremmo che è solo una lucertola con le ali.
Quando penso che la meraviglia non esiste più, mi viene voglia di tornare bambino e toccare tutto per la prima volta. Il pavimento, il divano, i giocattoli, le mani rugose di mia nonna, la carta del primo libro illustrato, il profumo del caffè, quello dei capelli appena lavati di mia sorella, quello del mare...
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Guido Tonini (Non è la luce)
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Mi ero sempre chiesta che cos’è l’amore, ma mai che cos’è la vita. Veniamo al mondo e siamo l’inno stesso della precarietà. Basta un virus appena un po’ arrogante, un colpo leggero sulla nuca per farci scivolare subito dall’altra parte.
Siamo un inno alla precarietà e un invito al male, a compierlo vicendevolmente gli uni sugli altri. Un invito che abbiamo accolto dal primo giorno in cui il mondo è stato creato. L’abbiamo accolto per obbedienza, per passione, per pigrizia, per distrazione. Ti uccido per vivere. Ti uccido per possedere. Ti uccido per liberarmi di te. Ti uccido perché amo il potere. Ti uccido perché non vali niente. Ti uccido perché voglio vendicarmi. Ti uccido perché uccidere mi dà piacere. Ti uccido perché mi dai fastidio. Ti uccido perché mi ricordi che anch’io posso essere ucciso.
Ogni cosa nel mondo ha il suo opposto. Il nord e il sud. L’alto e il basso. Il freddo e il caldo. Il maschio e la femmina. La luce e il buio. Il bene e il male. Ma allora, se davvero è così, perché è possibile dire: «Ti uccido» e non è possibile dire: «Ti restituisco la vita?». La vita è nata prima dell’uomo e nessun uomo è in grado, con la sua sola volontà, di creare la vita. «Muori!» possiamo gridare, ma non «Vivi!». Perché? Cosa si nasconde dietro questo mistero?
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Susanna Tamaro (Answer Me)
“
Mi stai salutando?”.
“Sì”.
“Dopo mesi di mie lettere dove ho messo a nudo la mia anima la tua risposta si riduce a tre messaggi sul cellulare?”.
“Sì”.
“Mi sembra un rapporto sbilanciato il nostro”.
“Il nostro non è un rapporto”.
“E cos'è?”.
Non risponde, così digito un altro messaggio.
“Vuoi discettare in merito all'etimologia della parola rapporto? perché se vuoi una discussione in merito io ho un sacco di tempo, sono bloccata in questo letto”.
“Non voglio una discussione. Però mi fa piacere leggere che utilizzi termini come discettare. Vuol dire che i soldi che impiego per la tua istruzione sono ben spesi”.
“Non hai risposto alla mia prima domanda”.
“E non intendo farlo. Riposati e guarisci. Attendo il tuo articolo la prossima settimana”.
Ma tu pensa questo.
Mi sta scaricando.
Ma è folle se pensa che lo mollo adesso che ho ottenuto un cenno di riscontro.
Anche se devo dire piuttosto scarno.
“Posso scriverti su questo numero se ho voglia di parlare con te?”.
“No”.
“E se io lo facessi lo stesso?”.
“Non ti risponderei”.
“E cosa c'è di nuovo?”.
“Hai intenzione di polemizzare ancora molto?”.
“È l'unico modo che ho per avere un po' di attenzione da te”.
“Non è vero. E tu lo sai”.
“Mesi di lettere e non mi hai mai risposto”.
“Le ho lette tutte”.
“Ma io non potevo saperlo perché tu non mi hai mai scritto nemmeno una riga. Passi il fatto che non vuoi che ti conosca di persona. Oppure che non vuoi un mio ringraziamento. Ma almeno di conoscere il tuo nome di battesimo me lo potresti concedere”.
“Mi hai assegnato tu un nome. Anche se è orribile”.
“Non ti piace mister D.?”.
“Sembra il nome di un rapper”.
“E deduco non ti piaccia nemmeno il rap”.
“No”.
“Non canti?”.
“No”.
“Suoni?”.
“No”.
“Ma allora cosa fai?”.
“Di solito lavoro. Quando non ho una ragazzina che mi risucchia in stupide e inutili polemiche via cellulare”.
“Vuoi che riprendiamo in un altro momento la nostra importante conversazione?”.
“No”.
“Mi hai chiamato ragazzina. Deduco che tu sia vecchio e noioso”.
“La signora Lippett non mi aveva avvisato che tu fossi una stalker”.
“Se lo avesse fatto non si sarebbe mai liberata di me”.
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Adele Ross (Un inaspettato benefattore)
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M-mi troveranno, mi... mi porteranno v-via da te ma h-ho dovuto farlo, loro... loro adesso m-mi troveranno!" pianse ancora con disperazione Taylor, aggrappandosi con le poche forze rimaste al corpo muscoloso del sicario, che a quelle parole scosse il capo, indurendo il suo sguardo.
"No, tesoro mio, non ti troveranno, non ti succederà niente. Hey, ascoltami! Coprirò tutte le tue tracce, ti renderò invisibile. Penso io a te, ci sono io, guardami Taylor, sono qui, piccolo, ti difenderò da tutto" lo rassicurò Dunken, cercando il suo sguardo.
L'uomo se lo tirò addosso, spostando i capelli bagnati dal volto distrutto del ragazzo.
"Dimmi che hai capito, Taylor, dimmi che hai capito che andrà tutto bene, sei così forte, così prezioso, sei stato davvero bravo" continuò l'uomo, tenendo il viso del giovane stretto tra le mani.
"P-preda o predatore, t-tesoro mio, n-non farti braccare" ripeté con un soffio di voce Taylor, ricambiando stancamente lo sguardo dell'assassino di fronte a sé.
Il sicario annuì, sentendo Taylor rilassarsi fra le sue braccia.
Si ritrovarono entrambi seduti a terra, nel punto esatto in cui poco meno di tre mesi prima Dunken aveva posizionato la tenda da campeggio per inscenare la morte del marito della vedova.
Taylor guardò l'uomo dal basso, con la testa appoggiata al suo petto e la schiena sulle sue gambe, mentre Dunken lo stringeva a sé, accarezzandogli il labbro inferiore con un dito.
Sentì le labbra del ragazzo sollevarsi appena sotto al tocco del suo polpastrello e l'osservò, non comprendendo il perché di quel sorriso.
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Elena Grimaldi (Hunted: Tematica gay)
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«Io agirò sempre di testa mia. Ho il mio carattere e non mi sottometterò a nessuno.»
Mi metto a ridere, nella nostra società questa cosa alla fine è il destino di ogni lupa.
«Quando avrai un compagno avverrà.»
«E io non lo prenderò un compagno e ho risolto.»
La guardo affascinato da questo suo carattere, da questo suo modo di vedere la vita e, per qualche motivo tutta la rabbia di prima è andata via. Adesso sono meno arrabbiato con lei e, sono contento che non sia successo niente in quel bosco. Mi appoggio al tavolo e mi metto a braccia conserte. La fisso e, poco dopo le dico quello che penso.
«Sei decisamente una donna strana e affascinante.»
Faith mi guarda per qualche istante e, poi mi dice quello che pensa con un sorriso bellissimo privo di qualsiasi ombra.
«Anche tu lo sei.»
«Strano?»
Scuote la testa e si schiarisce la voce prima di parlarmi e, io lo osservo incantato dai suoi gesti e dal suo modo di fare.
«No, affascinante. Quando ti ho visto in forma di lupo non credevo ai miei occhi, eri spettacolare. Non ho mai visto nessun lupo come te.»
Mi stacco dal tavolo avvicinandomi a lei con un passo. Faith rimane dove si trova e, io le accarezzo il viso ammirando tutta la sua bellezza. Prima in quel bosco, appena ho avvertito l'odore della sua pelle mischiato all'odore di altri maschi, ho perso la cognizione del buon senso. Ho subito detto a Ian dove andavo e, mi sono trasformato immediatamente senza perdere tempo.
«Quando ho sentito il tuo odore in mezzo al loro, non ho più ragionato.»
«E perché, mio signore?»
Attiro il suo corpo verso il mio. Adesso ci dividono solo pochi millimetri, le prendo il viso con entrambe le mani e, la fisso. Faith non dice niente e, sono io a dare la risposta che sta aspettando.
«Perché tu sei mia»
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Barbara Pedrollo (Il bacio del lupo (Italian Edition))