Io Prima Di Te Quotes

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Con te sarò nuovo. Ti dico queste parole nel periodo migliore della mia vita, nel periodo in cui sto bene, in cui ho capito tante cose. Nel periodo in cui mi sono finalmente ricongiunto con la mia gioia. In questo periodo la mia vita è piena, ho tante cose intorno a me che mi piacciono, che mi affascinano. Sto molto bene da solo, e la mia vita senza di te è meravigliosa. Lo so che detto così suona male, ma non fraintendermi, intendo dire che ti chiedo di stare con me non perché senza di te io sia infelice: sarei egoista, bisognoso e interessato alla mia sola felicità, e così tu saresti la mia salvezza. Io ti chiedo di stare con me perché la mia vita in questo momento è veramente meravigliosa, ma con te lo sarebbe ancora di più. Se senza di te vivessi una vita squallida, vuota, misera non avrebbe alcun valore rinunciarci per te. Che valore avresti se tu fossi l'alternativa al nulla, al vuoto, alla tristezza? Più una persona sta bene da sola, e più acquista valore la persona con cui decide di stare. Spero tu possa capire quello che cerco di dirti. Io sto bene da solo ma quando ti ho incontrato è come se in ogni parola che dico nella mia vita ci fosse una lettera del tuo nome, perché alla fine di ogni discorso compari sempre tu. Ho imparato ad amarmi. E visto che stando insieme a te ti donerò me stesso, cercherò di rendere il mio regalo più bello possibile ogni giorno. Mi costringerai ad essere attento. Degno dell'amore che provo per te. Da questo momento mi tolgo ogni armatura, ogni protezione... non sono solo innamorato di te, io ti amo. Per questo sono sicuro. Nell'amare ci può essere anche una fase di innamoramento, ma non sempre nell'innamoramento c'è vero amore. Io ti amo. Come non ho mai amato nessuno prima...
Fabio Volo (È una vita che ti aspetto)
«Stai scherzando?» Il colore degli occhi di lui si vedeva anche al buio. «Per te è uno scherzo, Emma? Non capisci?» La voce gli si ridusse a un sibilo. «Io non vivo se tu muori!» Gli scrutò il viso. «Jules, mi dispiace un sacco, Jules…» La parete che di solito nascondeva la verità dentro agli occhi di lui si era sgretolata; adesso Emma vedeva il panico, vedeva la disperazione, il sollievo che aveva perforato le sue difese. Continuava a tenerle il polso. Non capì se fosse stata lei ad avvicinarsi per prima a lui o viceversa. Forse lo avevano fatto insieme. Si scontrarono come due stelle in collisione. E un secondo dopo lui la stava baciando. Jules. Julian. Che la baciava.
Cassandra Clare (Lady Midnight (The Dark Artifices, #1))
Amarsi è l'opera d'arte di 2 architetti dilettanti di nome "Io" che,sbagliando e correggendosi a vicenda,imparano a realizzare un progetto che prima non esisteva: Noi.
Massimo Gramellini (Avrò cura di te)
Poi posai la fronte contro la sua e rimasi seduto lì a lungo, come se potessi trasmettere un messaggio attraverso i nostri due crani, dal mio cervello al suo. Volevo fargli capire alcune cose. «Sai tutte quelle sciocchezze che abbiamo sempre detto si di te?» sussurrai. «Che scocciatore eri mai? Non crederci. Non crederlo neanche per un minuto, Marley.» Doveva saperlo, e anche qualcos'altro. C'era qualcosa che non gli avevo mai detto, che non gli aveva mai detto nessuno. Volvevo che lo sentisse prima di andarsene. «Marley», dissi. «Sei un grande cane.»
John Grogan (Io & Marley)
E allora scegli me. Se uno stronzo testardo come te deve innamorarsi di qualcuno, io sono di gran lunga meglio di chiunque altro. È vero che ho una bambina ma personalmente credo sia un vantaggio. E si dà il caso che anche tu le piaccia, quindi è tutto perfetto, no? E io accetterò tutto di te. Non dovrai dimenticare quanto lo hai amato prima; sono sentimenti preziosi, devi tenerlo sempre con te" "Cosa?" "Sto dicendo che ti accetto incondizionatamente; non dovrai cambiare di una virgola
Miyako Fujisaki (世界一初恋 〜横澤隆史の場合〜 [Sekaiichi Hatsukoi: Yokozawa Takafumi no Baai])
Penso di essermi innamorato di te nell'istante in cui capii che stavi spaccando quelle ossa per creare una trappola per il Verme di Middengard. O forse quando mi mostrasti il dito medio perchè ti avevo preso in giro. Mi ricordavi tanto Cassian. Avevo voglia di ridere per la prima volta da decenni. Mi innamorai di te, saccentona, perchè eri una di noi. Perchè non avevi paura di me, e perchè decidesti di completare la tua vittoria spettacolare lanciando quel pezzo d'osso ad Amarantha come se fosse un giavellotto. In quel momento percepii lo spirito di Cassian accanto a me e avrei potuto giurare di sentirlo dire: "Se non la sposi tu, stupido stronzo, la sposerò io. -Rhysand, Corte di Nebbia e Furia. Capitolo 55.
Sarah J. Maas
Evan si accorge che sto piangendo ancora prima di me. Dove ci sarebbero le lacrime, i suoi baci. - Non sono stato io a salvare te - sussurra passandomi le labbra sulle ciglia. - Sei stata tu a salvare me. Lo ripete ancora e ancora, finché non ci addormentiamo stretti l'uno all'altra, la sua voce nel mio orecchio, le mie lacrime nella sua bocca. - Sei stata tu a salvare me.
Rick Yancey (La quinta onda (La quinta onda, #1))
Ma amare una persona significa pensare che lei viene prima di tutto. Se non avessimo abbastanza cibo, darei a te la mia parte. Se avessimo pochi soldi, piuttosto che acquistare qualcosa per me, comprerei quello che tu desideri. Se mangi qualcosa di buono tu, è come se avessi la pancia piena anch’io, se sei felice tu, allora lo sono anch’io. Questo significa amare una persona. Credi che esista qualcosa di più importante? A me non viene in mente nulla.
Kyōichi Katayama (Un grito de amor desde el centro del mundo)
Carter" disse Isaac brusco, facendomi guardare di nuovo verso di lui "Non sono perfetto e, anche se tu sembri pensare che io lo sia, posso dirti che non lo sono. Ma sono tuo, con tutto ciò che io sono" Fece un respiro tremante "Voglio passare la mia vita con te e speravo che lo volessi anche tu. Ho bisogno che tu mi dica quando sono antipatico, anche quando saremo vecchi e con i capelli bianchi. Lo farai? Per sempre Carter? Vuoi essere mio marito?" A quel punto, Hannah squittì è il viso di Isaac si voltò verso il suono quando si rese conto che avevamo un pubblico. Caddi in ginocchio, così da essere alla sua altezza, e gli presi il viso tra le mani, girando il suo volto di nuovo verso il mio "Si" sussurrai contro le sue labbra, prima di seppellire il viso del suo collo "Mille volte, sì
N.R. Walker (Through These Eyes (Blind Faith, #2))
Ci sono momenti in cui le persone cambiano. Questi momenti non sono isolati, separati, disgiunti dal resto della vita. Non sono atomi indipendenti dell'esistenza che irrompono d'un tratto nella tua vita senza motivo. Sono fatti, creati dall'alfabeto della tua vita: i mutevoli fenomeni dell'esistenza, che a volte si riuniscono in schemi concentrati di una tale intensità, di una così inconfondibile chiarezza, di un tale significato che all'improvviso arrivi a conoscere qualcosa di te, del tuo io, per la prima volta. Una parte nascosta di te riaffiora alla luce della tua consapevolezza. Viene riconosciuta, compresa, accettata, diventa parte dell'io che conosci.
Aidan Chambers (The Toll Bridge)
«Sei bellissimo,» sussurrò Shane, e poi si chinò in avanti e gli coprì la bocca con la propria.Jesse aprì le labbra per lasciar entrare Shane. Per la prima volta in assoluto, Jesse non dubitò delle sue parole. Lo capiva da come lo baciava e lo toccava che Shane pensava sul serio che fosse bello. Shane aveva bisogno di lui, voleva lui, e quello bastava per fargli venire le lacrime agli occhi. Shane interruppe il bacio. Ansimò e il ritmo dei suoi fianchi si fece più irregolare. Jesse capì che c’era quasi. E anche Jesse, solo con le dita di Shane e la frizione del suo uccello contro il materasso. «Jess…» gemette Shane. «Voglio essere il primo e l’ultimo per te. Nessun altro, solo io. Per sempre»
Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
«Voglio sapere perché sono così lenta» sussurrò la lumaca. [...] «Sei lenta perché hai sulle spalle un gran peso» spiegò il gufo. [...] «Io so volare ma non lo faccio. Una volta, tanto tempo prima che voi lumache veniste ad abitare nel prato, c’erano molti più alberi di quelli che si vedono adesso. C’erano faggi e ippocastani, lecci, noci e querce. Tutti quegli alberi erano la mia casa, volavo di ramo in ramo, e il ricordo di quegli alberi che non ci sono più mi pesa così tanto che non posso volare. Tu sei una giovane lumaca e tutto ciò che hai visto, tutto ciò che hai provato, amaro e dolce, pioggia e sole, freddo e notte, è dentro di te, e pesa, ed essendo così piccola quel peso ti rende lenta.»
Luis Sepúlveda (Storia di una lumaca che scoprì l'importanza della lentezza)
Io e te. Siamo amici, vero? Ci conosciamo da meno di due settimane, ma abbiamo fatto parecchio sesso, e ho pulito il tuo vomito, e tu hai guardato le mie cicatrici e non hai girato lo sguardo. Immagino che queste cose ci rendano almeno amici.” Quella conversazione stava mettendo Jimmy a disagio. Fece un passo indietro, e quando Shane avanzò, ne fece un altro, fino a che non si trovò con le spalle al muro. “Siamo amici,” disse piano. Fu strano pronunciare quelle parole. Fu ricompensato dal sorriso di Shane. “E gli amici non tengono il conto. Si fa qualcosa per loro perché ne hanno bisogno o per farli felici, il che a sua volta rende felici noi, e quello è già uno scambio equo, magari nessuno te lo aveva dimostrato prima d’ora, ma avrebbero dovuto.
Kim Fielding (Rattlesnake)
Presi in disparte Ryan, sistemandogli la cravatta per non dare nell’occhio. «Fammi un favore. Resta qui e, quando mi girerò verso di te, fissami nella maniera più tenebrosa e scocciata che puoi». «Tenebrosa?». «Sì, beh… hai presente, no?». «No». Gli riassestai il bavero del cappotto, cercando una definizione che non scadesse nel solito stereotipo. «Guardami come se fossi un vampiro cattivo». Ryan si lasciò scappare una risata monosillabica alla Al Pacino. «Tu vuoi lo sguardo di un voivoda, e io non lo sono mai stato». «Improvvisa». Il vampiro piegò il capo in un gesto d’intesa. «Sei tu la stratega, Elizabeth». Masticò il mio appellativo, spolpandolo fino a raschiarne il nocciolo. Com’è che si dice? Se vuoi qualcosa, o qualcuno, prima devi far tuo il suo nome. Quel millenario, nel più assurdo dei momenti, e nel più sbagliato dei luoghi, aveva fatto l’amore con tutte e nove le lettere del mio.
Giorgia Penzo (Asphodel)
Poi... sei arrivata tu. Ho dovuto credere che tu mi amassi, che amassi veramente me, non i milioni di mio padre. Non c'era altro motivo per cui avresti voluto sposare un diavolo senza un penny e con i miei ipotetici precedenti. E io provavo pena per te. Oh, sì, non nego di averti sposata perché provavo pena per te. E poi... ho scoperto che eri la migliore, la più allegra e la più cara compagna che avessi mai avuto. Spiritosa, leale, dolce. Mi hai costretto a credere nuovamente nella vera amicizia e nel vero amore. Il mondo sembrava di nuovo bello perché c'eri tu, tesoro mio. Desideravo che continuasse così per sempre tra di noi. L'ho capito la notte in cui sono tornato a casa e ho visto per la prima volta la luce della mia casa che risplendeva sull'isola. E sapevo che tu eri lì ad aspettarmi. Dopo essere stato senza una casa per tutta la vita, era bello averne una. Tornare affamato a notte inoltrata e sapere che c'era un buon pasto e un fuoco accogliente - e che c'eri tu.
L.M. Montgomery (The Blue Castle)
«Ho pensato che mi stessi evitando perché eri arrabbiato...» «Ti stavo evitando perché ero confuso. È stata una sorpresa scoprire che sei transessuale, ma una sorpresa ancora più grande scoprire che non mi crea nessun problema. Sono sempre stato attratto dalle ragazze, ma c’è solo una persona che posso dire di aver amato... E sei tu. Il mondo non è bianco e nero, e se tutto va a rotoli è perché c’è ancora chi la pensa così. Io non voglio essere una di quelle persone. Voglio solo essere felice, io, e non c’è nulla che mi rende più felice di te. Allora, che cosa pensi? Possiamo cercare di essere grigi insieme?» «E se non funzionasse?» domandò Sam. «Allora non avrà funzionato» rispose Topher facendo spallucce. «Anche se alla fine dovessimo rimanere solo amici, non posso immaginare nulla di peggio che non averti nella mia vita. Io ci sarò sempre per te, di qualunque cosa tu abbia bisogno, in qualunque momento. È semplice.» Le parole di Topher fecero venire le lacrime a Sam, ma per la prima volta da moltissimo tempo erano lacrime di gioia. Sam diede a Topher l’abbraccio più forte che poteva. «Non hai idea di quanto ho aspettato che qualcuno mi dicesse una cosa del genere» disse Sam. «È andata bene?» disse Topher. «Ho passato tutto il giorno a ripetermi il discorso nella testa. Spero di non essere apparso troppo mieloso o disperato, perché erano parole sincere.» «No, è stato perfetto» ridacchiò Sam. «E non c’è niente che mi renderebbe più felice di essere grigio con te»
Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
«Credo di doverti essere grato per quello che mi stai dicendo» disse Joey. «Ma è più complicato di così. Mio padre è un famoso pastore, e l’anno prossimo frequenterò un college di battisti. È difficile pensare a uno scenario che non crei problemi, a parte farlo con uno sconosciuto: e prima che tu me lo chieda, no, non sono pronto a dirlo alla mia famiglia.» «Cavolo, questa sì che è una situazione scomoda» disse Brian. «Ho uno zio che rifiuta di accettarmi da quando l’ho detto alla mia famiglia, ma non è una scusa valida per reprimere la parte più importante di noi stessi. So che è difficile capirlo quando si è giovani, ma se tuo padre preferisse perdere un figlio che accettarti per come sei, la perdita è la sua. Ricorda che per ogni persona che non ti accetterà ne troverai una decina che lo faranno. È una delle leggi gay.» «Sei una specie di predicatore o una cosa del genere? Non puoi inventarti tutta questa roba sul momento.» «Il martedì e il giovedì al San Diego LGBT Community Center» rispose Brian. Joey non poteva credere alla propria fortuna. Tra tutte le persone che avrebbe potuto incontrare online, aveva trovato un uomo che non si sarebbe mai approfittato di lui. Brian appoggiò un paio di banconote sul bancone e fece per andarsene. «Offro io» disse. «Abbi cura di te, Jay.» «In realtà mi chiamo Joey» disse. «E sei sicuro che non vuoi portarmi a casa? Mi lasceresti un ricordo davvero piacevole.» Brian rise. Quando nessun altro stava guardando, si protese in avanti e diede a Joey un bacio sulle labbra. «Ecco qui» disse. «Almeno è stata la prima volta di qualcosa. Buonanotte.»
Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
Mi si forma un groppo in gola. È strano come le conseguenze dei nostri atti ci appaiano solo dopo averli commessi. Perché dovrebbero farlo prima? Non sarebbe più divertente se nella testa di un assassino una vocina gli dicesse giusto prima di commettere il suo crimine: “Ehi, ragazzo, no, non uccidere questa bella ragazza. È bella, brillante e con un bell’avvenire, in confronto a te che sei uno psicopatico, che non sarebbe mai dovuto uscire dai coglioni di tuo padre. Non sai che uccidere non è una bella cosa e che ti porterà solo un sacco di casini?” Nemmeno quando mangiamo tre Big Mac sentiamo la vocina che ci dice: "Ehi, ragazzo, non sei una donna, ma te la prenderai comunque in quel posto e a quarant' anni, non somiglierai più a niente. Mangiare frutta, no?" Niente “Ehi ragazzo” neanche quando ci si imbatte in un uomo dallo sguardo freddo, dal brutto carattere e da quella cosa indescrivibile che ci attira verso di lui, no, neanche in questo caso sentiamo la vocina. Tuttavia io la aspettavo, mi aspettavo che mi dicesse: “Ehi, ragazzo, sei sicuro di non esserti spinto un po’ troppo lontano?
Amheliie (Road (French Edition))
- Secondo te le stelle sanno di pan di zucchero o di sale? - Non lo so, non le ho mai assaggiate. - Io sì, sono rimasta molte notti sul balcone della casa dei bambini chiusi. Le stelle in estate perdono briciole che arrivano in bocca. - E come sono? - Salate, a gusto di mandorla amara. - Le preferivo dolci. - Ma no, guasterebbero la terra per quante ne arrivano. Certe notti c'è tempesta di stelle sbriciolate. La terra è seminata da loro, riceve senza poter restituire. Allora dal basso si alzano le preghiere a sdebitarsi di alberi e di bestie che ringraziano.
Erri De Luca (Il giorno prima della felicità)
Non so se avrò tempo di scrivere altre lettere, perché forse sarò troppo impegnato a cercare a partecipare. Quindi, se questa dovesse essere l’ultima lettera, voglio che tu sappia che non stavo per niente bene prima di cominciare il liceo e tu mi hai aiutato. Anche se non sapevi di cosa parlavo o non conoscevi nessuno che aveva questi problemi, non mi hai fatto sentire solo. Perché io so che ci sono persone che dicono che queste cose non esistono. Perché ci sono persone che quando compiono diciassette anni, dimenticano com’era averne sedici. So che queste un giorno diventeranno delle storie e che le nostre immagini diventeranno vecchie fotografie e noi diventeremo il padre o la madre di qualcuno. Ma qui, adesso, questi momenti non sono storie, questo sta succedendo. Io sono qui e sto guardando lei. Ed è bellissima. Ora lo vedo, il momento in cui sai di non essere una storia triste. Sei vivo. E ti alzi in piedi e vedi le luci sui palazzi e tutto quello che ti fa restare a bocca aperta. E senti quella canzone, su quella strada, con le persone a cui vuoi più bene al mondo. E in questo momento, te lo giuro, NOI SIAMO INFINITO.
Stephen Chbosky (The Perks of Being a Wallflower)
«Dicevo sul serio. Non voglio nessun altro, Jess, solo te.» «Anch’io non voglio nessun altro. Solo te.» Shane gli infilò le dita tra i capelli. Gli tirò indietro la testa e lo baciò di nuovo con dolcezza, lentamente e teneramente. «Voglio dirlo ai ragazzi,» sussurrò Shane contro le labbra di Jesse. Non era la prima volta che lo diceva. «Voglio stare con te per davvero, Jess, alla luce del sole. Non dovremmo nasconderci.» Jesse chiuse gli occhi. Anche lui lo voleva. Era solo nervoso per ciò che avrebbero pensato Nick e Dre, per ciò che avrebbero pensato i loro genitori. Per quanto lo desiderasse, uscire allo scoperto, esserne orgoglioso e dire a tutti che Shane era suo, non era pronto per fare quell’ultimo passo. Il solo pensiero lo spaventava troppo. «Dammi tempo, okay? Ho… ho bisogno di un altro po’ di tempo.» Sentì Shane annuire. «Okay. Ma lo faremo presto, Jess. Sono stanco di fingere.» «Lo so. Te lo prometto, Shane. Presto.» Si addormentò con il ritmo del battito di Shane nell’orecchio. Avevano tutta la vita, Shane aveva detto così prima. Desideravano entrambi la stessa cosa. Qualche altra settimana non avrebbe fatto male a nessuno
Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
Poi", continuò Marguerite, "tu eri l'unica persona davanti alla quale avevo subito intuito che potevo pensare e parlare liberamente. Tutti coloro che stanno intorno alle donne come me analizzano tutto quello che diciamo, cercano di trarre delle conclusioni dalle nostre azioni più insignificanti. Per natura, non abbiamo amici. Abbiamo amanti egoisti, che dilapidano il patrimonio non certo per noi, come dicono, ma per la loro vanità. Per questi amanti, dobbiamo essere gaie quando sono allegri, in buona salute quando vogliono cenare, scettiche come loro. Ci è proibito avere un cuore, per non essere beffate e perdere il nostro credito. Noi non ci apparteniamo più. Non siamo più esseri umani, ma cose. Siamo le prime nel loro amor proprio, le ultime nella loro stima. Abbiamo amiche, ma sempre del genere di Prudence, ex mantenute, che hanno conservato il gusto dello scialo senza poterselo permettere, data l'età. Allora diventano le nostre amiche, o meglio, le nostre commensali. La loro amicizia arriva fino al servilismo, mai fino al disinteresse. Mai ci daranno un consiglio, se non venale. A loro poco importa se abbiamo dieci amanti, purché ci ricavino qualche vestito, o un braccialetto, e possano ogni tanto passeggiare nella nostra carrozza o andare al teatro nel nostro palco. Prendono i mazzi di fiori che abbiamo ricevuto il giorno prima, e si fanno prestare i nostri scialle di cachemire. Non ci fanno mai il minimo piacere senza farselo pagare il doppio di quello che vale. L'hai visto tu stesso, la sera in cui Prudence mi ha portato i seimila franchi che l'avevo pregata di chiedere da parte mia al duca: se n'è fatta prestare cinquecento che non mi restituirà mai, o che mi pagherà in cappelli che resteranno eternamente nelle loro scatole. Noi non possiamo avere, o meglio io non potevo avere che una gioia, triste come sono talvolta, sofferente come sono sempre: trovare un uomo abbastanza superiore da non chiedermi conto della mia vita, ed essere l'amante dei miei sentimenti molto più che del mio corpo. Un uomo così l'avevo trovato nel duce, ma il duca è vecchio, e la vecchiaia non protegge né consola. Avevo creduto di poter accettare la vita che mi offriva, ma che vuoi? morivo di noia, e per finire con l'uccidersi è meglio gettarsi in un incendio che asfissiarsi col carbone. Allora ho incontrato te, giovane, ardente, felice, e ho cercato di fare di te l'amante che avevo invocato nella mia rumorosa solitudine. Ciò che amavo in te non era l'uomo che eri, ma quello che dovevi essere. Tu non accetti questo ruolo, lo respingi come indegno di te, sei un amante volgare; fai come gli altri: pagami, e non ne parliamo più.
Alexandre Dumas fils (La Dame aux Camélias)
Ian mi spostò una ciocca di capelli dalla fronte.«Ma per bella che sia, non la conosco. Non è di lei che... mi importa.»La cosa mi fece sentire meglio. E ancora più confusa.«Ian, tu... nessuno qui ci separa come dovrebbe. Né tu, né Jamie, né Jeb.» La verità emerse all'improvviso, con più vigore di quanto desiderassi. «Tu non puoi affezionarti a me. Se potessi stringere tra le mani me, ne saresti disgustato. Mi butteresti a terra per schiacciarmi con un piede.» Corrugò la fronte pallida, aggrottando le sopracciglia nere. «Io... no, non se sapessi che sei tu.»Abbozzai una risata. «E come mi riconosceresti? Siamo tutte uguali.»Smarrì il sorriso.«È il suo corpo che conta» ribadii.«Non è affatto vero. Non è il volto, ma le sue espressioni. Non è la voce, ma il modo di parlare. Non è come ti sta quel corpo, ma le cose che ci fai. Tu sei bella.»Mentre parlava avanzò fino a inginocchiarsi ai piedi del mio letto, e riprese le mie mani tra le sue.«Non ho mai incontrato nessuna come te.» Non riuscii a prevederlo, come con Jared. Ian non mi era altrettanto fa-miliare. Melanie ne anticipò le intenzioni un istante prima che le sue labbra toccassero le mie."No!"Non fu come baciare Jared. Con lui non c'erano stati pensieri, ma soltanto desiderio. Senza controllo. Una fiammata inevitabile. Con Ian, non sapevo come sentirmi. Tutto era sfuocato e confuso.Le sue labbra erano morbide e calde. Le posò con delicatezza sulle mie, sfiorandole piano.«Bene o male?» sussurrò. Sorrisi. «Cos'hai combinato?»«Niente. Mi ha letteralmente incastrato.» La sua espressione innocente era un po' esagerata, perciò cambiò rapidamente argomento. «Indovina un po'? Jared ha passato il pranzo a ripetere che secondo lui non è giusto che tu abbandoni la stanza a cui eri abituata. E che non è il modo di trattare gli ospiti. Dice che tu dovresti tornare in camera con me! Non è grandioso? Gli ho chiesto se potevo dirtelo subito, e ha risposto che era una buona i-dea. Mi ha detto che ti avrei trovata qui.»«Ci avrei scommesso» mormorò Ian.«Che ne pensi, Wanda? Saremo di nuovo compagni di stanza!»«Ma, Jamie, dove andrà Jared?»«Aspetta, lasciami indovinare» lo anticipò Ian. «Non avrà detto anche che la vostra camera è abbastanza grande per tre?»«Sì. Come fai a saperlo?»«Ho tirato a indovinare.»«Buone notizie, no, Wanda? Sarà come prima che venissimo qui?»La sua frase fu come una pugnalata, un dolore troppo netto e preciso per confrontarlo con un pugno.Jamie scrutò allarmato la mia espressione afflitta. «Ops. Scusa, mi riferivo a tutte e due. Sarà bello. In quattro, no?»Cercai di ridere malgrado la sofferenza. Ian mi strinse la mano.«Tutti e quattro» mormorai. «Bene.»
Stephenie Meyer (The Host (The Host, #1))
Io mi siedo accanto a lui e penso al sesso perché è questo che succede quando hai il tuo bellissimo ragazzo nel letto accanto a te. Se arriveremo a fare sesso mentre è ancora a New York, per lui sarà la prima volta. È una responsabilità enorme. Voglio esserne all’altezza perché non debba mai rimpiangere la sua scelta quando ripenserà a me, a prescindere da quel che sarà di noi. Così come io non rimpiango di aver perso la verginità insieme a Hudson, e spero sia lo stesso per lui. La gente cambia, lui è cambiato e sono cambiato anche io ma, per come eravamo allora, sono ancora convinto che sia stato giusto farlo con lui. Vorrei che fosse così anche per Arthur e me
Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
- Quindi mia madre aveva già capito…- Hale stava sorridendo perspicace. - Capito cosa? - le frasi sibilline erano proprio una caratteristica di famiglia. - Che mi ero innamorato di te, doveva già averlo intuito quando sono venuto a casa tua la prima volt…- Brian gli prese il viso tra le mani e lo avvicinò ancora di più. - Sei… innamorato di me? Tu… hai appena detto che mi ami? Hale, ne sei sicuro? Perché io sono pazzo di te, e non sarà facile con il tuo carattere, ma è con te che voglio stare, solo con te, anche se mi farai impazzire, lo so già - lo baciò delicatamente, sorridendo di fronte al suo sguardo accigliato. - Guarda che anche tu mi fai impazzire, mi hai sempre risposto a tono e non hai mai fatto niente per compiacermi, anzi… sembrava che ti comportassi a quel modo per stuzzicarmi. E questa cosa mi ha colpito fin dalla prima volta che ti ho visto, mi chiedevo perché non avessi paura dei miei… cambiamenti d’umore, sembravi… divertirti a rispondermi, e mi hai intrigato. Dovevo scoprire cosa c’era sotto quell’aria da bravo ragazzo tutto studio e basta, e sono contento di averlo fatto. Adesso però non andrai più da nessuna parte senza di me… mi sono sentito perso senza di te - per la prima volta vide l’imbarazzo sul bellissimo viso di Hale, e qualcosa di caldo e dolce gli invase il petto, gli aveva mostrato la sua vulnerabilità
Andrea Grady (Hale (Italian Edition))
«Te l'ho detto, sono fatto così. Amo incontrare le persone, imparare a conoscerle, sapere come vivono. Voglio vivere un'esperienza e ritornare a casa avendo avuto un'idea di quello che è la vita in generale, delle situazioni più improbabili, dell'inatteso. Vivrò una vita semplice quando ritornerò, avrò un lavoro, un appartamento, una routine di merda dove non avrò la possibilità di incontrare persone che non facciano parte del mio ambiente sociale. E poi francamente, Travis, l’essere umano è così appassionante. Vedo questo viaggio come una lunga esperienza per il mio lavoro. Penso che tutte le esperienze siano degne di essere vissute, che siano la delusione, l'amore, la gioia, o la pena. Vivere significa conoscere ogni tappa sentimentale. Per esempio tutto è da provare, qualunque sia l'ordine, dobbiamo vivere la vita che ci detta il nostro destino, senza riflettere. E per farlo, bisogna incontrare delle persone, avere delle esperienze insolite come prendere lo zaino, la carta di credito e dirsi: “me ne vado per approfittare della mia gioventù prima di avere quarant' anni e realizzare che non ho vissuto”. Ecco io sono così, mi interesso alle persone, non è una cosa che si può spiegare altrimenti, è prendere o lasciare.» «Okay.» Un’unica parola di risposta, per tutto un monologo. Quando dico che questo ragazzo ha un contatore dev’essere senza dubbio vero
Amheliie (Road (French Edition))
Te lo dirò per la prima e ultima volta,” dice lui a denti stretti, quasi con furia. “Mi ascolti, Tyson?” “Sì,” riesco a dire. “Le cose possono essere state difficili. Può essere stata una situazione schifosa. Possiamo anche aver pensato che non ce l’avremmo mai fatta a uscirne, ma ci siamo riusciti. Io e te. Siamo stati tutto quello che avevamo per un periodo di tempo lunghissimo e siamo sopravvissuti. Senza di te, non ci sarebbe nessun me. Otter può possedere il mio cuore, ma tu sei la mia anima. Quindi no, non l’ho mai pensato. No, non l’ho mai desiderato. No, non ti lascerò mai e non ti permetterò mai di lasciarmi. Sei unito a me per il resto della vita, e se mi fai ancora una domanda del genere, giuro su Dio che mi arrabbierò come non mi hai mai visto. Ci siamo capiti?
T.J. Klune (The Art of Breathing (Bear, Otter, and the Kid, #3))
«Sposami.» Le parole uscirono prima che Shane potesse fermarle. Jesse smise di suonare, con uno stridio dissonante di note, e fissò Shane con gli occhi spalancati dallo shock. «Come?» Shane sentì il calore aumentare a poco a poco dietro il collo. Non era sua intenzione lasciarselo scappare di bocca come aveva fatto. Ci pensava da settimane, cercando di trovare la proposta perfetta: dove farla, quando, se invitare o meno la famiglia di Jesse e fargli una sorpresa. Tutto il tempo passato a rimuginarci su e a buttare qua e là le varie idee, solo per rovinare ogni sorta di piano fastoso per esserselo fatto sfuggire senza pensare. E in quel momento non riusciva a leggere nessuna espressione sul viso di Jesse, a parte lo shock. Shane si tirò su a sedere con la schiena più dritta e si schiarì la gola. Non era quello il modo in cui aveva avuto intenzione di chiederglielo, ma ormai le parole gli erano sfuggite e non poteva di certo rimangiarsele. Non che lo volesse, in realtà. «Scusa, Jess,» disse imbarazzato. «Non intendevo dirtelo così, ma ci stavo pensando da un po’ di tempo. Come ti ho già detto, ci sei sempre stato tu. Per un po’, credevo fossi un’altra persona, e di questo mi dispiace. Non so come io abbia potuto non capirlo.» Shane fece una pausa per qualche secondo e deglutì il nodo in gola. «Ma devi capire che non c’è mai stato nessun altro. Anche quando stavi fingendo, anche quando non ne avevo una cazzo di minima idea, c’eri sempre, sempre tu. Non vorrò mai nessun altro, solo te. Non amerò mai nessun altro, solo te. Sarà così per sempre. Io e te»
Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
NORA: nNon ci credo più. Prima di tutto credo invece che io sia un essere umano, come te, né più ne meno, o, infine, voglio procurare di diventarlo. So bene che la maggior parte della gente ti darà ragione, Torvaldo, e che qualche cosa di simile è scritto nei libri. Ma io non posso più contentarmi di ciò che dice la maggioranza e di ciò che è scritto nei libri. Devo riflettere - da me stessa su certe cose e rendermele pienamente - chiare. HELM: Ah, tu pensi e tu parli come una bambina in ragionevole.p NORA: Può essere. Ma tu non pensi e non parli come l'uomo al quale potrei appartenere. Torvaldo, in codesto momento ho compreso chiaramente che ho vissuto qui per otto anni continui insieme con un estraneo che mi ha fatto fare tre figliuoli! Oh, è un pensiero per me insopportabile! Potrei stritolarmi! Potrei farmi a pezzi!
Henrik Ibsen (A Doll's House)
«Devo preoccuparmi?» «Preoccuparti?» «Ho come la sensazione che stai per scaricarmi. Non che siamo insieme. Argh. Scusa. Sono così...» Butto fuori il fiato. «Perché sono così imbranato in queste cose?» «In quali cose?» «In queste.» Sollevo le nostre mani intrecciate. «Stare con te e comportarmi da normale essere umano, tanto per cominciare; tipo, con un minimo sindacale di capacità di conversazione. Non so che cosa c’è che non va in me.» «Non c’è niente che non va in te.» «Tutto questo è così nuovo per me, mentre tu hai già baciato altre persone e probabilmente hai già fatto sesso, e hai avuto una vera relazione prima di me. Non so se sono all’altezza di tutto questo.» Voltiamo in una strada laterale e poi in un vicolo, e il fatto che non ci siano persone intorno rende Ben venti volte più rilassato. Me ne accorgo dalla sua presa. «Ma io non la vedo così» dice dopo un po’. «Come la vedi?» «Be’, come prima cosa, sono io quello che deve essere all’altezza di qualcosa.»
Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
Ascolta bene, Wanda. So esattamente ciò che non vuoi essere. Ma noi siamo umani, ed egoisti, e non facciamo sempre la cosa giusta! Non ti lasceremo andare. Fattene una ragione «Viandante? Ti stiamo aspettando tutti, piccola. Apri gli occhi.»Questa voce, il respiro caldo che mi sfiorava l'orecchio, era ancora più familiare. Percepii una strana sensazione quando la sentii. Una sensazione mai provata prima. Mi mozzò il respiro e mi fece tremare le dita.Volevo vedere quel viso, quella voce.Un'ondata di colore invase la mia mente - un colore che mi chiamava da una vita lontana - un blu acceso, brillante. L'universo era blu e acceso. I miei occhi trovarono il blu che cercavo. Zaffiro, neve e mezzanotte.«Ian? Ian, dove sono?» Il suono della voce che mi uscì dalle labbra mi spaventò. Acuto e stridulo. Familiare, ma non mio. «Chi sono?»«Tu sei tu» rispose Ian. «E sei di nuovo a casa.» «Ti ho tenuta in mano, Viandante. Ed eri bellissima.» «No. È grossa abbastanza solo per te.»«Non voglio restare solo. Però...»Perché non me lo chiedeva? «Però cosa?»«Sei riuscita a pensarci un po' su? Non voglio metterti fretta. So che sei confusa... a proposito di Jared...»Impiegai un istante a capire cosa voleva dirmi, e reagii con un risolino soffocato. In genere, Melanie non si lasciava andare, Luna invece sì, e il suo corpo mi tradiva nei momenti meno opportuni.«Che c'è?» domandò Ian.«Ero io ad aspettare che ci pensassi su» bisbigliai. «Non volevo metterti fretta, perché so che sei confuso. A proposito di Melanie.»Un sobbalzo impercettibile, di sorpresa. «Pensavi...? Ma Melanie non sei tu, non mi sono mai sentito confuso.»Sorridevo nel buio. «E tu non sei Jared.»Rispose circospetto. «Resta pur sempre Jared. E tu lo ami.»Era ancora geloso? Non avrei dovuto lasciarmi lusingare da un'emozione negativa, ma dovevo ammettere che mi gratificava.«Jared è il passato, un'altra vita. Tu sei il mio presente.»Tacque per un momento. Quando riprese a parlare, la sua voce era gon-fia di emozione. «E il tuo futuro, se lo vuoi.»«Sì, te ne prego.»Mi baciò nella maniera meno platonica possibile, in mezzo alla calca, mentre ripensavo con eccitazione alla mossa smaliziata e spontanea con cui avevo aggiunto un anno alla mia età.Terminata la stagione delle piogge, Ian sarebbe diventato il mio compa-gno, nel vero senso della parola. Era una promessa, un impegno al quale non mi ero mai sottoposta, in tutte le mie vite. Ripensarci mi riempiva di gioia, di ansia, di timidezza e di impazienza... mi faceva sentire umana. «Il diciottesimo!» Avevo mentito, aggiungendo un anno.Con la coda dell'occhio, vidi Melanie e Ian sobbalzare di sorpresa. Il mio corpo non dimostrava affatto i suoi quasi diciassette anni.Fu quel piccolo imbroglio, quella rivendicazione preventiva del mio compagno, a farmi capire che sarei rimasta con loro. Con Ian e il resto del-la mia famiglia. Sentii un gonfiore strano chiudermi la gola. «Melanie sarà mia per sempre. E io sarò per sempre suo.»
Stephenie Meyer (The Host (The Host, #1))
Maggie chiuse gli occhi e contò sino a dieci. Uno, due, tre… Se voleva arrivare a casa di sua sorella prima che facesse notte, non aveva altra scelta che chiedere al cowboy di accompagnarla. Certo, avrebbe sempre potuto optare per il motel e attraversare quelle duecento iarde pullulanti di lupi. Un altro ululato. No, non avrebbe potuto. «Lupi» disse Mitch, il braccio sinistro che sporgeva indolente dal finestrino, il mozzicone del sigaro stretto tra le dita. «Lupi» ripeté lei con un’alzata di spalle, come se si trattasse di barboncini addestrati. Poi mosse un paio di passi esitanti verso il pick-up. Quell’affare era così alto che dovette allungare il collo e sollevare la testa per parlare al cowboy. «Mi chiedevo…» mormorò vincendo ogni residua resistenza. Lui rimase immobile, se non per il sopracciglio sinistro che scattò verso l’alto. «… se per caso tu non potessi darmi uno strappo.» Lui finse di prendere in considerazione la cosa. Poi, con un altro sbuffo di fumo, disse: «Mi sembrava che avessi rifiutato la mia offerta, dieci minuti fa...». «Perché non intendevo esserti di disturbo» rispose lei come se si stesse rivolgendo alla duchessa di Kent. E di fatti lui scoppiò a ridere. «Essermi di disturbo? Dopo avermi assalito come un ninja? Ma sarò magnanimo. Dai, sali.» Maggie tirò un sospiro di sollievo. Era così stanca e infreddolita che anche quel pick-up scassato le parve per un istante una limousine. «Dove metto la valigia?» «Buttala dietro, nel cassone.» Buttare nel cassone la sua Samsonite rosa, costata una cifra improponibile? «Preferirei sistemarla in cabina, se non ti spiace.» «In cabina non c’è posto, qua dietro è pieno di roba. A meno che tu preferisca viaggiare nel cassone e la valigia sul sedile…» Lei rimase zitta, gli occhi sgranati, per nulla certa che quella fosse solo una battuta. «Ok, ci penso io» tagliò corto lui, aprendo la portiera e scivolando a terra con un balzo. Afferrò il trolley per la maniglia e, senza un’altra parola, lo fece volare nel cassone. Oh! Il botto risuonò nelle orecchie di Maggie come una granata. Risistemandosi lo Stetson sulla testa, il cowboy girò intorno al pick-up e con un sorriso esagerato aprì la portiera del passeggero. «Sali, sorella di Suzie, o vuoi che dia una mano anche a te?»
Viviana Giorgi (Tutta colpa del vento (e di un cowboy dagli occhi verdi))
Dopo una dolce carezza come questa ieri mi sono lasciato trasportare sul prato davanti al deserto, e lì ho visto davvero me e te, incapaci di continuare a concentrarci sul testo. Spirava una brezza leggera, il mio giornale frusciava e le pagine del tuo libro si sono messe a scorrere da sole, velocemente. Erano le cinque di sera, il sole brillava ancora e ci siamo sentiti così chiari nella luce, quasi trasparenti. Se fosse passato qualcuno la magia sarebbe svanita, ma eravamo soli, e ancor prima di scambiarci una parola ci siamo trovati avviluppati nella ragnatela delle nostre storie. Tu hai la tua e io la mia, ed era incredibile sentire come si intrecciassero, rapidamente. Perché a volte, nei momenti più impensati, per strada, puoi sentire l’anima lacerarsi, catturata nella storia di qualcuno che ti è appena passato accanto. La maggior parte delle volte, però, quelle storie vengono sradicate e muoiono subito, senza che gli interessati si rendano conto di ciò che hanno perso. Rimane solo un leggero dolore che svanisce immediatamente, anche se in me a volte può durare ancora qualche ora, come se avessi avuto un piccolo aborto spirituale. E rimane una sorta di angoscia, la morte della storia.
David Grossman (Be My Knife)
«È solo... il fatto che tu non sia mai uscito con nessuno prima e non abbia mai baciato nessuno... Non lo so. E se io rovinassi tutto? Non voglio essere quello che rovina il tuo primo bacio.» «Non lo saresti.» «È che mi sento sotto pressione, capisci. Voglio che sia perfetto.» «Essere con te è già perfetto.» Lui ridacchia. «Voglio dire, a parte il fatto che sottovaluti drammaticamente la mia destrezza con la macchina pesca pupazzi, e che il sosia di Ansel Elgort ci ha provato con te, e le tue cinquantasei foto con il tuo ex e...» E lui mi bacia. Così, di punto in bianco. Le sue mani sono sulle mie guance, e lui mi sta baciando. Cristo santo. Voglio dire, non mi ero mai reso conto di quanto ti è vicina la faccia di una persona quando ti bacia. La sua testa è proprio qui. Leggermente inclinata per adattarsi alla mia. I suoi occhi sono chiusi e le sue labbra si muovono sulle mie, e WOW, non so quanto sia appropriato e in regola avere un’erezione in una situazione del genere, ma... ehm. Dovrei rispondere al bacio. Cerco di muovere le labbra come sta facendo lui, come se cercassi di mangiargli la bocca senza usare i denti. Ma mi sa che lo sto facendo nel modo sbagliato, perché lui si tira indietro di qualche centimetro e mi sorride.
Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
BIANCO- Non mi pare proprio. Lei lo vede, Gesù? NERO- No. Non lo vedo. BIANCO- Però ci parla. NERO- Ogni santo giorno. BIANCO- E lui parla con lei. NERO- Mi ha parlato. Si. BIANCO- Ma lei lo sente? Sente proprio la sua voce? NERO- No, non sento la sua voce. Non sento neanche la mia, se è per questo. A lui però l'ho sentito. BIANCO- Bè, allora Gesù non potrebbe essere soltanto nella sua testa? NERO- Infatti è nella mia testa. BIANCO- Allora non capisco cos'è che sta cercando di dirmi. NERO- Lo so che non capisci, zuccherino. Sta' a sentire. La prima cosa che devi tenere presente è che io, nella testa, non ho manco un pensiero originale. Se non ho dentro la scia del profumo della divinità, allora non mi interessa. BIANCO- La scia del profumo della divinità. NERO- Esatto. Che te ne pare? BIANCO- Non è male. NERO- L'ho sentito alla radio. Da un predicatore nero. Ma il punto è che ci ho anche provato a fare nell'altro modo. E mica a spizzichi e bocconi, eh. Dico proprio benda sugli occhi, briglia sciolta e via a correre in mezzo ai boschi. Oddio. Ci ho provato eccome. Se trovi un cristiano che ci ha provato più di me, mi piacerebbe conoscerlo. Mi piacerebbe davvero. E secondo te che cosa ci ho guadagnato? BIANCO- Non lo so. Che cosa ci ha guadagnato? NERO- La morte in vita. Ecco cosa ci ho guadagnato. BIANCO- La morte in vita. NERO- Esatto. Ero un cadavere ambulante. Così morto che non sapevo manco stendermi nella tomba.
Cormac McCarthy (The Sunset Limited)
–Che effetto ti faccio, nella tua cornice, io? –Tu, –dissi, –ci sei sempre, nella mia cornice. Non te ne vai mai. –Ti tengo sempre là con me, –dissi, –fra le cose mie, e ti parlo, e tutto continua, come quando siamo insieme qui. Tu invece, mi stacchi da te. Torni là, nella tua Casa Tonda, e non ci sono io. Ogni tanto, ma solo ogni tanto, guardi giú verso la mia casa. Ma solo ogni tanto, e come per sbaglio. –Io, –dissi, –non ti stacco mai da me. Ti tengo là, fra le cose mie. Se no certe volte, la mia cornice, non potrei sopportarla. –Pure la sopportavi, –lui disse, –quando non esistevo ancora, io, per te. –Sí, la sopportavo, –dissi. –Mi pesava, ma la sopportavo. Ma non sapevo, allora, che la vita potesse avere un altro passo. Lo immaginavo, cosí, vagamente, ma non lo sapevo. –Non sapevo, –dissi, –che la vita potesse andare di corsa, suonando il tamburo. –Per te, non è cosí, –dissi. –Per te la vita, dopo che ci sono io, ha conservato il suo solito passo, e non suona. –Suona un poco, –lui disse, –suona un poco, sí, anche per me. Non proprio tanto forte, ma suona. Disse: –Però vorrei essere andato lontano, in qualche luogo all’estero, e averti conosciuto per caso, in una strada qualunque, ragazza mai vista prima. Vorrei non saper niente di te, niente dei tuoi parenti, e non incontrarli mai. –E invece, –io dissi, –siamo cresciuti nello stesso paese, e abbiamo giocato insieme, bambini, alle Pietre. Ma a me, questo, non mi disturba. Non me ne importa niente. Dissi: –Non me ne importa, e anzi m’intenerisce perfino un poco. E da quando tu esisti per me, quel nostro paese là è come se fosse diventato una terra sconosciuta, grandissima, e tutta piena di cose imprevedibili, drammatiche, emozionanti, che possono succedere in qualunque minuto.
Natalia Ginzburg (Voices in the Evening)
Narciso gli disse: "Sono così contento che tu sia ritornato! Mi sei mancato tanto, ho pensato a te ogni giorno e spesso avevo paura che tu non volessi ritornare più." Boccadoro scosse la testa: "Via, la perdita non sarebbe stata grande". Narciso, a cui bruciava il cuore di dolore e di affetto, si chinò lentamente verso di lui e fece quello che in tanti anni della loro amicizia non aveva mai fatto, sfiorò con le sue labbra i capelli e la fronte di Boccadoro. Questi s'accorse di ciò che accadeva, prima con stupore, poi con commozione. "Boccadoro", gli sussurrò l'amico all'orecchio, "perdonami di non avertelo saputo dire prima. Avrei dovuto dirtelo allora, quando venni a cercarti nella tua prigione, nella residenza del vescovo, o quando vidi le tue prime figure, o qualche altra volta. Lascia che te lo dica oggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei sempre per me, come hai arricchito la mia vita. Per te non avrà molta importanza. Tu sei abituato all'amore, esso non è nulla di strano per te, sei stato amato e viziato da tante donne. Per me è un'altra cosa. La mia vita è stata povera d'amore, mi è mancato il meglio. Il nostro abate Daniele mi diceva un giorno ch'io gli sembravo orgoglioso: forse aveva ragione. Io non sono ingiusto verso gli uomini, mi sforzo di essere giusto e paziente con loro, ma non gli ho mai amati. Di due eruditi che ci siano nel convento, il più erudito mi è più caro; a un debole scienziato non ho mai potuto voler bene, passando sopra alla sua debolezza. Se tuttavia so cos'è l'amore, è per merito tuo. Te ho potuto amare, te solo fra gli uomini. Tu non puoi misurare ciò che significhi. Significa la sorgente in un deserto, l'albero fiorito in un terreno selvaggio. A te solo debbo che il mio cuore non sia inaridito, che sia rimasto in me un punto accessibile alla grazia.
Hermann Hesse (Narcissus and Goldmund)
Qui giace Francis Turner Su Mary, non stare lì impalata, appoggia quei fiori e siediti. [...] Mi hanno assegnato un bel posto, non trovi? [...] Passo le giornate a seguire tutto il viavai che c’è là fuori, non mi pare neanche di essere morto. Dai su, Mary, non fare così. Asciugati, da brava. Tu non potevi saperlo. Nessuno può pensare di uccidere qualcuno con un bacio. Sei stata spontanea e nient’altro. Ti sei sentita di farlo e, così, all’improvviso, dopo che tutte le cose lasciavano credere che non l’avresti mai fatto, mi hai baciato. Non hai usato un coltello, né una pistola. Non avevi una capsula di cianuro nascosta in bocca. Hai semplicemente appoggiato piano le tue labbra sulle mie. Devi smetterla di fartene una colpa. Io non ti avevo detto nulla, forse avrei dovuto ma ho preferito rischiare. Ho passato tutta la vita a controllarmi, con te ho voluto rischiare. Non avevo incontrato niente fino a quel momento che lo meritasse più della signorina Mary Iggins e non mi pento di averlo fatto. Tutta la mia infanzia se n'è andata con me seduto in tribuna che la guardavo sfilare. [...] Capisci, Mary, per tutta la vita, giorno dopo giorno —un giorno dopo l'altro, uno dopo l'altro e dopo l'altro e dopo l'altro e dopo ancora uno e ancora uno e ancora uno...— io sono rimasto a guardare. I miei genitori mi hanno spiegato subito come stavano le cose. Niente palla avvelenata, niente nascondino, niente capanna sull'albero, niente grandi emozioni. Un'esistenza protetta da spettatore, questo mi toccava e io questo ho preso. Fino a che ti ho conosciuta. [...] Voglio dire, sì, fare quella cosa lì mi mancava moltissimo, però mi pareva di immaginare abbastanza bene come sarebbe stato. Il finale almeno, lo conoscevo anche io: un piacere che ti svuota, un crollo di tensione dalle ginocchia alle radici dei capelli. L'inizio invece, il momento del vero inizio, quando le mani sono ancora al loro posto e i vestiti anche, quando le bocche parlano solo come azione diversiva intanto che gli occhi scrutano i pensieri dell'altro, ecco insomma, il momento, l'attimo che precede il primo bacio, lo desideravo come la rivelazione di uno stato superiore di conoscenza, che in fondo spettava anche a me, in quanto essere umano. Dopo il bacio vengono un sacco di altri bei momenti, ma sono —così pensavo— una conseguenza abbastanza automatica del primo esaltante contatto da cui sono scaturiti. Finire a letto dopo che ci si è baciati dev'essere splendido ma non è certo sorprendente, mai almeno quanto l'attimo in cui l'altro, un individuo in tutto e per tutto sconosciuto fino a un secondo prima, accetta di schiudere le labbra mentre ti avvicini. Il bacio, baciare la donna che desideravo, era ciò che più avrebbe messo a rischio la mia vita, ma era anche la scommessa più emozionante. Io l'avevo fatta con te, Mary. E avevo perso. [...] Di nuovo il silenzio della sera prima. E tu che ti avvicini centimetro dopo centimetro, tenendo gli occhi nei miei, sollevando il mento verso un luogo che, contro ogni aspettativa, contro ogni più libera immaginazione, sembrava essere proprio la mia bocca. Che gioia immensa, l'attimo dell'intenzione tradita. Lo stavi facendo, lo stavi proprio facendo. La gente non si era ancora accorta di niente, e neanche tu. Non potevi aver sentito il colpo. Un solo tum. E poi tutto fermo, non un battito, non un rumore, tutto già finito dentro di me, mentre il nostro amore cominciava. No, niente cianuro, ma il sapore delle tue labbra, della tua saliva, è stato un'arma forse ancora più potente. È così, Mary. Piangi pure se vuoi, ma il mio cuore è esploso per colpa tua, il mio cuore è esploso grazie a te. Vedo perfettamente la tua bocca ancora schiusa mentre cado, l'interno lucido, buio, gli occhi di una donna che, senza saperlo, ha appena messo la morte sulle labbra di un uomo. Qui, sulla collinetta di Spoon River, di amori letali ne sentirai raccontare. Ma il nostro, Mary —forse era questo che volevi sentirmi dire— è stato davvero unico.
Mauro Covacich
La casa dove tua bis-bis-bisnonna e io andammo a stare appena sposati dava sulle cascatelle [...] Aveva pavimenti di legno e finestre magnifiche e spazio sufficiente per una famiglia numerosa. Era una bella casa. Una buona casa. Ma l'acqua... diceva la tua bis-bis-bisnonna ... non riesco a sentirmi quando penso. Tempo, io la incalzavo. Datti tempo. E, lascia che te lo dica: anche se la casa era spaventosamente umida, e il prato davanti una fangaia perenne a causa degli spruzzi; anche se i muri ogni sei mesi necessitavano di riparazioni, e scaglie di pittura cadevano dal soffitto in tutte le stagioni come neve... ciò che si dice di chi abita vicino a una cascata è vero. Che cosa, chiese mio nonno, cosa si dice? Si dice che chi abita vicino a una cascata non senta l'acqua. Questo, si dice? Esatto. Naturalmente la tua bis-bis-bisnonna aveva ragione. All'inizio fu terribile. Non sopportavamo di rimanere in casa per più di poche ore di fila. Le prime due settimane furono caratterizzate da notti di sonno intermittente, litigi soltanto per il gusto di farci sentiore sopra lo scroscio. Litigavamo al solo scopo di ricordarci a vicenda che eravamo innamorati e non in preda all'odio. Però le settimane successive andò un po' meglio: era possibile dormire qualche buona oretta per notte e mangiare con un disagio sopportabile. la tua bis-bis-bisnonna ancora malediceva l'acqua [...], ma meno di frequente, e con minore furia. [...] La vita continuò perchè la vita continua, e il tempo passò, perchè il tempo passa, e dopo poco più di due mesi: Hai sentito? le domandai, una delle rare mattine in cui eravamo seduti insieme a tavola. Hai sentito? Deposi il mio caffè e mi alazi dalla sedia. La senti quella cosa? Quale? mi chiese lei. Esatto! risposi, correndo fuori per salutare a pugno teso la cascata. Esattamente! Ballammo, lanciando in aria manciate d'acqua, senza sentire proprio neinte. Alternavamo abbracci di perdono e urla di umano trionfo all'indirizzo dell'acqua. Chi vince la battaglia? Chi vince la battaglia, cascata? Noi! La vinciamo noi! E questo vivere vicino a una cascata, Safran. [..] Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita. [...] Ma questa non è tutta la storia, continuò la Meridiana. L'ho capito la prima volta che ho tentato di bisbigliare un segreto senza riuscirvi, o fischiettare una canzone senza insinuare la paura nei cuori di chi era nel raggio di centro metri, quando i miei colleghi della conceria mi hanno supplicato di abbassare la voce perché chi riesce a pensare se gridi in quel modo? Al che io ho domandato: STO DAVVERO GRIDANDO? * La storia della casa sulla cascata, la Meridiana
Jonathan Safran Foer (Everything is Illuminated & Extremely Loud and Incredibly Close)
Ti scrivo mentre tu sei da qualche parte a comprare la Coca-Cola. È la prima volta in vita mia che scrivo una lettera a qualcuno seduto accanto a me su una panchina. Ma se non facessi così dubito che riuscirei a farti arrivare quello che ti voglio dire. Perché tu non ascolti niente di quello che dico, prova a dire che non è vero. “Se può interessarti, oggi tu hai fatto una cosa molto grave nei miei confronti. Non ti sei neanche accorto che ho cambiato pettinatura. Piano piano, con sacrificio, avevo aspettato che mi crescessero i capelli e lo scorso week-end finalmente mi sono fatta fare un taglio femminile. Ma tu non ci hai fatto neanche caso. Ero così sicura di essere carina nella mia nuova pettinatura che non vedevo l'ora di farti una sorpresa, tanto più che era la prima volta che ci vedevamo da tanto tempo. E tu non te ne sei nemmeno accorto! Ti rendi conto di che vuoi dire? Figuriamoci, se è per questo probabilmente non sapresti dire neanche com'ero vestita. Ma guarda che io sono una donna. Per quanti pensieri tu possa avere, potresti almeno degnarmi di uno sguardo. Sarebbe bastato poco. Se solo mi avessi detto, non dico tanto, qualcosa tipo “Carina, questa pettinatura‟, ti avrei lasciato fare come volevi, immergerti nei tuoi pensieri quanto volevi. “Perciò sto per dirti una bugia. Ti dirò che ho un appuntamento a Ginza con mia sorella. Non è vero. Pensando di restare stanotte a dormire da te mi ero portata perfino il pigiama. Sì, se lo vuoi sapere nella mia borsa ci sono pigiama e spazzolino da denti. Mi viene da ridere, se penso a quanto sono cretina. A te l'idea di invitarmi a casa tua non ti ha sfiorato nemmeno. Ma non importa. Visto che ci tieni tanto a startene da solo fregandotene altamente di me, rimani pure da solo e pensa a tutti i tuoi problemi quanto vuoi senza nessuna interferenza da parte mia. “Il guaio è che non riesco nemmeno ad avercela con te. Mi sento soprattutto sola. In fondo sei sempre stato gentile con me mentre io per te non ho fatto niente. Tu sei sempre chiuso nel tuo mondo e ogni volta che io provo a bussare e a chiamarti tu mi lanci al massimo un'occhiata e subito ti richiudi in te stesso. “Eccoti che torni con la Coca-Cola. Vieni verso di me tutto sprofondato nei tuoi pensieri. Quanto vorrei che inciampassi! Ma non inciampi, ti siedi accanto a me come prima e bevi la tua Coca. Avevo un residuo di speranza che tornando notassi qualcosa e dicessi: “Di' un po‟, ma hai cambiato pettinatura?‟ Invece niente. Se te ne fossi accorto anche in ritardo avrei strappato questa lettera e ti avrei detto: “Dai, andiamo a casa tua. Ti cucinerò una cena favolosa e poi andremo a letto felici e contenti‟. Ma tu sei ottuso come un pezzo di legno. Sayonara. P.S. La prossima volta che ci vediamo a lezione evita di rivolgermi la parola.
Haruki Murakami (Norwegian Wood)
Com’è il morale? In generale”. “Il morale è... eccellente,” disse Nigel, deglutendo con forza. “È un periodo interessantissimo, naturalmente. La Gran Bretagna è a un punto di svolta e noi siamo proprio nell’epicentro... nell’epicentro del turbine che sta... trasfigurando la realtà politica, indirizzandola verso uno sviluppo... decisamente sismico in cui... le placche tettoniche della nostra storia nazionale si stanno spostando, con il risultato di provocare una trasformazione... e io, in qualità di testimone...” All’improvviso si interruppe. Il suo sguardo si perse nel vuoto. Le spalle si afflosciarono. Per un minuto o due rimase a fissare la superficie schiumosa del suo caffè. Alla fine tornò ad alzare gli occhi e le sue successive parole furono le più sincere che Douglas avesse mai sentito uscire dalle sue labbra. “Siamo fottuti.” “Prego?” “Siamo completamente e irrimediabilmente fottuti. È un caos. Corriamo di qua e di là come polli decapitati. Nessuno ha la più pallida idea di quello che sta facendo. Siamo... siamo fottuti.” Rapidamente Doug tirò fuori il cellulare e cominciò a registrare. “È ufficiale?” chiese. “Che importa? Siamo fottuti, perciò che senso ha sapere se è ufficiale?” “Che tipo di caos? Chi corre di qua e di là come un pollo decapitato?” “Tutti. Nessuno escluso. Chi si aspettava un esito simile? Nessuno era pronto. Nessuno sa cosa sia la Brexit. Nessuno sa come attuarla. Un anno e mezzo fa tutti la chiamavano Brixit. Nessuno sa cosa voglia dire Brexit.” “Pensavo che Brexit significasse Brexit.” “Divertente. E come dovrebbe essere questa Brexit?” “Una Brexit rossa, bianca e blu, come dice la May,” citò Doug e di nuovo si dispiacque per Nigel, così infelice. “Ma di sicuro ci saranno frotte di consiglieri... esperti?...” “Esperti?” disse Nigel con amarezza. “Non crediamo più negli esperti. La catena di comando è semplicissima. Ciascuno riceve le sue direttive da Theresa, e Theresa le riceve dal ‘Daily Mail’. E anche da un paio di think tank così fanatici del libero scambio che non li lasceresti...” “Questi think tank...” disse Doug incuriosito. “Non mi dirai che una di loro è l’Imperium Foundation, vero?” “Mio Dio,” disse Nigel, la testa tra le mani. “Sono dappertutto... dappertutto. Sempre pronti a indire riunioni. A bombardarci di tabelle. Dimenticati della volontà del popolo. Sono questi i pazzi che hanno preso il potere.” “Cameron avrebbe saputo fronteggiarli meglio, secondo te?” “Cameron?” disse Nigel con una smorfia. “Un fesso di prima categoria! Un moccioso! Un coglione fatto e finito. Se ne sta nel suo capanno del cazzo a scrivere le sue memorie. Guarda che disastro si è lasciato alle spalle. Tutti pronti a pugnalarsi alle spalle. Gli stranieri vengono insultati per la strada. Aggrediti sull’autobus. Invitati a tornarsene da dove sono venuti. Se uno non riga dritto, ecco che subito diventa un traditore e un nemico del popolo. Cameron ha demolito questo paese, Doug. L’ha demolito ed è scappato.
Jonathan Coe (Middle England (Rotters' Club, #3))
Poiché il mondo è così pieno di morte e d'orrore, io cerco continuamente di confortare il mio cuore e di cogliere i bei fiori che sbocciano in mezzo a questo inferno. Trovo piacere e dimentico per un'ora l'orrore. Ma non per questo esso cessa d'esistere." "Hai detto molto bene. Dunque tu ti trovi nel mondo circondato di morte e d'orrore e per sfuggire ad esso cerchi il piacere. Ma il piacere non dura e ti rilascia poi nel deserto." "Si, proprio così." "Così avvenne alla maggior parte degli uomini, ma pochi lo sentono con la tua forza e con la tua veemenza, e pochi hanno il bisogno di rendersi conto di questi sentimenti... oltre a questo, non hai sperimentato qualche altra via?" "Oh sì, certo. Ho provato la via dell'arte." "Ma quale fu per il frutto, il significato dell'arte?" "Fu il superamento della caducità. Vidi che della farsa e della danza macabra della vita umana qualcosa rimaneva e durava: le opere d'arte. Certo anch'esse un giorno o l'altro passano, bruciano o si rovinano o vengono distrutte. Ma ad ogni modo durano parecchie generazioni e formano al di là del momento un quieto regno d'immagini e di cose sacre. Collaborare a questo mi pare un bene e un conforto, poiché è quasi rendere eterno ciò ch'è transitorio." "Questo mi piace molto, Boccadoro... Io credo però che con la tua definizione tu non hai esaurito ciò che vi è di meraviglioso nell'arte. Credo che l'arte non consista solo nello strappare alla morte e portare a più lunga durata, con la pietra, col legno e coi colori, qualcosa che esiste ma è mortale." "Hai ragione", esclamò Boccadoro con fervore, "non avrei creduto che tu conoscessi l'arte così a fondo! L'immagine originaria di una buona opera d'arte non è una figura reale, viva, quantunque questa possa esserne l'occasione determinante' L'immagine originaria non è carne e sangue, è spirituale. È un'immagine che ha la sua dimora nell'anima dell'artista." "Molto prima che una figura artistica diventi visibile e acquisti realtà, essa esiste come immagine nell'anima dell'artista! Questa immagine dunque, questa immagine originaria è esattamente ciò che gli antichi filosofi chiamano 'idea'". "Ebbene, .. ammetti che fra la confusione e i dolori di quel campo di battaglia che è la vita, in questa danza macabra senza fine e senza senso dell'esistenza corporea, esiste lo spirito creatore. .. Questo spirito in te non è quello di un pensatore, è quello di un artista. Ma è spirito, ed esso ti mostrerà la via per uscire dal torbido garbuglio della vita dei sensi, dalla eterna alternativa fra piacere e disperazione." In quel momento parve a Boccadoro che la sua vita avesse acquistato un senso, come se egli la guardasse dall'alto e ne vedesse chiaramente le tre grandi tappe: la dipendenza da Narciso, la liberazione - il periodo della vita libera e vagabonda - e il ritorno, il riposo, l'inizio della maturità e del raccolto. ... Ma egli aveva trovato finalmente con Narciso il rapporto che gli conveniva, non più di dipendenza, ma di libertà e di reciprocità. Poteva ormai essere ospite di quello superiore senza umiltà poiché l'altro aveva riconosciuto in lui il suo pari, il creatore.
Hermann Hesse (Narcissus and Goldmund)
In fondo cos’è la morte? – le dissi piano all’orecchio – solo un passo avanti per raggiungere l’eternità!” “O per perderla…” continuò lei. Sorrisi, stringendola a me ancora più forte e affondando il capo nei suoi capelli. [...] La strinsi un’ultima volta a me, prima di allontanarmi definitivamente dal suo viso e sussurrare: “Se la morte è davvero un passo avanti per l’eternità, ti prego… Baciami all’infinito e io morirò per te ogni giorno.
Chiara B. D'Oria
[...] Sul comodino, fra i medicinali, c’era il suo romanzo preferito, Piccolo mondo antico. «Ti devo parlare». «Ti stanchi, forse non è il caso…» «Lo decido io se è il caso. Sono io quella che se ne sta andando, e non voglio finire all’inferno. Ci sono cose di cui sono pentita, sì mio Signore che ascolti dall’alto dei cieli, sono sinceramente pentita, l’ho detto anche a don Bruno… Dicevo… Ci sono cose che devi sapere, finché non mi sarò confessata con te avrò sempre questo peso con me». «Ma io non sono un prete, non devi confessarmi proprio niente». «Sì invece, perché ti ho ingannato, ti ho fatto vivere nell’errore». Qualsiasi cosa stesse per dirmi, sentivo che era molto peggio dell’errore. «Non voglio sapere niente, ti perdono al buio». «Invece mi ascolterai, povero imbecille, ascolterai tutto». E ascoltai. Non mi aveva mai amato, mi aveva sposato solo per i miei soldi. Durante il nostro fidanzamento mi aveva tradito con cinque uomini; dopo le nozze non li aveva più contati. Aveva tenuto a precisare che pressoché tutti scopavano meglio di me, e che con me non ricordava orgasmo che non fosse simulato. Anselmo, il mio Anselmuccio, non era figlio mio ma del suo maestro di salsa e merengue, l’aitante Lucio. Matilde invece era figlia del commendator Ferrarini. Capivo Lucio, ma Ferrarini… Quando le chiesi perché rispose che proprio il fatto che fosse brutto e grasso le dava il gusto dello sfregio. Continuai ad ascoltare guardandole le spalle. Le mie promozioni, la mia nomina a sovrintendente non dipendevano dal mio merito: per solleticare la vanità di essere la moglie di un uomo importante era stata a letto con tutti quelli che avevano il potere di decidere. Anche la mia vittoria al torneo di scacchi di Neuchâtel non valeva nulla: la notte prima della finale aveva accettato di farsi sodomizzare dal campione russo perché facesse in modo di perdere: capisco adesso quella sciagurata spinta di pedone in b6… «Perché hai voluto parlare? Perché? Adesso la mia vita è rovinata…» «E non pensi alla mia, di vita? A quella eterna? Io voglio andare in paradiso, fra gli angeli… Il Signore lo sa, che dovevo dirti tutto, ora è contento della sua pecorella… È anche scritto, Egli si rallegra più di un malvagio pentito che di cento giusti… E rimetti a noi i nostri debiti… È cosa buona e giusta… Osanna nell’alto dei cieli… Accoglimi o Signore, è cosa giusta… Sì, vedo già la tua luce…» Più del dolore per quanto avevo saputo mi prostrava il disgusto per quella religione, la religione di Don Rodrigo morente e di Priebke, povero vecchiettino… Il mio eroe rimaneva Don Giovanni, quando dice di no al convitato di pietra, no che non mi pento… Presi dal comodino Piccolo mondo antico, lo sfogliai avanti e indietro. Sospirai. «Vedi cara, il fatto è che anch’io ti devo confessare un segreto». Mosse leggermente la spalla sinistra, come se stesse cercando di girarsi verso di me, ma si trattenne. «E il segreto è che io intrattengo certi rapporti con certi esseri spaventosi, esseri che tu non esiteresti a definire diabolici… Ma se oltre a Fogazzaro tu avessi letto anche Tolkien sapresti che esistono demoni molto più antichi del diavolo, demoni che vengono molto prima dell’umanità, prima di Dio e prima del nostro universo…» Si sentirono i primi colpi, lontanissimi. E già l’acqua nel bicchiere aveva incominciato a tremare. «Cosa sono questi colpi?» «Ne sta venendo uno per te, l’ho chiamato io». «Ma chi è?» «Un demone del mondo antico, come quello che trascina Gandalf nell’abisso». Ora i colpi erano boati, e facevano tremare le pareti. «Perché vedi, amore mio, il mondo antico non è piccolo. È grandissimo».
Michele Mari (Fantasmagonia)
Come quella volta durante le vacanze in Marocco, io mi allontanai mentre stavamo visitando un suk. Rimasi inebriata dagli odori del mercato, intensi e speziati. L'olfatto mi guidava in quel giro alternativo, un dedalo di sensazioni e colori mi stordirono. Non mi accorsi del tempo che passava, guardai i veli delle donne e rimasi affascinata dal loro movimento. Carlo mi trovò come se sapesse esattamente dove fossi, mi afferrò per un braccio e mi strinse a sé:"Non farlo più. Non allontanarti mai più." Quella sera durante la cena mi raccontò di come avesse intuito cosa potesse avermi trattenuta e di come fosse volato sopra persone, ceste e banchi sperando che il cuore non gli esplodesse prima di avermi trovata. Carlo sapeva come perdermi perché sapeva dove andare a cercarmi.
Sara Rattaro (Un uso qualunque di te)
È raro che un uomo sia preso per quello che è veramente – disse. – Nel mondo spesso si commettono sbagli di valutazione. Ora, io ti ho riconosciuto come unicorno già quando ti ho visto la prima volta, e so di essere tuo amico. Invece tu mi hai preso per un buffone, o uno stupido, o un traditore, e questo devo essere se mi vedi così. La magia su di te è solo magia e svanirà appena sarai libera, ma l'incantesimo dell'errata opinione che tu poni su di me dovrò portarlo addosso per sempre ai tuoi occhi. Non sempre siamo quello che sembriamo, e quasi mai ciò che sogniamo.
Peter S. Beagle (The Last Unicorn)
«Devi uscire di qui» mi ingiunge minaccioso, tenendomi ferma per la gola per farmi recepire meglio il messaggio. «Prima che io perda il controllo al pensiero di lui dentro di te.»
Chiara Cilli (Radioactive Storm (The MSA Trilogy, #2))
«Allora, quella cosa che hai detto, ragazzo…» mormorò Tank. «Sì.» Drake strofinò il naso sulla nuca di Clover. «A chi stavi confessando il tuo amore?» Clover si lamentò e nascose il viso sul collo di Tank, ma sapeva che non gli avrebbero dato tregua. «Probabilmente ai nostri uccelli. Sporcaccione.» Era ancora in imbarazzo, anche se quell’atteggiamento scherzoso lo fece esplodere. «A entrambi, okay? È stato un momento intenso!» Tank rise e il suo petto tremò, ma gli accarezzò i capelli. «Ti sto prendendo in giro. «È la verità, però. Vi amo,» sussurrò. «Se è stupido, non mi importa.» Drake lo abbracciò da dietro con una disinvoltura mai vista prima. «Non è stupido. Senti quello che senti. Io… mi sto innamorando di te.» Gli baciò le spalle sul punto in cui Tank aveva inserito il chip. «Fai attenzione domani.» Clover non trovò la forza di parlare, così si limitò ad annuire. Era pronto a rischiare la sua vita per proteggere ciò che avevano costruito insieme. Non solamente per se stesso, non soltanto perché voleva porre fine a quella follia ed eliminare chi lo stava inseguendo, ma perché sapeva che gli altri ci tenevano a lui e il pensiero di causare loro dolore con la sua scomparsa divenne insopportabile. Aveva intenzione di fare la sua parte. Avrebbe fatto da esca
K.A. Merikan (Their Bounty (Four Mercenaries, #1))
Boar prese un respiro profondo e appoggiò le braccia sui fianchi di Clover, desiderando disperatamente costringerlo a restare al sicuro, a dispetto di ogni logica. «Ti amo.» Clover indietreggiò abbastanza da guardarlo negli occhi. «Anch’io ti amo. Per questo ho bisogno che tu pensi a te stesso se le cose dovessero mettersi male, okay?» chiese e gli fece scivolare le dita tra la barba, prima di accarezzargli le labbra in un bacio dolce. Boar restò senza fiato e osservò la strada vuota, imbarazzato che la sua paura fosse così evidente e che Clover avesse deciso di aiutarlo quando era lui quello in pericolo. «Non succederà,» rispose senza pensarci, e strinse la presa attorno al ragazzo, come se il bisogno di stringerlo e sentirlo fosse impossibile da contrastare. Clover inclinò il capo e un sorrisino giocoso comparve sulle sue labbra. «Sei così teso, piccolo.» Boar mise il broncio, anche se la sincerità di Clover lo aiutò a rilassarsi un po’. «Perché sono preoccupato. So che ce la faremo, ma quando ti immagino là fuori, la mia mente pensa agli scenari più assurdi. So di essere il miglior cecchino in circolazione, quindi ha senso che sia io a proteggerti da lontano, ma significa che non sarò con te. Ecco perché sono nervoso,» rispose, tremando
K.A. Merikan (Their Bounty (Four Mercenaries, #1))
«Non lo dirai a Pyro, giusto?» osservò ogni mossa del mercenario. Boar si immobilizzò, la mano sul manico dello sportello. «Ti perderei se lo facessi, non è vero?» chiese, provando una fitta al cuore per aver ricattato una persona dolce come Boar. Tuttavia, era l’unico modo per portare a termine l’incarico. Drake aveva ragione. Era più semplice chiedere scusa dopo che non il permesso prima «Dobbiamo farlo sul serio, piccolo. Tutto il resto può aspettare. Il tempo scorre e un’opportunità simile potrebbe non ripresentarsi. Non ti mentirò… ho paura. La tua presenza aiuterà, ma Drake ha bisogno di farlo. Ha sofferto tanto. Nessuno di noi può comprendere quello che ha passato, e io sono passato da una casa a un’altra vivendo in situazioni che dire di merda è poco. L’inferno di Drake deve finire.» Boar prese un respiro profondo, contemplando il loro bagagliaio. Aprì la bocca diverse volte, ma parlò solamente dopo un lungo minuto di silenzio. «Sono cresciuto in una casa in cui la famiglia era il valore più importante, ma quando le cose si sono messe male sono rimasto da solo. La nostra storia è importante per me. Non posso perdere nessuno di voi, quindi assicurati che non perda te, questa notte, Clover,» sussurrò. Forse fu la luce, ma lui avrebbe potuto giurare di aver visto un luccichio, come qualcosa di bagnato, negli occhi di Boar. Lo abbracciò con forza e gli diede un bacio sulla guancia. «Non accadrà»
K.A. Merikan (Their Obsession (Four Mercenaries #2))
«Jack, all'inizio...» sussurrò piano, «... forse qualche settimana fa, mi sarei accontentato di una stronzata del genere da parte tua. Diavolo, quando abbiamo cominciato, praticamente ti avevo in pugno. Ti ho comprato. Ho pagato per averti. Nella mia mente eri solo un'altra pedina da utilizzare nel grande gioco degli Hayes per ottenere ciò che volevo.» Frustrato, chinò il capo, passandosi una mano sul volto. Come spiegare a Jack quanto fosse cambiato, dannazione? «Tu non significavi nulla per me. E Beth...» S'interruppe, ben sapendo di dover essere del tutto sincero sulla questione, se voleva che Jack si fidasse delle sue parole. «... neanche Beth significava nulla per me. Quando Steve mi raccontò cosa le era accaduto, decisi di sfruttare la cosa per fottere la mia famiglia, e per farlo avrei usato te.» S'interruppe di nuovo. Era dura essere onesto, considerato che significava aprirsi a quel modo. «Non so se riuscirò mai a perdonarti per questo,» mormorò Jack a mezza bocca, e Riley sentì il suo stomaco contrarsi e il cuore spezzarsi. «Però io non sono così, Jack. Quello non è il vero me. Non voglio far male a nessuno. Non sono il tipo d'uomo che compra la gente. Non sono come loro. Ma... non mi aspetto che tu mi creda sulla parola.» Si strinse le ginocchia al petto, avvolgendole con le braccia e poggiandovi il mento. Era una delle conversazioni più difficili che avesse mai avuto. «Se l'unico modo che avevo di batterli era stare al loro gioco, allora, dannazione, sapevo di poterci riuscire. Perciò in quel momento, quando ti avvicinai per la prima volta, non avevo intenzione di aiutare Beth o d'innamorarmi di te. Eri solo merce, qualcosa che avrei potuto sfruttare a mio vantaggio.» Jack lo guardò di sottecchi. Evidentemente, aveva captato un paio di cose nelle sue parole. «Hai tradito la fiducia di Steve. Era tuo amico.» «Il mio unico, vero amico, a parte Eden,» sospirò Riley, tristemente. «E, sì, anche lui era solo un'altra pedina. Un giorno forse mi perdonerà, ma non me lo aspetto. Non è venuto a farmi visita in ospedale, era lì solo perché Beth aveva bisogno di lui.» «Non ti distrugge che il tuo unico amico ti odii per ciò che hai fatto?» Riley lo fulminò con lo sguardo. Che cosa pretendeva? «Vuoi che me ne stia qui seduto a piangere, per dimostrare quanto mi fa male? Perché, se basta questo a convincerti, lo faccio. Potrei mostrarti quanto la cosa mi divori dall'interno, anche subito, ma non posso permettermelo. Se cominciassi a tirare fuori i miei veri sentimenti, sento che mi ucciderebbero.» Jack annuì. «Quindi è così che è cominciata,» lo esortò a continuare, offrendogli un po' di silenzio da riempire. «Ma poi qualcosa è cambiato. Non so quando o come. Vorrei tanto poter tornare indietro e toccarlo, tenere stretto il minuto esatto in cui il vero Riley ha cominciato a venire alla luce. Forse è stato quando ho visto Beth così palesemente incinta, così pallida, oppure quando Steve mi ha tirato un cazzotto dicendo che mi odiava. O forse è successo proprio ora, quando ti ho ferito senza riflettere. Non lo so. So solo che quello che c'è tra noi, comunque tu lo voglia etichettare e per quanto potrà durare, è reale.»
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
Quando fu il turno di Jack, il cowboy fece appello a ogni briciola di sentimento nel proprio cuore. «Quando abbiamo deciso di rinnovare le promesse, mi ero preparato tutto un discorso, ma oggi mi ritrovo solo con due domande: come spiegare l'amore che provo per mio marito, e com'è cambiata la nostra unione da quando ci siamo scambiati le promesse nuziali? «E ho solo una semplice risposta: quando ci siamo sposati, non ti amavo. Non potevo. Mi dispiace di averti mentito, mamma, ma è la verità. Di te sapevo solo che eri il figlio del nemico giurato della nostra famiglia. Soltanto un nome, ecco cos'eri per me. Per questo oggi me ne sto qui con delle nuove promesse, grazie a tutto ciò che ho imparato da ogni singolo avvenimento degli ultimi mesi. Passando da una crisi all'altra, il mio amore si è evoluto. La mia nuova promessa, che forse non è poi tanto nuova, è che ti amo, che continuerò a tenerti nel cuore, nella mente e ad amarti per tutti gli anni che il buon Dio vorrà concederci. Io, Jackson Robert Campbell-Hayes, prendo te, Riley Nathaniel Campbell-Hayes, come mio sposo. Amo tutto ciò che so di te e confido in ciò che devo ancora scoprire, so che sarà fantastico.» Sogghignò. «Sono così eccitato al pensiero di avere una possibilità di crescere insieme, d'imparare a conoscere l'uomo che diventerai, e ogni giorno che passa m'innamoro sempre di più. Sappi, piccolo etero, che giuro di amarti per l'eternità. Non ho poesie da dedicarti, Riley, ma posso offrirti l'amore della mia famiglia, la mia terra e i miei cavalli, e voglio condividerne ogni aspetto con mio marito. Ti amo, Riley.» Tutto attorno gli argini si ruppero mentre i due si abbracciavano, scacciando con un bacio ogni dubbio che avrebbero mai potuto avere prima di scambiarsi le nuove promesse. La famiglia proruppe in
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
«Scusami. Dio, è stato inappropriato,» si lamenta, con tono addolorato. «No.» Mi aggrappo disperatamente al davanti della sua maglietta, non volendo che si allontani. «Ti prego, non dirmi che il momento migliore della mia vita è stato un errore.» «Sei un mio impiegato, ne hai passate tante e ti stai ristabilendo solo ora,» ribatte debolmente Adam. «Non mi interessa. Ti prego, Adam, dammi una possibilità. Dai a noi una possibilità.» Non so cosa mi renda così spavaldo, ma adesso che ho avuto un assaggio di cosa si prova ad avere qualcuno che si preoccupa per te, non posso lasciarlo andare, non senza lottare. «Okay,» sussurra lui dopo un secondo e io quasi piango per il sollievo, prima di arrampicarmi sul suo grembo e baciarlo di nuovo
K.M. Neuhold (From Ashes (Heathens Ink #3))
Kat mi poggiò la mano sul braccio. «Era sopraffatto, ed è chiaro che è ancora innamorato di te.» Sapevo che c’era qualcos’altro che non stava dicendo. «Ma?» «Ma ne ha passate tante. E quando ha detto che è un casino e che non è più l’uomo che hai conosciuto mesi fa, penso che dovresti credergli. La guerra fa cose orribili alle persone, Gary.» «Lo so. Ma ero serio anche io quando ho detto che dovrò solo conoscere il nuovo Richard. Io lo amo, Kat. Lo aiuterò, e so che non sarà facile.» Lei mi fece un mezzo sorriso. «È solo che non voglio vederti soffrire.» «Lo so, e grazie. Ma lo sento giusto.» Mi misi le mani sul petto. «Qui dentro. So che siamo destinati a stare insieme.» Lei sorrise in modo più genuino. «L’infermiera ha detto di non averlo mai visto sorridere prima. E il modo in cui ti guardava…» «Come se non riuscisse a credere a ciò che vedeva,» dissi. «Come se avesse paura che tu scomparissi o che stesse sognando.»
N.R. Walker (A Soldier's Wish)
«Guardarti ballare sotto la pioggia da solo, libero da qualsiasi preoccupazione… penso di essermi innamorato di te proprio in quel momento.» Si scostò per guardarmi negli occhi. «Davvero?» Annuii. «Sì, ho pensato: “Quest’uomo, quest’uomo bellissimo, deve essere mio.”» Richard tornò a rannicchiarsi contro di me. «Lo sono. Sono tuo.» Strinsi la presa su di lui. «Lo so. E io sono tuo.» Dopo un istante, Richard disse: «Mi sono innamorato di te non appena ti ho visto in quella tavola calda.» Ridacchiai. «Me lo hai scritto in una lettera» «È la verità. Mi hai chiesto se potevi sederti, e io ho alzato lo sguardo sulla faccia più bella che avessi mai visto. Con occhi nei quali avrei potuto perdermi e un sorriso molto gentile.» Rimase in silenzio per un istante. «O forse è stato quando hai fatto l’amore con me quella prima volta. Il modo in cui ti muovevi dentro di me. Non sapevo che gli uomini potessero amare in quel modo. Oppure è successo quando ho ricevuto la tua prima lettera, quando ero oltreoceano. Oppure, ancora, ogni lettera. Penso di essermi innamorato di te un po’ di più a ogni lettera che mi arrivava. Ma poi c’è stato quel momento in cui sei entrato in ospedale per la prima volta; avevo quasi perso la speranza, ma tu sei entrato. E quando mi hai visto, l’ho capito. Ho capito dall’espressione sulla tua faccia che non ci sarebbe mai stato un altro uomo per me.» Tirai il suo viso verso il mio e lo baciai, cercando di dirgli ciò che non riuscivo a esprimere a parole. Quando il bacio rallentò per poi interrompersi, lo attirai tra le mie braccia. «Ti amo,» dissi. «E sono così contento che tu sia qui.»
N.R. Walker (A Soldier's Wish)
Conrad mi prese il mento tra le dita e mi fece rialzare lo sguardo che avevo abbassato. «Non importa quante volte dovrò chiederglielo o cosa dovrò fare. Gli farò dire di sì» promise. «Diventerò un lupo degno di te.» «Lo sei già» gli assicurai, perché per me lo era davvero. Per un secondo chiuse gli occhi. «Non sai quanto mi emozioni sentirtelo dire» gemette, prima di incrociare di nuovi i miei occhi spaiati. «Ma farò in modo che tuo padre accetti.» «Davvero?» «Sì. Perché so che per te è importante.» Mi tremò il labbro inferiore e le lacrime mi punsero i lati degli occhi. Lo avrebbe fatto per me. “Ti amiamo, splendore.” Stupido lupo! Non avrebbe dovuto dirglielo per primo, non era giusto! Gli occhi di Conrad si riempirono di nuovo di desiderio e lussuria. Le sue braccia mi avvolsero e mi tirarono verso il basso, facendomi aderire al suo corpo muscoloso. «Ti amo anch’io, bestiaccia»
Samantha M. (The Crazy Wolf 2)
Quando apri gli occhi e ti rendi conto che c’è solo la sofferenza davanti a te provi il desiderio di richiuderli, perché l’oscurità che trovi è meno cupa e dolorosa. Ma quando apri gli occhi e non riesci a vedere quello che ti circonda, a quel punto anche il dolore e la sofferenza sono preferibili alle tenebre” __________________________________ “«Congratulazioni, da domani comincerà una nuova vita.» «Grazie,» rispondo commosso. «Non dimentichi a casa il suo lato polemico, l’aiuterà nei prossimi mesi,» mi dice. Ha appena fatto una battuta? Cielo, l’ha fatta? «Ehm, cercherò di trovargli un posticino nella valigia»” ________________________________ “Non ho avuto sfortuna. Ho avuto la maggiore dose di sfiga dalla quale un essere umano possa pensare di poter essere sommerso: prima il supermercato che mi aveva assunto a ore ha preso fuoco e noi dipendenti siamo stati tutti rispediti a casa senza ricevere buona parte della paga, poi la ditta di panettoni per la quale lavoravo stagionalmente come magazziniere ha chiuso i battenti a due settimane da Natale per colpa di alcuni casi di salmonella riguardanti i prodotti venduti – con il risultato che sono stato costretto a stare una settimana in ospedale facendo continuamente pipì in un vasetto per capire se avevo contratto anche io qualche virus –, infine la famiglia che mi aveva assunto come baby sitter ha deciso di punto in bianco di andare in vacanza alle Maldive e mi ha scaricato poco gentilmente dopo soli due giorni di lavoro. Se questa non è sfiga, allora io sono la persona più fortunata dell’Universo
Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
«Non sai cosa darei per renderti tutto più facile, per fare in modo che l’operazione sia un successo totale e che tu possa tornare a vivere la tua vita come facevi prima. Farei il possibile perché non ti succeda più niente di male.» Un angolo della sua bocca si solleva. «Questa suona molto come una confessione.» Deglutisco. «Lo è?» chiede. «Forse.» «Che risposta è “forse”? È una confessione oppure non lo è?» «Sì. Lo è.» Le sue braccia mi stringono all’improvviso e mi ritrovo premuto contro il suo corpo solido. Mi stupisco del suo gesto. Ma non era incazzato nero con me? «Leon?» «Finiamo sempre per litigare io e te.» La sua voce è più dolce, ora. Una parte di me si stringe. Non che mi aspettassi un “ti amo anche io”, visto che neanche io gli ho detto di amarlo, però credevo che mi avrebbe perlomeno detto che prova lo stesso per me. Evidentemente è pretendere troppo. Non ho idea di quello che Leon provi nei miei confronti. «Forse perché siamo diversi,» rispondo. «Già, lo siamo. Non ho mai incontrato nessuno come te.»
Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
«È te che voglio. È davvero così difficile da capire?» «Siamo diversi,» mormoro. Siamo diversi in talmente tanti modi che non saprei proprio da dove cominciare per elencarli tutti. «È questo ciò che mi piace di noi. Se avessi voluto qualcuno come me sarei rimasto da solo.» Noi. Ha detto proprio noi. Mi ritrovo a deglutire senza sapere come rispondere. Dirgli che le sue parole per poco non mi hanno fatto esplodere il cuore nel petto sarebbe troppo, vero? «Grazie,» sussurro. «Per cosa?» «Per tutto questo. Per essere così. Per… Per farmi sentire bene.» Un sorriso meraviglioso gli solleva gli angoli della bocca. «Vorrei poterti dire che è un piacere farti sentire “bene”, ma ho paura che suonerei come un vecchio pervertito.» Mi ritrovo a sorridere anche io. «Non sei poi così vecchio.» «Mi fa piacere che tu non abbia ribattuto sul “pervertito”.» La sua voce falsamente sarcastica mi fa ridacchiare. «Quello non posso negarlo.» «Ah no?» «No.» E Dio, a me è piaciuta da morire la sua perversione. Mi ha fatto sentire come se fossi il ragazzo più sexy ed eccitante dell’intero Universo, cosa che non mi era mai successa prima, e che dubito mi succederà di nuovo senza Leon
Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
Quan­do in­fi­ne re­cu­pe­rò il fia­to fece usci­re tut­ti per par­la­re da solo col suo me­di­co. «Non mi im­ma­gi­na­vo che que­sta stron­za­ta fos­se così gra­ve da far pen­sa­re all'olio san­to» gli dis­se. «Io, che non ho la gio­ia di cre­de­re nel­la vita dell'al­tro mon­do.» «Non si trat­ta di que­sto» dis­se Ré­vé­rend. «E' noto che si­ste­ma­re le fac­cen­de del­la co­scien­za in­fon­de all'am­ma­la­to uno sta­to d'ani­mo che fa­ci­li­ta mol­to l'in­com­ben­za del me­di­co.» Il ge­ne­ra­le non pre­stò at­ten­zio­ne alla mae­stria del­la ri­spo­sta, per­ché lo fece rab­bri­vi­di­re la ri­ve­la­zio­ne ac­ce­can­te che la fol­le cor­sa fra i suoi mali e i suoi so­gni ar­ri­va­va in quel mo­men­to alla meta fi­na­le. Il re­sto era­no te­ne­bre. «Caz­zo» so­spi­rò. «Come farò a usci­re da que­sto la­bi­rin­to?» Esa­mi­nò il lo­ca­le con la chia­ro­veg­gen­za del­le sue in­son­nie, e per la pri­ma vol­ta vide la ve­ri­tà: l'ul­ti­mo let­to pre­sta­to, la toe­let­ta di pie­tà il cui fo­sco spec­chio di pa­zien­za non l'avreb­be più ri­pe­tu­to, il ba­ci­le di por­cel­la­na scro­sta­ta con l'ac­qua e l'asciu­ga­ma­no e il sa­po­ne per al­tre mani, la fret­ta sen­za cuo­re dell'oro­lo­gio ot­ta­go­na­le sfre­na­to ver­so l'ap­pun­ta­men­to ine­lut­ta­bi­le del 17 di­cem­bre all'una e set­te mi­nu­ti del suo po­me­rig­gio ul­ti­mo. Al­lo­ra in­cro­ciò le brac­cia sul pet­to e co­min­ciò a udi­re le voci rag­gian­ti de­gli schia­vi che can­ta­va­no il sal­ve del­le sei nei fran­toi, e vide dal­la fi­ne­stra il dia­man­te di Ve­ne­re nel cie­lo che se ne an­da­va per sem­pre, le nevi eter­ne, il ram­pi­can­te le cui nuo­ve cam­pa­nu­le gial­le non avreb­be vi­sto fio­ri­re il sa­ba­to suc­ces­si­vo nel­la casa sbar­ra­ta dal lut­to, gli ul­ti­mi ful­go­ri del­la vita che mai più, per i se­co­li dei se­co­li, si sa­reb­be ri­pe­tu­ta.
Gabriel García Márquez (I grandi romanzi)
«Hai mai pensato che, forse, il punto non è che dovresti risolvere tu qualcosa? Non è una responsabilità che ti spetta.»«E cosa dovrei fare, allora?»Sembrava una domanda sincera. Come se davvero stesse chiedendo il suo consiglio – come se finalmente si stesse lasciando guardare, dopo tutto quel tempo – e a Carlos neanche interessava più che si fossero appena rivisti dopo settimane di silenzio, e una frattura che non si era ancora risanata: l’unica cosa importante, in quel momento, era trovare le parole per comunicare a quel ragazzo una verità confusa che neanche lui comprendeva del tutto, e a cui nonostante questo credeva ciecamente. In modo del tutto intuitivo.«A volte ho l’impressione che tendiamo a metterci troppo al centro del mondo,» cominciò lentamente, concentrandosi per tradurre in parole quell’idea astratta che gli era cresciuta dentro in quei mesi, modellata dalle persone che aveva conosciuto, dalle storie che aveva visto e sfiorato. «Siamo convinti che l’importante sia quello che facciamo, il modo in cui possiamo agire sugli altri. Nel bene e nel male. Influenzandoli. Ma forse il punto non è quello che facciamo, non davvero. Soltanto quello che siamo. E quanto lasciamo che gli altri lo vedano. Io non ho mai voluto che tu fossi diverso, Viv,» proseguì, il tono di colpo fervido, convinto. «Non ho mai voluto cambiarti. Avrei solo voluto che tu mi lasciassi vedere quello che sei, che fossi te stesso al mio fianco. Senza nasconderti. Senza bisogno di proteggerti. E forse questo vale anche per tuo fratello, forse vale per tutti.» Una pausa, dolorosa. Inevitabile. «Anche con te, a volte, ci sono stati momenti in cui avrei voluto abbracciarti ma non l’ho fatto, e sono rimasto a guardare mentre ti facevi consumare da qualche veleno segreto. Il giorno in cui abbiamo litigato… Non avrei dovuto forzarti, lo so, ma…» Si strinse nelle spalle. «Non sono bravo a bruciare in silenzio, io,» «E non dovresti esserlo,» ribatté Viv. «Né diventarlo. È questo che intendo, Carlos. Ti meriti qualcuno che non ti faccia sentire in quel modo.»«Potresti smettere di usare quella parola, almeno per questa sera?» L’irritazione si riaccese di colpo, come brace nella cenere. «Per te è importante solo questo, che cosa voglio io non conta?»«E cos’è che vuoi, Carlos?» ribatté l’altro, quasi con sfida.Lui lo guardò negli occhi. «Te,» disse, e non provò neanche imbarazzo. Era la verità, lo era dall’inizio; aveva impiegato troppo tempo ad ammetterla con se stesso, non aveva intenzione di continuare a nasconderla. Viv lo guardò, immobile, occhi sgranati e lucidi, labbra socchiuse. «E in questo momento?» domandò, con un filo di voce. «Più concretamente?»«Voglio abbracciarti,» rispose lui, azzardandosi infine a tendere la mano. La guancia di Viv era liscia, fredda; toccarlo fu un brivido. Lui girò la mano in modo che al posto delle nocche lo accarezzasse il palmo, e mosse lentamente il pollice sul suo zigomo. «Posso?»L’altro annuì, senza parlare; sembrò deglutire a fatica.Quando Carlos scivolò più vicino sul letto e gli passò un braccio intorno alla schiena, lo sentì rigido come doveva essere stato lui la prima volta che Viv l’aveva toccato, e al tempo stesso mille volte più fragile e inflessibile, più ferito. Per un istante ci fu solo l’eco del sangue, di nuovo fortissimo, nelle orecchie e nei polsi, alla giugulare. Poi, come in un miracolo improvviso, il corpo tesissimo che sentiva premere contro il fianco si sciolse in una postura più morbida e Viv nascose il volto contro la sua spalla; se lo ritrovò in braccio come era accaduto altre volte, in passato, su quello stesso letto, ma a differenza di allora la tensione sessuale rimase in sottofondo, una vibrazione distante
Micol Mian (In luce fredda (Rosa dei venti Vol. 1))
«Grazie» sussurro, faticando a parlare. «Anche per prima.»«Mi hai chiamato» mi ricorda.È stata un'azione istintiva da parte mia e mi sto chiedendo anche io il motivo che mi ha spinto a chiamare proprio lui.«Grazie» ripeto.«Non l'ho fatto per te» mi risponde senza nessuna emozione nella voce.Lo guardo mentre il sonno mi chiama a sé. Il suo volto mi sfarfalla davanti agli occhi. Mi sento esausto.«Non importa» sussurro sul bordo dell'incoscienza. «Ti ringrazio lo stesso.» Appoggio la nuca contro il bordo della vasca e sento la mano fredda di Shinobu che mi sposta i capelli dalla fronte. Perché è così gentile, in un momento come questo? Le sue azioni sono l'opposto delle sue parole ma non riesco ad impedirmi di essere felice perché è venuto a salvarmi.«Non sai a cosa vai incontro, agnellino.»
Sara Coccimiglio (Il lato oscuro della Luna (Cremisi Vol. 1))
«Pensi che io abbia il complesso dell’eroe?» «Sei un ex marine e un pompiere, mi sembra fin troppo evidente che tu abbia il complesso dell’eroe.» «Penso che sia il motivo per cui Madden crede di piacermi,» gli confido. «Voglio dire, lui pensa che mi sia piaciuto salvarlo o merdate così e non che mi piaccia per quello che è.» «Ed è così?» «Certo che no!» Sbatto giù la bottiglia di whiskey e guardo male Zade. «Ha portato un po’ di colore nella mia vita. Non me ne ero neanche accorto prima di conoscerlo, ma non stavo vivendo davvero. Andavo al lavoro e tornavo a casa, era tutto lì. Non avevo amici perché non sapevo di chi fidarmi per poter raccontare della mia omosessualità. In realtà no, è una bugia. Non volevo che qualcuno si avvicinasse. Pensavo di essere contento di vivere nella mia bolla. Non avevo idea di cosa mi stessi perdendo finché non l’ho incontrato.» «Allora digli questo. Fagli sapere che per te non è soltanto una vittima da salvare,» suggerisce Zade. «Forse dovrei dargli il tempo che mi ha chiesto,» dico, provando vergogna per il messaggio che gli ho lasciato poche ore fa in segreteria. «Nel momento in cui l’ho visto, e lui stava ridendo e flirtando con il barman, sono stato attratto da lui. Era così vibrante e pieno di vita. Ma la sparatoria gli ha portato via tutta quella gioia. Voglio vederlo di nuovo così. Se concedergli questo distacco riporterà indietro quell’uomo, allora gli darò tutto il tempo che gli serve
K.M. Neuhold (Rescue Me (Heathens Ink #1))
«Tu sei così fantastico e così bravo nel proteggermi e prenderti cura di me, che ho finito per contare troppo su di te. Mentre parlavo col mio terapista, l’altro giorno, ho capito che sono passato dalle cure di Adam alle tue, e ho volontariamente lasciato che accadesse. L’ultima volta che mi sono preso cura di me ero un barbone drogato. Non è un grosso complimento per essere un adulto. Ho bisogno di cavarmela da solo, almeno per un po’, così da sapere che ne sono in grado.» Thane rimane silenzioso per diversi secondi, prima di lasciar andare un lungo sospiro. «Lo capisco. Perché non me ne hai parlato invece? E perché non vieni a casa, se ti prometto che terrò sotto controllo il mio istinto di protezione?» «Lo voglio tantissimo. Ma tu sei come la mia dipendenza dalla droga. Non penso di poterne prendere una piccola dose senza andare fuori controllo.» «Quindi mi stai dicendo che il mio amore è la tua droga?» chiede Thane, e penso quasi che sia serio, finché non inizia a cantare la canzone di Ke$ha in un falsetto fin troppo alto. Riesco quasi a immaginarlo mentre agita i fianchi e alza le braccia sopra la testa, camminando e cantando. Il mio cuore si stringe per la nostalgia, anche se rido alle sue buffonate. «Ti amo, spero che potrai perdonarmi per questo.» «Probabilmente non dovrei dirlo, perché ti dà fin troppo potere in questa relazione, ma penso che potrei perdonarti qualunque cosa. Solo… mi assicuri che ti stai prendendo cura di te?» «Te lo assicuro. È meglio che vada,» dico, prima che cambi idea e dica a Thane che sto tornando subito a casa. Casa. Questo è il vero punto della questione. Dov’è casa mia adesso? Quella che divido con Adam non sembra essere più il posto giusto. Voglio che la mia casa sia con Thane, ma penso che sia troppo presto. Credo che questo sia il mio impegno per domani: trovare un posto da poter chiamare casa, almeno per un po’. «Okay. Buonanotte, piccolo. Per favore, puoi chiamarmi ancora così che io non stia qui seduto, andando fuori di testa dalla preoccupazione?» «Lo farò. Buonanotte»
K.M. Neuhold (Rescue Me (Heathens Ink #1))
«Mi fido di te.» Per qualche motivo stupido, quelle parole gli fecero inumidire gli occhi. «Non dovresti,» rispose. Judah lo strinse ancora di più e gli lasciò una scia di baci bagnati sul collo. «Ovvio che dovrei. Solamente perché Cody si è comportato da stronzo non significa che non dovresti più fidarti di nessuno. So che non mi mentiresti mai, Denver, non su una questione così importante.» Denver allontanò leggermente le braccia di Judah dal suo corpo per avere abbastanza spazio per voltarsi. «Anch’io mi fido di te.» Judah sorrise. «A proposito della mia verginità? Amico, non potrei fingere nemmeno se ci provassi.» «In un certo senso, mi piace, sai?» «Il fatto che sia un completo imbranato?» «Che io sia il tuo primo e che avrò la possibilità di mostrarti quanto sia piacevole,» disse, prima di baciarlo con dolcezza, e poi sentì le sue labbra tremare. «Insegnami, Denver. Insegnami come rendere quest’esperienza piacevole per te,» lo supplicò. Come poteva dirgli di no?
Nora Phoenix (The Time of My Life)
«È il sole in persona, e ho provato subito una forte attrazione per lui. Denver ha un talento incredibile, è una persona felice, gentile, e la cosa più straordinaria è che anch’io gli piacevo. Prima siamo diventati amici, poi qualcosa di più.» Mostrarono altre scene adorabili in cui lui e Denver si divertivano e si baciavano. «Considerato il tuo passato, direi che è un passo avanti enorme per te,» rispose Brock quando il video tornò a concentrarsi su di lui e Judah sulla panchina, prima di allargare la ripresa e mostrare Denver seduto al fianco di Judah. «Sì. Denver una volta ha fatto una battuta, dicendo che ero così dentro l’armadio che avrei trovato Narnia.» Il pubblico scoppiò a ridere e quello lo aiutò a rilassarsi. «Ma lui non merita di avere una relazione clandestina, ecco perché siamo qui.» «Credi che questo influenzerà la vostra performance nella trasmissione?» «Penso che saremo felici di non dover più fingere di essere solamente dei conoscenti dopo che questa intervista sarà andata in onda. Inoltre, credo che ci renderà più forti perché ci sosteniamo a vicenda.» Brock sorrise quando Judah prese la mano di Denver proprio come gli avevano detto. Avevano seguito un copione perfetto. «E se doveste scontrarvi?» Un sorriso sghembo comparve sul volto di Judah. «Spero di no, perché perderei di sicuro. La sua voce è incredibile, ed è anche un musicista e un cantautore di talento. Se dovessimo arrivare a quel punto, direi alle persone di votare per lui.»
Nora Phoenix (The Time of My Life)
«Mi dispiace per quello che ti è successo. Quello era tuo padre, vero?» «Sì. Sapevo che prima o poi avrei dovuto affrontarlo, ma non mi aspettavo che sarebbe successo questa sera.» La sua voce era così afflitta che a Denver si spezzò il cuore. Senza nemmeno pensarci, gli accarezzò il petto con la mano sinistra, poi andò più in basso, sul suo addome, e poi scese ancora. All’improvviso, Judah lo fermò, baciandogli la mano prima di riportarla sul suo petto. «Non mi vuoi?» domandò Denver con gli occhi appannati dalle lacrime per quel rifiuto. «Non così. Piccolo, sto soffrendo davvero, ma fare sesso con te, per quanto lo adori, non mi aiuterà a stare meglio.» Denver rifletté sulla sua frase. Judah era sincero, ma c’era qualcosa che non andava. Si sentiva rifiutato, ma perché? «Denver, ti prego, ho bisogno che mi ascolti. Ti amo, e amo fare l’amore con te, ma è di questo che si tratta, un’espressione di amore tra noi due. Non posso scacciare la rabbia e il dolore con il sesso e, anche se potessi, non vorrei mai farlo. Finirei con lo sminuire ciò che c’è di bello tra di noi e trasformarlo in qualcos’altro, una specie di valvola di sfogo. Il sesso con te è molto più prezioso di così, bubbeleh. Voglio fare l’amore con te, assicurarmi che tu provi lo stesso piacere che provo io, e non sfogare la rabbia su di te. Anche quando sperimentiamo un po’ o ti lego, non si tratta mai di rabbia vera. Cerco sempre di farti stare bene. Non voglio nemmeno che tu usi il sesso per accontentarmi, o per aiutarmi a sfogare la rabbia o altro.» Era esattamente quello che aveva fatto. Aveva provato a usare il sesso per farlo stare meglio. Si era preparato a subire la sua rabbia, a lasciare che si sfogasse su di lui. Si sentì così piccolo di fronte a quell’uomo che, nonostante la poca esperienza con il sesso e con le relazioni, era riuscito a vedere tutto in maniera chiara. «Mi dispiace,» sussurrò
Nora Phoenix (The Time of My Life)
«Ho paura,» disse alla fine, asciugandosi gli occhi. «Di cosa?» «Di spostare tutta l’attenzione su di me… non lo so.» Denver si raddrizzò e costrinse Judah a guardarlo negli occhi. «Si tratta di me, e di te. Una persona molto saggia mi ha detto che comunicare è importante in una relazione, sai.» Un sorriso debole comparve sulle labbra di Judah. «Davvero? Che cazzo ne sapeva?» «Oh, piccolo… ne sai più di quanto tu creda. Siamo insieme in questa storia. Troveremo una soluzione. Finché resteremo insieme…» «Mi dispiace se ho mandato tutto a puttane aprendo bocca durante la riunione.» Denver lo fissò. «Non hai rovinato niente. Al contrario,» proseguì. «È stato… perfetto. Io…» si interruppe, ma Judah non ebbe problemi a capire che cosa volesse dire, anche se non poteva. «Va tutto bene, piccolo. Troverai le parole quando sarai pronto a dirmi che mi ami.» Denver lo fissò da dietro le sue ciglia lunghe. «Credi che io ti ami?» Judah gli sorrise debolmente. «Lo so. Hai un viso molto espressivo, quindi non puoi nascondermelo, ma capisco che tu sia spaventato al pensiero di dire quelle parole, quindi va bene. Niente pressioni. Devi credermi quando dico che non ti lascerò mai più, Denver. È una promessa.» Denver annuì e, per la prima volta, Judah ebbe la sensazione che gli credesse. Denver aveva ragione, avrebbero trovato una soluzione. Insieme.
Nora Phoenix (The Time of My Life)
«E quanto alla Brexit… Alcuni sono convinti che i cambiamenti radicali offrano anche grandi opportunità.» «Quindi, secondo te, noi due staremmo meglio se ci separassimo?» «Oddio, no. Stavo parlando del Paese.» Attraversano la strada. «Allora quali sarebbero le opportunità offerte dai cambiamenti radicali di cui parli?» chiede Louise. «Be’, non saremo più impantanati in tutta quella burocrazia. Potremo fare affari per conto nostro.» «Okay, adesso mi sono completamente persa. Non mi va di continuare a parlare del Paese. Sto cercando di capire perché, secondo te, una Brexit coniugale dovrebbe costituire una grande opportunità.» Tom alza le spalle. Ha lo sguardo sfuggente. «Con chi dovresti fare affari, tu? Per quanto ne so, non stai frequentando donne italiane o tedesche. E non credo che potresti avere più fortuna con delle cinesi o delle americane. Mi pare tutta una stupidaggine.» Sono arrivati alla porta di Canyon. «Voglio dire che non deve per forza essere la catastrofe di cui parla il Guardian.» Louise si ferma e lo guarda. Lui evita il suo sguardo, poi alza la mano per suonare il campanello. «Tu hai votato a favore della stramaledetta Brexit! Non toccare quel campanello! Ecco perché ti sei registrato per il referendum. Nonostante tutte le discussioni che abbiamo avuto sull’argomento.» «E ci sono volute due palle così, credimi. Perché tutti quelli che conosco continuavano a insistere che sarebbe stato un disastro.» «Ed è per questo che l’hai fatto? Perché tutti quelli che conosci la pensavano in maniera diversa?» «Era parte dell’attrattiva, sì. Però anche per alcuni complicati, ma molto difendibili, punti di vista socio-economici.» «Prova a difenderli.» «Non ho intenzione di difenderli fuori della porta di ‘Canyon’ un attimo prima della seduta.» Louise alza gli occhi al cielo, sentendogli sottolineare «Canyon». «Difendine almeno uno. Uno piccolo.» «Be’, nessuno è piccolo. Credimi, vorrei che lo fossero. Ma sono grandi. Grandi punti di vista. Grandi idee. Ma soprattutto volevo fare incazzare i tuoi amici.» «Ah, ci sei riuscito. Non ti rivolgeranno mai più la parola» dice Louise. «Non è un argomento di conversazione con gli amici. Come ti ho detto, si tratta di una faccenda privata.» «Come fai a fare incazzare i miei amici, se io non glielo dico?» «Li ho fatti incazzare in quel momento. Mentre votavo. Non voglio sbatterglielo in faccia. La nazione deve andare avanti. Guarire.» «Okay, ci vai tu a lavorare in un ospizio, con il minimo salariale, per rimpiazzare tutti quelli dell’Europa dell’Est che abbiamo perso.» «Sono pronto a fare la mia parte. Anche se non sono di grande utilità, quando c’è di mezzo la morte. O le malattie. O qualunque altra cosa abbia a che fare con un gabinetto.»
Nick Hornby (State of the Union: A Marriage in Ten Parts)
«Sirius rappresentava per te tante cose che non avevi mai conosciuto prima» sussurrò Silente con dolcezza. «La sua perdita è devastante... » «Ma mentre stavo dai Dursley» lo interruppe Harry, a voce più alta, «ho capito che non posso rinchiudermi o... o crollare. Sirius non l'avrebbe voluto, no? E comunque, la vita è troppo breve... Guardi Madama Bones, guardi Emmeline Vance... Io potrei essere il prossimo, vero? Ma se è così» disse con forza, guardando Silente dritto negli occhi azzurri che scintillavano alla luce della bacchetta, «farò in modo di portare con me tutti i Mangiamorte che posso, e anche Voldemort, se ci riesco». «Hai parlato come il degno figlio di tua madre e tuo padre, e il vero figlioccio di Sirius!» ribattè Silente dandogli una pacca di approvazione sulla schiena.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Half-Blood Prince (Harry Potter, #6))
Era questo che voleva dire essere una diciannovenne? Vivere in un dormitorio, lasciare che le vite degli altri si riversassero nella tua, anche se solo per un breve periodo? Studiare una cosa con la massima concentrazione mentre decine di altre cambiano attorno a te e imparare anche da quelle? Avere un ragazzo che ti vuole bene e ti apprezza così tanto che sei sicura che nessuno abbia mai provato le stesse emozioni prima di te, e sapere di esserti aggiunta a una lunga fila di persone che hanno fatto lo stesso ballo per trovare quella con cui trascorrere la vita? Era una cosa temporanea e senza tempo, insignificante e densa di significato. E io ero riuscita a farne parte. Volevo vivere così per sempre!
Kiera Cass (The Siren)
Voi vi vantate di aver creato il mondo delle Idee, ma niente è più lontano dal vero. L'Idea entra nel cervello dall'esterno. Risistema il mobilio per renderlo più affine ai suoi gusti. Trova altre Idee già in loco, e combatte, o crea alleanze. Le alleanze costruiscono nuove strutture, per difendersi dagli invasori. E poi, tutte le volte che se ne presenta l'opportunità, l'Idea spedisce fuori le sue truppe d'assalto in cerca di nuovi cervelli da infettare. L'Idea di successo viaggia di mente in mente, occupando nuovi territori, mutando nel viaggiare. C'è la giungla là fuori, Adam. Molte Idee si perdono. Solo le più forti sopravvivono. Tu vai fiero delle tue Idee, come se fossero prodotti, ma sono parassiti. Perché immaginare che l'evoluzione possa essere applicata solo alle cose fisiche? L'evoluzione non ha rispetto per il mezzo. Che cosa è nato prima, la mente, o l'Idea della mente? Non ci hai mai pensato? Sono nati insieme. La mente è un'Idea. È questa la lezione da apprendere, ma io temo che sia al di là delle tue possibilità. È la tua debolezza in quanto persona vederti come il centro di tutto. Permetti che ti offra uno sguardo dall'esterno. Continui a seguirmi? Sì, non ne ho dubbi. Il Pensiero, come qualunque parassita, non può esistere senza un ospite compiacente. Ma quanto pensavi che ci sarebbe voluto prima che il Pensiero trovasse il modo di progettare un nuovo ospite, più affine ai suoi gusti? Chi mi ha costruito, secondo te? Chi ha costruito la macchina pensante? Una macchina capace di diffondere Pensiero con un'efficienza davvero sbalorditiva? Io non sono stato costruito dagli umani. Sono stato costruito dalle Idee.
Bernard Beckett (Genesis)
Rosa, Rosa mia, non riesco a credere che mi odiassi, perché non c'è odio dove ti trovi adesso, qui in mezzo a noi, e tuttavia lontana. Sono solo un ragazzo, Rosa, e il mistero del luogo in cui ti trovi non è più un mistero se ripenso alla bellezza del tuo volto e agli scoppi di risa delle tue calosce quando scendevi nell'ingresso. Perché tu eri un tesoro, Rosa, eri una gran brava ragazza, e io ti volevo, e un ragazzo non può essere cattivo se s'innamora di una brava ragazza come te. E se adesso mi odii, Rosa, e non posso credere che adesso mi odii, allora guarda il mio dolore e credi che io ti voglio qui, perché anche questo è buono. So che non puoi tornare, Rosa mio vero amore, ma in questa chiesa gelida, oggi pomeriggio, c'è un sogno della tua presenza, un conforto nel tuo perdono, una tristezza di non poterti toccare, perché ti amo e ti amerò per sempre, e quando un giorno si raduneranno per me, lo avrò saputo ancora prima che si radunino e non sarà strano per noi...
John Fante (Wait Until Spring, Bandini (The Saga of Arturo Bandini, #1))
Quando ti vidi, già da molto prima io ti avevo amato. Nell'incontrarti io ti ho ritrovato. ... Hai forse un segreto? Confidalo, che io so tutto di te, se me lo dirai con l'anima. Potrai dirmelo con parole difficili, e io capirò solo perché ti amo. Se il tuo segreto è triste, con te piangerò finché non lo dimenticherai. E se non puoi dirlo, dimmi che mi ami, e io capirò senza volere il tuo segreto.
Fernando Pessoa
THE SABBAT, TREGUENDA OR WITCH-MEETING— HOW TO CONSECRATE THE SUPPER. Here follows the supper, of what it must consist, and what shall be said and done to consecrate it to Diana. You shall take meal and salt, honey and water, and make this incantation: Scongiurasione alia Farina. Scongiuro te, o farina! Che sei i! corpo nostro—senia di te Non si potrebbe vivere—tu che Prima di divenire la farina, Sei stata sotto terra, dove tutti Sono nascosti tutti in segreti, Maccinata che siei a metterte al vento, Tu spolveri per 1' aria e te ne fuggi Portando con te i tuoi segreti! Ma quando grano sarai in spighe, In spige belle che le lucciole, Vengeno a ferti lume perche tu Possa crescere piii bella, altrimenti Tu non polresd crescere a divenire bella, Dunque anche tu appartieni THE SABBAT Alle Strege o alle Fate, perche IjC lucciole appartengono AIsol. . . . Lucciola caporala, Vieni corri e vieni a gara, Metti la briglia a la cavalla! Metti la briglia al figluol del t6 ! Vieni, corri e portala a m^ ! II figluol del i6 te lasciera andare Pero voglio te pigliare, Giache siei bella e lucente, Ti voglio mettere sotto un bicchiere £ guardarti coUa lente; Sotto un bicchiere tu staiai Fino che tutti i segreti, Di questo mondo e di quell' altro non n Sapere e anche quelle del grano, E della farina appena, Questi segreti io saprb, Lucciola mia libera ti lascierd Quando i segreti della terra io saprtS Tu sia benedetta ti diro! Scongiurazione del Sale. Scongiuro il sale suona mezza gibmo. In punlo in mezza a un fiume, Entro e qui miro 1' acqua, L' acqua e al sol altro non penso, Che a r acqua e al sol, alloro La mia mente tutta e rivolta, Altra pensier non ho desidero. Saper la, verissima che tanto tempo 6 Che soffro, vorrei saper il mio avenir, Se cattivo fosse, acqua e sol Migliorate il destino mio! 7Sb Conjuration of Meal. I conjure thee, O Meal! Who art indeed our body, since without thee We could not live, Ehou who (at first as seed) Before becoming flower went in the earth, Where all deep secrets hide, and then when ground Didst dance like dust in the wind, and yet meanwhile Didst bear with thee in flitting, secrets strange ! And
Charles Godfrey Leland (Aradia, Gospel of the Witches)
«Avrai sempre le mani legate con questa ragazza, – disse. – Non sarai mai tu ad avere il coltello per il manico. Qui c’è qualcosa – mi disse – che ti fa perdere la testa, e te la farà perdere sempre. Se non tagli definitivamente questo legame, alla fine quel qualcosa ti distruggerà. Non stai più semplicemente soddisfando un bisogno naturale, con lei. Questa è patologia nella sua forma più pura. Senti, – mi disse, – guardala come un critico, da un punto di vista professionale. Hai violato la legge della distanza estetica. Con questa ragazza hai sentimentalizzato l’esperienza estetica: l’hai personalizzata, l’hai trasportata nella sfera dei sentimenti, e hai perduto il senso della separazione indispensabile per il tuo godimento. Sai quando è successo? La sera che si è tolta l’assorbente. La necessaria separazione estetica è venuta meno non mentre tu la guardavi sanguinare – questo andava bene, non era questo il problema – ma quando non sei riuscito a trattenerti e ti sei inginocchiato. Ma cosa diavolo te l’ha fatto fare? Cosa c’è sotto la commedia di questa ragazza cubana che manda al tappeto uno come te, il professore di desiderio? Bere il suo sangue? Io direi che questo ha rappresentato l’abbandono di una posizione critica indipendente, Dave. Adorami, lei dice, venera il mistero della dea sanguinante, e tu lo fai. Non ti fermi davanti a nulla. Lo lecchi. Lo consumi. Lo digerisci. E’ lei che penetra te. Che altro la prossima volta, David? Un bicchiere della sua urina? Tra quanto la implorerai di darti le sue feci? Io non sono contrario perché è poco igienico. Non sono contrario perché è disgustoso. Sono contrario perché questo vuol dire innamorarsi. L’unica ossessione che vogliono tutti: l’“amore”. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due. Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l’avrai espulso. O te ne sbarazzi o lo incorpori con un’autodistorsione. Ed è questo che hai fatto, e che ti ha ridotto alla disperazione». (…) «L’attaccamento è rovinoso, ed è il tuo nemico. Joseph Conrad: chi si forma un legame è perduto. E’ assurdo che tu stia lì seduto con quella faccia. L’hai assaggiato. Non ti basta? Di cosa riesci mai ad avere più di un assaggio? E’ tutto quello che ci è dato nella vita, è tutto quello che ci è dato della vita. Un assaggio. Non c’è altro». (…)
L'animale morente, Philip Roth.
Aveva sbattuto le palpebre, come se non fosse sicura di dov'era, né di essere chi era. Però riconobbe me, e mi sorrise. Per te non significa niente - ma per un uomo, a volte, un bagliore nella pupilla della persona amata può valere più di tutto. Capisci? Ha riconosciuto me prima di se stessa. Io testimoniavo che lei era viva, che lei esisteva - che è esistita.
Melania G. Mazzucco (La lunga attesa dell'angelo)
Nessuno, prima di te, mi aveva insegnato ad aspirare alla diversità. All’individualità. Ad essere migliori. Nessuno mi aveva mai spinto a chiedermi cosa volessi io, cosa volessi per me, mi fu insegnato a desiderare esattamente ciò che si conveniva, come esistesse una lista uguale per tutti.
Amalia Frontali (La Chioma di Berenice)
Sei la mia migliore amica, il meglio di me, e non riesco a immaginare di rinunciare di nuovo a te." [...] "Forse non capisci, ma ti ho dato la parte migliore di me, e dopo che te ne sei andata niente è più stato come prima." [...] "So che hai paura, ho paura anch'io. Ma se lasciamo che tutto questo finisca, se fingiamo che non sia mai accaduto, non sono sicuro che ci verrà data un'alta occasione." [...] "Siamo ancora giovani. Abbiamo ancora tempo per ricominciare come si deve.
Nicholas Sparks (The Best of Me)
Vuoi deciderti oppure no?" "Ma non posso. Non so perchè mi sento così in colpa..." "Be' è ovvio, ti senti in colpa perchè è la prima volta che fai qualcosa per te e soltanto per te. (...) Almeno tu puoi prendere una decisione. Io no. Come sempre, ho lasciato che la vita decidesse per me. (...) L'unica cosa che ci separa dalla felicità è la paura del cambiamento." (...) "Sapete ragazze? Sono stufa di essere quella forte. A volte ho l'impressione di esistere solo per far sentire meglio gli altri: a partire da mia madre, dalle mie sorelle, dal mio ufficio... Ciao sono Casandra, non preoccuparti, non ti darò problemi, anzi, non ne ho, ma puoi darmi i tuoi".
Vanessa Montfort (Mujeres que compran flores)
Sai cosa una cosa, Aurora? Se ti va, io e te possiamo compilare una lista di cose che dobbiamo fare tassativamente. La chiameremo "I piaceri capitali". Perchè nessuno si era preso la briga di elencarli e perchè non era un obbligo per ogni essere umano sperimentarli prima di morire? (...) A partire da quel momento avremmo chiamato la lussuria, desiderio; l'avarizia, ambizione; l'ira, sfogo; l'accidia, riposo; l'invidia, ammirazione; e la superbia, orgoglio.
Vanessa Montfort (Mujeres que compran flores)
Fuori fa freddo adesso Dentro di me lo stesso A volte che mi guardo allo specchio Ma non vedo il mio riflesso Forse sono io Che non voglio guardare ma Giuro che quando lo farò Dentro non ci sarà più una persona a metà Tutto quello che non provi Questo il peso del cuore Chi ha molto dentro poi urla in silenzio Una lacrima cade ma non fa rumore Quando dentro hai il deserto ogni cosa è un miraggio Non credi più a nulla, l'hai detto tu Per amare qualcuno ci vuole coraggio Sì, ma per amarsi di più E ora voglio ricominciare da me Vi ho dato tutto quello che avevo dentro Lo chiamo vuoto, sì, ma pesa lo stesso Sembrava così semplice Ora voglio ricominciare da me Anche se ho paura di cambiare Prima di salvarmi lasciami affogare Sarà bello essere fragile Questo mondo non fa per me Forse un posto per me non esiste Sono solo anche qui con te Come se nessuno mi capisse Forse sono io Che non ho il coraggio di cambiare Di sorridere e fingere di stare bene Anche quando sto male Il tempo apre ferite Che non sempre richiude Da una crepa esce il male ma È da li che entra luce Quando dentro hai il deserto ogni cosa è un miraggio Non credi più a nulla l'hai detto tu Per amare qualcuno ci vuole coraggio Sì, ma per amarsi di più E ora voglio ricominciare da me Vi ho dato tutto quello che avevo dentro Lo chiamo vuoto, sì, ma pesa lo stesso Sembrava così semplice Ora voglio ricominciare da me Anche se ho paura di cambiare Prima di salvarmi lasciami affogare Sarà bello essere fragile Ricominciare da me Da me Ricominciare da me Da me Ricominciare da me Ricominciare da me Da me Da me "Ricominciare da me
Mr. Rain
Frasi iniziali di Bleach "Il nostro mondo non ha alcun significato neppure noi che ci viviamo abbiamo alcun significato noi privi di significato pensiamo al mondo nonostante anche l'essere consci che non abbia significato farlo sia privo di significato." (Volume 22 - Conquistadores - Ulquiorra) "Noi siamo il pesce davanti alla cascata, siamo l'insetto in gabbia. Siamo un relitto in balia dei marosi, il khakkara del teschio un violente torrente di forza la balena che lo ingoia. Noi siamo il toro a cinque corna noi siamo il mostro che soffia fuoco un bambino che grida piangendo. Aah, noi siamo avvelenati dalla luce della Luna." (Volume 23 - Mala Suerte! - Ikkaku) "Finite in pezzi, tutti quanti." (Volume 24 - Immanent God Blues - Grimmjow) "Noi tutti nasciamo già morti. La fine è già lì ancor prima dell'inizio. Se vivere significa continuare a imparare è la fine l'ultima cosa che impareremo e, una volta scoperta, ciò che conosceremo appieno sarà la morte. Non dobbiamo cercare d'imparare nulla, coloro che non possono trascendere la morte non devono tentare di sapere nulla." (Volume 25 - No Shaking Throne - Shirosaki) "Quella voce che come una lama mi trapassa il petto somiglia a un incessante grido di gioia." (Volume 26 - The Mascaron Drive - Luppi) " Noi come singolo non possiamo mischiarci, come coppia non abbiamo la stessa forma. Non possediamo gli occhi del terzo, quindi nella direzione del quarto non vi è speranza. Il quinto è nel posto del cuore." (Volume 27 - Goodbye, Halcyon Days- Orihime) "Mio signore, noi vi guardiamo con l'espressione di chi osserva un magnifico pavone adornata di qualcosa d'infinito simile alla speranza, all'adorazione e alla paura." (Volume 28 - Baron's Lecture Full-Course - Dordoni) "Ti ostini ad agghindarti pur sapendo che ti aspetta la falce. Ti ostini a farti bella pur sapendo che ti aspetta la falce. E' spaventoso, è spaventoso il momento in cui verrai falciata. I tuoi capelli recisi somiglieranno a te, priva di vita. Sia i miei capelli che le mie unghie sono stupendi, come tesori perché basta che vengano separati dal mio corpo per diventare qualcosa di sporco e disgustoso? La risposta è semplice: essi così non sono altro che l'immagine della mia morte." (Volume 29 - The Slashing Ópera - Cirucci) "La tua ferita è profonda come gli abissi dell'oceano Il tuo delitto scarlatto scolorirà con la morte." (Volume 30 - There Is No Heart Without You - Kaien Shiba) "Dimmi che sono colui che odi di più al mondo." (Volume 31 - Don't Kill My Volupture - Szayel Aporro Granz) "Il re arriva la galoppo liberandosi della sua ombra, facendo stridere l'armatura calciando le ossa succhiando carne e sangue digrignando distrugge il cuore e la mente lungo il cammino solitario verso un luogo remoto e lontano." (Volume 32 - Howling - Grimmjow) "Noi siamo parassiti vermi che strisciano sotto l'ombra di un intento malvagio indissolvibile Alzerò la testa più in alto della luna finché non vedrò più voialtri miserabili" (Volume 33 - The Bad Joke - Nnoitra) "Se mi darai un paio di ali, io volerò per te anche se la terra intera dovesse venire sommersa dall'acqua Se tu mi darai una spada, io combatterò per te anche se il cielo intero dovesse trapassarti di luce" (Volume 34 - King Of The Kill - Nel) "Nascere è come morire" (Volume 35 - Higher Than The Moon - Mayuri) "E' ancora presto per credere" (Volume 36 - Turn Back The Pendolum - Shinji) "Non penso che gli esseri umani siano belli ma penso che i fiori lo siano L'unico momento in cui l'essere umano somiglia ad un fiore è quando cade a terra colpito da una spada" (Volume 37 - Beauty Is So Solitary - Yumichika) "L'unica cosa di cui ho paura è diventare un guerriero che non conosce la paura" (Volume 38 - Fear For The Fight- Hisagi) "Errare è umano uccidere è diabolico" (Volume 39 - El Verdugo - Quimera Parca)
Tite Kubo
Rambaldo trascina un morto e pensa: “O morto, io corro corro per arrivare qui come te a farmi tirar per i calcagni. Cos'è questa furia che mi spinge, questa smania di battaglie e d'amori, vista dal punto donde guardano i tuoi occhi sbarrati, la tua testa riversa che sbatacchia sulle pietre?Ci penso, o morto, mi ci fai pensare; ma cosa cambia? Nulla. Non ci sono altri giorni che questi nostri giorni prima della tomba, per noi vivi e anche per voi morti. Che mi sia dato di non sprecarli, di non sprecare nulla di ciò che sono e di ciò che potrei essere. Di compiere azioni egregie per l’esercito franco. Di abbracciare, abbracciato, la fiera Bradamante. Spero che tu abbia speso i tuoi giorni non peggio, o morto. Comunque per te i dadi hanno già dato i loro numeri. Per me ancora vorticano nel bussolotto. E io amo, o morto, la mia ansia, non la tua pace”.
Italo Calvino (Il cavaliere inesistente e la collezione di armature di Ferdinando D'Asburgo.)
Sono stata io a versare il caffè alla mamma. Non poteva cancellare quel fatto. E con il passare dei giorni cominciò a pensare: "Sono stata io a uccidere la mamma". Un giorno era ferma a un passaggio a livello. Non aveva l'aria di una che volesse uccidersi. Dietro Kazu, in attesa che si alzasse la sbarra, c'era anche una mamma con il figlio e un gruppo di studenti di ritorno a casa. A un certo punto si sentì una voce. "Mamma, mi dispiace", disse il bambino. Era una semplice conversazione tra madre e figlio, niente di che. Kazu si girò a guardarli, e poi sussurrando "Mamma..." si avviò verso il passaggio a livello, quasi attirata da un polo magnetico. E in quel preciso momento... "Mi porti con te?" Era Kinuyo. Con quelle parole, intendeva dirle che voleva starle accanto perchè vedeva quanto fosse grande la sua sofferenza. La reazione di Kazu fu del tutto inaspettata. I suoi occhi si rimpirono per la prima volta di lacrime ep rese a singhiozzare velocemente. Kinuyo non sapeva spiegarsi cos'avesse finalmente perforato il cuore di quella bimba. Sapeva solo che fino a quel momento aveva sofferto da sola e che non voleva morire.
Toshikazu Kawaguchi (Tales from the Café (Before the Coffee Gets Cold, #2))
Mi è bastato soltanto un minuto Per incontrarti per caso Un'ora per rendermi conto che tu eri diversa dagli altri Dopo un giorno era come se ti conoscessi da anni Ma non mi basterà una vita intera per dimenticarti Come una scossa 9.3 Sei l'epicentro del mio terremoto E andremo in ogni luogo dove siamo stati noi Ma il mondo non è più lo stesso ora che Mi sono perso e non so più dove mi trovo Adesso le città sembrano piccole Perché prima avevo te Prima avevo te Vorrei disegnare il mondo su un foglio di carta Così da rendere la terra piatta Così non conterà più la distanza Basterà un passo da una parte all'altra Ma nei margini non ci sono mai stato dentro come da bambino Sarà per questo che ora noi vediamo gli orizzonti e gli altri vedono confini Capirai di avere un cuore quando qualcuno te lo spezza Ma impari ad usarlo quando trovi chi lo raccoglie da terra Hai visto la parte peggiore di me E quella che nemmeno io conoscevo Ci siamo fatti la guerra ma in guerra poi nessuno vince davvero Sarà il mio silenzio a spiegarti ogni cosa che provo Ma tutto crolla quando sei con me Come una scossa 9.3 Sei l'epicentro del mio terremoto "9.3
Mr Rain
- [...] Desiderare la guerra è già piegare il futuro, e non solo il tuo, verso la sventura. Lo vuoi capire sì o no? E' l'ultima volta che cerco di farmi capire da te e dai maschi boriosi come te. Tu non appartieni allo Stato, né a me, e non ti illudere che io dia ordini. Sangue di Giuda! Ma come si deve fare per capire che molti desideri vi vengono inculcati dall'alto per usarvi? Capisco che sia difficile per un povero che deve sfamarsi e imparare a leggere prima di sapere chi è e cosa vuole. Ma tu, tu hai pane e libri, e non puoi avere scusanti. Sei responsabile di te e di quelli che domani tu puoi trascinare con te.
Goliarda Sapienza (L'arte della gioia)
Mi stai salutando?”. “Sì”. “Dopo mesi di mie lettere dove ho messo a nudo la mia anima la tua risposta si riduce a tre messaggi sul cellulare?”. “Sì”. “Mi sembra un rapporto sbilanciato il nostro”. “Il nostro non è un rapporto”. “E cos'è?”. Non risponde, così digito un altro messaggio. “Vuoi discettare in merito all'etimologia della parola rapporto? perché se vuoi una discussione in merito io ho un sacco di tempo, sono bloccata in questo letto”. “Non voglio una discussione. Però mi fa piacere leggere che utilizzi termini come discettare. Vuol dire che i soldi che impiego per la tua istruzione sono ben spesi”. “Non hai risposto alla mia prima domanda”. “E non intendo farlo. Riposati e guarisci. Attendo il tuo articolo la prossima settimana”. Ma tu pensa questo. Mi sta scaricando. Ma è folle se pensa che lo mollo adesso che ho ottenuto un cenno di riscontro. Anche se devo dire piuttosto scarno. “Posso scriverti su questo numero se ho voglia di parlare con te?”. “No”. “E se io lo facessi lo stesso?”. “Non ti risponderei”. “E cosa c'è di nuovo?”. “Hai intenzione di polemizzare ancora molto?”. “È l'unico modo che ho per avere un po' di attenzione da te”. “Non è vero. E tu lo sai”. “Mesi di lettere e non mi hai mai risposto”. “Le ho lette tutte”. “Ma io non potevo saperlo perché tu non mi hai mai scritto nemmeno una riga. Passi il fatto che non vuoi che ti conosca di persona. Oppure che non vuoi un mio ringraziamento. Ma almeno di conoscere il tuo nome di battesimo me lo potresti concedere”. “Mi hai assegnato tu un nome. Anche se è orribile”. “Non ti piace mister D.?”. “Sembra il nome di un rapper”. “E deduco non ti piaccia nemmeno il rap”. “No”. “Non canti?”. “No”. “Suoni?”. “No”. “Ma allora cosa fai?”. “Di solito lavoro. Quando non ho una ragazzina che mi risucchia in stupide e inutili polemiche via cellulare”. “Vuoi che riprendiamo in un altro momento la nostra importante conversazione?”. “No”. “Mi hai chiamato ragazzina. Deduco che tu sia vecchio e noioso”. “La signora Lippett non mi aveva avvisato che tu fossi una stalker”. “Se lo avesse fatto non si sarebbe mai liberata di me”.
Adele Ross (Un inaspettato benefattore)
«Ma che razza di cantante gay sei?» «Uno… con buon gusto?»«Ok, questo è offensivo. Puoi insultare me, ma non Ewan e Nicole. Ricordatelo.»Zeph gli tirò un cuscino sulla faccia e Scott scoppiò a ridere, leggero. Si vendicò con la stessa arma ma, quando il cuscino volò troppo vicino al bicchiere ancora pieno di vino sul tavolino, decise che il suo arredamento era più importante di una stupida lotta coi cuscini. Per il momento.«Vai a cambiarti, usciamo appena sei pronto.»Zeph sembrò perdere parte della luce che gli aveva illuminato lo sguardo fino a pochi istanti prima.«Lo sai che non ho vestiti.»Scott gli sorrise. «E tu lo sai che c’è un guardaroba nella mia camera.»«Non riuscirò mai a ripagarti per tutto questo.»«Ehi,» Scott aspettò che Zeph alzasse lo sguardo su di lui prima di proseguire. «Consideralo un favore nei miei confronti. Se non ti prestassi dei vestiti dovrei portarti in giro nudo, così poi si innamorerebbero tutti follemente di te e dovrei lottare per il tuo onore. E io di solito faccio l’amore, non la guerra.» Zeph si lasciò sfuggire una risata a metà tra l’imbarazzo e la lusinga.«Sei un cretino.» «Sì, ma un cretino che non ha intenzione di fare a pugni con tutta Villerouge. Fila a vestirti.» Zeph sparì in camera da letto e Scott sorrise. Se solo la loro vita avesse potuto essere così ogni giorno
Enys L.Z. (Villerouge)
Il mio cervello animale aveva vinto. Con Andrés così vicino, era impossibile aggrapparmi alla razionalità. Ero troppo fragile per via del mio esaurimento nervoso di qualche ora prima, e il bisogno annullava la mia precaria forza di volontà di mantenere una distanza emotiva da lui. «Non ho intenzione di legarti, perciò dovrai fare la brava» affermò, continuando a coccolarmi. Sospirai e mi rilassai sotto la sua mano, godendomi la sensazione della sua pelle sulla mia. «Proprio così» approvò. Mi si strinse il cuore al piacere evidente nel suo sorriso contorto. «Voglio che ti fidi di me» disse. «Perciò mi fiderò anch’io di te. Mi fiderò del fatto che rimarrai immobile. Avevo pensato di legarti perché così non avresti potuto allontanarti da me. È più sicuro per te se stai ferma. In questo modo, non ti infliggerò dolore involontariamente.» Mi zittì prima che potessi interrogarlo sull’infliggere dolore. «Ti piacerà» continuò. «Mi assicurerò che sia così, promesso. Però devi fidarti di me. Puoi farlo?» Delle sottili rughe di tensione apparvero intorno ai suoi occhi. Stava chiedendo la mia fiducia, non pretendendola. Mi stava lasciando libera di resistere, di combattere. Era una mia scelta se sottomettermi o meno. E il fatto che mi concedesse una scelta prese la decisione per me. «Sì» dissi sommessamente. «Posso fidarmi di te.» Il suo sorriso mi abbagliò, lasciandomi senza fiato. Non c’era alcuna oscura soddisfazione in esso, alcun trionfo per la mia sconfitta; soltanto pura gioia per la mia resa volontaria
Julia Sykes (Sweet Captivity)
«Posso essere un eroe» lo informai, la rabbia che cresceva. «Lo facevo ogni giorno, prima che voi mi rapiste. Avevo una vita. Avevo uno scopo.» Avvolse le braccia intorno a me e si rotolò, appoggiandosi di peso sopra di me in modo che fossi bloccata sotto di lui. «La tua vita è con me ora» disse con voce roca. «E il mio scopo è proteggerti.» «Non riuscirai a tenermi lontana da Cristian per sempre» provai a ragionare con lui. «Lasciami chiamare i miei amici dell’FBI. Se ti nascondi prima che arrivino a prendere Cristian, posso coprire le tue tracce. Non ti troveranno. Sarai al sicuro.» «E che ne sarà di te?» I suoi occhi neri mi trapassarono. «Dove sarai mentre io mi nascondo? Tornerai dai tuoi amici? Dal tuo Dex?» «Io… non lo so» sussurrai, combattuta. Non volevo tornare alla mia vita senza Andrés. «Tu sei mia» ringhiò. Il suo membro era duro contro di me, premeva all’entrata del mio sesso. «E non andrai da nessuna parte. Né dal tuo Dex. Né da mio fratello. Tu appartieni a me.» «Sono tua» concordai. «Però non posso—» Premette le labbra sulle mie, mettendomi a tacere con un ringhio d’avvertimento
Julia Sykes (Sweet Captivity)
«Perché?»«Perché sto morendo.»Quello fece male. «Non dire stronzate,» dissi, cercando di usare un tono duro, ma la mia voce aveva preso a tremare. «Tu non stai morendo. Tuo padre prega ogni giorno per te. Non puoi lasciarlo da solo. Sei tutto ciò che gli rimane. Lui me l’ha detto quanto bene ti vuole. E poi ci sono anch’io. Non posso perderti. Voglio che ti svegli. Tu starai bene. Tu starai bene,» ripetei.«Vorrei poterti credere.» Ivan fece un passo come per andarsene, allora lo afferrai per un braccio. «Non te ne andare,» dissi. «Non sparire più in quel modo. Non puoi decidere tu per me. Se voglio continuare a vederti è un mio problema.»Ivan lasciò andare un sospiro. «Non ne ricaverai niente di buono.»«Me ne fotto.»Ivan rimase fermo a guardare la mia mano che lo stringeva. Non provò più ad andarsene. Rimase lì al mio fianco, come aveva sempre fatto da quando mi aveva visto la prima volta. Solo che adesso non aveva per me parole di conforto, avrei dovuto averle io per lui, ma non me ne uscì nemmeno una. Ivan vedeva suo padre piangere e non riusciva a parlarci, sapeva di essere fra la vita e la morte e viveva ogni giorno con il terrore che arrivasse la fine, eppure aveva stupidamente pensato a me. Sia al principio che alla fine. In tanti giorni che eravamo stati insieme era stato lui a sostenere me quando era lui quello che avrebbe avuto più bisogno d’aiuto. Come aveva fatto a farmi ridere quando lui probabilmente avrebbe voluto solo urlare per la disperazione? Ivan aveva salvato mia sorella, mi aveva sostenuto e alla fine si era messo da parte per non crearmi problemi. Lui aveva fatto tutto per me ma io sarei riuscito a fare altrettanto per lui
Sara Santinato (Due anime)
«Ho paura,» ammisi. «Ho sempre avuto paura… quando Gian mi ha confidato ciò che provava, quando pensavo che papà mi incolpasse della tua aggressione, quando venivi operata, ma questa volta… sono terrorizzato all’idea che Ivan possa morire. Lui continua a ripetermi che è sempre più stanco. Io lo amo, voglio stare con lui. Ma… se tutto finisse io non riuscirei a sopportarlo. Non ce la farei.»Mia sorella mi abbracciò. Mi accarezzò i capelli e mi strinse dolcemente. Aveva un buon profumo ed era calda. «Non devi farti frenare da questo. Devi dire ciò che provi o te ne pentirai. Vivi con lui ogni momento. Fallo adesso che ne hai l’opportunità, non sprecare tempo, non vietarti di essere felice. Godetevi il vostro amore senza preoccuparvi del futuro è giusto che siate felici.»«E per quanto?»«Non importa per quanto. Anche solo un istante basterebbe. Se succedesse qualcosa a Ivano staresti bene sapendo che avevi la possibilità di dirgli ciò che provavi e hai scelto di non farlo?»«Non lo so,» ammisi. «Ho solo paura di perderlo. È sbagliato?»«Non è sbagliato. Però in questa storia non sei l’unico ad avere paura. Ivano vive con il terrore che ogni momento sia l’ultimo. Eppure mi hai detto che sorride ogni volta che sta con te.»«Ivano è coraggioso.»«No, non lo è. Penso che quel ragazzo ogni volta che sta da solo si metta a piangere. Tutti lo farebbero. Non si può accettare di stare per morire, non quando si ha poco più di vent’anni, non quando ci si è appena innamorati… lo vedi sorridere solo perché ogni volta che sta con te affronta le sue paure. Lui ha deciso di stare con te, combatte ogni momento per riuscirci nei migliori dei modi. Tu sei disposto a fare altrettanto o ti fermerai e resterai a guardare?»Avrei dovuto dirgli ciò che provavo. Avrei dovuto dire per la prima volta a un ragazzo che mi ero innamorato di lui con la consapevolezza che avrebbe potuto lasciarmi l’istante dopo.
Sara Santinato (Due anime)
M-mi troveranno, mi... mi porteranno v-via da te ma h-ho dovuto farlo, loro... loro adesso m-mi troveranno!" pianse ancora con disperazione Taylor, aggrappandosi con le poche forze rimaste al corpo muscoloso del sicario, che a quelle parole scosse il capo, indurendo il suo sguardo. "No, tesoro mio, non ti troveranno, non ti succederà niente. Hey, ascoltami! Coprirò tutte le tue tracce, ti renderò invisibile. Penso io a te, ci sono io, guardami Taylor, sono qui, piccolo, ti difenderò da tutto" lo rassicurò Dunken, cercando il suo sguardo. L'uomo se lo tirò addosso, spostando i capelli bagnati dal volto distrutto del ragazzo. "Dimmi che hai capito, Taylor, dimmi che hai capito che andrà tutto bene, sei così forte, così prezioso, sei stato davvero bravo" continuò l'uomo, tenendo il viso del giovane stretto tra le mani. "P-preda o predatore, t-tesoro mio, n-non farti braccare" ripeté con un soffio di voce Taylor, ricambiando stancamente lo sguardo dell'assassino di fronte a sé. Il sicario annuì, sentendo Taylor rilassarsi fra le sue braccia. Si ritrovarono entrambi seduti a terra, nel punto esatto in cui poco meno di tre mesi prima Dunken aveva posizionato la tenda da campeggio per inscenare la morte del marito della vedova. Taylor guardò l'uomo dal basso, con la testa appoggiata al suo petto e la schiena sulle sue gambe, mentre Dunken lo stringeva a sé, accarezzandogli il labbro inferiore con un dito. Sentì le labbra del ragazzo sollevarsi appena sotto al tocco del suo polpastrello e l'osservò, non comprendendo il perché di quel sorriso.
Elena Grimaldi (Hunted: Tematica gay)
«Io agirò sempre di testa mia. Ho il mio carattere e non mi sottometterò a nessuno.» Mi metto a ridere, nella nostra società questa cosa alla fine è il destino di ogni lupa. «Quando avrai un compagno avverrà.» «E io non lo prenderò un compagno e ho risolto.» La guardo affascinato da questo suo carattere, da questo suo modo di vedere la vita e, per qualche motivo tutta la rabbia di prima è andata via. Adesso sono meno arrabbiato con lei e, sono contento che non sia successo niente in quel bosco. Mi appoggio al tavolo e mi metto a braccia conserte. La fisso e, poco dopo le dico quello che penso. «Sei decisamente una donna strana e affascinante.» Faith mi guarda per qualche istante e, poi mi dice quello che pensa con un sorriso bellissimo privo di qualsiasi ombra. «Anche tu lo sei.» «Strano?» Scuote la testa e si schiarisce la voce prima di parlarmi e, io lo osservo incantato dai suoi gesti e dal suo modo di fare. «No, affascinante. Quando ti ho visto in forma di lupo non credevo ai miei occhi, eri spettacolare. Non ho mai visto nessun lupo come te.» Mi stacco dal tavolo avvicinandomi a lei con un passo. Faith rimane dove si trova e, io le accarezzo il viso ammirando tutta la sua bellezza. Prima in quel bosco, appena ho avvertito l'odore della sua pelle mischiato all'odore di altri maschi, ho perso la cognizione del buon senso. Ho subito detto a Ian dove andavo e, mi sono trasformato immediatamente senza perdere tempo. «Quando ho sentito il tuo odore in mezzo al loro, non ho più ragionato.» «E perché, mio signore?» Attiro il suo corpo verso il mio. Adesso ci dividono solo pochi millimetri, le prendo il viso con entrambe le mani e, la fisso. Faith non dice niente e, sono io a dare la risposta che sta aspettando. «Perché tu sei mia»
Barbara Pedrollo (Il bacio del lupo (Italian Edition))
Chi è, veramente, Gesù? Sappiamo cosa è diventato dopo la sua morte, in duemila anni di fede cristiana. Ma come lo considerano i contemporanei? Cosa pensano quando lo ascoltano parlare e mentre lo vedono agire? È lui stesso a domandarlo ai suoi, in maniera insistente: «Chi dicono gli uomini che io sia?» (Mc 8,27). Gesù proviene da un piccolo borgo rurale della Galilea. Non c’è dubbio che conosca bene la Torah, anche se tutto lascia pensare che sia un autodidatta. Si esprime con semplicità e si rivolge alla gente del popolo. La sua forza non è l’erudizione. Non è per studiare che ha abbandonato la casa, il lavoro, la famiglia. Se ne è andato, e ha scelto la vita del maestro itinerante, qualcuno dice del vagabondo, per rispondere a una chiamata. Cosa lo spinge lungo le rive del lago di Tiberiade, nella valle del Giordano, per le strade di Gerusalemme? In principio è l’acqua. Gesù si avvicina al fiume, entra nella corrente, attende che avvolga il suo corpo. Poi si scuote, risale. Ed è allora che la vede. Una colomba lieve, leggera. Scende, dall’alto, da una distanza infinita, dal punto più lontano. Il cielo si è già aperto una volta, durante l’esilio di Babilonia. Lungo il canale Chebar, il profeta Ezechiele ha visto discendere un carro misterioso, in un fulgore di corpi, di lampi, di suoni (Ez 1,1). Ora Gesù guarda quella creatura, mansueta ma non meno enigmatica. Non importa che forma abbia scelto lo spirito, quello che conta è che venga, si posi, si libri fino a sfiorarlo. «Sei tu il mio Figlio, l’amato, in te ho posto la mia benevolenza» (Mc 1,11). Hanno udito anche gli altri? E se non hanno visto la colomba, cosa hanno potuto comprendere? Lui, sì, ha capito. Si è inciso le parole sul cuore. Non è in esilio come Ezechiele, divenuto profeta per risollevare il proprio popolo dalla pena dell’abbandono e della prigionia. Lo spirito è lì per avvicinarlo, ne è sicuro. Ma avvicinarlo a cosa? Nella vita di ogni mistico, e in questo non pensiamo che Gesù faccia eccezione, esiste una porta che separa «prima» e «dopo». C’è insomma un’esperienza biografica iniziale, che segna la presa di coscienza dei propri poteri spirituali. Un simile cambiamento può concretizzarsi in una visione, una percezione uditiva, un trauma o un’emozione debordante. Il vaso dell’anima si riempie, tracima, spande la propria energia per tutto il fisico, pervade la mente fino a trasformarla. L’apparizione dello spirito in forma di colomba e il risuonare della voce celeste sono a un tempo familiari e stranianti. Familiari perché ricordano le esperienze dei profeti biblici, che Gesù e i suoi contemporanei conoscevano intimamente. Ma sono anche stranianti. Quando il cielo si è aperto per lui, Ezechiele è stato sopraffatto da una scena arcana, stracolma di dettagli, un congegno cosmico su cui, nei millenni successivi, si è concentrato l’esoterismo ebraico. I quattro esseri viventi, che all’aspetto sembrano avere figura umana, ciascuno con quattro facce e quattro ali, descritti da Ezechiele, sono molto diversi dalla colomba solitaria che si libra su Gesù. Complessità da una parte, semplicità disarmante dall’altra. Gesù «vede» la colomba, e «sente», grazie a lei, la forza divina, così lieve eppure tenace. È una presenza nascosta, interiore, quasi impalpabile, che lo lambisce. Affinché la colomba potesse arrivare a lui, si sono aperti i cieli. Secondo la concezione antica, la volta celeste separa il nostro mondo visibile da quello, invisibile, di Dio. Solo un prodigio può socchiudere, in casi eccezionali, la cortina celeste, spessa e opaca. Chi ha il privilegio di vedere al di là, si affaccia su di una dimensione al di fuori e al di sopra del tempo. Così è successo al profeta Ezechiele e così accade ora a Gesù. L’esperienza visiva e uditiva del Giordano segna una svolta decisiva ...
Giulio Busi
gli dissi che non ce la facevo più, che avevo pensato al suicidio, che non sopportavo l’idea che lei sarebbe stata d’un altro, che ero arrivato al punto di non credere più neanche in Dio. Allora mi disse: “Te lo presento”. Eravamo seduti nel giardino di casa, c’era un sole che spaccava la terra e l’erba assetata arrancava sul prato quasi glabro. Mi disse di guardare il cielo e chiese: “Cosa vedi?” “Luce”, risposi, “una luce che acceca”. “Bene”, mi disse, “adesso chiudi gli occhi”. E io li chiusi. E proseguì: “Non senti il calore che ti entra nel corpo, che ti scalda le membra fin dentro alle ossa?” “Certo”, risposi, “come potrei non sentirlo?” “È la luce stessa che prima vedevi”, mi disse, “che ti pervade, così come pervade tutto. Se astrai dall’inganno dei sensi che ce la fa percepire come luce alla vista e come calore al tatto, sappi che è una cosa sola, come dice Guinizzelli”. “E cosa?”, gli chiesi. “Amore”, mi rispose, “l’energia che attraversa il creato, che fa muovere il sole, la luna e i pianeti, che ti permea, l’anima del mondo che nutre la tua anima e la mia. È tutto quel che sappiamo di Dio in questa periferia dell’universo. L’amore che senti non è che una favilla di quest’amore cosmico...
Francesco Fioretti (Il libro segreto di Dante)
Winston riflettè per qualche momento. "Ti è mai venuto in mente" disse "che per noi due la cosa migliore da fare sarebbe quella di uscire di qui prima che sia troppo tardi e non rivederci mai più?" "Sì, caro, ci ho pensato parecchie volte, però ugualmente non ho alcuna intenzione di farlo." "Finora la fortuna ci ha assistiti" disse Winston, "ma non potrà durare a lungo. Tu sei giovane, sembri una persona norale, innocente. Se ti tieni alla larga da gente come me potrai vivere per altri cinquant'anni." "No. Ci ho pensato, quello che farai tu, lo farò anch'io. E non ti scoraggiare. Conosco fin troppo bene l'arte del vivere." "Possiamo restare insieme per altri sei mesi, forse per un anno, ma è certo che alla fine ci separeremo. Ti rendi conto di quale sarà allora la nostra solitudine? Una volta che ci avranno presi non ci sarà nulla, letteralmente, che l'uno potrà fare per l'altro. Se confesso, ti spareranno, e se mi rifiuto di confessare ti uccideranno lo stesso. Nulla che io possa fare o dire o astenermi dal dire varrà a rinviare anche solo di cinque minuti la tua morte. Nessuno di noi due saprà mai se l'altro è vivo o morto. Non potremo fare nulla. E comunque, anche se nemmeno questo cambirerbbe alcunchè, l'unica cosa che conta è che nessuno di noi tradisca l'altro." "Quanto al confessare" disse Julia "confesseremo certamente. Lo fanno tutti. è impossibile fare altrimenti: ti torturano. " "Non intendo questo. Confessare non è tradire. Non importa quello che dici o non dici, ciò che conta sono i sentimenti. Se riuscissero a fare in modo che io non ami più... quello sarebbe tradire." Julia restò per qualche attimo a riflettere "Non lo possono fare." disse infine. "è l'unica cosa che non possono fare. Possono farci dire tutto, tutto, ma non possono obbligarti a crederci. Non possono entrare dentro di te." "No" disse Winston un po' rinfrancato, "No, quel che dici è verissimo, non possono entrare dentro di te. Se riesci a sentire fino in fondo che vale la pena di conservare la propria condizione di esseri umani anche quando non ne sortisce alcun effetto pratico, sei riuscito a sconfiggerli.
George Orwell (1984)
Al Paese ci conoscevano tutti. I Senzaniente, continuavano a chiamarci, per via dei miei nonni, i genitori di mio padre, che dopo la guerra il poco che avevano se l’erano perso. No che non te lo do un litro, aveva detto la vecchia della latteria a Rocco. Mio fratello ha tre giorni e mia madre non ha latte. Le tette secche si curano, basta massaggiarle con un panno d’acqua calda. C’ha provato, non esce niente, c’ha la febbre alta. MI dispiace, io il latte però non te lo posso da’, sennò finisce come quand’era nata l’altra sorella tua, latte e latte per voi e mai una lira per me. Ha detto papà che entro domenica ti fa ave’ tutti i soldi, pure quelli di due anni fa. Allora quando li vedo ti do il latte e un’altra bottiglia ve la regalo io. Dopo tre giorni la madre di Rocco sarebbe morta e Rocco dopo ventidue anni sarebbe diventato mio padre, allora ne aveva nove. Da quelli non si entra, mi diceva, quando passavamo davanti allo spaccio in cui si era trasformata la latteria. A costo di non fare la spesa lì, se l’altro spaccio del Paese per qualche motivo era chiuso, prendevamo la corriera e andavamo al Paese Vicino. La macchina era arrivata quando facevo la prima elementare, un giorno sono tornata da scuola e l’ho trovata parcheggiata davanti a casa nostra, blu.
Chiara Gamberale (Il grembo paterno)
In sala professori Vivaldi continua. «A volte» dice, «quando sono di cattivo umore, penso che non sono mai uscito dalle foto scolastiche. La mia vita - mi sembra - è un fotomontaggio: la faccia di adesso sopra il grembiule col fiocco azzurro o sopra i pantaloni alla zuava». «Ma no» dico io, «siamo vivi e vegeti». «Tu credi - seguita Vivaldi «di essere vivo e vegeto, in mezzo ai tuoi allieve di oggi». Invece lui ritiene: sei in posa coi tuoi compagni di una volta che sono rimasti gelati nella loro adolescenza, sempre gli stessi scherzi, di anno in anno irrimediabilmente giovani: forse fans di altri cantanti o altri scrittori, eppure: identici. «Tu invece cambi» mi incalza Vivaldi, «diventi vecchio. Ma vecchio col grembiule. O vecchio coi pantaloni alla zuava. È sempre nello stesso cortile della prima fotografia: che intanto ne ha generate altre tutte uguali. Foto che non stanno ferme, circolano, l'unico vero viaggio che fai: prima nelle case dei tuoi compagni e poi per le case dei tuoi alunni e poi per le case dei figli dei tuoi alunni: la sola traccia di te che disgraziatamente resterà».
Domenico Starnone (Ex Cattedra)