Io Non Ho Paura Quotes

We've searched our database for all the quotes and captions related to Io Non Ho Paura. Here they are! All 100 of them:

Tutta quella città… non se ne vedeva la fine… / La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? / E il rumore / Su quella maledettissima scaletta… era molto bello, tutto… e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problema / Col mio cappello blu / Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino / Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino / Primo gradino, secondo / Non è quel che vidi che mi fermò / È quel che non vidi / Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi… lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne / C’era tutto / Ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo / Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu / Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me / Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi / Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita / Se quella tastiera è infinita, allora / Su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio / Cristo, ma le vedevi le strade? / Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una / A scegliere una donna / Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire / Tutto quel mondo / Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce / E quanto ce n’è / Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… / Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.
Alessandro Baricco (Novecento. Un monologo)
«Isaac ti ho detto che ti amavo» mormorai «E tu mi hai rifiutato. Cosa avrei dovuto pensare?» Le lacrime scesero sulle guance «Che ho paura. Che non voglio perderti. Che tu sei la cosa migliore che mi sia mai capitata» Il viso si intristì e scrollò le spalle «Che ti amo anch'io»
N.R. Walker (Blind Faith (Blind Faith, #1))
Mi giro verso di lui, lentamente, e ha occhi enormi, completamente spalancati. C’è paura. Ci stiamo ancora guardando. E ho questa sensazione allo stomaco come di una spirale che stringe. «Sei tu» dico. «Lo so, sono in ritardo» dice.
Becky Albertalli (Simon vs. the Homo Sapiens Agenda (Simonverse, #1))
Mi vergognavo ad essere affascinato da quella storia e da quel criminale mostruoso, Jean-Claude Romand. A distanza di tempo, credo che ciò che avevo tanta paura di condividere con lui lo condivido, lo condividiamo lui e io, con la maggior parte della gente, anche se per fortuna la maggior parte della gente non arriva al punto di mentire per vent’anni e poi sterminare tutta la famiglia. Penso che anche le persone più sicure di sé percepiscano con angoscia lo scarto che esiste fra l’immagine di sé che bene o male cercano di dare agli altri e quella che hanno di loro stesse nei momenti d’insonnia, o di depressione, quando tutto vacilla e si prendono la testa fra le mani, sedute sulla tazza del cesso. In ciascuno di noi c’è una finestra spalancata sull’inferno; cerchiamo di starne alla larga il più possibile, e io, per una mia precisa scelta, ho passato a quella finestra, ipnotizzato, sette anni della mia vita.
Emmanuel Carrère (Le Royaume)
Riprendo a correre, a tutta velocità. Non ho più paura di nulla. Non ho più paura di nessuno. Non mi sento più sola. Perché finalmente l'ho capito. Io sono innamorata. Noi siamo innamorati. Perciò noi ci rincontreremo di sicuro. Perciò vivrò. Io sopravviverò. Qualunque cosa succederà, cadessero anche tutte le stelle, io vivrò.
Makoto Shinkai (your name.)
«No. Ma io le chiederei la stessa cosa. Posso servirlo solo se sono un prete? Solo se sono cattolico? Non lo credo più, monsignore. Ho visto troppo. Voglio fare il bene per dei motivi validi. Non per il timore di essere giudicato o per quello che penserà la gente. Non per le tradizioni o per le pressioni. Non perché ho paura o non mi sento all’altezza di cambiare. E non perché è ciò che si aspettano gli altri. Voglio compiere la Sua volontà. Ma questo è il mio cruccio principale, capire quale sia davvero la volontà di Dio. Non quella della Chiesa cattolica, ma la Sua volontà»
Amy Harmon (From Sand and Ash)
Diranno che l’ho tradito, che ho ridotto il suo prezzo a trenta sicli d’argento. Diranno che sono avaro, che ho tradito il mio maestro. Non sanno che sono morto di crepacuore. Per il rammarico… Per amore. Se non conoscono me, non conoscevano neanche lui. Quanto ci ha sconvolti con la sua compassione, con la sua riluttanza a salvare un’intera nazione, ma con il desiderio di salvare le singole persone. Lo definivano un folle, un bugiardo. Ma ora so che era il volto di Dio, che non ci salva dai romani… Ma da noi stessi Sono il lebbroso, l’indemoniato. Io, paralizzato dalla paura, ero cieco. La prostituta, il cadavere nella tomba. Io, sono tutto questo. Io, che l’ho rinnegato e l’ho consegnato ai nemici. Io, che muoio per lui. Il mio nome sarà per sempre sinonimo di “traditore”. Ma egli amava i suoi nemici. Egli mi amava.
Tosca Lee (L'uomo che tradì Gesù)
io odio la nebbia. Ho paura della nebbia”. “Vuol dire che l’ami. La temi perché è più forte di te, la odi perché la temi, la ami perché non puoi piegarla al tuo volere. Si può amare soltanto quello che non si può sottomettere.
Evgeniij Zamjatin (We)
Certo, ho paura dell’oblio terreno. Non voglio sembrare i miei, ma credo che gli esseri umani abbiano un’anima, e credo che l’anima non andrà perduta. La paura dell’oblio è un’altra cosa, è paura di non riuscire a dare niente in cambio della vita. Se non vivi una vita al servizio di un bene più grande, devi almeno morire una morte al servizio di un bene più grande, non credi? E io ho paura che non mi toccherà né una vita né una morte che significhi qualcosa.
John Green (The Fault in Our Stars)
Tocca di nuovo a noi. A me? Proprio a te. Perché a me? Perché lo stavi aspettando. No! Non è vero! Da qualche parte evidentemente sì. Se ti dico di no. Fa lo stesso: tanto già sta succedendo. Cosa? Cos'è che sta succedendo? Che t'innamori. Io? Tu. No no. Sì sì. Non sono pronto. Nessuno lo è. Non ci credo più. Problemi tuoi. Sarà un casino. Sì. Qualcuno si farà del male. Probabilmente tutti. O magari... O magari no. Comunque non ho tempo. Lo troverai. Non ne ho bisogno. Invece sì. Non ne ho voglia. Ma se ogni notte ti addormentavi pregando il dio che non hai perché succedesse! Vabbe', ma era una specie di gioco fra me e me, era una bugia. In verità? In verità ho paura. Tanto ormai è successo. E quando? Adesso.
Chiara Gamberale (Adesso)
[...] Ora ti racconto una cosa che ho sentito alla televisione di un bar:in Africa c'è un serpente che non è velenoso,non fa nulla,si chiama "falso serpente corallo",perchè è uguale al serpente corallo che invece è velenoso assai. Insomma,questo serpente è evitato da tutti gli animali,perchè hanno paura che li morda.Ma sono dei brodi perchè non gli farebbe mica nulla. E lui,capito,va in giro e fa il serpente velenoso. E lo fa e ci gode. Lo fa fino a che non incontra qualcuno che lo riconosce per quello che è:un falso serpente corallo. E lo sai qual'è l'unico animale che lo riconosce al volo e lo mangia a morsi? Prova un pò a indovinare. Pensaci pure...non lo sai? Te lo dico io. E' il vero serpente corallo. Il vero serpente corallo lo riconosce subito. Lo vede subito che è un buffone e un impostore. Ecco,oggi una cosa simile è successa a te. Sei andato sul muso a dei ragazzini facendo finta di essere uno cattivo,ma purtroppo per te uno cattivo l'hai trovato davvero. Sono io." cit. La storia di Faccia
Gipi
Ma è possibile che ogni volta che parlo di un sogno o di un'ambizione ci deve essere sempre qualcuno che ti guarda e sembra che dica: "diventa grande". E per gli altri diventare grandi vuol dire non credere più di essere una ballerina, un poeta, un musicista, un sognatore, un fiore. Non li sopporto. Una mattina sono uscito di casa, il cielo era azzurro e limpido, ho continuato a guardarlo mentre camminavo, stavo bene, respiravo a pieni polmoni, al terzo passo ho pestato una merda. Cosa devo fare? Rinunciare al cielo per paura delle merde? No, io no Porcaputtana!
Fabio Volo (Esco a Fare Due Passi)
«Io non mi sposo, se mi dici che mi ami e vuoi stare con me» azzardai, con il respiro strozzato in gola e le mani gelide per la tensione. Lui si volse verso di me. «Qui non si tratta di me, Serena» iniziò lui, ed ebbi un brivido di paura: non mi chiamava mai con il mio nome completo. «Non si tratta di Christian o di quello che provo per te. Se ti dicessi che ti amo e tu lo lasciassi e poi tra noi non funzionasse? La colpa sarebbe mia che ti ho portato via da lui.» «Non capisco» tentai di stimolarlo a spiegarsi meglio. «Tu devi lasciarlo perché vuoi farlo, non perché ci sono io di mezzo.» Il silenzio si fece pesante e denso. «Tu vuoi un figlio e vuoi sposarti, io questo non posso farlo» aggiunse lui dopo, distogliendo lo sguardo dal mio che si stava riempiendo di lacrime. «Ho paura di restare sola» bisbigliai. «Tutti abbiamo paura di restare soli, ma non si sposano solo per quel timore.» Pensai che avevo avuto ragione. Nico non sarebbe mai stato mio marito e forse non avremmo avuto dei bei bimbi cicciotti che correvano per casa, ero disposta a rinunciare a quello per lui? «Io sono innamorata di te, anche se non volevo accadesse. Ma tu cosa provi davvero per me?» Nico tornò a fissarmi. Era strano, sembrava assente e lontano, freddo come il ghiaccio e pericoloso come la punta di un coltello, e con quello sguardo mi colpì al cuore, dritto, affondando la lama sino all’impugnatura. «Sei importante per me». Tutto qui? Pensai subito. Solo quello, io ero importante, come poteva esserlo un cane o un animale domestico. Con le lacrime agli occhi guardai le fiamme spietate nei suoi occhi, fiamme che mi stavano divorando l’anima e tutti i sentimenti che avevo dentro. «Anche se provassi qualcosa per te, non te lo direi mai. Io sono così e sarò sempre così» aggiunse lui, poco dopo, scostandosi dal mio contatto, non solo da quello visivo. «Se devi piangere vai a farlo da un’altra parte, per favore» commentò lui, la voce fredda, priva di inflessioni che mi fece così male da farmi sentire i polmoni collassare. Tutto lì. Niente Addio, Serena, niente Chiamami quando starai meglio, niente Scusami, sono un cretino. Mi asciugai le lacrime dal viso, gli girai intorno, raccogliendo i miei vestiti che infilai velocemente e uscii dalla porta come ero entrata: sola.
Eilan Moon (Il mio lieto fine)
Non ho mai riso alle barzellette o alle mail con spiritosaggini e sarcasmi vari su Berlusconi o su ministri bassi o grassi; non mi sono mai divertito, e di questo alla fine sono contento. Ho smesso di firmare qualsiasi appello così ho trovato il metodo concreto per ricordare a me stesso che io c'entro, che non sono innocente, che non posso tirarmi fuori, che tutto ciò che accade in italia è anche un po' colpa mia; che stare insieme a molti altri dalla parte giusta non è sufficiente, non mi fa sentire migliore; non firmo quindi per paura di esserne compiaciuto; per paura che, alla fine, mi possa bastare.
Francesco Piccolo (Il desiderio di essere come tutti)
Ho voglia di scuoterlo, di fargli capire che mi sono reso vulnerabile davanti a lui perché ho bisogno di sapere quello che mi nasconde, perché sono certo che questo suo segreto avrà un'influenza su noi due e ne ho paura. Ho paura di quello che provo per lui, paura di non essere pronto a questa separazione che si avvicina e che so essere inevitabile. Non mi riconosco più da quando è entrato nella mia vita e tutto questo mi fa paura. Questo non sono io, io non provo niente, io sfuggo le persone e la sorgente dei problemi che si trascinano dietro, non considero il mio futuro con qualcuno, non dico “ti amo.
Amheliie (Road)
Pensavo che tu avessi bisogno di me - disse Jem -Hai costruito un muro intorno a te Will e io non ti ho mai chiesto perché. Ma nessuno dovrebbe mai portare un peso da solo. Pensavo che, se io fossi diventato il tuo parabatai, mi avresti accolto dentro di te, e avresti almeno avuto qualcuno a cui appoggiarti. Mi chiedevo cosa avrebbe significato per te la mia morte. Ne avevo paura, per il tuo bene. Avevo paura che saresti rimasto solo all'interno del muro. Ma ora…qualcosa è cambiato. Non so perché, ma so che è vero. -Che cosa? - Le dita di Will erano ancora conficcate nel polso di Jem. - Il muro sta crollando.
Cassandra Clare (Clockwork Prince (The Infernal Devices, #2))
«Ti prego, non prendermi in giro.» Quello di Sam fu solo un sussurro. Sentì di avere le lacrime agli occhi e sperò che non cadessero. «Io sono fatta così. Non sono completamente femmina e forse non lo sarò mai.» «Vuoi operarti? Per... per...» «Per il cambio di sesso?» Sam abbassò lo sguardo e le lacrime caddero, ma era solo vergogna per l'argomento. «Non lo so. Forse sì. Forse no. È un percorso così difficile, così doloroso. Ho paura. Quindi, se ti aspetti che io diventi come tu mi vuoi nel giro di poche settimane... non succederà. Forse mai.» Mason le sfiorò il mento con le nocche, rialzandole il viso. «Non so cosa mi aspetto da te. Non capisco neppure più se mi piaci maschio o femmina. So solo che mi piaci e non ce la faccio più»
Susan Moretto (Anormale)
Le persone che ho incontrato, quelle con cui sono entrata in contatto... Tutti quanti, anche se hanno paura, anche se soffrono e non trovano una via d'uscita, cercano qualcosa. Un passo alla volta, con determinazione, facendosi coraggio, spronandosi a vicenda e sostenendosi tentano di andare avanti. Solo io non riesco a muovermi di un passo. Per me, il tempo si è fermato.
Naoshi Arakawa (四月は君の嘘 8 [Shigatsu wa Kimi no Uso 8])
«Credevo, Angel, che tu mi amassi... amassi me, per quello che sono. Se sono io che tu ami, come puoi guardarmi e parlare così? Tutto ciò mi fa paura! Ho cominciato ad amarti e ti amo, ti amerò per sempre... qualsiasi disgrazia dovesse accadere, qualsiasi cambiamento, perché tu sei proprio tu; non chiedo altro. E allora tu, che sei mio marito, come puoi cessare d'amarmi?»
Thomas Hardy (Tess of the D’Urbervilles)
(...) é una richiesta seria e precisa che ti chiedo di adempiere: non dobbiamo più stare lontani! Mi rende infelice: mi ritiro nella mia camera e non c'è il mio dolce amore, ceno e Shelley non è da nessuna parte, anche se ho tonnellate di dettagli da raccontare... Per farla breve, o torni o vengo io. (I miei sogni mi appartengono: Lettere della donna che reinventò la paura)
Mary Wollstonecraft Shelley
Il Consiglio dei Topi Un Gatto, che diceano il Mangialardo, facea dei Topi un così gran macello, e tanti nell’avello n’avea sospinti e sbigottiti tanti, che i pochi vivi ancora non osavano il muso cacciar fuora. Quatti nei buchi sen morian di fame, tanta paura avean di quel, non gatto, ma carnefice infame. Un giorno tuttavia, colto il momento che il gatto andò a far visita all’amante e stette in alto tutta la giornata, si radunano i Topi a parlamento. Il presidente ch’era una persona di gran senno, propose, e parve bello a tutti il suo consiglio, che si attaccasse al gatto un campanello, un campanel che suona e dia l’avviso ai topi di fuggire, quando il nemico accenna di venire. - Bravo, bene, benissimo! – Ciascuno approva la mozione. Ma quando si trattò di sceglier quello che attaccare doveva il campanello, non si trovò nessuno. O fossi matto… io no… fossi corbello… Vedendo ch’era chiacchiera perduta, il presidente leva la seduta. Ho veduto qualche altro parlamento, (non di topi) e qualche altra commissione che venne alla precisa conclusione. A ciarlar son bravi in cento, ma diverso è ben l’affare quando trattasi di fare.
Jean de la Fontaine (Fables)
È che non mi piace dover vivere dentro un corpo. Se ha un senso. E penso che magari nel profondo sono solo uno strumento che esiste per trasformare l'ossigeno in diossido di carbonio, un mero organismo in questa...vastità. E mi fa tantissima paura l'idea che quello a cui penso come, tipo, al mio aperte virgolette io chiuse virgolette non sia sotto il mio controllo. Tipo sono sicura che ti sei accorto che in questo momento ho la mano sudata anche se fa troppo freddo per sudare, e odio questa cosa che quando comincio a sudare non riesco a smettere, e poi non riesco a pensare a nient'altro se non che sto sudando. E se non puoi scegliere quello che fai o quello che pensi, allora non sei veramente vero, capito? Forse sono solo una bugia che sto sussurrando a me stessa.
John Green (Turtles All the Way Down)
«Mi dispiace di aver rovinato questo momento, ma non posso starmene zitto mentre fai il più grande sbaglio della tua vita.» Il sudore iniziò a scorrermi lungo la schiena. Nicola Guidoni voleva rovinare la mia vita, voleva dire a tutti che era stato il mio amante e io avrei perso anche quel poco di felicità che avrei potuto avere al fianco di Christian. «Non ho mai conosciuto una donna come te. Tu mi provochi, mi sfidi, mi tieni testa. Sei forte e delicata al tempo stesso. Mi fai desiderare di essere un uomo migliore. Non ho intenzione di rinunciare a te senza lottare perché tu hai paura di te stessa e della splendida donna selvaggia che sei. Smetti di fingere di essere un’altra e vieni via con me.» Il respiro si bloccò ed ebbi voglia di piangere. Perché non mi aveva detto quelle cose quando ancora poteva?
Eilan Moon (Il mio lieto fine)
«Le strade di Fantàsia», disse Graogramàn, «le puoi trovare solo grazie ai tuoi desideri. E ogni volta puoi procedere soltanto da un desiderio al successivo. Quello che non desideri ti rimane inaccessibile. Questo è ciò che qui significano le parole 'vicino' e 'lontano'. E non basta volere soltanto andar via da un luogo. Devi desiderarne un altro. Devi lasciarti guidare dai tuoi desideri.» «Ma io non desidero affatto andarmene da qui», ribatté Bastiano. «Dovrai trovare il tuo prossimo desiderio», replicò Graogramàn in tono quasi severo. «E quando l'avrò trovato», fece Bastiano di rimando, «come potrò andarmene da qui?» «Ascolta, mio signore», disse Graogramàn a voce bassa, «in Fantàsia c'è un luogo che conduce ovunque e al quale si può giungere da ogni parte. Viene chiamato il Tempio delle Mille Porte. Nessuno lo ha visto dall'esterno, perché non ha un esterno. Il suo interno consiste in un labirinto di porte. Chi lo vuole conoscere deve avere il coraggio di inoltrarsi in quel labirinto.» «Ma come è possibile, se non ci si può avvicinare dall'esterno?» «Ogni porta», continuò il leone, «ogni porta in tutta Fantàsia, persino una comunissima porta di cucina o di stalla, sicuro, persino l'anta di un armadio, può in un determinato momento diventare la porta d'ingresso al Tempio delle Mille Porte. Passato quell'attimo, torna a essere quello che era, una porta qualsiasi. Perciò nessuno può passare per più di una volta dalla stessa porta. E nessuna delle mille porte riconduce là da dove si è venuti. Non esiste ritorno.» «Ma una volta che si è dentro», domandò Bastiano, «si può uscirne?» «Sicuro», rispose il leone, «però non è così facile come nei soliti edifici. Perché attraverso il labirinto delle Mille Porte ti può guidare solo un vero desiderio. Chi non lo ha è costretto a continuare a vagarci dentro fino a quando sa esattamente che cosa desidera. E questo talvolta richiede molto tempo.» «E come si fa a trovare la porta d'ingresso?» «Bisogna desiderarlo.» Bastiano rifletté a lungo e poi disse: «È strano che non si possa semplicemente desiderare quello che si vuole. Ma, per la verità, da dove ci vengono i desideri? E che cos'è un desiderio?» Graogramàn guardò il ragazzo a occhi spalancati, ma non rispose. Qualche giorno più tardi ebbero un altro colloquio molto importante. Bastiano aveva mostrato al leone la scritta sul rovescio dell'amuleto. «Che cosa può significare?» domandò. «FA' CIO' CHE VUOI, questo vuol dire che posso fare tutto quello che mi pare, non credi?» Il volto di Graogramàn assunse d'improvviso un'espressione di terribile serietà e i suoi occhi divennero fiammanti. «No», esclamò con quella sua voce profonda e tonante, «vuol dire che devi fare quel che è la tua vera volontà. E nulla è più difficile.» «La mia vera volontà?» ripeté Bastiano impressionato. «E che cosa sarebbe?» «È il tuo più profondo segreto, quello che tu non conosci.» «E come posso arrivare a conoscerlo?» «Camminando nella strada dei desideri, dall'uno all'altro, e fino all'ultimo. L'ultimo ti condurrà alla tua vera volontà.» «Ma questo non mi pare tanto difficile.» «Di tutte le strade è la più pericolosa», replicò il leone. «Perché?» domandò Bastiano. «Io non ho paura.» «Non è di questo che si tratta», ruggì Graogramàn, «ciò richiede la massima sincerità e attenzione, perché non c'è altra strada su cui sia tanto facile perdersi definitivamente.»
Michael Ende
Come tutti, convivo con un passato incompiuto. È questo passato incompiuto che mi impedisce di vivere in completa tranquillità. Cerco di vivere meglio che posso tra le gocce acide della malinconia o del risentimento e quelle, più dolci, della quiete. È questo passato incompiuto che fa del mio futuro una cosa sfocata e incerta in cui non proietto nulla. Credo che si cominci a invecchiare il giorno in cui si ha paura di invecchiare. E io non voglio invecchiare, perché non mi aspetto più niente dalla vita. Non dico che non mi capiteranno cose belle e forti, non c'è motivo per cui io venga risparmiato, ma non spero più niente. Non ho più quei sogni che mi facevano venire voglia di continuare a vivere per poterli un giorno realizzare. Continuo semplicemente a correre, senza conoscere l'esito della corsa. Non so cosa mi aspetta, e non lo voglio sapere.
David Thomas
«Eri il mio migliore amico,» mormorò Mason quando mancavano solo due piani all’arrivo dell’ascensore. «Eri il mio migliore amico e io ti ho trattato come una merda. E anche tu l’hai fatto. Perché non sei venuto da me quando l’hai capito? Quando hai pensato di essere gay? Ti sei rivolto a uno che quasi non conoscevi, un tizio a cui fino a qualche giorno prima a malapena rivolgevi la parola. Hai confidato a Gabe i tuoi segreti e non hai detto nulla a me! Ci conosciamo da dieci anni.» Zeke si sentì a disagio, perché quello che aveva detto Mason era completamente sbagliato e al tempo stesso completamente vero: Zeke per primo aveva tradito la loro amicizia. Non era andato da lui a confidarsi, aveva cercato supporto altrove. Avrebbe potuto incolpare la paura di non essere accettato, ma il vero problema era che non aveva avuto fiducia nella loro amicizia
Susan Moretto (Principessina)
«È stato davvero il loro padre? È questo che si dice a scuola: che suo padre lo ha riempito di botte. Giocava a football da giovane. C’è la sua cazzo di foto nella bacheca dei trofei in palestra. Per tutta la mattina c’è stato un fottuto pellegrinaggio davanti a quella teca, tutti che guardavano la faccia del mostro. Io sono come lui, in tutto e per tutto: giocatore di football, linebacker, e testa di cazzo. Ho avuto paura. Fra vent’anni potrei essere io quello che ammazza di botte il proprio figlio e non voglio.» Zeke non sapeva se stava per dire una bugia, ma parlò lo stesso, perché se non aveva dato fiducia a Mason quando era il momento, forse poteva dargliela ora. A volte una bugia può spingerci a essere migliori. «Non saresti mai stato come Lance Scott. Quello stronzo. Io lo so.» Mason scosse la testa. «Sono stato un vigliacco.» «Ora non più »
Susan Moretto (Principessina)
A partire da domani mattina, niente più sarà come prima. Tutto cambierà, perché l'inevitabile è lì: la fine di questo viaggio è vicina e nessuno potrà fare diversamente. Non ho trovato il coraggio di affrontare “L'argomento”. E anche Travis fugge la domanda, come io fuggo le risposte. Ho paura di fargli la domanda. Paura di sapere quello che vuole fare, paura di sapere quello che vorrà per l'avvenire. Paura di dovergli dire quello che non ho voglia di confidargli. Ho semplicemente paura di essermi impegnato troppo, pur sapendo che muoio dal desiderio di fare di più. Ma non posso. Non posso dargli di più, con il rischio che vada tutta all'aria. Perché anche se giro in tutti i sensi, le due persone che siamo, ciascuno con la propria personalità, i propri difetti e il proprio stile di vita, non sono mai caduto su due casi così tanto complicati, come siamo noi due.
Amheliie (Road)
Cristo, ma le vedete le strade? Anche solo le strade! Ce n’era a migliaia! Come fate voi laggiù a sceglierne una? A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo… Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce… e quanto ce n’è. Non avete voi paura di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità… solo a pensarla? A viverla… Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò da questa nave… al massimo, posso scendere dalla mia vita.” A.Baricco da "Novecento - un monologo
Alessandro Baricco
Davvero - disse fra se il burattino rimettendosi in viaggio – come siamo disgraziati noialtri ragazzi! Tutti ci sgridano, tutti ci ammoniscono, tutti ci danno dei consigli. A lasciarli dire, tutti si metterebbero in capo di essere i nostri babbi e i nostri maestri: tutti anche i Grilli-parlanti. Ecco qui: perché io non ho voluto dar retta a quell’uggioso di Grillo, chi lo sa quante disgrazie, secondo lui, mi dovrebbero accadere! Dovrei incontrare anche gli assassini! Meno male che agli assassini io non ci credo, né ci ho creduto mai. Per me gli assassini sono stati inventati apposta dai babbi, per far paura ai ragazzi che vogliono andare fuori la notte. E poi anche se li trovassi qui sulla strada, mi darebbero forse soggezione? Neanche per sogno. Andrei loro sul viso gridando: “Signori Assassini, cosa vogliono da me? Si rammentino che con me non si scherza. Se ne vadano per i fatti loro, e zitti!” A questa parlantina fatta sul serio, quei poveri assassini, mi par di vederli, scapperebbero via come il vento. Caso poi fossero tanto delicati da non voler scappare, allora scapparei io, e così la farei finita...
Carlo Collodi (Pinocchio)
Lui non è riuscito a spezzarti.” Zach si sottrasse. “Certo che sì. Mi sono spezzato, Taff. Mi sono sottomesso, ho fatto ciò che mi chiedeva, sono stato quello che ha voluto che fossi. Mi aspettavo di non uscire mai più da lì; mi aspettavo solo di morire, prima o poi. Come fai a dire che non è riuscito a spezzarmi?” “Perché, scemo, quando ti si è presentata un'occasione, l'hai colta al volo. Non saprei dirti quante volte ho visto della gente rinunciare alle occasioni, spaventati dal rischio, spaventati all'idea di essere coraggiosi. E loro non erano in una situazione spaventosa come la tua. Diavolo, io stesso delle volte ho preferito non correre il rischio, perché avevo paura. E non si trattava di vita o morte – solo di… solo di vita.” Si scostò e prese di nuovo il viso di Zach tra le mani; i suoi occhi castani cercavano con ansia quelli di Zach. “Un uomo spezzato non avrebbe mai tentato di uccidere Esteban,” disse, la voce agitata. “Un uomo spezzato non ci avrebbe neanche pensato. E tu – tu l'hai fatto. Hai colto l'occasione. E ce l'hai fatta. Tu hai vinto. Lui ha perso. E non devi permettere che ciò che ti è accaduto ti fermi, mai più.
Rowan Speedwell (Finding Zach (Finding Zach, #1))
Disse Crooks: «Io non volevo farvi paura. George tornerà. Io parlavo di me. Un uomo passa la sera qui solo, seduto: magari legge dei libri o pensa o altro. Qualche volta pensa e non ha niente che possa dirgli se una cosa è o non è come lui crede. Magari, se vede qualcosa, non sa dire se ha ragione o se sbaglia. Non può rivolgersi a qualcuno e domandargli se vede anche lui la stessa cosa. Non può mai dire. Non ha niente per regolarsi. Io qui ho veduto delle cose. Non avevo bevuto. Non so se dormivo. Se con me ci fosse stato qualcuno, poteva dirmi se dormivo e sarebbe andato tutto bene. Io invece non so.»
John Steinbeck (Of Mice and Men)
«Ti amo… cazzo, sì, ti amo.» I nostri gesti si fermano. Ci accontentiamo di squadrarci, il respiro di entrambi corre veloce come un vento di tempesta. Le parole hanno questo impatto che nemmeno il corpo può dare; lo vedo ora nei suoi occhi, nel sorriso che gli nasce sulle labbra, fino a che punto l’ho toccato e lo sento nel più profondo del mio essere il sollievo di avergli detto quello che porto nel cuore, mi sembra, da fin troppo tempo. Mack si raddrizza, il suo viso arriva all'altezza del mio, le sue labbra gonfie dei nostri baci e i capelli in un disordine eccitante. Non dice niente e la paura sostituisce il sollievo. E se fosse troppo per lui? Se non è reciproco, se… oddio non lo so, ma se non era questo quello che voleva sentire, cosa ne sarà di noi? «Anche io ti amo, Travis.» Impiego alcuni secondi a registrare le sue parole, non me lo ha mai detto nessuno prima. Ho l'impressione che l'organo che batte nel mio petto, abbia appena preso una taglia in più, che si sia gonfiato per questo sentimento strano che qualcuno mi ami. Chiudo gli occhi e decido di smettere di pensare, di smettere di analizzare quello che provo e di concentrarmi su quello che il mio corpo vuole e capisco cos’è: il corpo di Mack
Amheliie (Road)
«Tu…» «Tu,» lo blocco io. Non riconosco neanche più la mia voce debole e un po’ insicura. Di solito non sono così, dico sempre quello che penso e tanto peggio se non va a genio a qualcuno. Ma, anche se tengo a essere sincero con Mack, so anche che la sua reazione potrebbe farmi male. Cade di nuovo il silenzio nell’abitacolo. Apro gli occhi e giro la testa verso quella del mio compagno e vedo che i suoi occhi mi squadrano. Non riesco a capire cosa pensa delle mie parole, è chiuso quanto un'ostrica. Sento il mio cuore tamburellarmi nel petto, non pensavo che avrei sentito queste sensazioni dovute alla paura che possa rifiutarmi, le palpitazioni, la bocca secca nell'attesa delle sue parole, gli occhi che pungono come se stessi per piangere, e la tensione che mi ha invaso tutto il corpo, pronta a farmi esplodere le vene. Se l'amore somiglia a questo, non sono sicuro di volerlo provare. Ma posso lottare contro tutto ciò? Quello che ho preso per una semplice attrazione sessuale è diventato rapidamente altro, senza che io me ne rendessi conto, e in base a quel poco che so sull'argomento, non ho mai letto o sentito qualcuno dire: “ho scelto di amare questa persona”. Non per niente tutte le espressioni che possono essere ricondotte all’amore sono violente e senza remore: colpo di fulmine, morire d’amore, bruciare d’amore, innamorarsi
Amheliie (Road)
- Quindi mia madre aveva già capito…- Hale stava sorridendo perspicace. - Capito cosa? - le frasi sibilline erano proprio una caratteristica di famiglia. - Che mi ero innamorato di te, doveva già averlo intuito quando sono venuto a casa tua la prima volt…- Brian gli prese il viso tra le mani e lo avvicinò ancora di più. - Sei… innamorato di me? Tu… hai appena detto che mi ami? Hale, ne sei sicuro? Perché io sono pazzo di te, e non sarà facile con il tuo carattere, ma è con te che voglio stare, solo con te, anche se mi farai impazzire, lo so già - lo baciò delicatamente, sorridendo di fronte al suo sguardo accigliato. - Guarda che anche tu mi fai impazzire, mi hai sempre risposto a tono e non hai mai fatto niente per compiacermi, anzi… sembrava che ti comportassi a quel modo per stuzzicarmi. E questa cosa mi ha colpito fin dalla prima volta che ti ho visto, mi chiedevo perché non avessi paura dei miei… cambiamenti d’umore, sembravi… divertirti a rispondermi, e mi hai intrigato. Dovevo scoprire cosa c’era sotto quell’aria da bravo ragazzo tutto studio e basta, e sono contento di averlo fatto. Adesso però non andrai più da nessuna parte senza di me… mi sono sentito perso senza di te - per la prima volta vide l’imbarazzo sul bellissimo viso di Hale, e qualcosa di caldo e dolce gli invase il petto, gli aveva mostrato la sua vulnerabilità
Andrea Grady (Hale (Italian Edition))
«[...] Il massimo che ci si possa aspettare è una certa conoscenza di se stessi - che arriva troppo tardi - una raccolta di rimpianti inestinguibili. Io ho combattuto con la morte. È la lotta meno emozionante che possiate immaginare. Si svolge in un grigiore impalpabile, senza terreno sotto i piedi, con il vuoto attorno, senza spettatori, senza incitamenti, senza gloria, senza la grande smania di vittoria, senza la grande paura della sconfitta, in un'atmosfera malsana di tiepido scetticismo, senza credere più di tanto nel vostro diritto, né, tantomeno, in quello del vostro avversario. Se questa è la forma della suprema saggezza, allora la vita è un enigma più grande di quanto alcuni di noi non credano.»
Joseph Conrad (Cuore di tenebra)
Odio questa sensazione di credere di fare ciò ch'è giusto, quando no sono affatto sicuro di farlo. Chi siamo noi, del resto? la maggioranza? è questa la risposta? la maggioranza è sempre sacra, non è vero? Sempre, sempre; non sbaglia mai, nemmeno per una minuscola frazione d'un minuscolo insignificante momentino? mai una volta nemmeno in dieci milioni di anni? Ma in fin dei conti, pensava il capitano, che cos'è questa maggioranza e da chi è composta? e che cosa pensa, e come fa a fare quello che fa, non cambierà mai? e io, soprattutto, come ho fatto a trovarmici in mezzo, a questa marcia maggioranza? Non mi trovo bene, io. Si tratta forse di claustrofobia, di paura della folla, o semplicemente di buon senso? Può un uomo solo avere ragione, mentre tutto il resto del mondo è convinto di avere ragione lui?
Ray Bradbury (The Martian Chronicles)
«Non verrò», tagliai corto con il mio solito sorriso tagliente. Prese un respiro profondo e, con le mani sulle ginocchia, si piegò in avanti. Le iridi violacee sembrarono sporgersi dalle occhiaie infossate e, per qualche secondo, andò in cerca dei miei pensieri oltre il mio sguardo. «Perché non vuoi? La vita che ti stai costruendo è molto riduttiva per uno che possiede le tue capacità». «Capacità? Togliere o donare l’ossigeno alle persone è una capacità?». «Hai ragione, mi correggo. Diciamo piuttosto una proprietà.» «Certo, ora detta così sembra meno orribile», tossii una risata, «non tentare di parlare di chimica con me, Medina, non ne ho mai voluto sapere e mai ne vorrò. Per me, queste “proprietà” sono solo una maledizione». «Maledizione», valutò la parola a occhi chiusi per poi far esplodere il suo pensiero in un colpo: «Tu sei diverso, Andrea! Diverso come lo sono io. Hai passato la tua intera vita avendone paura e quando si ha paura di essere diversi, si rischia di diventare come tutti gli altri». «Non sono diverso. Voglio essere me stesso». «Allora incomincia da oggi. Vieni con noi». «Me stesso… » dissi, sedendomi di peso sul divano e stappando la vodka, «con la mia dose giornaliera di alcol e nicotina». Cesare Medina incurvò un sopracciglio e un sorriso sornione scattò sul suo volto. «Complimenti, vedo che non ci lasci altra scelta». «Smettila di parlare a nome di tutti, stavo per offrirti un po’ di vodka e non ne ho abbastanza per una popolazione». Annoiato, versai il liquido trasparente nel bicchiere e lo mandai giù di colpo. «Stai solo cercando di dimenticare chi sei in questo modo».
Miriam Ciraolo (Chemical Games: Equazione equatoriale degli abissi)
... Davvero, signor Darcy, è assai poco generoso da parte sua screditarmi rivelando ciò che ha scoperto di me nell'Hertfordshire, e mi permetta di dire che è anche poco vantaggioso, perché mi spinge a vendicarmi, e potrebbero venire a galla cose sul suo conto da scandalizzare i suoi parenti." "Non mi fa paura" rispose lui sorridendo. ... "Le mie dita" affermò Elizabeth "non corrono sulla tastiera con la maestria che ho visto in molte signore, non hanno la stessa forza e agilità e non producono lo stesso effetto, ma ho sempre ritenuto che fosse per colpa mia, perché non mi sono data la pena di studiare abbastanza. Non credo che le mie dita siano meno capaci di un'esecuzione migliore di quelle di qualsiasi altra donna." Darcy ammise con un sorriso: "Ha perfettamente ragione. Ha impiegato molto meglio il suo tempo. Nessuno che abbia il privilegio di ascoltarla troverà che le manchi qualcosa. Ma né lei né io siamo fatti per esibirci davanti a estranei.
Jane Austen (Orgoglio e Pregiudizio)
Se si trattasse solo di essere solo di essere avvolta da questo fumo, perdere coscienza e morire, in un attimo, non avrei nessunissima paura. Una bella differenza con altre morti che ho visto, come quella di mia madre o di altri parenti. Nella nostra famiglia si ammalano tutti di gravi malattie e muoiono soffrendo da cani. Forse è una cosa ereditaria. Ci mettono un tempo incredibile a morire. Al punto che verso la fine non si rendono conto nemmeno loro se sono vivi o morti. Quel po' di coscienza che gli resta serve solo a provare dolore e sofferenza. Midori si mise una sigaretta tra le labbra e la accese. - Quello di cui ho paura, è una morte di questo tipo. L'ombra della morte si insinua piano piano nel territorio della vita e comincia a corroderlo, e quando me ne accorgo sono già nel buio, non riesco a vedere più niente, e la gente intorno a me pensa che io sia più vicina alla morte che alla vita. È una situazione come questa, che temo. Non la potrei mai sopportare.
Haruki Murakami
«Maledizione!» esclamò Henry. Ci trovavamo nel corridoio dall’altra parte della porta, senza esserci portati dietro neppure una goccia dell’acqua del sogno di Mrs Honeycutt. Un singolare rimpianto si diffuse dentro di me quando Henry chiuse con forza la porta alle nostre spalle. Là dentro regnava una gran pace. Qua fuori, al contrario... Henry mi diede la mano e mi aiutò a rialzarmi in piedi. «Tutto a posto?» Era più pallido del solito. «Sembrava che dovessi... che dovessi dissolverti.» «Sì, credo che fosse proprio così.» Ero ancora occupata a riprendere fiato e mi sorprendeva non dover neppure tossire. «Forse morire non è così brutto. Forse si nuota davvero semplicemente in un altro mondo, dove tutto è pacifico, luminoso e buono.» Henry mi prese per le spalle. «Non dirlo con tanta nostalgia, Liv. Mi fai paura.» Mi strinse al petto. «Ho tanto bisogno di te» mormorò tra i miei capelli. Sentii un improvviso groppo in gola, che mi impedì di rispondere. In ogni caso non sarebbe stato niente di originale, ma un banalissimo: «anch’io». Gli gettai le braccia al collo e lo baciai. Anche questa era una specie di risposta, e forse nemmeno la peggiore. Henry di sicuro sospirò piano e mi strinse più forte.
Kerstin Gier (Das dritte Buch der Träume (Silber, #3))
«Paura di cosa?» chiedo infine. «Non lo so.» Mi stringe la mano. «Di impedirti di conoscere altri ragazzi. Di perderti, anche come amico. Ho molta paura di questo.» «Ma non succederà.» «Non puoi saperlo.» Lui tenta di sorridere, ma il sorriso gli si spegne subito e quando riprende a parlare, la sua voce è un sussurro. «Ho paura di farti male.» Non rispondo. Se parlassi, credo che mi metterei a piangere. «Non lo voglio.» La voce gli si spezza. «Ma potrebbe succedere. Le relazioni sono così difficili. O forse sono solo io. Non lo so. Ma non sono riuscito a far funzionare il rapporto con Hudson anche se ce l’avevo davanti.» Sento che gli occhi cominciano a riempirmisi di lacrime. «Vorrei poter restare.» «Sì, anche io lo vorrei.» Si asciuga la guancia con il palmo della mano e sorride. «Mi mancherai troppo.» «Tu mi manchi già.» Una lacrima gli scivola fin sotto il collo. «Be’, abbiamo ancora un giorno.» «Il gran finale. O l’intervallo. Perché ci terremo in contatto, vero?» «Scherzi? Ho in programma di conoscerti per sempre.» Assorbo mentalmente ogni dettaglio di lui: i capelli arruffati, gli occhi castani, le guance luminose rigate di lacrime. «Ti amo» dico. «Sono davvero contento che l’universo ci abbia messo insieme.» «Arthur, l’universo ha solo messo la palla in campo. Siamo stati noi a metterci insieme.»
Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
Come sapete la domanda che più spesso viene posta a noi scrittori, la domanda preferita è: perché scrive? Io scrivo perché sento il bisogno innato di scrivere! Scrivo perché non posso fare un lavoro normale, come gli altri. 
Scrivo perché voglio leggere libri come quelli che scrivo. 
Scrivo perché ce l'ho con voi, con tutti. Scrivo perché mi piace stare chiuso in una stanza a scrivere tutto il giorno.
 Scrivo perché posso sopportare la realtà soltanto trasformandola.
 Scrivo perché tutto il mondo conosca il genere di vita che abbiamo vissuto, che viviamo io, gli altri, tutti noi a Istanbul, in Turchia.
 Scrivo perché amo l'odore della carta, della penna e dell'inchiostro.
 Scrivo perché credo nella letteratura, nell'arte del romanzo più di quanto io creda in qualunque cosa. 
Scrivo per abitudine, per passione.
 Scrivo perché ho paura di essere dimenticato. 
Scrivo perché apprezzo la fama e l'interesse che ne derivano. Scrivo per star solo. Forse 
scrivo perché spero di capire il motivo per cui ce l'ho così con voi, con tutti. 
Scrivo perché mi piace essere letto.
 Scrivo perché una volta che ho iniziato un romanzo, un saggio, una pagina, voglio finirli. 
Scrivo perché tutti se lo aspettano da me.
 Scrivo perché come un bambino credo nell'immortalità delle biblioteche e nella posizione che i miei libri occupano negli scaffali. 
Scrivo perché la vita, il mondo, tutto è incredibilmente bello e sorprendente. 
Scrivo perché è esaltante trasformare in parole tutte le bellezze e ricchezze della vita. 
Scrivo non per raccontare una storia ma per costruirla. 
Scrivo per sfuggire alla sensazione di essere diretto in un luogo che, come in un sogno, non riesco a raggiungere. 
Scrivo perché non sono mai riuscito ad essere felice. 
Scrivo per essere felice.
Orhan Pamuk (My Father's Suitcase: The Nobel Lecture)
Narciso gli disse: "Sono così contento che tu sia ritornato! Mi sei mancato tanto, ho pensato a te ogni giorno e spesso avevo paura che tu non volessi ritornare più." Boccadoro scosse la testa: "Via, la perdita non sarebbe stata grande". Narciso, a cui bruciava il cuore di dolore e di affetto, si chinò lentamente verso di lui e fece quello che in tanti anni della loro amicizia non aveva mai fatto, sfiorò con le sue labbra i capelli e la fronte di Boccadoro. Questi s'accorse di ciò che accadeva, prima con stupore, poi con commozione. "Boccadoro", gli sussurrò l'amico all'orecchio, "perdonami di non avertelo saputo dire prima. Avrei dovuto dirtelo allora, quando venni a cercarti nella tua prigione, nella residenza del vescovo, o quando vidi le tue prime figure, o qualche altra volta. Lascia che te lo dica oggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei sempre per me, come hai arricchito la mia vita. Per te non avrà molta importanza. Tu sei abituato all'amore, esso non è nulla di strano per te, sei stato amato e viziato da tante donne. Per me è un'altra cosa. La mia vita è stata povera d'amore, mi è mancato il meglio. Il nostro abate Daniele mi diceva un giorno ch'io gli sembravo orgoglioso: forse aveva ragione. Io non sono ingiusto verso gli uomini, mi sforzo di essere giusto e paziente con loro, ma non gli ho mai amati. Di due eruditi che ci siano nel convento, il più erudito mi è più caro; a un debole scienziato non ho mai potuto voler bene, passando sopra alla sua debolezza. Se tuttavia so cos'è l'amore, è per merito tuo. Te ho potuto amare, te solo fra gli uomini. Tu non puoi misurare ciò che significhi. Significa la sorgente in un deserto, l'albero fiorito in un terreno selvaggio. A te solo debbo che il mio cuore non sia inaridito, che sia rimasto in me un punto accessibile alla grazia.
Hermann Hesse (Narcissus and Goldmund)
«Siete fortunati che non mi va di menarvi davanti a mio figlio.» Arthur cerca di trascinarmi via e io indietreggio solo perché lui mi sta implorando e mi chiama con voce strozzata; sta piangendo e probabilmente ha più paura di quel bambino di cinque anni. Un tizio con una borsa da palestra si piazza davanti all’uomo e gli dice di andare per la sua strada, che è finita. Se non che non è finita, perché io e Arthur quello che è successo ce lo porteremo dietro. Scendiamo alla fermata successiva e Arthur scoppia a piangere. Lo prendo per le spalle, come mi ha chiesto di fare Dylan quando gli vengono gli attacchi di panico, ma Arthur mi scrolla via e si guarda intorno sulla banchina. «Pensavo che a New York non ci fossero problemi con...» Fa un respiro profondo e si asciuga le lacrime sulle guance. «Locali gay, gay pride, coppie dello stesso sesso che si tengono per mano. Che diavolo. Pensavo che New York fosse tollerante.» «Per lo più lo è, credo. Ma ogni città ha la sua percentuale di stronzi.» Vorrei abbracciarlo, ma in questo momento non vuole essere toccato. Come se ogni gesto d’affetto potesse trasformarsi in un bersaglio appeso alle nostre schiene. Come se potessimo essere puniti perché i nostri cuori sono diversi. «Stai bene?» «No. Non ero mai stato minacciato. E ho avuto tanta paura per te. Perché non te ne sei stato zitto?» Avrei dovuto. Non avrei dovuto mettere in pericolo Arthur solo perché volevo difendere noi e tutti quelli come noi. «Mi dispiace. Ho avuto paura anch’io.» Rimaniamo lì per qualche minuto e quando arriva il treno successivo, Arthur non vuole salirci. È lo stesso con il treno dopo ancora. Quando arriva il terzo treno si è ripreso, per quanto umanamente possibile, e accetta di salirci solo perché è così affollato che ci sarà più gente a proteggerci se dovesse succedere di nuovo qualcosa. Non mi piace che lo stesso mondo che ci ha fatto incontrare lo stia anche spaventando. «Non ti lascio solo finché non sarai a casa» dico. Arthur si guarda intorno e poi solleva su di me i suoi stanchi occhi azzurri. La sua mano si allaccia alla mia e non lascia la presa per tutto il viaggio
Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
La casa dove tua bis-bis-bisnonna e io andammo a stare appena sposati dava sulle cascatelle [...] Aveva pavimenti di legno e finestre magnifiche e spazio sufficiente per una famiglia numerosa. Era una bella casa. Una buona casa. Ma l'acqua... diceva la tua bis-bis-bisnonna ... non riesco a sentirmi quando penso. Tempo, io la incalzavo. Datti tempo. E, lascia che te lo dica: anche se la casa era spaventosamente umida, e il prato davanti una fangaia perenne a causa degli spruzzi; anche se i muri ogni sei mesi necessitavano di riparazioni, e scaglie di pittura cadevano dal soffitto in tutte le stagioni come neve... ciò che si dice di chi abita vicino a una cascata è vero. Che cosa, chiese mio nonno, cosa si dice? Si dice che chi abita vicino a una cascata non senta l'acqua. Questo, si dice? Esatto. Naturalmente la tua bis-bis-bisnonna aveva ragione. All'inizio fu terribile. Non sopportavamo di rimanere in casa per più di poche ore di fila. Le prime due settimane furono caratterizzate da notti di sonno intermittente, litigi soltanto per il gusto di farci sentiore sopra lo scroscio. Litigavamo al solo scopo di ricordarci a vicenda che eravamo innamorati e non in preda all'odio. Però le settimane successive andò un po' meglio: era possibile dormire qualche buona oretta per notte e mangiare con un disagio sopportabile. la tua bis-bis-bisnonna ancora malediceva l'acqua [...], ma meno di frequente, e con minore furia. [...] La vita continuò perchè la vita continua, e il tempo passò, perchè il tempo passa, e dopo poco più di due mesi: Hai sentito? le domandai, una delle rare mattine in cui eravamo seduti insieme a tavola. Hai sentito? Deposi il mio caffè e mi alazi dalla sedia. La senti quella cosa? Quale? mi chiese lei. Esatto! risposi, correndo fuori per salutare a pugno teso la cascata. Esattamente! Ballammo, lanciando in aria manciate d'acqua, senza sentire proprio neinte. Alternavamo abbracci di perdono e urla di umano trionfo all'indirizzo dell'acqua. Chi vince la battaglia? Chi vince la battaglia, cascata? Noi! La vinciamo noi! E questo vivere vicino a una cascata, Safran. [..] Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita. [...] Ma questa non è tutta la storia, continuò la Meridiana. L'ho capito la prima volta che ho tentato di bisbigliare un segreto senza riuscirvi, o fischiettare una canzone senza insinuare la paura nei cuori di chi era nel raggio di centro metri, quando i miei colleghi della conceria mi hanno supplicato di abbassare la voce perché chi riesce a pensare se gridi in quel modo? Al che io ho domandato: STO DAVVERO GRIDANDO? * La storia della casa sulla cascata, la Meridiana
Jonathan Safran Foer (Everything is Illuminated & Extremely Loud and Incredibly Close)
- Chissà se voi sapete quel che è bene per me... o se ve ne importa. - Se lo so state sicura che me ne importa. E devo dirvelo, che cos’è? Che non vi tormentiate. - Che non tormenti voi, suppongo vogliate dire. - Questo non potete farlo; sono a tutta prova. Prendetevela meno. Non state tanto a chiedervi se questo o quello va bene per voi. Non interrogate tanto la vostra coscienza... si scorderà come un pianoforte strimpellato. Tenetela in serbo per le grandi occasioni. Non sforzatevi tanto di formarvi il carattere... sarebbe come aprire a forza una tenera rosellina chiusa. Vivete come meglio vi piace, e il carattere ci penserà da sé a formarsi. Quasi tutto va bene per voi, con rarissime eccezioni, e una buona rendita non è fra queste. - Ralph tacque e sorrise; Isabel l’aveva ascoltato con viva attenzione. - Avete troppa facoltà di pensare, troppa coscienza soprattutto - aggiunse Ralph. - È irragionevole, il numero delle cose che non ritenete giuste. Mettete indietro l’orologio. Frenate la vostra febbre. Aprite le ali; libratevi sulla terra. Far questo non è mai sbagliato. Ella aveva ascoltato avidamente, come ho detto; e per natura era pronta a capire. - Mi domando se vi rendete conto di quello che dite. Se sì, vi prendete una bella responsabilità. - Mi spaventate un po’, ma penso di aver ragione - disse Ralph, continuando a sorridere. - Tuttavia quello che dite è verissimo - proseguì Isabel. - Non potreste dire niente di più vero. Sono assorbita in me stessa, considero troppo la vita come una prescrizione medica. E in realtà, perché star sempre a pensare se le cose vanno bene per noi, come se fossimo degenti di un ospedale? E perché dovrei aver sempre tanta paura di non agire bene? Come se al mondo importasse molto che io agisca bene o male! - Siete un tipo adatto a prender consigli - disse Ralph; - togliete il vento dalle mie vele! Lei lo fissò come se non l’avesse udito, benché stesse seguendo il filo di pensiero che proprio lui aveva suscitato. Mi sforzo di occuparmi del mondo più che di me, ma finisco sempre col tornare a me stessa. Perché ho paura. - S’interruppe; la sua voce aveva tremato un poco. - Sì, ho paura; non so spiegarlo. Un gran patrimonio vuol dire libertà, e di questo ho paura. È una cosa così bella, e bisognerebbe farne così buon uso. Altrimenti ci sarebbe da vergognarsi. E bisogna pensare e pensare; è uno sforzo continuo. Non so se non sia una felicità più grande non avere questo potere. Per chi è debole non ho dubbi che sia una felicità più grande. I deboli debbono fare un grande sforzo per non essere vili. E come fate a sapere che non sono debole? - chiese Isabel. - Oh - rispose Ralph, e Isabel vide un rossore affluirgli al viso - se lo siete, sono proprio spacciato!
Henry James (The Portrait of a Lady)
È stata la prima e l’ultima volta in cui ha cercato di chiarirmi il sentimento del mondo dentro cui si muoveva. Finora, disse – e qui riassumo a parole mie di adesso –, ho creduto che si trattasse di momenti brutti che venivano e poi passavano, come una malattia di crescenza. Ti ricordi quando ti ho raccontato che s’era spaccata la pentola di rame? E del capodanno del 1958, quando i Solara ci spararono addosso, ti ricordi? Gli spari furono la cosa che mi fece meno paura. Mi spaventò invece che i colori dei fuochi d’artificio fossero taglienti – il verde e il viola soprattutto erano affilati –, che ci potessero squartare, che le scie dei razzi strusciassero su mio fratello Rino come lime, come raspe, e gli spaccassero la carne, che facessero sgocciolare fuori da lui un altro mio fratello disgustoso che o rimettevo subito dentro – dentro la sua forma di sempre –, oppure mi si sarebbe rivoltato contro per farmi male. Per tutta la vita non ho fatto altro, Lenù, che arginare momenti come quelli. Mi faceva paura Marcello e mi proteggevo con Stefano. Mi faceva paura Stefano e mi proteggevo con Michele. Mi faceva paura Michele e mi proteggevo con Nino. Mi faceva paura Nino e mi proteggevo con Enzo. Ma proteggere che significa, è solo una parola. Dovrei farti, adesso, un elenco minuto di tutte le coperture grandi e piccole che mi sono costruita per starmene nascosta, e invece non mi sono servite. Ti ricordi quanto mi faceva orrore il cielo di notte a Ischia? Voi dicevate com’è bello, ma io non potevo. Ci sentivo un sapore di uovo marcio col tuorlo gialloverdognolo chiuso dentro l’albume e dentro il guscio, un uovo sodo che si spacca. Avevo in bocca stelle-uova avvelenate, la loro luce era di una consistenza bianca, gommosa, si attaccava ai denti insieme alla nerezza gelatinosa del cielo, la tritavo con disgusto, sentivo uno scricchiolio di granuli. Mi spiego? Mi sto spiegando? Eppure a Ischia ero contenta, piena d’amore. Ma non serviva, la testa trova sempre uno spiraglio per guardare oltre – sopra, sotto, di lato –, dove c’è lo spavento. Nella fabbrica di Bruno, per esempio, mi si spezzavano le ossa degli animali sotto le dita solo a sfiorarle e ne usciva un midollo rancido, ho provato una tale repulsione che ho creduto di essere malata. Ma ero malata, avevo veramente il soffio al cuore? No. L’unico problema è sempre stato l’agitazione della testa. Non la posso fermare, devo sempre fare, rifare, coprire, scoprire, rinforzare, e poi all’improvviso disfare, spaccare. Tu prendi Alfonso, mi ha messo ansia fin da quando era ragazzino, ho sentito che il filo di cotone che lo teneva insieme stava per rompersi. E Michele? Michele si credeva chissà chi, e invece è bastato trovare la linea di contorno e tirare, ah, ah ah, l’ho spezzato, ho spezzato il suo cotone e l’ho ingarbugliato con quello di Alfonso, materia di maschio dentro materia di maschio, la tela che tessi di giorno si disfa di notte, la testa trova il modo. Ma serve a poco, il terrore resta, se ne sta sempre nello spiraglio tra una cosa normale e l’altra. Se ne sta lì in attesa, l’ho sempre sospettato, e da stasera lo so di sicuro: non regge niente, Lenù, anche qua nella pancia, la creatura sembra che duri e invece no. Ti ricordi quando mi sono sposata con Stefano e volevo far ricominciare il rione punto e daccapo, solo cose belle, il brutto di prima non ci doveva essere più? Quant’è durato? I sentimenti gentili sono fragili, con me l’amore non resiste. Non resiste l’amore per un uomo, non resiste nemmeno l’amore per i figli, presto si buca. Guardi nel foro e vedi la nebulosa delle buone intenzioni confondersi con quella delle cattive. Gennaro mi fa sentire in colpa, questo coso qui dentro la pancia è una responsabilità che mi taglia, mi graffia. Voler bene scorre insieme al voler male, e io non riesco, non riesco a condensarmi intorno a nessuna volontà sana.
Elena Ferrante (The Story of the Lost Child)
Sempre più lento andava il pensieroso e si chiedeva frattanto: « Ma che è dunque ciò che avevi voluto apprendere dalle dottrine e dai maestri, e che essi, pur avendoti rivelato tante cose, non sono riusciti a insegnarti? ». Ed egli trovò: « L'Io era, ciò di cui volevo apprendere il senso e l'essenza. L'Io era, ciò di cui volevo liberarmi, ciò che volevo superare. Ma non potevo superarlo, potevo soltanto ingannarlo, potevo soltanto fuggire o nascondermi davanti a lui. In verità, nessuna cosa al mondo ha tanto occupato i miei pensieri come questo mio Io, questo enigma ch'io vivo, d'essere uno, distinto e separato da tutti gli altri, d'essere Siddharta! E su nessuna cosa al mondo so tanto poco quanto su di me, Siddharta!». Colpito da questo pensiero s'arrestò improvvisamente nel suo lento cammino meditativo, e tosto da questo pensiero ne balzò fuori un altro, che suonava: « Che io non sappia nulla di me, che Siddharta mi sia rimasto così estraneo e sconosciuto, questo dipende da una causa fondamentale, una sola: io avevo paura di me, prendevo la fuga davanti a me stesso! L'Atman cercavo, Brahma cercavo, e volevo smembrare e scortecciare il mio Io, per trovare nella sua sconosciuta profondità il nocciolo di tutte le cortecce, l'Atman, la vita, il divino, l'assoluto. Ma proprio io, intanto, andavo perduto a me stesso ». Siddharta schiuse gli occhi e si guardò intorno, un sorriso gli illuminò il volto, e un profondo sentimento, come di risveglio da lunghi sogni, lo percorse fino alla punta dei piedi. E appena si rimise in cammino, correva in fretta, come un uomo che sa quel che ha da fare. « Oh! » pensava respirando profondamente « ora Siddharta non me lo voglio più lasciar scappare! Basta! cominciare il pensiero e la mia vita con l'Atman e col dolore del mondo! Basta! uccidermi e smembrarmi, per scoprire un segreto dietro le rovine! Non sarà più lo Yoga-Veda a istruirmi, né l'Atharva-Veda, né gli asceti, né alcuna dottrina. Dal mio stesso Io voglio andare a scuola, voglio conoscermi, voglio svelare quel mistero che ha nome Siddharta ». Si guardò attorno come se vedesse per la prima volta il mondo. Bello era il mondo, variopinto, raro e misterioso era il mondo! Qui era azzurro, là giallo, più oltre verde, il cielo pareva fluire lentamente come i fiumi, immobili stavano il bosco e la montagna, tutto bello, tutto enigmatico e magico, e in mezzo v'era lui, Siddharta, il risvegliato, sulla strada che conduce a se stesso. Tutto ciò, tutto questo giallo e azzurro, fiume e bosco penetrava per la prima volta attraverso la vista in Siddharta, non era più l'incantesimo di Mara, non era più il velo di Maya, non era più insensata e accidentale molteplicità del mondo delle apparenze, spregevole agli occhi del Brahmino, che, tutto dedito ai suoi profondi pensieri, scarta la molteplicità e solo dell'unità va in cerca. L'azzurro era azzurro, il fiume era fiume, e anche se nell'azzurro e nel fiume vivevan nascosti come in Siddharta l'uno e il divino, tale era appunto la natura e il senso del divino, d'esser qui giallo, là azzurro, là cielo, là bosco e qui Siddharta. Il senso e l'essenza delle cose erano non in qualche cosa oltre e dietro loro, ma nelle cose stesse, in tutto. « Come sono stato sordo e ottuso! » pensava, e camminava intanto rapidamente. «Quand'uno legge uno scritto di cui vuoi conoscere il senso, non ne disprezza i segni e le lettere, né li chiama illusione, accidente e corteccia senza valore, bensì li decifra, li studia e li ama, lettera per lettera. Io invece, io che volevo leggere il libro del mondo e il libro del mio proprio Io, ho disprezzato i segni e le lettere, a favore d'un significato congetturato in precedenza, ho chiamato illusione il mondo delle apparenze, ho chiamato il mio occhio e la mia lingua fenomeni accidentali e senza valore. No, tutto questo è finito, ora son desto, mi sono risvegliato nella realtà e oggi nasco per la prima volta.
Hermann Hesse (Siddhartha)
Ho quaranta anni, brutta età: l'uomo è ancora abbastanza giovane per avere desideri, ma già troppo vecchio per realizzarli. E' l'età in cui in ognuno si spengono le inquietudini e, nell'impotenza imminente, si diventa forti per l'abitudine e la sicurezza acquisite. Io sto facendo appena adesso quello che avrei dovuto fare tanto tempo fa, nel fiorire rigoglioso del corpo, quando tutte le innumerevoli vie sono buone e tutti gli errori sono utili come la verità. Peccato che io non abbia dieci anni di più, la vecchiaia mi preserverebbe dalle rivolte, o dieci anni di meno, in tal caso non me ne curerei. Giacché i trenta anni rappresentano la giovinezza: così penso ora che da essa mi sono allontanato senza possibilità di ritorno; quella giovinezza che non ha paura di niente, nemmeno di se stessa.
Meša Selimović
Se tu hai paura, lui ha paura,” dice, puntando un dito verso Jonah. “Io non posso vivere in questo modo. Non ho mai vissuto così.” Alzo la testa lentamente, cercando nei suoi occhi un briciolo di comprensione. “Nessuno può,” ribatte lei. “Eppure lo facciamo. Il segreto è uno: alza la testa e respira. A cominciare da ora. Forza, Lilac. Alza la testa e respira.
Alessia Esse (Segreto (La Trilogia di Lilac, #2))
21 Aprile 2015 Sono così confuso, non capisco che direzione stia prendendo la mia vita. I miei coetanei sembrano così felici, assorti nei loro pensieri, nelle loro cose, nella futilità. Mi chiedo come facciano ad essere così spensierati mentre il mondo qui fuori è pieno di iniquità, di follie. Tutto ciò mi rende continuamente infelice, ogni singolo giorno torno a casa, mi stendo sul letto e scendono le lacrime. L'umanità è un crimine contro l'umanità. Questo mondo è diventato un inferno. Io ho paura di vivere qui. Vorrei prendere tra le redini questa situazione e cambiare qualcosa, dare qualcosa di significativo a oquesto mondo. Ma cosa? Ho bisogno di tanta forza, tutta quella che mi manca. Coraggio. Dove si trovano queste virtù che non mi sono familiari? Sono una nullità. Ho fallito. Non sono nessuno. È un urlo che si propaga dentro di me ed è sordo agli altri. Potrei essere una persona migliore. Vorrei. Potrei. Come si fa? Mi giro e in ogni angolo c'è un punto interrogativo gigantesco, lo specchio di quello che grava sulla mia testa. Frequento l'università, come tanti altri. Seguo i corsi attentamente, poi mi fermo e mi domando: a cosa serve? Ci sono così tante cose da fare nella vita, cose importanti. Difendere gli ideali, proclamare la libertà, sconfiggere il male. E noi siamo qui: fermi, inerti, disinteressati, senza voglia alcuna, scarsa partecipazione, complici di questo mondo (io in primis). Forse avrò sbagliato strada, ma non mi importa, l'ho fatto per difendere il mio ideale, a modo mio. Porbabilmente andrò all'inferno, come voi volevate. Beh, vi ho accontentati. Mi è stata risucchiata la gioia dall'intimo del mio essere, non mi è rimasto (quasi) nulla, ma continuo a lottare, a scrivere, ad esprimermi in ogni forma, con ogni mezzo. In questi ultimi anni ho sofferto particolarmente, il dolore è diventato mio amico, è sempre accanto a me. Non l'ho deciso io, è lui che cerca me. A questo punto posso dire che, nonostante la mia parvenza da ventenne, ho sviluppato lo spirito di un ottantenne. Lo percepisco costantemente, mi sussurra parole indecifrabili, mi spinge ad ascoltarlo. Sento che c'è, ma è così in profondità, lontano e nascosto. Accumulare esperienza, ma non farne tesoro; formulare ipotesi, ma essere incapaci di agire; è lo scenario di una tragedia greca, un conflitto interiore. Nessuna soluzione. Non esiste. Non arriverà mai. Angoscia. Dubbio. Desolazione. Turbamento. Potenzialmente potrei brillare, illuminare questo mondo, ma non ne sono capace. Manca lo stimolo, la spinta, il carburante. Dove si va?
Nicola Parretta
Prima di tutto la paura, che nasce dal non capire che Cristo ha già vinto: siamo già dalla parte del vincitore! Quindi, è un tradimento della propria fede la paura: «Non abbiate paura, io ho vinto il mondo».
Luigi Giussani (Dal temperamento un metodo - Quasi Tischreden - Volume 6 (Italian Edition))
La verità è che io sto scappando perché ho paura della realtà e cioè che in questo mondo non mi è stata concessa la felicità. E’ arrivato il momento di fermarmi ed accettare quello che è rimasto per me. Spero tu non possa mai provare queste sensazioni. Non mandare tutto all’aria anche se è finto. Una falsa consapevolezza è meglio di una vita tormentata dalla triste realtà.
Alessia Di Maria (E se...)
(...) Ma perché non siete mai a scuola? vi vedo ogni giorno, in giro, sempre vagabonda..." "Oh, non soffrono troppo della mia mancanza, credetemi" rispose lei. "Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo con gli altri. Ed è strano, perché io sono piena di senso sociale, invece. Tutto dipende da che cosa si intenda per senso sociale, non vi sembra? Per me significa parlare con voi di cose come queste. (...) O anche parlare di quanto è strano questo mondo. Stare con la gente è una cosa bellissima. Ma non mi sembra sociale riunire un mucchio di gente, per poi non lasciarla parlare, non sembra anche a voi? Un'ora di lezione davanti alla TV, un'ora di pallacanestro, o di baseball o di footing, un'altra ora di storia riassunta o di riproduzione di quadri celebri e poi ancora sport, ma, capite, nopn si fanno domande, o almeno quasi nessuno le fa; loro hanno già le risposte pronte, su misura, e ve le sparano contro in rapida successione, bang, bang, bang, e intanto noi stiamo seduti là per più di quattr'ore di lezioni con proiezioni. Tutto ciò per me non è sociale. E' tutt'acqua rovesciata a torrenti, risciacquatura è, mentre loro ci dicono che è vino quando non lo è. Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche Parco Divertimenti a canzonare o provocare la gente, a spaccare vetri nel Padiglione degli spaccavetri o a scassare automobili, nel Recinto degli scassamacchine, con la grossa sfera d'acciaio. O non ci resta che salire in macchina e correre pazzamente per le strade, cercando di vedere quanto da vicino si possano sfiorare i lampioni e quanto strette si possano fare le curve, magari sulle due ruote laterali. Può darsi benissimo che io sia proprio quello che dicono, d'accordo. Non ho amici, io. E questo dovrebbe provare che sono anormale. Ma tutte le persone che conosco urlano e ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente. Avete notato come la gente si faccia male, di questi tempi? (...) Ho paura dei ragazzi della mia età. Si uccidono a vicenda. (...) Sei amici miei sono morti d'arma da fuoco da un solo anno a questa parte. Dieci ne sono morti in incidenti automobilistici. Mi fanno paura e loro non mi hanno in simpatia perché ho paura (...) Soprattutto mi piace studiare la gente. A volte passo l'itera giornata nella Ferrovia Sotterranea, a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano. Spesso scivolo come un serpente su una vettura della Sotterranea a sentire cosa dicono le persone. O nelle mescite di bibite e dolci, e sapete cosa ho scoperto? (...) Che la gente non dice nulla. (...) Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice mai qualcosa di diverso dagli altri. E quasi sempre nei caffè hanno le macchinette d'azzardo in funzione, si raccontano le stesse barzellette, oppure c'è la parete musicale accesa con i disegni a colori che vanno e vengono.
Ray Bradbury
«Queste sbarre che m’imprigionano io le ho costruite piano piano, giorno dopo giorno, negli anni. Sono fatte della mia paura di disturbare il mondo».
Andrea Molesini (Non tutti i bastardi sono di Vienna)
[...]De Sica fece appello a tutto il suo mestiere di attore brillante e patetico per mostrarsi disinvolto. Ancora qualche convenevole e sarebbe scattato in piedi chiedendo al generale di dirgli che cosa volesse da lui. Finalmente Maltzer gli porse una lettera senza aggiungere nulla. De Sica riuscì soltanto a leggere la firma di Goebbels, il ministro della propaganda del Terzo Reich. Sorridendo come se quella lettera fosse un indovinello difficile chiese al generale di illustrargliene il contenuto, dal momento che egli, purtroppo, e lo disse assai bene quel "purtroppo", non conosceva la meravigliosa lingua di Goethe. Disse la battuta così bene che si sentì su un palcoscenico, di fronte al pubblico. Bastò ad animarlo e a sentirsi addirittura fuori pericolo. Maltzer con il suo italiano inamidato gli spiegò che Goebbels in persona gli chiedeva di trasferirsi a Venezia per partecipare alla rinascita del cinema italiano e fascista. "Ma che cosa gliene frega, poi, ai tedeschi del cinema italiano?" avrebbe voluto rispondere, ma era una battuta che avrebbe rovinato il crescente drammatico della scena. "Conoscendo i suoi sentimenti patriottici e il suo prestigio di artista, il ministro è sicuro di poter contare ciecamente su di lei... Quando intende partire, herr De Sica?" concluse Maltzer. De Sica assunse un'espressione addolorata, allargò le braccia in un gesto di disappunto, come a dire che il destino era crudele con lui e con il cinema fascista. "Non posso... e sono mortificato di non poter accettare questa straordinaria offerta che mi viene da un uomo di riconosciuta cultura" e si interruppe per un attimo, come a chiedere perdono agli amici per quel riconoscimento servile "ma purtroppo ho firmato proprio la settimana scorsa un contratto con il Vaticano per dirigere un film di argomento religioso... Comincio a girare a giorni...". "Il Vaticano?!... Il Vaticano produce film?!" Maltzer era rosso di indignazione, ma l'espressione esprimeva anche la sua impotenza. "Proprio così... Sa... è uno stato estero... e ha la sua cinematografia nazionale..." Ora De Sica gli dava dentro, come se avvertisse che il pubblico invisibile fosse già pronto all'applauso. "Ma voi non siete un prete!" ribatté Maltzer "Anzi... un adultero... un peccatore!" "E chi non pecca?... Del resto né voi, né noi siamo in guerra con la Santa Sede...." "E la pellicola?... Chi vi darà la pellicola?... Tutta la pellicola esistente a Roma è stata sequestrata... Ha una fabbrica di pellicola il Vaticano?" "No... ma ha la pellicola!" "Chi gliel'ha data?" il tono di voce del generale saliva parola per parola eppure faceva sempre meno paura. "Non saprei... dovete chiederlo al cardinal segretario di Stato... o addirittura al Santo Padre..." "Non vi chiedete chi dovrà rilasciare i permessi per le riprese? Io!" "Gireremo nei territori vaticani" rispose De Sica con un sorriso che voleva essere di scusa, ma che gli riuscì male: troppo evidente era l'ironia trionfante che lasciò trapelare. Maltzer tacque. Fra tutte le possibili scuse, pretesti che si aspettava di sentire, non aveva pensato di trovarsi di fronte a uno scritturato dalla cinematografia vaticana. Tambureggiava le dita sul tavolo. "Se ne vada, commediante!" disse fra i denti il generale. "Penserò io a spedirla in Germania appena sarà finito questo film del papa!" De Sica raccolse il cappello, si alzò, ebbe la forza di dire: "Non sono un commediante... sono un artista... un uomo...". Indietreggiò verso la porta. Era felice, ma non poteva mostrarlo, scese le scale una a una, lentamente, gustando il suo trionfo a ogni gradino. Appena all'aperto, avviandosi verso il Bristol, canticchiò la canzone che aveva contribuito alla sua celebrità, quell'indimenticabile Parlami d'amore Mariù.
Ugo Pirro (Celluloide)
Io di sedie vuote ne ho avuta piena la vita e non ne voglio più. Ma, credimi, la persona più importante per te sarà laggiù, seduta in un’ultima fila. Sarai tu che in mezzo a tanti occhi, con la forza del tuo sguardo, non perderai di vista i suoi e andrai a prenderla. E ad ogni passo farai la stessa scelta, fra mormorii, bisbigli, commenti e scommesse su quanto durerà. La porterai davanti alla tua vita per farla stendere di fianco alla tua anima. E lì dirai:"Che lo spettacolo abbia inizio adesso. Adesso che ci sei tu." Ecco, qualunque cosa starò facendo domani, qualunque corrente dovesse travolgermi, tu immagina sempre di essere seduta in ultima fila e di incrociare i miei occhi in mezzo a una folla. Io non li perderò e verrò a prenderti. Magari è tardi, ma se non fosse così... voglio solo dirti che io ci sarò, ci sarò sempre, ma sempre che non mente e che non fa paura. Mi troverai, mi troverai ogni volta. Non importa con chi sarò, dove sarò, cosa starò facendo in quel momento. Non importa se avrò fatto un solo passo in avanti, oppure cento, oppure centomila ancora. Io ci sarò, custodirò il tuo essere speciale, proprio io che non credo negli angeli. Lo difenderò da questo mondo che distrugge. E per quanti passi avanti io abbia fatto, ne basterà sempre e solo uno indietro per raggiungerti. Questa è la mia promessa.
Massimo Bisotti (Il quadro mai dipinto)
Forse, se cessassero di credere a pazzie come il fiume Denaro, e si mettessero a lavorare, finirebbero di passarsela così male." "Se il fiume Denaro non esiste, come ho fatto io oggi a guadagnare diecimila dollari, solo grattandomi e sonnecchiando, e rispondendo ogni tanto al telefono?" "E' ancora possibile, per un americano, costruirsi una fortuna." "Certo, purchè quando è ancora giovane qualcuno gli dica che il fiume Denaro esiste, che in questo non c'è nulla di giusto, che farebbe solo bene a scordarsi del duro lavoro, del criterio meritocratico, dell'onestà e di tutte quelle cagate, e ad andare dove scorre il fiume. 'Va' dove si trovanoi ricchi e i potenti' gli direi, 'e imparane i costumi. E' possibile lusingarli ed è possibile far loro paura. Soddisfali enormemente o spaventali enormemente, e una notte senza luna essi si porteranno un dito alle labbra, esortandoti a non far rumore. E nel buio to guideranno sino al fiume di ricchezze più largo e profondo che l'uomo abbia mai visto. Ti mostreranno il tuo posto sulla riva, e ti consegneranno un secchio tutto per te. Bevi finchè vuoi, ma cerca di non fare troppo chiasso. Un povero ptrebbe sentirti'".
Kurt Vonnegut Jr. (God Bless You, Mr. Rosewater)
Ma io sono un'altra Camilla, e se da bambina sapevo chi ero, una bambina che amava i fiori secchi e le patatine fritte degli Happy Meal, ora non lo so. Qual è il mio nome, ecco cosa dovrei chiedere alla Sibilla. Chi sono, Sibilla, e cosa voglio? Voglio andare al mare, e bere vino in spiaggia, e fotografarmi insieme a Marta e Tony e poi tornare e ricominciare la lotta, le paura, la rabbia, il dover essere prima per forza, sempre fra i primi bisogna essere, sempre guardinghi caso mai qualcuna ti superi, ottenga più attenzione, più like, più riconoscimenti, non sia mai. Oppure. Non c'è oppure. Non si diventa Sibille. Non si entra più nella grotta perché la grotta è sepolta, è perduta sotto i sassi ci sono tutte le cose che contavano e adesso non contano più, perché i tempi delle Sibille sono finiti, adesso i tempi sono duri e hanno gli spigoli, e chissà se i buoi correrebbero ancora verso il lago di Pilato, e chissà se i negromanti evocherebbero ancora i demoni, o se le fate danzeranno ancora il salterello nelle vallate, e se infine la Sibilla di Cuma avrà trovato pace e la sua voce potrà riposare, o invece è ancora possibile ascoltarla, e magari mi sta parlando proprio in questo momento, piano piano, per cullarmi perché in effetti adesso ho voglia di dormire, troppo vino e troppe storie, e dunque metterò solo un momento la testa sulle braccia, qui sul tavolo di Viola, ma un momento solo, perché chi balla con le fate dimentica tutto, e io non voglio dimenticare invece.
Loredana Lipperini (Nome non ha)
Sei la mia migliore amica, il meglio di me, e non riesco a immaginare di rinunciare di nuovo a te." [...] "Forse non capisci, ma ti ho dato la parte migliore di me, e dopo che te ne sei andata niente è più stato come prima." [...] "So che hai paura, ho paura anch'io. Ma se lasciamo che tutto questo finisca, se fingiamo che non sia mai accaduto, non sono sicuro che ci verrà data un'alta occasione." [...] "Siamo ancora giovani. Abbiamo ancora tempo per ricominciare come si deve.
Nicholas Sparks (The Best of Me)
-Le Forze delle Tenebre vorrebbero controllare le persone, ed è sempre la conoscenza che glielo impedisce-, rispose Malachi. -Possono dominare solo dove c'è ignoranza, creare paura solo dove è stata celata la verità, acquisire potere solo quando la luce è stata spenta. I bibliotecari sono il loro più grande nemico. Noi le abbiamo sempre combattute, e continueremo a farlo finchè quella luce arderà da qualche parte, non importa quanto debolmente. Quando ero ragazzina, proprio come te, ho promesso di dedicare la mia vita a lottare contro le Forze delle Tenebre, ovunque riuscissi a trovarle. E così ho fatto.--Lo farò anche io!-, dichiarò Lenora.
Zeno Alexander (The Library of Ever (The Library of Ever, #1))
Il dolore è un grande blocco di pietra, ponderoso, impossibile da trasportare. Può schiacciarti, bloccarti lì dove sei. Per non morire, l’unica cosa che puoi fare è trasformarlo. È la forza che hai dentro il solo strumento che ti permette di sbozzarlo, ridurlo, levigarlo. Guidata dai tuoi sogni, dai tuoi obiettivi, la tua mano lentamente riuscirà a ridimensionare il blocco duro e a dargli la forma morbida della tua anima. Solo così puoi sopravvivere. Se lasci che il dolore ti scavi dentro, ti ucciderà. Per questo ho deciso di scavarlo io: non morirà, non muore mai, ma almeno si trasforma in qualcosa con cui si può convivere. Una forma da guardare: che tanto, se lo ignori, lui cresce. Se invece lo metti sotto la luce giusta, fa un po’ meno paura. E se ci metti l’anima, può addirittura trasformarsi in qualcosa di bello.
Chiara Parenti (Per sfiorare le nuvole)
Vuoi deciderti oppure no?" "Ma non posso. Non so perchè mi sento così in colpa..." "Be' è ovvio, ti senti in colpa perchè è la prima volta che fai qualcosa per te e soltanto per te. (...) Almeno tu puoi prendere una decisione. Io no. Come sempre, ho lasciato che la vita decidesse per me. (...) L'unica cosa che ci separa dalla felicità è la paura del cambiamento." (...) "Sapete ragazze? Sono stufa di essere quella forte. A volte ho l'impressione di esistere solo per far sentire meglio gli altri: a partire da mia madre, dalle mie sorelle, dal mio ufficio... Ciao sono Casandra, non preoccuparti, non ti darò problemi, anzi, non ne ho, ma puoi darmi i tuoi".
Vanessa Montfort (Mujeres que compran flores)
Quando sarò morta non avvolgermi in un sacco di iuta, la trama della iuta ha i nodi troppo stretti, una volta giunta nell'aldilà non riuscirei a liberarmi; basterà un panno pulito e prima di seppellirmi lava bene il mio corpo". Poi aggiunse: "Ormai Fengxia è grande, se le riuscirai a trovare un marito, chiuderò gli occhi in pace. Youqing è ancora un bambino, ci sono cose che ancora non capisce; tu non picchiarlo spesso, fagli un po' paura e basta". Stava disponendo il suo funerale, e nell'ascoltarla mi colpì un dolore aspro e amaro: "Secondo il corso naturale delle cose," le dissi, "io avrei dovuto esser morto già da un pezzo: ne ho visti morire tanti durante la guerra, eppure io non sono morto, ed è solo perché continuavo a ripetermi ogni giorno che volevo vivere per tornare a rivedervi. E tu vorresti abbandonarci?" Le mie parole ebbero effetto su Jiazhen. La mattina dopo, al risveglio, vidi che Jiazhen mi stava guardando: "Fugui," sussurrò, "non voglio morire, voglio potervi vedere ogni giorno".
Yu Hua (To Live)
Aiuto, sto cambiando” disse il ghiaccio “Sto diventando acqua, come faccio? Acqua che fugge nel suo gocciolìo! Ci sono gocce, non ci sono io!”. Ma il sole disse: “Calma i tuoi pensieri. Il mondo cambia, sotto i raggi miei tu tieniti ben stretto a ciò che eri e poi lasciati andare a ciò che sei”. Quel ghiaccio diventò un fiume d’argento non ebbe più paura di cambiare e un giorno disse: “Il sale che io sento mi dice che sto diventando mare. E mare sia. Perché ho capito, adesso non cambio in qualcos’altro, ma in me stesso
Bruno Tognolini (Le filastrocche della Melevisione)
Io non ho paura di un esercito di leoni, se sono condotti da una pecora. Io temo un esercito di pecore, se sono condotte da un leone”.»
Robin S. Sharma (Il Club delle 5 del mattino: Inizia presto la giornata, dai una svolta alla tua vita)
Mi occupo di ciò che c'è da fare, di quello che è alla portata delle mie capacità di bambina. Concedo respiro allo zio e alla mamma, mi sento buona e amata. Una brava bambina diligente. Quando la zia muore, io ho dodici anni e mi sento di colpo sola. "Questo lavoro, si vede che ti fa star male, allora perchè lo fai?" "Faccio questo lavoro perchè l'ho scelto, signora, perchè ho fatto una promessa. E non sono abituata a scappare solo perchè le cose sono troppo difficili." "Ma non puoi nemmeno rovinarti la vita per una promessa. Neanche se quella promessa l'hai fatta a te stessa". Credi di avere tutto sotto controllo. Pensi di essere nel posto giusto, nel pieno del tuo potenziale, a fare quel che vuoi. E poi basta una cosa così, bastano una domanda e due parole dette da un'estranea. E di colpo, nel riflesso dello specchio, ti sembra di scorgere un viso che non riconosci più. (...) Però, se siamo qui, significa che siamo state tutte toccate, in un modo o in un altro, dalla sua maniera accogliente di stare al mondo. "Speravo di non trovarti ancora qui. A volte ci sono cose che facciamo perchè dobbiamo. Altre che invece facciamo perchè vogliamo. Il fatto è che siamo spesso i nostri peggiori nemici, perchè preferiamo fare quello che ci riesce, o ciò che le persone che amiamo si aspettano da noi, piuttosto che fare quello che ci piace davvero. Preferiamo sentirci adatti a un ruolo già scritto, andare sul sicuro. E alla mia età posso dirtelo serena: è un gran peccato". "Perchè si preoccupa tanto? Perchè si interessa del mio lavoro?" "Perchè l'interessamento dev'essere a senso unico? Solo tu puoi prenderti cura di me?" "Beh, l'infermiera sono io". "E questo stabilisce parti impermeabili? Sei tu quella che cura, allora credi di non poter star male? Di non aver mai bisogno di aiuto?" "E da cosa avrei bisogno di essere salvata, io?" "Forse da te stessa. Forse la rabbia non è l'unica gabbia dentro la quale si può rimanere prigionieri. Il senso di responsabilità, il timore di deludere o ferire chi ci ama, possono essere anche peggio. Io ho fatto esperienza di entrambi, per questo so riconoscerli negli occhi delle persone". Basta questa frase, e sento la mia intera vita traballare. Pensi che a te non succederà mai. Credi di sapere chi sei, l'hai sempre saputo, hai cominciato presto a nutrire i tuoi obiettivi e ti sei costruita con cura, un pezzettino per volta. Sei convinta che questo ti terrà al riparo da tutto. E invece, in un pomeriggio di metà agosto, capisci che non stai combattendo i mostri ma che il tuo mostro ha divorato te. Rifletto sulle sue parole e mi rendo conto che a portarmi qui, a trattenermi negli anni, è stata quella bambina che credeva di poter essere amata solo facendo la brava, quella che esisteva esclusivamente attraverso l'approvazione degli altri, tormentata dall folle e inconfessata paura che, se avesse smesso di compiacerli, il loro amore sarebbe scomparso. Quella che non si era mai concessa la possibilità di fare una cosa sbagliata, di correre un rischio, di accettare di sentirsi sola o spaesata. Quella che adesso, d'un tratto, in una camer d'ospedale, davanti a una donna vicina alla fine, si accorge di aver scalato una montagna che non era la sua. Un paio di occhi buoni, quella mattina, mi cambiano la vita in un attimo.
Matteo Bussola (Il rosmarino non capisce l'inverno)
Se acchiappano qualcuno, di lui non rimane nulla, qualche osso e la Macchia dove lo hanno sbranato. I primi giorni che le vedevo, quando ne schivavo una o incappavo in una gabbia toracica abbandonata per strada, l’ansia dava una spallata alla parete del mio autocontrollo. Quelle ossa le ho anche io, sono nascoste sotto strati di cose che, se sono state create, vuol dire che servono dove sono. Rendersi conto che di una persona possa rimanere una porzione così piccola da essere trasportabile, mi ricorda quanto fragili e abbattibili siamo, noi esseri umani. Fatti di milioni di pezzi con infinite capacità di incasinarsi. Ma poi passa anche la paura o l’inquietudine se si dà loro il tempo per consumarsi. Ci abituiamo a tutto.
Giulia Reverberi (Zombie Friendly: Ci si vede all'inferno)
Sono tutti morti. Sono tutti morti e vivono in buchi come questo. E in uno ci sono io. Tutti quanti. Il mondo è un posto pieno di buchi dove dentro ci sono i morti. E anche la luna è una palla tutta piena di buchi e dentro ci sono altri morti.
Niccolò Ammaniti (Io non ho paura. Con espansione online)
Dare un senso alla vita è il filo rosso del cambiamento. Quando si parla di cambiamento, molte persone pensano a qualcosa di enorme, di radicale; ma i grandi cambiamenti della vita iniziano da piccole trasformazioni, in apparenza insignificanti. L'aspetto più complicato non è fare le cose una volta, è farle tutte i giorni. "Noi siamo quel che facciamo ripetutamente" diceva Aristotele. Diventare persone migliori, più felici ed equilibrate richiede fatica e sforzi costanti. La difficoltà non sta nel sapere cosa bisognerebbe fare meglio, ma nell'impeganrsi con convinzione e nel passare finalmente dalla teoria alla pratica". "Mi fa un po' paura, ma ho davvero voglia che le cose si sblocchino un po'... Sul come, però, ho le idee più confuse". "E' un classico. Le propongo di mettere nero su bianco tutto quello che vorrebbe cambiare nella sua vita. Intendo proprio tutto, dalle cose più insignificanti a quelle più essenziali. Io credo nelle possibilità di riuscita di ciascuno, a patto che rispetti la sua personalità e i suoi valori profondi. Basta costruire un progetto di vita che sia in armonia con ciò che siamo veramente. Questo richiede un grande impegno, metodo e molti sforzi. Ma che ricompensa, alla fine!
Raphaëlle Giordano (Ta deuxième vie commence quand tu comprends que tu n'en as qu'une)
Dove sei Tu che hai dato senso colorando i giorni miei Io che ho perso il conto degli istanti tra di noi Ho cercato dentro la tua assenza un'anima Senza avere paura Io, io che ho letto tutto Schopenhauer Per capire cosa sia il dolore Ma mi bastavano i tuoi occhi, la tua pelle, il tuo sapore. Un bacio alla francese, dai E chissà adesso come stai Ti sussurrerò in silenzio che Mi resta di te, eh, eh Una canzone che, eh, eh Ho scritto solo quando tu amavi me, eh, eh Adesso ormai di te, eh, eh Sai cosa rimane Tutto ciò che io non più di te Se avessi le tue labbra io ti bacerei Se fossi una promessa io ti manterrei Sopra le mie spalle come Ercole Saresti sempre centro anche al margine Ho mille lettere d'amore che non hai mai letto Mille libri stesi al buio che non ho mai scritto Quante sono le parole che non ti ho mai detto Sai nascondo sempre gli occhi sono il mio difetto Gli altri sanno, sanno solo mentire Dimmi che altro, che altro c'è da capire In questo mare sai, ci posso affogare Sai, le perle sono giù nel fondale Schopenhauer
Emanuele Aloia
Io non chiudo le cose e non mi nascondo. Io vivo, e se questo significa andare incontro alla bufera, lo faccio. Non mi blocco. Non esito. Non ho ripensamenti. Affronto la vita. Altrimenti perché diavolo saremmo vivi? Perché siamo qui se lasciamo vincere i nostri demoni? A loro non frega un accidente. Fanno quello che hanno in mente. Anche tu dovresti farlo. Sei già passata attraverso l'inferno. Perché hai ancora paura? Non lascerò mai che un'esperienza infelici condizioni il resto della mia vita.
Tijan (Logan Kade (Fallen Crest High, #5.5))
Non riesco a sentirmi una persona ma solo la malattia nella quale mi identifico. Non ho esperienza di vita in cui io sia stata autonoma, libera dalla paura, dalle dipendenze – e credo spesso che l'unico terreno in cui sono capace di muovermi sia la sofferenza.
Fabiola De Clercq (Tutto il pane del mondo)
Sono una persona che negli anni, ossessionata dal lavoro, si è chiusa sempre di piú. Spesso io stavo fermo e il mondo si muoveva, spesso io stavo a casa e il mondo era per strada; comunque, sia la frustrazione sia la soddisfazione erano in relazione con la società che in qualche modo chiamava, chiedeva, seduceva; amici, persone vicine, chiunque. Ho lavorato a questo libro soprattutto durante il lungo periodo della pandemia; ma questa clausura è stata diversa, perché è stata di tutti; e infatti, in qualche modo, si è trattato di un tempo fermo per tutti, per gli amanti delle feste e per chi alle feste non ci andava, per i sociopatici, o anche per quelli che non potevano partecipare a qualcosa. In pratica è stata la fine del sentirsi diversi perché non c’erano piú frustrazioni sociali: chi stava a casa non pensava che fuori il mondo si muoveva ma era rassicurato dal fatto che anche il mondo se ne stava fermo a casa. Questa cosa, credo, ha reso gli introversi delle persone piú forti. Ho letto un articolo su Bloomberg che diceva che chi aveva maggiori difficoltà sociali stava resistendo meglio alla quarantena perché in qualche modo traeva delle forze da sé stesso che gli altri non avevano. Gli altri si sono trovati in una prigione; chi in prigione già c’era, sapeva come resistere. Uno scrittore, secondo me, assomiglia molto agli introversi, e un po’ perfino ai sociopatici. In pratica il suo sistema di vita è organizzato intorno a un luogo chiuso, davanti a un computer, e si basa sul tentativo di avere a disposizione una giornata vuota. E quindi uno scrittore, se riesce a trovare l’umore giusto per scacciare i fantasmi della paura, dell’angoscia, se riesce a non sentirsi bloccato, usa e ha potuto usare come me il tempo per la quarantena come un tempo perfetto per andare avanti; e andare avanti voleva dire anche andare avanti in un mondo che in fondo non andava avanti, ed era anche esaltante per certi aspetti. È un po’ come quando si lavora di domenica, o quando si lavora ad agosto: tutti sono fermi e tu recuperi terreno sulla vita e sul mondo. Questa sensazione qui per qualche mese è stata forte. Ma questo libro in particolare, al contrario di tutti quelli che ho scritto finora, mi ha aiutato a tenermi lontano, fuori dal presente. Ero nel 1954, nel 1962, nel 1963, in un mondo distante da quello che stavo vivendo, chiuso in casa e in isolamento. Questo libro mi ha permesso di vivere gran parte della giornata con la testa lontana da quello che succedeva intorno.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Frasi iniziali di Bleach "Il nostro mondo non ha alcun significato neppure noi che ci viviamo abbiamo alcun significato noi privi di significato pensiamo al mondo nonostante anche l'essere consci che non abbia significato farlo sia privo di significato." (Volume 22 - Conquistadores - Ulquiorra) "Noi siamo il pesce davanti alla cascata, siamo l'insetto in gabbia. Siamo un relitto in balia dei marosi, il khakkara del teschio un violente torrente di forza la balena che lo ingoia. Noi siamo il toro a cinque corna noi siamo il mostro che soffia fuoco un bambino che grida piangendo. Aah, noi siamo avvelenati dalla luce della Luna." (Volume 23 - Mala Suerte! - Ikkaku) "Finite in pezzi, tutti quanti." (Volume 24 - Immanent God Blues - Grimmjow) "Noi tutti nasciamo già morti. La fine è già lì ancor prima dell'inizio. Se vivere significa continuare a imparare è la fine l'ultima cosa che impareremo e, una volta scoperta, ciò che conosceremo appieno sarà la morte. Non dobbiamo cercare d'imparare nulla, coloro che non possono trascendere la morte non devono tentare di sapere nulla." (Volume 25 - No Shaking Throne - Shirosaki) "Quella voce che come una lama mi trapassa il petto somiglia a un incessante grido di gioia." (Volume 26 - The Mascaron Drive - Luppi) " Noi come singolo non possiamo mischiarci, come coppia non abbiamo la stessa forma. Non possediamo gli occhi del terzo, quindi nella direzione del quarto non vi è speranza. Il quinto è nel posto del cuore." (Volume 27 - Goodbye, Halcyon Days- Orihime) "Mio signore, noi vi guardiamo con l'espressione di chi osserva un magnifico pavone adornata di qualcosa d'infinito simile alla speranza, all'adorazione e alla paura." (Volume 28 - Baron's Lecture Full-Course - Dordoni) "Ti ostini ad agghindarti pur sapendo che ti aspetta la falce. Ti ostini a farti bella pur sapendo che ti aspetta la falce. E' spaventoso, è spaventoso il momento in cui verrai falciata. I tuoi capelli recisi somiglieranno a te, priva di vita. Sia i miei capelli che le mie unghie sono stupendi, come tesori perché basta che vengano separati dal mio corpo per diventare qualcosa di sporco e disgustoso? La risposta è semplice: essi così non sono altro che l'immagine della mia morte." (Volume 29 - The Slashing Ópera - Cirucci) "La tua ferita è profonda come gli abissi dell'oceano Il tuo delitto scarlatto scolorirà con la morte." (Volume 30 - There Is No Heart Without You - Kaien Shiba) "Dimmi che sono colui che odi di più al mondo." (Volume 31 - Don't Kill My Volupture - Szayel Aporro Granz) "Il re arriva la galoppo liberandosi della sua ombra, facendo stridere l'armatura calciando le ossa succhiando carne e sangue digrignando distrugge il cuore e la mente lungo il cammino solitario verso un luogo remoto e lontano." (Volume 32 - Howling - Grimmjow) "Noi siamo parassiti vermi che strisciano sotto l'ombra di un intento malvagio indissolvibile Alzerò la testa più in alto della luna finché non vedrò più voialtri miserabili" (Volume 33 - The Bad Joke - Nnoitra) "Se mi darai un paio di ali, io volerò per te anche se la terra intera dovesse venire sommersa dall'acqua Se tu mi darai una spada, io combatterò per te anche se il cielo intero dovesse trapassarti di luce" (Volume 34 - King Of The Kill - Nel) "Nascere è come morire" (Volume 35 - Higher Than The Moon - Mayuri) "E' ancora presto per credere" (Volume 36 - Turn Back The Pendolum - Shinji) "Non penso che gli esseri umani siano belli ma penso che i fiori lo siano L'unico momento in cui l'essere umano somiglia ad un fiore è quando cade a terra colpito da una spada" (Volume 37 - Beauty Is So Solitary - Yumichika) "L'unica cosa di cui ho paura è diventare un guerriero che non conosce la paura" (Volume 38 - Fear For The Fight- Hisagi) "Errare è umano uccidere è diabolico" (Volume 39 - El Verdugo - Quimera Parca)
Tite Kubo
Citazioni Bleach Ci sono due tipi di battaglia: la battaglia per proteggere la tua vita e la battaglia per proteggere il tuo orgoglio. Ma personalmente penso che alla fine proteggi la stessa cosa: il tuo cuore. Dove pensi che sia il tuo cuore? Quando ci incontriamo per la prima volta nasce fra noi un legame. I nostri cuori non sono dentro i nostri corpi. Quando pensiamo o teniamo a qualcosa è lì che i nostri cuori nascono. Se tu fossi l'unica persona in tutto il mondo allora il tuo cuore non sarebbe da nessuna parte. Se il tuo cuore è qui allora è per questo che tu dovresti essere qui. Kaien Dono. Non usare gli altri come scusa per morire. (Urahara Kisuke) Oh capisco, vai a pensare prima che noi cominciassimo la battaglia, stavi compiendo qualche genere di rituale. Se è quello che tu chiami "vero guerriero" ho paura di non esserlo affato. Il fiore della terza divisione è la calendula. Un fiore che contiene il significato della "disperazione", quello è il nostro orgoglio. La guerra non è un atto eroico, la guerra non è divertente, la guerra è piena di disperazione, è oscura, è spaventosa, è una cosa di dolore e oscurità, ecco perché le persone hanno paura della guerra. Ecco perche le persone cercano di evitarla. Io sento che la mia zanpakuto, Wabisuke, più di ogni altra zanpakuto rappresenta completamente la filosofia della terza divisione. Incrementa il peso per ogni colpo fino a che quel nemico diverrà incapace di sopportare la pressione e cadrà in ginocchio e poi china la testa come se si scusasse... questo è perché è chiamata wabisuke. Tu mi hai chiesto cosa posso fare con questa strana spada... A... aspetta per favore... Un guerriero non dovrebbe mai supplicare per la propria vita(Dialogo fra Kira Izuru e Avirama Reddah) Esistono due tipi di battaglie. Quelle per salvare la vita e quelle per salvare l'onore. Quando combatti devi sempre sapere in che battaglia ti sei cimentato... Se adesso intervieni per aiutare Kaien, gli salveresti senza dubbio la vita... ma distruggeresti per sempre il suo orgoglio! (Jushiro Ukitake a Rukia Kuchiki) Noi dell'undicesima compagnia pensiamo tutti che se comunque dobbiamo morire, tanto vale farlo pestandosi in grande stile! (Yumichika) Sanità mentale? Spiacente, ma non ricordo di aver mai avuto un simile fastidio. (Zaraki) Bleach
Tite Kubo
Citazioni Bleach Tousen… quel giorno ho individuato una piccola bugia nelle tue parole. Parlavi del "mondo che lei amava" ma non una volta hai mai detto di amare quel mondo tu stesso. L'ho capito, sì, quest'uomo detesta veramente il mondo. Ero riuscito a capirlo. Infatti, credevo che fosse soltanto giusto. Chiunque avrebbe avuto quei sentimenti dopo che gli era stato portato via qualcuno che amava. Eppure… mai una volta ti sei ritenuto adatto a recitare la parte del santo ed a sostenere che nonostante tutto amavi il mondo. Io rispettavo questo. Ecco perché ho giurato a me stesso che sarei diventato un vero amico per te. Se tu avessi sopportato una grande tristezza, l'avrei presa io su di me. Se avessi ottenuto una grande gioia, l'avrei divisa con te. Se avessi deviato dal tuo percorso ti avrei richiamato. Se avessi commesso sbagli terribili ti avrei perdonato. Se il mondo ti avesse disprezzato io sarei stato il tuo rifugio. In qualche modo, avrei dato a quest'uomo che aveva perso il suo amore per il mondo il potere di amarlo ancora una volta. (Sanjin Komamura) La tua spada non riflette altro che paura..quando schivi "ho paura di essere ucciso\", quando attacchi "ho paura di uccidere\", quando difendi qualcuno "ho paura che venga ucciso".. In battaglia ciò che serve non è la paura, da lì non nasce niente. Quando schivi deve essere "Non verrò ucciso!". Quando difendi qualcuno "Non morirà!". Quando attacca è "Ti uccido!". (Kisuke Urahara insegna a Ichigo come comportarsi in battaglia) Non importa chi aizza chi. Dal momento esatto in cui si entra in guerra, entrambe le parti sono spregevoli. (Shusui Kyoraku a Love Aikawa) Hai detto che i miracoli accadono solo una volta. Allora la seconda che cos'è? (A Byakuya) ...sono sorpreso. Non pensavo avresti sguainato subito la tua spada. Pensavo che ti avrei dovuto costringere a farlo. Quindi, questo significa che mi vedi come un degno avversario adesso? (A Ulquiorra) Al massimo, ti vedo come qualcuno che va distrutto. (Da Ulquiorra) ...sta zitto. Non ho bisogno di sentirti andare avanti sull'esitazione o qualunque cosa... nessuna di queste questioni. (A Ulquiorra) La differenza... nella forza... e allora? Pensi che dovrei arrendermi... solo perché sei più forte di me...? Ho sempre saputo che eri forte... niente di quel che vedo ora mi farà cambiare idea. Io ti sconfiggerò... Ulquiorra. (A Ulquiorra) Io non... combatto perché penso di poter vincere. Io combatto... perché devo vincere...! (A Ulquiorra) ...non voglio farlo. Ho detto di no...! Questo... questo non è il modo in cui volevo vincere! (A Ulquiorra) Bleach
Tite Kubo
Fuori fa freddo adesso Dentro di me lo stesso A volte che mi guardo allo specchio Ma non vedo il mio riflesso Forse sono io Che non voglio guardare ma Giuro che quando lo farò Dentro non ci sarà più una persona a metà Tutto quello che non provi Questo il peso del cuore Chi ha molto dentro poi urla in silenzio Una lacrima cade ma non fa rumore Quando dentro hai il deserto ogni cosa è un miraggio Non credi più a nulla, l'hai detto tu Per amare qualcuno ci vuole coraggio Sì, ma per amarsi di più E ora voglio ricominciare da me Vi ho dato tutto quello che avevo dentro Lo chiamo vuoto, sì, ma pesa lo stesso Sembrava così semplice Ora voglio ricominciare da me Anche se ho paura di cambiare Prima di salvarmi lasciami affogare Sarà bello essere fragile Questo mondo non fa per me Forse un posto per me non esiste Sono solo anche qui con te Come se nessuno mi capisse Forse sono io Che non ho il coraggio di cambiare Di sorridere e fingere di stare bene Anche quando sto male Il tempo apre ferite Che non sempre richiude Da una crepa esce il male ma È da li che entra luce Quando dentro hai il deserto ogni cosa è un miraggio Non credi più a nulla l'hai detto tu Per amare qualcuno ci vuole coraggio Sì, ma per amarsi di più E ora voglio ricominciare da me Vi ho dato tutto quello che avevo dentro Lo chiamo vuoto, sì, ma pesa lo stesso Sembrava così semplice Ora voglio ricominciare da me Anche se ho paura di cambiare Prima di salvarmi lasciami affogare Sarà bello essere fragile Ricominciare da me Da me Ricominciare da me Da me Ricominciare da me Ricominciare da me Da me Da me "Ricominciare da me
Mr. Rain
George Gray Molte volte ho studiato la lapide che mi hanno scolpito: una barca con vele ammainate, in un porto. In realtà non è questa la mia destinazione ma la mia vita. Perché l’amore mi si offrì e io mi ritrassi dal suo inganno; il dolore bussò alla mia porta, e io ebbi paura; l’ambizione mi chiamò, ma io temetti gli imprevisti. Malgrado tutto avevo fame di un significato nella vita. E adesso so che bisogna alzare le vele e prendere i venti del destino, dovunque spingano la barca. Dare un senso alla vita può condurre a follia, ma una vita senza senso è la tortura dell’inquietudine e del vano desiderio. È una barca che anela al mare eppure lo teme.
Edgar Lee Masters (Antologia di Spoon River - Il nuovo Spoon River)
Clara aveva il terrore degli incendi. «Ti rendi conto che siamo al quinto piano, e che non avremmo alcuna possibilità di fuga?». Se qualcuno bussava alla porta senza preavviso rimaneva come paralizzata. Gli amici lo sapevano, e si annunciavano sempre. «Sono Leo», oppure «Sono l’uomo nero. Mettete gli oggetti di valore in un sacco e passatemelo attraverso la porta». Il cibo troppo condito le dava il voltastomaco. Soffriva di insonnia, ma bastava farla bere un po’ e si addormentava come un angioletto – non che ci fosse da rallegrarsene troppo, perché col sonno arrivavano gli incubi, da cui si svegliava madida di sudore. Diffidava degli estranei, e ancor più degli amici. Era allergica ai frutti di mare, alle uova, al pelo di animale, alla polvere, e a chiunque non fosse pazzo di lei. Durante il ciclo soffriva di mal di testa, crampi, nausea, ed era di un umore schifoso. Aveva terrificanti attacchi di eczema. Teneva chiuso in un’anfora, contro il malocchio, un intruglio di pipì e unghie tagliate. Aveva paura dei gatti, soffriva di vertigini e se sentiva un tuono impietriva. Detestava i ragni, i serpenti, l’acqua, la gente. E io, lettore, questa donna l’ho sposata.
Mordecai Richler (La versione di Barney)
Ho il mio Paese e ho le mie convinzioni. E non voglio rinunciare né al mio Paese né alle mie convinzioni. Non posso tradire né il primo né le seconde. Se le tue convinzioni valgono qualcosa devi essere pronto a difenderle. E, se necessario, devi essere disposto ad accettare dei sacrifici. Se non sei pronto, significa che non hai nessuna convinzione. Pensi di averne, tutto qui. Ma non sono né convinzioni né principi, sono soltanto delle idee che hai nella testa.
Aleksej Naval'nyj (Io non ho paura, non abbiatene neanche voi)
Caro maestro di nuoto, io non mi tufferò mai con il rischio di inabissarmi in mondi sconosciuti, voglio evitare il nero degli abissi e tutto ciò ci si nasconde dentro. Rimarrò fermo e immobile, senza tentare di cambiare nulla. Non hai ancora capito che io ho paura della paura stessa?
François Morlupi (Nel nero degli abissi)
Mentre guardavo il film mi domandai che cosa avremmo chiesto al mago, se io e il mio cane fossimo stati trasportati ad Oz. Mmm, vediamo un po'. Cervello? Ne ho da vendere. Coraggio? Cubik non ha paura di niente! Un cuore? Io e la mia cucciola abbiamo un cuore grande così. Che cosa avrei chiesto, allora? Mi piacerebbe cantare come il Leone Codardo e danzare come l'Uomo di Latta. Nessuno dei due lo faceva molto bene, ma a me sarebbe bastato.
Sharon M. Draper (Melody)
«Alex, non ti capita mai di pensare come la nostra storia sia assolutamente folle e fuori da tutti i canoni, e di come la gente non la capisca e di come nessuno la potrà mai capire?» «Se è per questo, ci penso praticamente tutti i giorni. Anzi, spesso mi domando quanto ne capisco io» «Un sacco di gente mi chiede perché non stiamo insieme e… non so, è strano, a pensarci bene. Effettivamente, visti dal di fuori dobbiamo dare l'idea di due che stanno insieme.» «Io non sto con te perché… perché va bene così, perché giugno è fantastico, e sapere che c'è l'America che arriva, e allora dirsi tutto perché tra una settimana è troppo tardi, è magnifico. Qualcosa mi manca, e lo sai. Io vorrei baciarti e tutto il resto, ma non tanto per il gesto in sé… Davvero. E’ difficile… E’ come mettere le basi per addomesticarti un po’ di più. Farai più fatica a dimenticarti di me, così. Resteremo più attaccati ogni cosa in più che faremo. Io ho paura, per l'anno prossimo. Bacerò cento ragazze, andrò a letto con gente di cui non m'importa, ma non sarà come uscire con te e non dirsi niente per tutto il pomeriggio. Io so già che l'anno prossimo farò le cose più facili, più banali. E con te è tutto così trasparente e da ragazzini… Se penso che non ti ho mai baciata, Aidi…» «Lo sai, bisogna sempre fare solo Quello Che Ci Si Sente.» «Certo, dicevo così. Dicevo Quello Che Mi Sento.» «E cosa ti senti, ancora?» «Sento che questo giugno, questo scoprirsi ogni giorno di più, e ogni pezzo di me che scopro trovarne uno nuovo di te, e ogni pezzo di me che ti regalo trovarne in cambio uno che tu mi lasci nel calzino di lana di fianco al camino mentre dormo, è bello. A me non era mai successo. E vedere crescere Aidi e Alex, ogni giorno, ogni mattina di sole, che per il resto della gente non vuol dire niente di particolare, è sovvertire tutti i pronostici, è ridere di fronte all'Uomo con le Previsioni Sicure, quello che era certo che la Danimarca avrebbe preso una vagonata di gol e sarebbe stata eliminata nelle qualificazioni e invece si è qualificata e agli Europei giocherà con squadre molto più forti, e l'Uomo con le Previsioni Sicure non si raccapezza. La Gente capisce solo quando le cose sono già successe, mai mentre accadono. E per noi due è lo stesso. La Gente che non capisce come sia possibile, visto che l'Uomo dei Sondaggi aveva negato categoricamente che due come noi potessero avere una pazza storia del genere.» «Fantastico. E la Danimarca come gioca?» «Bene. Si vede che si divertono.» «Alex», aveva detto lei, stringendogli le mani con una strana intensità che l'aveva turbato. «Io voglio che la Danimarca vinca.»
Enrico Brizzi (Jack Frusciante Has Left the Band: A Love Story- with Rock 'n' Roll)
Io, Faust, ho trovato la scienza suprema che l'uomo può possedere; in essa ho incontrato il [...] di desolazione, di ansia, di orrore, di paura, di delirio, di esitazione, di estraneità nella terra, di vacuità in me e in tutto il mondo, e in tutto il pensiero e in tutto l'Essere. * Il segreto del Cercare è che non si trova. Eterni mondi, infinitamente, gli uni negli altri, senza fine decorrono inutili. Noi, Dèi, Dèi di Dèi, in essi intercalati e perduti neppure noi stessi nell'infinito troviamo. Tutto è sempre diverso, e sempre avanti agli uomini e agli Dèi va l'incerta luce della verità suprema.
Fernando Pessoa
Si fa questo per soldi... – iniziò nel dire – non per tutte è così... io ho iniziato per mia figlia... non avevo i soldi per crescerla... – gemeva dal piacere e piangeva mentre parlava – avevo paura... e gli uomini mi proponevano di andare con loro... per soldi... avevo paura... ero sola... non avevo nessuno se non mia figlia... così un giorno accettai la proposta di un uomo... ho capito da allora che... ci sono momenti in cui bisogna prendere decisioni importanti... decisioni che lasceranno un segno nella nostra vita... scolpiranno la memoria in modo profondo, con un segno indelebile...
Gianluca Frangella (Rosso porpora)
Sono lieta, in mezzo alle mie tristezze mediterranee, di essere qui. E dirvi com'è bello pensare strutture di luce, e gettarle come reti aeree sulla terra, perché essa non sia più quel luogo buio e perduto che a molti appare, o quel luogo di schiavi che a molti si dimostra – se vengono a occupare i linguaggi, il respiro, la dignità delle persone. A dirvi come sia buona la Terra, e il primo dei valori, e da difendere in ogni momento. Nei suoi paesi, anche nei suoi boschi, nelle sorgenti, nelle campagne, dovunque siano occhi – anche occhi di uccello o domestico o selvatico animale. Dovunque siano occhi che vi guardano con pace o paura, là vi è qualcosa di celeste, e bisogna onorarlo e difenderlo. So questo. Che la Terra è un corpo celeste, che la vita che vi si espande da tempi immemorabili è prima dell’uomo, prima ancora della cultura, e chiede di continuare a essere, e a essere amata, come l’uomo chiede di continuare a essere, e a essere accettato, anche se non immediatamente capito e soprattutto non utile. Tutto è uomo. Io sono dalla parte di quanti credono nell'assoluta santità di un albero e di una bestia, nel diritto dell’albero, della bestia, di vivere serenamente, rispettati, tutto il loro tempo. Sono dalla parte della voce increata che si libera in ogni essere – al di là di tutte le barriere – e sono per il rispetto e l’amore che si deve loro. C’è un mondo vecchio, fondato sullo sfruttamento della natura madre, sul disordine della natura umana, sulla certezza che di sacro non vi sia nulla. Io rispondo che tutto è divino e intoccabile: e più sacri di ogni cosa sono le sorgenti, le nubi, i boschi e i loro piccoli abitanti. E l’uomo non può trasformare questo splendore in scatolame e merce, ma deve vivere e essere felice con altri sistemi, d’intelligenza e di pace, accanto a queste forze celesti. Che queste sono le guerre perdute per pura cupidigia: i paesi senza più boschi e torrenti, e le città senza più bambini amati e vecchi sereni, e donne al disopra dell’utile. Io auspico un mondo innocente. So che è impossibile, perché una volta, in tempi senza tempo e fuori dalla nostra possibilità di storicizzare e ricordare, l’anima dell’uomo perse una guerra. Qui mi aiuta Milton, e tutto ciò che ho appreso dalla letteratura della visione e della severità. Vivere non significa consumare, e il corpo umano non è un luogo di privilegi. Tutto è corpo, e ogni corpo deve assolvere un dovere, se non vuole essere nullificato; deve avere una finalità, che si manifesta nell'obbedienza alle grandi leggi del respiro personale, e del respiro di tutti gli altri viventi. E queste leggi, che sono la solidarietà con tutta la vita vivente, non possono essere trascurate. Noi, oggi, temiamo la guerra e l’atomica. Ma chi perde ogni giorno il suo respiro e la sua felicità, per consentire alle grandi maggioranze umane un estremo abuso di respiro e di felicità fondati sulla distruzione planetaria dei muti e dei deboli – che sono tutte le altre specie –, può forse temere la fine di tutto? Quando la pace e il diritto non saranno solo per una parte dei viventi, e non vorranno dire solo la felicità e il diritto di una parte, e il consumo spietato di tutto il resto, solo allora, quando anche la pace del fiume e dell’uccello sarà possibile, saranno possibili, facili come un sorriso, anche la pace e la vera sicurezza dell’uomo.
Anna Maria Ortese (Corpo celeste)
Ho fatto comunione e cresima in una volta sola, prima di sposarmi, con un unico pacchetto promozionale. Ricordo che per l’occasione mi recai da un simpatico e giovane prete e al suo invito di parlare dei miei peccati me ne uscii con fare borioso affermando che non avevo granché da farmi perdonare, non avevo ammazzato nessuno, né in fin dei conti ferito in modo grave qualcuno. Il che era vero, certo, ma fosse tutto qui, sarebbe semplice. In realtà mi sarei dovuto fermare con lui e sviscerargli la mia inutile vita, confessargli che stavo mettendo in atto il piú grande fra i peccati: mentire a me stesso e ai miei cari. In quegli anni infatti seguivo una strada che sapevo non essere la mia, facevo il furbo credendo di non pagare dazio prima o poi. In realtà mi stavo costruendo da solo la gabbia, camminavo baldanzoso verso l’infelicità e sprecavo gli anni migliori, nei quali si deve seminare seguendo la pancia, l’istinto, le passioni. Di questo avrei dovuto chiedere perdono, altroché, del fatto che disseminavo bugie e mi preparavo a rovinare la mia esistenza e, forse, quella di chi mi era attorno. Perché la verità è che possiamo donare solo ciò che siamo, e se siamo degli infelici, trasmetteremo infelicità. Lui, ovviamente, mi diede l’assoluzione, io oggi al suo posto avrei speso qualche parola in piú per smuovere quella pecorella smarrita, ma tant’è. Molti anni dopo mi ripresentai davanti a un prete, uno anziano stavolta, con una faccia rubiconda e leggermente ostile. Mi sedetti di fronte a lui e iniziai a parlargli della sensazione di calore che mi prendeva a volte nei momenti di difficoltà, quando d’improvviso sentivo un’energia calda invadermi il corpo e annebbiarmi la vista. [...] «Ecco, a tal proposito… come si fa a diventare adulti?» Con ogni probabilità pensò di trovarsi di fronte a un pazzo, però disse lo stesso una cosa semplice e confortante: «Finché sarai alla ricerca di risposte, non diventerai mai del tutto adulto». «Mi sta dicendo che dovrei imparare a non pormi piú domande e a farmi scivolare le cose di dosso?» «Ti sto dicendo che se senti di non avere risposte, sei nel posto giusto».
Lorenzo Marone (Inventario di un cuore in allarme)
Sorrisi soddisfatto e passai a raccontare la settimana, riflettendo intanto su come facesse a ricordare le paure di ognuno, ad avere stampate in mente le cartelle cliniche di ciascun paziente. Devi essere molto concentrato sugli altri, attento agli altri; noi (posso parlare anche per voi?) siamo molto meno altruisti, bisogna essere onesti, talmente preoccupati per il nostro inarrivabile benessere da non riuscire a ritagliare troppo spazio per chi ci è attorno, se non per i cari piú stretti. Non è un fatto di egoismo, o menefreghismo, per carità, non sappiamo riconoscere alle persone il giusto tributo perché siamo alla continua e costante lotta contro noi stessi. Io non ho nemici a questo mondo, non odio nessuno e non mi sento di dover insegnare o spiegare niente a nessuno, tutta l’energia che profondo è volta a tentare di camminare dritto un giorno in piú, tutta la forza che ci metto è per vivere con quanta piú dignità possibile il mio dolore invisibile. Ma non voglio annoiare, solo approfittare di questo piccolo momento per scusarmi con tutti quelli ai quali riesco a dare poco. Non è menefreghismo, né cattiveria la nostra, è sopravvivenza.
Lorenzo Marone (Inventario di un cuore in allarme)
«Shi...no...»La sua bocca si chiude intorno alla mia erezione prima che io finisca di parlare.Un gemito strozzato mi sale alle labbra, bloccandomi il suo nome in gola. Non penso neanche per un istante che possa mordermi, non ho paura dei suoi denti affilati, del dolore che potrebbe causarmi. Non penso più a niente. Vuoto totale.Mi lascia andare i polsi e mi solleva i fianchi per farmi affondare ancora di più nella sua bocca. Mi tiene fermo mentre mi lecca, mi gusta, mi assapora, mi prende fino in gola. Inarco la schiena e gli infilo le mani nei capelli, godo nel sentirlo avanzare e ritrarsi intorno alla mia pelle eccitata. È la prima volta che mi succede, nessuno mai si era avvicinato così tanto a me. Il piacere è così grande che mi ritrovo a mugolare con forza nel silenzio della stanza. Percepisco ogni singola cosa che Shinobu fa alla mia pelle eccitata, ogni movimento della lingua, ogni leggero tocco dei denti affilati come lame.Cerco di resistere, di allungare l'estasi di qualche altro secondo, ma troppo presto il mio corpo si contrae e vengo nella sua bocca senza riuscire a impedirmelo; la sua lingua cattura ogni minima goccia di me, la sento muoversi sicura e provocarmi milioni di brividi ovunque.Shinobu stacca la bocca da me, poi mi morde l'inguine.Mi lascio sfuggire un gemito ma il dolore si mischia al godimento, scorrendomi nelle vene come lava bollente in grado di carbonizzare ogni cosa, e il piacere torna di nuovo, non violento quanto poco fa ma abbastanza forte
Sara Coccimiglio (Il lato oscuro della Luna (Cremisi Vol. 1))
Io sono un pignolo, quando sono sotto stress anche a me piace illudermi di poter mettere a posto le cose semplicemente riordinando gli oggetti, ma non riuscirei mai a raggiungere la perfezione: seppure tenti di trovare un senso alle t-shirt nel cassetto, è un senso che ha breve durata, dopo un po’ prevale comunque il caos, la pigrizia, il lasciare che le cose facciano il loro corso. [...]Sono ipocondriaco, non soffro di disturbi di perfezionismo. Tra l’altro l’etimologia della parola «perfezione» ci riporta al latino perfectio, che significa letteralmente «compiuto». E non mi piace granché come termine, mi ricorda la fine, con la quale, si sarà capito, non ho un buon rapporto. San Tommaso d’Aquino nella Summa Theologiae ci parla di una duplice perfezione, quando una cosa è perfetta in sé, e quando serve al suo scopo. Dal Rinascimento in poi questo dualismo ha portato al paradosso secondo il quale la piú grande perfezione è ritenuta l’imperfezione, perché solo in questa c’è la possibilità di ricercare, progredire, e migliorare. Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori, e non esistono sentenziava già Aristotele. Mi piace l’ordine, ma mi piace ancor di piú la vita che non si ferma, e si trasforma. Mi piace il giardino aggraziato dove un brillio di incuria permette all’edera di prendere il sopravvento.
Lorenzo Marone (Inventario di un cuore in allarme)
Oh, cielo! Cielo... mi hai donato un amante, un figlio, la ricchezza e questi trenta anni di vita densa come il sorgo rosso. Cielo, me le hai donate queste cose, non puoi riprendertele, perdonami, ma lasciami andare! Cielo, pensi che io sia in colpa? Credi che se avessi diviso il cuscino con un lebbroso, e generato un mostro rognoso e purulento insozzando questo bel mondo sarei stata nel giusto? Cielo, cos'è la castità? Cos'è la giusta via? Cos'è la bontà? Cos'è il male? Non me l'hai mai detto, ho dovuto sempre sbrigarmela da sola. Amo la felicità, amo la forza, amo la bellezza, il mio corpo mi appartiene, sono padrona di me stessa, non ho paura di sbagliare, non ho paura della punizione, non ho paura di entrare nei diciotto gironi del tuo inferno. Ho fatto tutto ciò che dovevo fare e ciò che andava fatto, e non temo nulla. Ma non voglio morire, voglio vivere, voglio vedere ancora un po' di mondo. Cielo...
Mo Yan (Red Sorghum)
So che mi sto ossessionando in modo totalmente insano, ma ho paura che se non continuo a tenerla viva nella mia testa, la dimenticherò. E dimenticare mi fa cagare sotto dalla paura. Franco è convinto che dovrei consultare un medico. Forse prendere delle pillole per dormire, o degli antidepressivi. Io invece penso che quella sia una via d’uscita per chi non ha coraggio. Non voglio cominciare a ingoiare medicine per evitare il dolore
Kim Holden (Gus (Bright Side, #2))
Perché anche la felicità deve fare così paura? Perché anche quando un sogno si avvicina c’è sempre da fare tornare i conti? Ho passato tanti anni della mia vita ad aspettare. Qualsiasi cosa. Se solo fossimo capaci di vivere mentre aspettiamo. Io non sempre ci sono riuscito. Ho aspettato l’amore di mio padre, ho aspettato che mi venissero riconosciute le mie qualità sul lavoro, ho aspettato troppe telefonate per troppo tempo che non sono neppure mai arrivate, ho aspettato di essere amato come avrei voluto, dimenticandomi che se qualcuno ci ama diversamente da come vorremmo non è detto che non ci ami. Poi ho aspettato per vedere realizzati i miei progetti come se il solo fatto di averli pensati bastasse per vederli concretizzarsi. E mi sono ingannato anche lì. L’attesa tempra, ma può anche sfinire se non supportata da un risultato. Ci sono miliardi di buone occasioni nella vita in cui si è costretti a inventarsi passatempi in attesa che arrivi il tuo tempo. Ma il tempo non è una scienza teorica. Affatto. A un certo punto, quando decide lui, arriva e ti disorienta. Allora tutto quello che hai sognato, se il tempo lo decide, ti si piazza davanti come un mostro gigantesco dalle mille teste e tu non hai più scampo. Hai smesso di sognare, in quel momento, e ti tocca vivere. E, casomai, vivere pure la felicità.
Niccolò Agliardi (Ma la vita è un'altra cosa)
«Ti amo, Nicky. Ho solo paura.» Gli si serrò la gola, e sentì gli occhi scaldarsi. «Anche io ho paura. Paura di ferirti, paura che sia tu a ferire me, paura di essere davvero maledettamente innamorato e non sapere come comportarmi nella maniera giusta. E se fossi uno stupidissimo idiota come sono sempre stato e rovinassi qualcosa che avrebbe potuto rendere entrambi felici per tutta la vita?» Luka sorrise, un piccolo sorriso esitante. «Magari io non ti lascerò rovinare tutto.» «Davvero?» sussurrò Nick. Luka vide accendersi la speranza nei suoi occhi. «Magari voglio essere felice per il resto della mia vita. Non credo di riuscirci senza di te.» Nick fece un piccolo suono strozzato. «So che non ce la posso fare senza di te.» La sua voce era colma di emozione. Luka fece un balzo in avanti e si aggrappò al suo uomo con tutto se stesso. Nick stava tremando, mentre Luka piangeva e sorrideva e tremava. Era un completo disastro, ma più felice di quanto fosse mai stato. Nick si scostò, poi si sporse in avanti per baciarlo – un bacio salato, pieno di muco, tremulo, profondo, che scosse Luka fino alle ossa.
Piper Vaughn (The Luckiest (Lucky Moon, #2))
Harry prese la lettera. Era indirizzata a lui. Strappò la busta ed esclamò: «È di Sirius!» «Cosa?» chiesero Ron e Hermione eccitati. «Leggila ad alta voce!» Caro Harry, spero che questa lettera ti venga recapitata prima che tu arrivi dai tuoi zii. Non so se sono abituati alla posta via gufo. Io e Fierobecco siamo in clandestinità. Non ti dirò dove, nel caso che questo messaggio finisca nelle mani sbagliate. Ho qualche dubbio sull’affidabilità del gufo, ma è il migliore che ho trovato, e sembrava impaziente di affrontare la missione. Credo che i Dissennatori mi stiano ancora cercando, ma non hanno alcuna speranza di trovarmi qui dove sono. Sto progettando di farmi vedere al più presto da alcuni Babbani, molto lontano da Hogwarts, di modo che venga tolta la sorveglianza al castello. C’è una cosa che non sono riuscito a dirti nel nostro unico breve incontro. Sono stato io a mandarti la Firebolt... «Ah!» esclamò Hermione trionfante. «Visto? Te l’avevo detto che era lui!» «Sì, ma non l’aveva affatturata, vero?» disse Ron. «Ahia!» Il gufetto, che ora tubava allegramente nella sua mano, gli aveva beccato un dito in quello che a suo parere era un gesto di affetto. Grattastinchi ha portato l’ordine all’Ufficio Gufi per conto mio. Ho usato il tuo nome, ma ho dato disposizione di prelevare il denaro dal sotterraneo numero 711 della Gringott, il mio. Prendila come dono del tuo padrino per tutti i tuoi tredici compleanni. Voglio anche chiederti scusa per lo spavento che temo di averti fatto prendere quella notte dell’anno scorso, quando te ne sei andato dalla casa dei tuoi zii. Speravo solo di poterti vedere per un attimo prima di intraprendere il viaggio verso nord, ma credo di averti fatto paura. Accludo un’altra cosa per te, una cosa che credo renderà più piacevole il tuo prossimo anno a Hogwarts. Se hai bisogno di me, manda un messaggio. Il tuo gufo mi troverà. Ti scriverò presto. Sirius Harry guardò con ansia dentro la busta. C’era un altro foglio di pergamena. Lo lesse in fretta e all’improvviso si sentì caldo e soddisfatto come se avesse inghiottito una bottiglia di Burrobirra bollente in un sol sorso. Io, Sirius Black, padrino e tutore di Harry Potter, con la presente gli concedo il permesso di visitare Hogsmeade nei finesettimana. «A Silente basterà!» disse Harry allegramente. Guardò di nuovo la lettera di Sirius. «Aspettate! C’è un poscritto...» Ho pensato che il tuo amico Ron potrebbe essere felice di tenersi questo gufo, visto che per colpa mia non ha più un topo.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
Ti sei mai chiesto perché ho acconsentito a essere il tuo parabatai?'' ''Non erano disponibili offerte migliori?'' Will provò a buttarla sullo scherzo, ma la sua voce si incrinò come vetro. ''Pensavo che tu avessi bisogno di me'' disse Jem. ''Hai costruito un muro intorno a te, Will, e io non ti ho mai chiesto perché. Ma nessuno dovrebbe mai portare un peso da solo. Pensavo che, se io fossi diventato il tuo parabatai, mi avresti accolto dentro di te, e avresti almeno avuto qualcuno a cui appoggiarti. Mi chiedevo cosa avrebbe significato per te la mia morte. Ne avevo paura, per il tuo bene. Avevo paura che saresti rimasto solo all'interno del muro. Ma ora... qualcosa è cambiato. Non so perché, ma so che è vero.'' ''Che cosa?'' Le dita di Will erano ancora conficcate nel polso di Jem. ''Il muro sta crollando.
Cassandra Clare (Clockwork Prince (The Infernal Devices, #2))
Adesso non è più tanto male, no?” Disse Peter. “E comunque, non l’ho fatto apposta.” “In tutta onestà, se fossi stato al tuo posto, anche io avrei scatenato una tempesta.” James lo baciò e la sua barba gli grattò leggermente una guancia. “E poi, per dirla tutta, trovo questo tuo tratto drammatico davvero incantevole.” La sua mano era tornata calda ormai, ma Peter non riusciva a lasciarla andare. “Ho una casa piuttosto bella,” disse James, “O almeno, spero di averla ancora. È in un bosco – ho sempre preferito la solitudine. Penso che ti piacerà.” “Sembra perfetta,” disse Peter. Chiuse gli occhi sentendo nell’aria la domanda che James stava per fargli. “Voglio venire con te. Ho soltanto paura di svegliarmi e ritrovarmi con la mia famiglia invece che insieme a te.” James gli accarezzò la fronte con un dito e gli spinse un ricciolo di capelli dietro l’orecchio. “Non ti lascerò andare dalle mie braccia finché non sarai al sicuro davanti alla mia porta. E se il vento proverà a portarti via, dovrà prendere anche me e combatteremo insieme per tornare indietro. Che ne dici?” Peter fece un respiro profondo inalando il profumo dell’Isola Che-non-c’è dentro i suoi polmoni: era il suo stesso odore, quello del ragazzo che aveva scoperto di essere tanti anni prima. Quel profumo gli dava forza. Se dieci anni non erano riusciti a fargli dimenticare la sua vera natura, allora nulla l’avrebbe fatto. E adesso James era con lui, e lo stringeva forte a sé. “Va bene,” disse. James lo prese per la vita con un braccio e afferrò il remo a sinistra della scialuppa. “Vogliamo provarci allora?” gli chiese. “Vogliamo vedere come andrà a finire?” “Sì,” disse Peter e prese con la mano l’altro remo
Austin Chant (Peter Darling)
Sei davvero tu." Peter annuì perché aveva un nodo in gola e non riusciva a parlare anche se aveva mille domande da fargli. Accarezzò esitando il torace di James attraverso le pieghe delicate della sua giacca da camera e gli sentì il cuore battere velocemente, come se fosse nervoso sotto le sue dita. Avevano entrambi paura, pensò, così esposti l’uno davanti all’altro. Entrambi presenti, scarmigliati – veri. Era ovvio che Uncino era stato per James quello che Pan era stato per Peter: una creatura più coraggiosa, più fantastica, meno spaventata o sola. Il sogno di qualcuno in un mondo diverso. Ma James adesso era un uomo normale a cui piacevano gli stessi ridicoli vestiti e sul suo volto Peter riusciva a leggere tutta la cautela e la temperanza che doveva aver gettato al vento per diventare il re di tutti i pirati. Era perfetto. Peter strinse fra le dita la seta della giacca, con il cuore impazzito, stordito d’amore e di paura. Non sapeva cosa vedesse in lui James che intanto lo stava studiando in silenzio e con gli occhi pieni di meraviglia. Ma poi James gli sorrise – un sorriso lento, senza domande, pieno d’amore – e Peter rispose al suo sorriso. Gli occhi gli si riempirono di lacrime e lasciò andare la giacca di James per poterle asciugare sentendosi allo stesso tempo imbarazzato e incredibilmente felice. James si schiarì la voce e gli accarezzò il bacino. Si mise a sedere facendo pressione con una gamba sul fianco di Peter, e allungò una mano per prendere un paio d’occhiali da un tavolino. E starnutì. Quel piccolo movimento aveva scatenato una tempesta di polvere che li avvolse per un attimo. Peter mise velocemente la testa fuori dalla finestra cominciando a tossire; James fece lo stesso e lo raggiunse al davanzale mentre cercava di ripulire gli occhiali da molti anni di polvere. “Accidenti,” riuscì a dire, fra uno starnuto e l’altro. “Immagino che nessuno si sia occupato delle pulizie in tutto questo tempo. Ti ho portato in un posto disastrato.” “Non fa niente,” disse Peter. La sua voce lo sorprese; era più alta di come la ricordava, più sofisticata. James si mise gli occhiali sul naso sorridendo. Le lenti gli davano un aspetto un po’ ansioso. Aveva ancora soltanto una mano; l’altro suo braccio terminava con il polso. Colse Peter che lo guardava con curiosità. “Da ragazzo,” disse timidamente, “Era più eccitante immaginare d’avere un uncino che una protesi.” “Allora era vero: non sono stato io a tagliarti la mano.” “No, a meno che tu non abbia combinato qualcosa in combutta con il grembo di mia madre,” disse James facendolo ridere
Austin Chant (Peter Darling)