Il Gattopardo Quotes

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L’amore. Certo, l’amore. Fuoco e fiamme per un anno, cenere per trenta.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
[…] Milano, un paesaccio dove per mangiare un piatto di maccheroni bisogna pensarci una settimana prima!
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
Qui da noi, in Italia non si esagera mai in fatto di sentimentalismi e sbaciucchiamenti; sono gli argomenti politici più efficaci che abbiamo.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
Y Concetta, con todas sus virtudes pasivas, ¿sería capaz de ayudar a un marido brillante y ambicioso que quería subir por los resbaladizos escalones de la nueva sociedad? ¡Ella, que es tan tímida y reservada, tan retraída! Siempre sería la bella colegiala de entonces, es decir una bola de plomo encadenada al pie de su marido.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo (Blefield Italian Library) (English and Italian Edition))
De verdad estaban contentos: ella por haberse colocado y haber podido agenciarse aquel hermoso macho; él, por haber seguido los consejos del padre y haberse ganado una criada y medio almendral.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo (Blefield Italian Library) (English and Italian Edition))
Algo debe cambiar para que todo siga igual.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo (Blefield Italian Library) (English and Italian Edition))
Tutto deve cambiare affinché nulla cambi
TOMASI DI LAMPEDUSA Giuseppe - (Il Gattopardo Edizione conforme al manosscritto del 1957)
L’aspetto piú affascinante quando si analizzano opere del passato è la necessaria inconsapevolezza, in chi le ha immaginate e realizzate, del capolavoro. Per quanto fossero Fellini e Visconti, per quanto venissero da altri due capolavori − ma pieni di problemi, attacchi, censure − è impossibile percepire la grandezza che avrà qualcosa che si sta facendo. E poiché succede in qualsiasi caso, è successo anche con Otto e mezzo e Il Gattopardo. Del resto, guai se fosse il contrario − se chi sta realizzando un’opera la immaginasse già come un capolavoro, avesse già la percezione chiara di ciò che sarà. Tutto questo riguarda anche coloro che le recepiscono, sul momento. I contemporanei: i critici, gli spettatori, i colleghi. Anche se qualcuno uscendo dal cinema ha detto: che capolavoro!, lo ha detto con quella inconsapevolezza della contemporaneità; e probabilmente lo ha detto tante altre volte, e per opere che nel tempo hanno dimostrato di non avere altrettanto valore.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Mi precipitai in quello che un tempo era l'accogliente punto di ritrovo della casa, trasformato adesso in algido living scandinavo, e iniziai a perquisirlo. Lui mi seguì. «Dove!?!» urlai. «Dove diavolo hai messo il mio romanzo? Qui è tutto cambiato! Non c'è più niente di quello che c'era prima!» «Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi.» La citazione mi fece imbestialire ancora di più. Io non trovavo il mio prezioso dattiloscritto e lui tirava in ballo Il Gattopardo.
Chiara Santoianni (Cocktail di cuori)
i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
Terence Hill “Come Eastwood non mollo mai” L’attore torna in tv con “A un passo dal cielo” “Niente jeep ma il cavallo per amore della natura” L’attore Terence Hill confessa di scegliere sempre ruoli che gli appartengono anche a rischio di sembrare sempre uguale 673 parole Terence Hill ha una voce da ragazzo, percorsa da una vaga incertezza, anche quando dice cose di cui è profondamente convinto. Sarà per via di questa curiosa intonazione, ma anche, naturalmente, per la trasparenza dello sguardo blu, che la sua carriera, iniziata in un modo, esplosa in un altro, interrotta e poi ripresa in tv, con enorme successo di pubblico, prosegue a gonfie vele e promette ancora numerosi, fortunati, sviluppi. Da domani rivedremo l’attore su Raiuno, per dieci serate, in Un passo dal cielo 3, mentre a maggio inizieranno le riprese della nuova serie di Don Matteo: «Scelgo sempre personaggi adatti a me, dopo Don Matteo mi sono arrivate tante proposte, ho accettato questa, in cui vesto i panni di una guardia forestale, perchè il progetto mi ha entusiasmato, riguarda un tema a me vicino e cioè la passione per la natura». A cavallo o in bicicletta, Terence Hill (nome vero Massimo Girotti, nato a Venezia nel 1939), è sempre riuscito ad attraversare la barriera dello schermo, toccando le corde più profonde di diverse generazioni di pubblico. Da quelle cresciute con la serie di Trinità a quelle che lo ricordano, biondo e prestante, accanto a Lucilla Morlacchi nel Gattopardo di Visconti, da quelle che ormai lo considerano una specie di sacerdote in borghese, capace di risolvere ogni tipo di problema esistenziale, a quelle che conoscono il percorso difficile della sua vita personale, segnata da un lutto terribile come la perdita di un figlio. La sua esistenza d’attore è legata a personaggi longevi. Non ha mai desiderato cambiare, rompere, fare ruoli diversi? «Capisco che certe mie scelte possano apparire monotone, mi hanno chiesto spesso “perchè non fai un’altra cosa?, ma per me conta altro, soprattutto come mi sento...Per esempio con Eriprando Visconti ho girato Il vero e il falso in cui facevo l’avvocato, non mi sono trovato bene, e infatti tutto il film non funzionava...». Invece con Bud Spencer, nei film di Trinità, si è trovato benissimo. «Sa perchè ho scelto di continuare a farli? Una volta ho incontrato una mamma che aveva con sè due bambini di 7 e 5 anni, mi chiese di recitare ancora in tanti film così, dove poteva portare i suoi figli, aveva le lacrime agli occhi, non l’ho mai dimenticata». Oggi ritornerebbe a fare «Trinità»? «Sarebbe fuori luogo, i tempi sono cambiati, la gioia di “Trinità” era lo specchio degli Anni Settanta, c’era un seme di innocenza che adesso non c’è più». Sia Don Matteo, sia il Capo della forestale di «Un passo dal cielo», sono personaggi risolutivi, arrivano e sciolgono i nodi... «Sì, e questo è il motivo principale per cui piacciono tanto. Sono figure epiche, che offrono soluzioni ai guai e che, nel caos generale della vita di tutti, mettono ordine, appaiono rassicuranti. Sa che in Un passo dal cielo sarei dovuto andare in jeep? Sono io che ho voluto il cavallo, molto più adatto a sottolineare il rapporto con la natura». Da tanti anni interpreta un sacerdote, quanto conta per lei la religiosità? «Ho un buon rapporto con la fede, e mi sembra che Don Matteo la trasmetta nella maniera giusta, senza retorica, senza dare lezioncine, senza fare la predica». Possiamo dire che «Don Matteo» è un po’ un prete in stile Bergoglio? «Anzi, direi che Bergoglio ha imitato Don Matteo... Scherzo, Don Matteo riflette la mia passione per i libri di Carlo Carretto, grande cattolico italiano, lui aveva la stessa semplicità che troviamo oggi in Papa Francesco». Ha un sogno nel cassetto, un modello da raggiungere? «Io ho solo buona volontà, cerco di fare bene le cose, il mio modello è Clint Eastwood, ha 10 anni più di me e continua imperterrito ad andare av
Anonymous
THE RAINS had come, the rains had gone, and the sun was back on its throne like an absolute monarch kept off it for a week by his subjects’ barricades, and now reigning once again, choleric but under constitutional restraint. The heat braced without burning, the light domineered but let colors live; from the soil cautiously sprouted clover and mint, and on faces appeared diffident hopes. "Il Gattopardo.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Un uomo di quarantacinque anni può credersi ancora giovane fino al momento in cui si accorge di avere dei figli in età di amare. Il
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
We’re not blind in spirit, Father. We’re just human beings in a changing world”. Il gattopardo
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
We’re not blind in spirit, Father. We’re just human beings in a changing world
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Vivere la vita come un blocco unico e coerente, vivere la vita come esplosa in tanti frammenti. È la storia della volpe e del riccio di un frammento di Archiloco, e su cui Isaiah Berlin ha costruito un saggio. «La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande». Berlin ne fa uno spartiacque degli scrittori, dei pensatori, e dell’umanità in generale. Gli esseri umani si dividono in volpi e ricci. Ricci sono quelli che si rifanno a un unico principio ispiratore, sulla base di una visione morale del mondo. Volpi sono quelli che si appassionano a modelli diversi e contraddittori, senza un faro etico. Per esempio, ricci secondo Berlin sono Platone, Lucrezio, Pascal, Hegel, Dostoevskij e Proust. E volpi: Erodoto, Aristotele, Montaigne, Erasmo, Molière, Goethe, Puškin, Balzac e Joyce. Otto e mezzo racconta che Guido è volpe. Il Gattopardo racconta che don Fabrizio è riccio. Tutti e due concludono il film accettando la propria essenza. E forse, Fellini, Mastroianni sono volpi; Visconti, Lancaster sono ricci. Non so, potrebbe essere cosí. Ma di sicuro, questi due film contemporanei rappresentano i due aspetti dell’umanità, secondo questo principio. Insieme, riempiono tutti i tasselli possibili.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Questo apice e questo inizio della decadenza è rappresentato da due film che sono il punto piú alto del momento d’oro ma anche, essendo il punto piú alto, il primo passo verso la decadenza; ma la cosa piú interessante è che sia Otto e mezzo, sia Il Gattopardo sono dei film decadenti che hanno al centro dei personaggi decadenti, che si pongono il problema della fine di un’era. Nel Gattopardo si tratta della fine di un’epoca storica. In Otto e mezzo c’è la fine della giovinezza (o la paura della fine della potenza) per un individuo e soprattutto per un artista. Uno non ha piú niente da dare al mondo, l’altro non ha piú niente da dire al mondo. Questo raccontano i due film che segnano la fine dell’età d’oro del cinema italiano e l’inizio della sua decadenza. Allo stesso tempo, rappresentano la risposta piú concreta all’inizio della crisi e alla concorrenza della tv: lo sfarzo della messinscena del Gattopardo, la grandiosità della messinscena libera e autoriale di Otto e mezzo. Sono due risposte produttive molto concrete, che infatti danno risultati sia di prestigio sia commerciale. Ma quella potenza produttiva non si vedrà piú; già Il sorpasso, loro contemporaneo, sceglie costi piú abbordabili con risultati ottimi. Da ora in poi, il cinema italiano non si permetterà piú facilmente film spettacolari; né Visconti e Fellini riusciranno a ottenere produzioni del genere senza lotta e sacrificio, e comunque non a questo livello. In piú, a suggellare la veridicità di questo ragionamento, la doppietta Sodoma e Gomorra e Il Gattopardo, cosí onerosi, distrugge la Titanus, che per riprendersi dovrà affidarsi a musicarelli e film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. È la fine di un’epoca d’oro del cinema italiano. È la fine di un’epoca per don Fabrizio e la sua classe aristocratica. È la fine di un’epoca per Guido e la sua creatività senza freni. Il Gattopardo in particolare rappresenta la reazione del cinema al cambiamento che sta per avvenire: con il grande schermo, il colore, le grandi scenografie, è il kolossal italiano che si contrappone al decadimento del cinema. Lombardo ne parlerà cosí: «Il film è piú di Via col vento, è una cosa enorme. È favoloso. È difficilissimo per un film che tutti gli elementi siano contemporaneamente efficienti allo stesso modo. Io credo che Il Gattopardo segnerà un’epoca nel cinema italiano. Per me come produttore penso che nella mia vita di produttore mi basterà di avere fatto Il Gattopardo».
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Ma se ha un senso scrivere sceneggiature, è perché sempre, entrando in una storia, trovo qualcosa che mi riguarda, ci metto dentro dinamiche e fatti che mi riguardano, e comunque quella storia e la mia vita cercano punti di contatto. [...] Finisce sempre che ognuno di quelli che stanno scrivendo una sceneggiatura, si sentono, facendola, come Visconti si sentiva girando Il Gattopardo: si rendono conto che lí dentro c’è qualcosa della loro vita, di ognuno di loro, e finisce per essere un’autobiografia condivisa. Fino a sentire, sempre, un senso di appartenenza. E questo senso di appartenenza, negli anni, si confonde poi con il resto delle esperienze di quel periodo, i fatti accaduti durante le riunioni, i rapporti personali con il regista, gli altri sceneggiatori e in seguito (piú da lontano) con le altre persone che entrano nel film o nella serie tv.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Se vogliamo che le cose rimangano come sono, le cose dovranno cambiare. Il Gattopardo
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
So con certezza che se mi alzo ogni mattina molto presto, e con una specie di spinta, una mano che mi spinge dal letto per dire: vai, e comincio la mia giornata in cui cerco di fare quanto piú possibile del mio lavoro, i compiti che mi sono dato e che mi hanno dato gli altri, è perché al liceo mi è stato messo in mano Il Gattopardo; è perché mi sono seduto davanti alla tv, ho visto Otto e mezzo e ho continuato a vederlo per mesi perché capivo che lí dentro c’era qualcosa che mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e fare qualcosa. Se non fossero successe queste due cose, forse non avrei avuto il desiderio, lo slancio e probabilmente nemmeno gli strumenti per immaginare di esprimermi anche io in qualche modo. Non ho mai saputo che senso abbia, né perché mi ostini cosí tanto da anni a fare una cosa e a pensare anche di non poter vivere senza farla; perché so che è un modo di stare al mondo del tutto arbitrario e discutibile. Se io non mi alzassi la mattina pensando che devo scrivere sento che la mia vita avrebbe un vuoto incolmabile; ma questa convinzione non è una convinzione reale, è il senso che gli ho voluto dare io e dentro questa specie di autointrappolamento mi sembra di avere una necessità e un compito; che però non esistono; me li sono imposti, e sto vivendo dentro la trappola che mi sono creato. Non c’è una risposta, se non quella che dava Flannery O’Connor a proposito del suo allevamento di pavoni − quando racconta che chi va a trovarla le chiede perché alleva pavoni. Non c’è motivo, risponde lei. Anzi, lo dice in modo piú problematico: questa domanda non ha senso, perché la risposta si dovrebbe sapere, e la risposta che si dovrebbe sapere è quella, cioè che non ha alcun senso allevare pavoni; si fa e basta.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
So con certezza che se mi alzo ogni mattina molto presto, e con una specie di spinta, una mano che mi spinge dal letto per dire: vai, e comincio la mia giornata in cui cerco di fare quanto piú possibile del mio lavoro, i compiti che mi sono dato e che mi hanno dato gli altri, è perché al liceo mi è stato messo in mano Il Gattopardo; è perché mi sono seduto davanti alla tv, ho visto Otto e mezzo e ho continuato a vederlo per mesi perché capivo che lí dentro c’era qualcosa che mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e fare qualcosa. Se non fossero successe queste due cose, forse non avrei avuto il desiderio, lo slancio e probabilmente nemmeno gli strumenti per immaginare di esprimermi anche io in qualche modo. Non ho mai saputo che senso abbia, né perché mi ostini cosí tanto da anni a fare una cosa e a pensare anche di non poter vivere senza farla; perché so che è un modo di stare al mondo del tutto arbitrario e discutibile. Se io non mi alzassi la mattina pensando che devo scrivere sento che la mia vita avrebbe un vuoto incolmabile; ma questa convinzione non è una convinzione reale, è il senso che gli ho voluto dare io e dentro questa specie di autointrappolamento mi sembra di avere una necessità e un compito; che però non esistono; me li sono imposti, e sto vivendo dentro la trappola che mi sono creato. “Non c’è una risposta, se non quella che dava Flannery O’Connor a proposito del suo allevamento di pavoni − quando racconta che chi va a trovarla le chiede perché alleva pavoni. Non c’è motivo, risponde lei. Anzi, lo dice in modo piú problematico: questa domanda non ha senso, perché la risposta si dovrebbe sapere, e la risposta che si dovrebbe sapere è quella, cioè che non ha alcun senso allevare pavoni; si fa e basta.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Quella materia della quale son tessuti i ricordi perenni che è più labile ancora di quella che ci turba nei sogni.
TOMASI DI LAMPEDUSA Giuseppe - (Il Gattopardo Edizione conforme al manosscritto del 1957)
Sorridenti e inesorabili come il cielo d'estate.
TOMASI DI LAMPEDUSA Giuseppe - (Il Gattopardo Edizione conforme al manosscritto del 1957)
Como siempre que reflexionaba sobre su muerte, se tranquilizó: tanto como se había alterado al pensar en la muerte de los otros; ¿acaso, porque, al fin y al cabo, su muerte era antes que nada la muerte del mundo entero?
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
Para la criatura humana no hay más placer que el de gritar "¡la culpa es tuya!
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)
Tutto questo” pensava “non dovrebbe poter durare; però durerà, sempre; il sempre umano, beninteso, un secolo, due secoli...; e dopo sarà diverso, ma peggiore. Noi fummo i Gattopardi, i Leoni; quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene; e tutti quanti Gattopardi, sciacalli e pecore, continueremo a crederci il sale della terra”.
Tommasi di Lampedusa
Si queremos que todo siga igual, es necesario que todo cambie.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (Il Gattopardo)