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ospedale Marco Bresolin | 642 parole «Grazie all’intervento degli assistenti veniva impedito il contatto fisico». «Nell’uscire di corsa dall’aula investiva la collega». «Dopo aver ripetutamente inveito contro la Presidenza, lanciava verso i banchi un bavaglio». «Protendeva il braccio destro colpendola con la mano tra il collo e il volto». «Lanciavano nella direzione dei banchi della Presidenza monete di cioccolata». «Rivolgeva gravissime offese di natura sessista». Potrebbe sembrare un registro di classe (e che classe!). O il referto arbitrale di una «combattuta» partita di Terza Categoria. No, sono i resoconti delle sedute di Camera e Senato. Il Parlamento, il luogo in cui si scrivono le leggi. Il luogo in cui, sempre più spesso, vengono violate. Quelle elette nella primavera del 2013 dovevano essere le Camere più giovani, più rosa e più rinnovate di sempre. Dunque, si pensava, le migliori. Quelle che avrebbero (anzi, hanno) il compito di non solo di scrivere le leggi, ma addirittura di riscrivere la Costituzione. Ma dopo un anno e mezzo, una decina di espulsioni dall’Aula, altrettanti parlamentari «censurati», un’occupazione dell’emiciclo e - addirittura - del tetto di Montecitorio per una notte, una deputata schiaffeggiata da un collega, una senatrice finita in ospedale con una spalla lussata e un senatore steso tra i banchi per un malore «post bagarre», vien da pensare che, forse, questo non è proprio il migliore dei parlamenti possibili. Anzi. Il regolamento del Senato scagliato contro Pietro Grasso dell’altro giorno è l’ultimo di una serie di episodi imbarazzanti. E infatti il presidente ora è deciso a istituire la linea dura: «Basta - si è sfogato coi suoi collaboratori - a ogni seduta sembra che si voglia alzare il livello dello scontro, non lo permetterò». Non che in passato siano mancate le intemperanze dei senatori (la mortadella di Nino Strano, nel 2008, per fare un esempio), ma il confronto con i provvedimenti presi in questa legislatura mostra un’escalation. Svettano Lega e M5S. E se Grasso non ce la fa più, figuriamoci Laura Boldrini. Alla Camera la gazzarra è all’ordine del giorno. L’apice - al netto delle già citate occupazioni grilline - si è toccato nell’ultima settimana di gennaio, i giorni della «ghigliottina». Montecitorio sembrava un ring. L’onorevole Di Battista duellava a favor di telecamera con il capogruppo Pd Roberto Speranza. Poi, come ha raccontato Mattia Feltri su La Stampa, «credendo di essere stato chiuso fuori dalla commissione Giustizia, aveva minacciato di buttare giù la vetrata col busto di Giovanni Giolitti». Peccato fosse aperta. Addirittura 5 deputati M5S venivano espulsi dall’Aula (la notizia è che a estrarre il cartellino rosso è stato il collega Luigi Di Maio). Ma nonostante la stretta decisa dall’ufficio di Presidenza, la musica non è mai cambiata. Nemmeno dopo l’elezione all’Europarlamento di Gianluca Buonanno, praticamente un incubo a forma di Sole delle Alpi per la Boldrini. In Aula aveva sventolato di tutto: manette, un forcone, una palla da carcerato, un finocchio, una spigola. Poi si era pitturato di nero il volto ed era stato richiamato perché «parlava in dialetto piemontese e metteva platealmente le mani dietro la schiena». Insomma: il peggiore, disciplinarmente parlando. A Strasburgo si è presentato indossando un burqa. Un simile Parlamento non poteva che far registrare il record di sospensioni. La più alta è toccata a Stefano Dambruoso (che è pure un questore alla Camera): 15 giorni per lo schiaffo alla grillina Lupo. In passato la pena massima era stata inflitta solo due volte: nel 1995 a Teodoro Buontempo (An) per aver occupato l’emiciclo e nel 2012 a Franco Barbato (Idv) per aver detto una parolaccia in Aula. In confronto con i loro successori, due gentiluomini.
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