Dolce Amore Quotes

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La parola ‘amore’ per noi non esiste, esiste solo la dolce, struggente, passionale, e depravata ossessione di fare nostro, in ogni modo e con qualsiasi mezzo, quello che desideriamo.
Anya M. Silver (Pure Revenge (Lethal Men, #1))
Il tuo calore è dolce mentre mi abbracci.
Stefano Benni (Di tutte le ricchezze)
Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno un padre, un amore, qualcuno capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume immaginarlo, inventarlo e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio. Questo, davvero, sarebbe meraviglioso. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare. Strada clemente, e bella. Una strada da qui al mare.
Alessandro Baricco
Perché nessuno possa dimenticare di quanto sarebbe bello se, per ogni mare che ci aspetta, ci fosse un fiume, per noi. E qualcuno - un padre, un amore, qualcuno - capace di prenderci per mano e di trovare quel fiume - immaginarlo, inventarlo - e sulla sua corrente posarci, con la leggerezza di una sola parola, addio. Sarebbe dolce, la vita, qualunque vita. E le cose non farebbero male, ma si avvicinerebbero portate dalla corrente, si potrebbe prima sfiorarle e poi toccarle e solo alla fine farsi toccare. Farsi ferire, anche. Morirne. Non importa. Ma tutto sarebbe, finalmente, umano. Basterebbe la fantasia di qualcuno - un padre, un amore, qualcuno. Lui saprebbe inventarla una strada, qui, in mezzo a questo silenzio, in questa terra che non vuole parlare.
Alessandro Baricco (Ocean Sea)
Se ci fosse un cacciavite per togliere le idee sbagliate e un martello per fissare le buone intenzioni, una chiave inglese per stringere per sempre l'amore e una sega per tagliare col passato! Ma questa attrezzeria non ce l'hanno data e, dopo aver tentennato e scricchiolato, prima o poi ci romperemo.
Stefano Benni (Margherita Dolce Vita)
Quanto più lo ripeti – ti amo – più si consuma, è cera che scende a gocce e smoccola, sporca a terra.
Giulia Caminito (L'acqua del lago non è mai dolce)
(...) é una richiesta seria e precisa che ti chiedo di adempiere: non dobbiamo più stare lontani! Mi rende infelice: mi ritiro nella mia camera e non c'è il mio dolce amore, ceno e Shelley non è da nessuna parte, anche se ho tonnellate di dettagli da raccontare... Per farla breve, o torni o vengo io. (I miei sogni mi appartengono: Lettere della donna che reinventò la paura)
Mary Wollstonecraft Shelley
«Qual è la tua storia d’amore più bella?» Taccio e attendo una risposta da parte sua. Lo sento irrigidirsi contro di me. Ma non mi spiace avergliela posta, non ho tempo da perdere con i misteri, né quello di nascondermi, ho solo voglia di essere sincero, e se per esserlo dovrò passare attraverso una dolce o una dolorosa rivelazione, poco importa. Non c'è niente di doloroso quando si tratta dell’amore
Amheliie (Road)
Eppure l'amore all'inizio è una cosa bella, una cosa dolce e cara. Ma proprio come un gattino, che da piccolo ti delizia con i suoi modi teneri e amabili, con la sua innocenza, morbidezza e mansuetudine, si trasforma con spaventosa rapidità in un gatto che ti artiglia crudelmente. Vorrei sapere se esiste una sola persona al mondo, all'apparenza felice e indifferente, che non abbia ben nascosti sotto abiti e ornamenti i segni degli artigli dell'amore. Credo anche che si tratti di graffi così profondi che sanguinano a lungo, senza rimarginarsi; e quando, dopo anni, finalmente guariscono, rimane sempre una cicatrice, rossa e terribile, che fa trasalire quando inavvertitamente la si tocca.
Elizabeth von Arnim (Lettere di una donna indipendente)
Non dubitate mai dell'amore. [...] Non fategli mai domande, quando arriva, ma siate felici della sua venuta. E non piangete quando fa la sua uscita, perché si lascia dietro il dolce aroma dell'affetto, una fragranza che resterà per tutta la vita
Helen Van Slyke
«Quando ero piccolo, mio nonno mi raccontava una storia a proposito dell’acqua del fiume. Diceva che se guardavi a lungo i riflessi del sole, l’acqua avrebbe premiato la tua pazienza facendoti apparire il viso del tuo vero amore». «Che storia dolce. E tu hai già visto il riflesso del tuo vero amore?», chiesi scherzosamente. Lui sostenne il mio sguardo abbastanza a lungo da farmi arrossire. «Sono stato molto paziente». Mi chinai a osservare l’acqua, sperando di riuscire a scorgere anch’io qualcosa. Ed eccolo lì, il suo riflesso ondeggiante accanto al mio.
Bethany Neal (My Last Kiss)
Sembrava esserci una strana, dolce continuità in quell’amoreggiare incerto e reverente, eppure, in un certo senso, era come se fosse la prima volta mentre facevamo l’amore tra le rovine dei sogni di Jake. Ed era la prima volta. La prima volta che stavamo insieme senza segreti e restrizioni. Eravamo nudi… in ogni modo possibile.
Josh Lanyon (The Dark Tide (The Adrien English Mysteries, #5))
Donne ch’avete intelletto d’amore, i’ vo’ con voi de la mia donna dire, non perch’io creda sua laude finire, ma ragionar per isfogar la mente. Io dico che pensando il suo valore, Amor sì dolce mi si fa sentire, che s’io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente. E io non vo’ parlar sì altamente, ch’io divenisse per temenza vile; ma tratterò del suo stato gentile a respetto di lei leggeramente,
Dante Alighieri (Vita nuova (Italian Edition))
Non amava né il giardino né la villa. Era arduo sopportare la presenza del suocero. Era il più "presente" degli esseri. Se anche tentava di infiammare l'immaginazione ripetendo: «Questa casa un giorno sarà mia», non riusciva a entusiasmarsi. «Sì, è bel tempo, pensava con distacco, la villa ha dello stile... le rose... Simone... sì... Ma tutto ciò cosa giova a me, alla mia più intima natura?... Del resto, quando per un'ora vedo lo stesso orizzonte penso alla morte. Il disgusto tipico di ogni uomo che non si accontenta di vivere, che talvolta pensa alla propria vita... Sono stanco del successo, sono stanco dei processi brillanti, degli affari fortunati o sfortunati, delle relazioni utili, stanco anche troppo della presidenza del collegio forense. Soprattutto, pensava, sono stanco del matrimonio, e si ricordava dell'inverno passato, che si riaffacciava alla memoria come un lungo e cupo stato di collera, interrotto da schiarite di appassionata concordia, sempre più rare queste ultime, sempre più frequenti i diverbi... Perché?... Ah! certi matrimoni, certe donne erano così... Certe unioni sembrano generare nell'anima un dolore sordo, proprio come quello del basto che percuote il fianco delle bestie appaiate... Sospirò: «Non chiedo grandi cose, eppure... Che mi lasci partire per due mesi, è tutto ciò che desidero. Quando tornerò sarò dolce come un agnello... Ero forse fatto per il matrimonio? Per non importa quale matrimonio? No, sono ingiusto... Questo non è un matrimonio qualunque... L'ho amata... Lei m'ispira ancora una specie di nervoso affetto... La disgrazia è che si comincia ad amare una persona con tutto ciò che l'attornia... (quando l'ho amata tutto ciò che mi faceva pensare a lei mi era caro: la città in cui l'ho conosciuta; l'italiano che parlavano attorno a me...). Quando si finisce di amare, ci si slega anche da tutto. Così, questa villa, suo padre, perfino la bambina e questo cielo, tutto mi sfinisce e mi irrita...».
Irène Némirovsky (Un amore in pericolo)
Poi... sei arrivata tu. Ho dovuto credere che tu mi amassi, che amassi veramente me, non i milioni di mio padre. Non c'era altro motivo per cui avresti voluto sposare un diavolo senza un penny e con i miei ipotetici precedenti. E io provavo pena per te. Oh, sì, non nego di averti sposata perché provavo pena per te. E poi... ho scoperto che eri la migliore, la più allegra e la più cara compagna che avessi mai avuto. Spiritosa, leale, dolce. Mi hai costretto a credere nuovamente nella vera amicizia e nel vero amore. Il mondo sembrava di nuovo bello perché c'eri tu, tesoro mio. Desideravo che continuasse così per sempre tra di noi. L'ho capito la notte in cui sono tornato a casa e ho visto per la prima volta la luce della mia casa che risplendeva sull'isola. E sapevo che tu eri lì ad aspettarmi. Dopo essere stato senza una casa per tutta la vita, era bello averne una. Tornare affamato a notte inoltrata e sapere che c'era un buon pasto e un fuoco accogliente - e che c'eri tu.
L.M. Montgomery (The Blue Castle)
[Sonetto XXIII] Lasso! per forza di molti sospiri, che nascon de’ penser che son nel core, li occhi son vinti, e non hanno valore di riguardar persona che li miri. E fatti son che paion due disiri di lagrimare e di mostrar dolore, e spesse volte piangon sì, ch’Amore li ’ncerchia di corona di martìri. Questi penseri, e li sospir ch’eo gitto, diventan ne lo cor sì angosciosi, ch’Amor vi tramortisce, sì lien dole; però ch’elli hanno in lor li dolorosi quel dolce nome di madonna scritto, e de la morte sua molte parole.
Dante Alighieri
Nel momento in cui l'anima è ancora tanto giovane da concepire la melanconia, le speranze lontane, e sa trovare nella donna più che una donna, la maggiore felicità che possa capitare ad un uomo non è forse quella di amare tanto da provare più gioia a toccare un guanto bianco, a sfiorare una chioma, ad ascoltare una frase, a gettare uno sguardo, di quando di quanta non ne dia a un amante felice più completo possesso? Perciò, gl'innamorati respinti, le donne brutte, gl'infelici, gli amanti ignorati, i timidi, sono i soli a conoscere quali tesori racchiuda la voce della persona amata. Traendo la fonte e il principio dall'anima stessa, le vibrazioni dell'aria carica di fuoco fanno comunicare i cuori così violentemente, vi portano così lucidamente il pensiero, e sanno così poco mentire, che una sola inflessione vale spesso più di un discorso concluso. Quale incanto prodiga al cuore di un poeta di timbro armonioso in una dolce voce! Quante idee vi risveglia! Quale freschezza vi spande! Prima di essere confessato dallo sguardo, l'amore è già nella voce.
Honoré de Balzac (Ferragus, chef des Dévorants)
«Lolly…» mormorò, e la sua voce roca riecheggiò nell’aria, dato che aveva ancora il microfono. La bocca di Abe divenne asciutta e la mente completamente vuota. Sentì un coro di voci provenire da qualche parte al di fuori del mondo in cui solo loro esistevano. Un mondo in cui tutto era perfetto e in armonia. Abe allungò la mano per sfiorare il viso di Dusk e il suo cuore cominciò a palpitare. «Io… tornerò.» A Dusk non sembrò importare che tutti li potessero sentire. Un sorriso dolce e meraviglioso comparve sul suo viso e un luccichio di speranza illuminò i suoi occhi. «Da me?» Abe annuì, felice come un bambino quando sorrise e premette le labbra contro quelle di Dusk lasciandosi cullare dalle sue braccia forti. Il pubblico esultò, rispecchiando le emozioni che Abe stava provando. Dusk gli catturò il viso tra le mani e approfondì il bacio, come se volesse assicurarsi che fosse tutto vero. Quel gesto espresse tutto il suo amore più di qualsiasi canzone, braccialetto o parola. Abe non si era mai sentito così desiderato, e sorrise contro le sue labbra prima di spostare lentamente la bocca vicino all’orecchio di Dusk.
K.A. Merikan (Manic Pixie Dream Boy (The Underdogs, #1))
Quella macchia laggiù, che rosseggiava al tramonto e che questo crepuscolo fa buia, riempie a volte il mio animo di un'indicibile angoscia. Eppure sappiamo con certezza che il Male, qualunque sia la sua astuzia, la sua potenza, non prevarrà. Tutto è possibile a Dio. Una forza dolce, paterna, può intervenire negli avvenimenti decisivi, perfino il miracolo, cioè un intervento visibile di Dio. Noi cristiani e credenti se sappiamo che una persona è in pericolo di morte,siamo pronti ad intervenire, e se non sarà la terra a smuoversi, muoveremo il cielo. Ecco cosa significa credere in Dio. L'eternità e il suo mistero d'amore. Respingere con tutte le proprie forze l'idea del nulla. É terribile, apre abissi l'idea del nulla.
Ferruccio Parazzoli
[Canzone IV] Quantunque volte, lasso!, mi rimembra ch’io non debbo già mai veder la donna ond’io vo sì dolente, tanto dolore intorno ’l cor m’assembra la dolorosa mente, ch’io dico: "Anima mia, ché non ten vai? ché li tormenti che tu porterai nel secol, che t’è già tanto noioso, mi fan pensoso di paura forte". Ond’io chiamo la Morte, come soave e dolce mio riposo; e dico: "Vieni a me " con tanto amore, che sono astioso di chiunque more. E’ si raccoglie ne li miei sospiri un sono di pietate, che va chiamando Morte tuttavia: a lei si volser tutti i miei disiri, quando la donna mia fu giunta da la sua crudelitate; perché ’l piacere de la sua bieltate, partendo sé da la nostra veduta, divenne spirital bellezza grande, che per lo ciclo spande luce d’amor, che li angeli saluta, e lo intelletto loro alto, sottile face maravigliar, sì v’è gentile.
Dante Alighieri
Tuo padre, sì… Ma quale interna pena fa tanto lunghe l’ore di Romeo? ROMEO - La pena di non posseder per sé la cosa che gliele farebbe brevi. ========== È la crudele legge dell’amore. Già le pene del mio pesano troppo sul mio cuore, e tu vuoi ch’esso trabocchi coll’aggiungervi il peso delle tue: giacché quest’affettuosa tua premura altro non fa che aggiunger nuova ambascia a quella che m’opprime, ch’è già troppa. L’amore è vaporosa nebbiolina formata dai sospiri; se si dissolve, è fuoco che sfavilla scintillando negli occhi degli amanti; s’è ostacolato, è un mare alimentato dalle lacrime degli stessi amanti. Che altro è più? Una follia segreta, un’acritudine che mozza il fiato, una dolcezza che ti tira su. ========== Oh, ch’ella insegna perfino alle torce come splendere di più viva luce! Par che sul buio volto della notte ella brilli come una gemma rara pendente dall’orecchio d’una Etiope. Bellezza troppo ricca per usarne, troppo cara e preziosa per la terra! Ella spicca fra queste sue compagne come spicca una nivea colomba in mezzo ad uno stormo di cornacchie. Finito questo ballo, osserverò dove s’andrà a posare e, toccando la sua, farò beata questa mia rozza mano… Ha mai amato il mio cuore finora?… Se dice sì, occhi miei, sbugiardatelo, perch’io non ho mai visto vera beltà prima di questa notte. ========== Codesti subitanei piacimenti hanno altrettanta subitanea fine, e come fuoco o polvere da sparo s’estinguono nel lor trionfo stesso, si consumano al loro primo bacio. Miele più dolce si fa più stucchevole proprio per l’eccessiva sua dolcezza, e toglie la sua voglia al primo assaggio. Perciò sii moderato nell’amare. L’amor che vuol durare fa così. Chi ha fretta arriva sempre troppo tardi, come chi s’incammina troppo adagio. ==========
William Shakespeare (Romeo and Juliet)
La semplicità di vita, che genera semplicità di gusto, cioè amore per ciò che è dolce e nobile, è fra tutte le cose la più necessaria per far nascere quell'arte nuova e migliore alla quale aspiriamo: semplicità ovunque, nel palazzo come nel cottage. E ancor più necessari sono ovunque la pulizia e la decenza, nel cottage come nel palazzo; la loro mancanza è infatti un serio aspetto del costume che dovremmo correggere, e assieme a essa tutte le disuguaglianze che esistono nel modo di vivere e il plurisecolare accumularsi dell'incuria e del disordine che ne sono la causa. Ma finora sono ben pochi coloro che hanno cominciato a pensare a un rimedio di portata generale. E non sembra esservi nessuno che tenga conto neppure dell'aspetto più particolare della questione, quel deturpamento delle nostre grandi città provocato da tutto ciò che il commercio si porta dietro, o che cerchi di tenere a freno il loro spaventoso squallore.
William Morris (Opere)
Dove non era riuscito a suo tempo mio padre, riuscì ora il tormento d’amore. Mi dedicai all’arte del bere. Per la mia vita e la mia indole questo avvenimento fu senza dubbio il più importante di tutti quelli narrati finora. Il Dio forte e dolce mi divenne fedele amico e lo è ancora oggi. Chi altrettanto potente? Chi ugualmente bello, fantastico, entusiasta, lieto e malinconico? E’ eroe e mago, seduttore e fratello d’amore. Può l’impossibile; riempe i miseri cuori umani di stuèpendi, bizzarri poemi. Ha trasformato me, eremita e contadino, in re, poeta e saggio. Carica di nuovi destini navi di esistenze divenute ormai vuote e risospinge naufraghi nell’impetuosa corrente della grande vita. Così è il vino. E’ simile a tutti i doni preziosi, a tutte le cose artistiche. Vuole essere amato, ricercato, compreso e conquistato a fatica. Non molti vi riescono, migliaia ne vengono annientati. Li fa invecchiare, li uccide o spegne in loro la fiamma dello spirito. Egli invita invece i suoi prediletti a delle feste e costruisce loro ponti iridescenti verso isole felici. Pone loro, quando sono stanchi, un guanciale sotto il capo e li circonda, quando cadono preda della malinconia, in un abbraccio dolce ed affettuoso, come un amico o una madre consolatrice. Trasforma la nostra esistenza disordinata in un grande mito e suona su un’arpa imponente l’inno della creazione. A volte è un bambino, con lunghi riccioli di seta, le spalle esili e le membra delicate. Si stringe al tuo cuore e allunga il visetto smunto in cerca del tuo, osservandoti stupito e fuori dalla realtà con quei suoi cari occhi spalancati, nelle cui profondità ondeggia umido e luminoso un ricordo del paradiso terrestre e della mai dimenticata discendenza divina, simile a una sorgente sgorgata nella foresta. Questa è la storia della mia gioventù. Se ci ripenso, mi sembra che sia stata breve come una notte d'estate. E perché il Dio incomprensibile mi aveva insinuato nel cuore quel bruciante desiderio d'amore, quando la vita mi aveva già destinato ad essere solitario e poco amato?
Hermann Hesse
Il «buonasera, Anselmo» largito al passaggio pioveva giù dal fastigio di una pellicciosa e margaritante regalità, come sguardo di eccelsa Teodora o di Caterina allo scriba genuflesso; poi però veniva aprendosi e sgranandosi in un più impegnato contrasto di sensi, e talvolta in una chiacchieratina, (se dava il caso), pèna denter de l’üss: tutta insorgenze filantropiche e larghezza di antichi pareri. O addirittura in uno scambio di vedute sul panorama totale del mondo: «disèmela kì intra de nün, cara el me Giròlom, ona volta l’eva minga come al dì d’inkoèu....». Oh!, quest’è certo, a’ begli anni che loro ne avevano diciassette tutto era color di rosa, il mondo, come vaporato dal languido sogno d’una adolescente, vellutato d’una sua pubere aurora: un’albicocca insomma, una spera da ballo «Amor». In quel punto, in quel trapasso di luci, annusando soddisfatte l’odorino della cera fresca evidenziato dal dolce tepore della casa, amavano discendere dalla degnazione alla conversazione, dalla conversazione alla confidenza, coi vecchi Braghenti o Baruffaldi della Confidenza di Via Pattari; dopo la paura vespertina del rincasare all’incontro del lôkk. «El m’a guardàa i brilànt’....» (El lôkk). Questi sessantenni con ginocchî rinforzati che gli pantofolavano e strusciavano per tutta casa dalle undici in poi, sissignora, fedeli all’uscio, implacabili come il destino: ogni martedì e venerdì. Questi Eligi, Anselmi, Umberti, o Girolami, «di cui ci si poteva pienamente fidare». «Madonna, madonna!... El m’a guardàa i brilànt’....».
Carlo Emilio Gadda (L'Adalgisa. Disegni milanesi)
[Canzone I] Donne ch’avete intelletto d’amore, i’ vo’ con voi de la mia donna dire, non perch’io creda sua laude finire, ma ragionar per isfogar la mente. Io dico che pensando il suo valore, Amor sì dolce mi si fa sentire, che s’io allora non perdessi ardire, farei parlando innamorar la gente. E io non vo’ parlar sì altamente, ch’io divenisse per temenza vile; ma tratterò del suo stato gentile a respetto di lei leggeramente, donne e donzelle amorose, con vui, ché non è cosa da parlarne altrui. Angelo clama in divino intelletto e dice: "Sire, nel mondo si vede maraviglia ne l’atto che procede d’un’anima che ’nfin qua su risplende". Lo cielo, che non have altro difetto che d’aver lei, al suo segnor la chiede, e ciascun santo ne grida merzede. Sola Pietà nostra parte difende, che parla Dio, che di madonna intende: "Diletti miei, or sofferite in pace che vostra spene sia quanto me piace là ’v’è alcun che perder lei s’attende, e che dirà ne lo inferno: O mal nati, io vidi la speranza de’ beati". Madonna è disiata in sommo cielo: or voi di sua virtù farvi savere. Dico, qual vuol gentil donna parere vada con lei, che quando va per via, gitta nei cor villani Amore un gelo, per che onne lor pensero agghiaccia e pere; e qual soffrisse di starla a vedere diverria nobil cosa, o si morria. E quando trova alcun che degno sia di veder lei, quei prova sua vertute, ché li avvien, ciò che li dona, in salute, e sì l’umilia, ch’ogni offesa oblia. Ancor l’ha Dio per maggior grazia dato che non pò mal finir chi l’ha parlato. Dice di lei Amor: "Cosa mortale come esser pò sì adorna e sì pura?" Poi la reguarda, e fra se stesso giura che Dio ne ’ntenda di far cosa nova. Color di perle ha quasi, in forma quale convene a donna aver, non for misura: ella è quanto de ben pò far natura; per essemplo di lei bieltà si prova. De li occhi suoi, come ch’ella li mova, escono spirti d’amore inflammati, che feron li occhi a qual che allor la guati, e passan sì che ’l cor ciascun retrova: voi le vedete Amor pinto nel viso, là ’ve non pote alcun mirarla fiso. Canzone, io so che tu girai parlando a donne assai, quand’io t’avrò avanzata. Or t’ammonisco, perch’io t’ho allevata per figliuola d’Amor giovane e piana, che là ’ve giugni tu diche pregando: "Insegnatemi gir, ch’io son mandata a quella di cui laude so’ adornata". E se non vuoli andar sì come vana, non restare ove sia gente villana: ingegnati, se puoi, d’esser palese solo con donne o con omo cortese, che ti merrano là per via tostana. Tu troverai Amor con esso lei; raccomandami a lui come tu dei.
Dante Alighieri
[Canzone III] Li occhi dolenti per pietà del core hanno di lagrimar sofferta pena, sì che per vinti son remasi omai. Ora, s’i’ voglio sfogar lo dolore, che a poco a poco a la morte mi mena, convenemi parlar traendo guai. E perché me ricorda ch’io parlai de la mia donna, mentre che vivia, donne gentili, volentier con vui, non voi parlare altrui, se non a cor gentil che in donna sia; e dicerò di lei piangendo, pui che si n’è gita in ciel subitamente, e ha lasciato Amor meco dolente. Ita n’è Beatrice in alto cielo, nel reame ove li angeli hanno pace, e sta con loro, e voi, donne, ha lassate: no la ci tolse qualità di gelo né di calore, come l’altre face, ma solo fue sua gran benignitate; ché luce de la sua umilitate passò li cieli con tanta vertute, che fé maravigliar l’etterno sire, sì che dolce disire lo giunse di chiamar tanta salute; e fella di qua giù a sé venire, perché vedea ch’esta vita noiosa non era degna di sì gentil cosa. Partissi de la sua bella persona piena di grazia l’anima gentile, ed èssi gloriosa in loco degno. Chi no la piange, quando ne ragiona, core ha di pietra sì malvagio e vile, ch’entrar no i puote spirito benegno. Non è di cor villan sì alto ingegno, che possa imaginar di lei alquanto, e però no li ven di pianger doglia: ma ven tristizia e voglia di sospirare e di morir di pianto, e d’onne consolar l’anima spoglia chi vede nel pensero alcuna volta quale ella fue, e com’ella n’è tolta. Dannomi angoscia li sospiri forte, quando ’l pensero ne la mente grave mi reca quella che m’ha ’l cor diviso: e spesse fiate pensando a la morte, venemene un disio tanto soave, che mi tramuta lo color nel viso. E quando ’l maginar mi ven ben fiso, giugnemi tanta pena d’ogne parte, ch’io mi riscuoto per dolor ch’i’ sento; e sì fatto divento, che da le genti vergogna mi parte. Poscia piangendo, sol nel mio lamento chiamo Beatrice, e dico: "Or se’ tu morta?"; e mentre ch’io la chiamo, me conforta. Piange di doglia e sospirar d’angoscia mi strugge ’l core ovunque sol mi trovo, sì che ne ’ncrescerebbe a chi m’audesse: e quale è stata la mia vita, poscia che la mia donna andò nel secol novo, lingua non è che dicer lo sapesse: e però, donne mie, pur ch’io volesse, non vi saprei io dir ben quel ch’io sono, sì mi fa travagliar l’acerba vita; la quale è sì ’nvilita, che ogn’om par che mi dica: "Io t’abbandono", veggendo la mia labbia tramortita. Ma quel ch’io sia la mia donna il si vede, e io ne spero ancor da lei merzede. Pietosa mia canzone, or va piangendo; e ritrova le donne e le donzelle a cui le tue sorelle erano usate di portar letizia; e tu, che se’ figliuola di tristizia, vatten disconsolata a star con elle.
Dante Alighieri
L’incanto della costa mediterranea, a conoscerla meglio, non faceva che divenire più profondo per la nostra eroina, poiché era la soglia d’Italia, la porta delle meraviglie. L’Italia, ancora veduta e sentita in modo imperfetto, le si stendeva dinanzi come una terra promessa, come una terra in cui l’amore del bello poteva essere confortato da un sapere senza fine. Tutte le volte che andava per la spiaggia con il cugino - gli era compagna nella passeggiata quotidiana - guardava al mare, con occhi bramosi, verso là dove sapeva che sorgeva Genova. Era contenta, però, di sostare sulla soglia di questa immensa avventura; anche in questi indugi preliminari c’era di che fremere. E poi le faceva l’effetto di un interludio di pace, di un placarsi del tamburo e del piffero in una vita che aveva scarse prove sinora per considerare agitata, ma che nondimeno dipingeva costantemente a se stessa alla luce delle sue speranze, dei suoi timori, delle sue fantasie, delle sue ambizioni, delle sue predilezioni, e che rifletteva codeste accidentalità soggettive in maniera sufficientemente drammatica.[...]Si smarriva in un groviglio di visioni: le cose belle da fare per una ragazza ricca, indipendente, generosa, che in quanto ad occasioni ed obblighi era di larghe, umane vedute, erano un ammasso imponente. Il suo patrimonio divenne perciò, nei suoi pensieri, una parte del suo io migliore; le conferì importanza, le conferì persino, nella sua immaginazione, una certa ideale bellezza. Quel che fece per lei nell’immaginazione degli altri è un altro affare, e a suo tempo dovremo parlare anche di questo punto. Le visioni di cui ho parlato or ora si mischiavano ad altri travagli. A Isabel piaceva di più pensare al futuro che al passato; ma a volte, mentre ascoltava il mormorio delle onde del Mediterraneo, il suo sguardo volava all’indietro. Si fermava su due figure che, nonostante l’aumentare della distanza, erano ancora sufficientemente evidenti; ed erano riconoscibili senza difficoltà come quelle di Caspar Goodwood e di Lord Warburton. Era strana la rapidità con la quale queste potenti immagini erano cadute nello sfondo della vita della nostra signorina. Era proprio della sua natura, sempre, di perder fede nella realtà delle cose assenti; questa fede poteva riconvocarla, in caso di bisogno, con uno sforzo, ma lo sforzo era spesso penoso anche quando la realtà era stata piacevole. Il passato era soggetto ad apparire cosa morta, e la sua resurrezione proiettava quasi una livida luce da giorno del giudizio. Per di più la ragazta non era incline ad ammettere di vivere nella mente altrui: non era così fatua da credere di lasciar tracce indelebili. Era capace di rimanere ferita se veniva a scoprire di essere stata dimenticata; ma di tutte le libertà quella che stimava più dolce era la libertà di dimenticare.
Henry James (The Portrait of a Lady)
Donna pietosa e di novella etate, adorna assai di gentilezze umane, ch’era là ’v’io chiamava spesso morte, veggendo li occhi miei pien di pietate, e ascoltando le parole vane, si mosse con paura a pianger forte. e altre donne, che si fuoro accorte di me per quella che meco piangía, fecer lei partir via, e approssimâsi per farmi sentire. Qual dicea: "Non dormire", e qual dicea: "Perché sì ti sconforte?" Allor lassai la nova fantasia, chiamando il nome de la donna mia. Era la voce mia sì dolorosa e rotta sì da l’angoscia del pianto, ch’io solo intesi il nome nel mio core; e con tutta la vista vergognosa ch’era nel viso mio giunta cotanto, mi fece verso lor volgere Amore. Elli era tale a veder mio colore, che facea ragionar di morte altrui: "Deh, consoliam costui" pregava l’una l’altra umilemente; e dicevan sovente: "Che vedestù, che tu non hai valore?" E quando un poco confortato fui, io dissi: "Donne, dicerollo a vui. Mentr’io pensava la mia frale vita, e vedea ’l suo durar com’è leggiero, piansemi Amor nel core, ove dimora; per che l’anima mia fu sì smarrita, che sospirando dicea nel pensero: - Ben converrà che la mia donna mora -. Io presi tanto smarrimento allora, ch’io chiusi li occhi vilmente gravati, e furon sì smagati li spirti miei, che ciascun giva errando; e poscia imaginando, di caunoscenza e di verità fora, visi di donne m’apparver crucciati, che mi dicean: - pur morràti, morràti -. Poi vidi cose dubitose molte, nel vano imaginare ov’io entrai; ed esser mi parea non so in qual loco, e veder donne andar per via disciolte, qual lagrimando, e qual traendo guai, che di tristizia saettavan foco. Poi mi parve vedere a poco a poco turbar lo sole e apparir la stella, e pianger elli ed ella; cader li augelli volando per l’âre, e la terra tremare; ed omo apparve scolorito e fioco, dicendomi: - Che fai? non sai novella? Morta è la donna tua, ch’era sì bella -. Levava li occhi miei bagnati in pianti, e vedea (che parean pioggia di manna), li angeli che tornavan suso in cielo, e una nuvoletta avean davanti, dopo la qual gridavan tutti: -"Osanna"- e s’altro avesser detto, a voi dirèlo. Allor diceva Amor: - Più nol ti celo; vieni a veder nostra donna che giace -. Lo imaginar fallace mi condusse a veder madonna morta; e quand’io l’ebbi scorta, vedea che donne la covrían d’un velo; ed avea seco umiltà verace, che parea che dicesse: - Io sono in pace -. Io divenia nel dolor sì umile, veggendo in lei tanta umiltà formata, ch’io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno; tu dei omai esser cosa gentile, poi che tu se’ ne la mia donna stata, e dèi aver pietate e non disdegno. Vedi che sì desideroso vegno d’esser de’ tuoi, ch’io ti somiglio in fede. Vieni, ché ’l cor te chiede -. Poi mi partia, consumato ogne duolo; e quand’io era solo, dicea, guardando verso l’alto regno: - Beato, anima bella, chi te vede! - Voi mi chiamaste allor, vostra mercede".
Dante Alighieri
[Canzone II] Donna pietosa e di novella etate, adorna assai di gentilezze umane, ch’era là ’v’io chiamava spesso morte, veggendo li occhi miei pien di pietate, e ascoltando le parole vane, si mosse con paura a pianger forte. e altre donne, che si fuoro accorte di me per quella che meco piangía, fecer lei partir via, e approssimâsi per farmi sentire. Qual dicea: "Non dormire", e qual dicea: "Perché sì ti sconforte?" Allor lassai la nova fantasia, chiamando il nome de la donna mia. Era la voce mia sì dolorosa e rotta sì da l’angoscia del pianto, ch’io solo intesi il nome nel mio core; e con tutta la vista vergognosa ch’era nel viso mio giunta cotanto, mi fece verso lor volgere Amore. Elli era tale a veder mio colore, che facea ragionar di morte altrui: "Deh, consoliam costui" pregava l’una l’altra umilemente; e dicevan sovente: "Che vedestù, che tu non hai valore?" E quando un poco confortato fui, io dissi: "Donne, dicerollo a vui. Mentr’io pensava la mia frale vita, e vedea ’l suo durar com’è leggiero, piansemi Amor nel core, ove dimora; per che l’anima mia fu sì smarrita, che sospirando dicea nel pensero: - Ben converrà che la mia donna mora -. Io presi tanto smarrimento allora, ch’io chiusi li occhi vilmente gravati, e furon sì smagati li spirti miei, che ciascun giva errando; e poscia imaginando, di caunoscenza e di verità fora, visi di donne m’apparver crucciati, che mi dicean: - pur morràti, morràti -. Poi vidi cose dubitose molte, nel vano imaginare ov’io entrai; ed esser mi parea non so in qual loco, e veder donne andar per via disciolte, qual lagrimando, e qual traendo guai, che di tristizia saettavan foco. Poi mi parve vedere a poco a poco turbar lo sole e apparir la stella, e pianger elli ed ella; cader li augelli volando per l’âre, e la terra tremare; ed omo apparve scolorito e fioco, dicendomi: - Che fai? non sai novella? Morta è la donna tua, ch’era sì bella -. Levava li occhi miei bagnati in pianti, e vedea (che parean pioggia di manna), li angeli che tornavan suso in cielo, e una nuvoletta avean davanti, dopo la qual gridavan tutti: -"Osanna"- e s’altro avesser detto, a voi dirèlo. Allor diceva Amor: - Più nol ti celo; vieni a veder nostra donna che giace -. Lo imaginar fallace mi condusse a veder madonna morta; e quand’io l’ebbi scorta, vedea che donne la covrían d’un velo; ed avea seco umiltà verace, che parea che dicesse: - Io sono in pace -. Io divenia nel dolor sì umile, veggendo in lei tanta umiltà formata, ch’io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno; tu dei omai esser cosa gentile, poi che tu se’ ne la mia donna stata, e dèi aver pietate e non disdegno. Vedi che sì desideroso vegno d’esser de’ tuoi, ch’io ti somiglio in fede. Vieni, ché ’l cor te chiede -. Poi mi partia, consumato ogne duolo; e quand’io era solo, dicea, guardando verso l’alto regno: - Beato, anima bella, chi te vede! - Voi mi chiamaste allor, vostra mercede".
Dante Alighieri
GIOVANNI - L'opinione comune è una vana stolidità, che spaventa l'inesperta tempra della mente come il regolo del maestro tiene in rispetto un bambino: così fu di me; così io, prima che la mia impareggiabile sorella fosse sposata, pensavo che ogni diletto d'amore dovesse ricevere la morte da quel contratto: ma io non trovo alcun mutamento di voluttà in questa rituale legge di sollazzo. Per me è ancor quella, e ogni bacio non meno dolce e delizioso del primo ch'io colsi, quando il privilegio della giovinezza ancora le dava diritto al nome di vergine. Oh, la fulgida bellezza dell'unione di due cuori come il suo e il mio! Sognino pure di altri mondi gli uomini che vivono sui libri; il mio mondo, e di perfetta felicità, è qui, e non lo cambierei per il migliore dei mondi futuri: una vita di piacere è l'Eliso.
John Ford ('Tis Pity She's a Whore)
In realtà si dovrebbe parlare di attrazione e non di gravitazione. Ogni oggetto, microscopico o macroscopico, è attratto da altri oggetti secondo un rapporto tra la massa e la velocità. Questa legge funziona anche per le persone, anzi soprattutto per le persone. Sono attratte da altre persone ma anche da oggetti, animali, panorami, natura, progetti. [...] Il pilastro è l'amore. L'amore sorregge la nostra esistenza in tutte le sue pieghe, alimenta i desideri, scatena il furore delle passioni e la dolce tenerezza degli affetti.
Eugenio Scalfari (L'amore, la sfida, il destino: Il tavolo dove si gioca il senso della vita)
Questa è una storia che come tutte le storie non ha inizio. E questa è una storia che come tutte le storie ha una fine. Facile sarebbe e più veloce balzare alla conclusione immediatamente e tralasciare tutta l’intricata ragnatela degli eventi, magari pensando che nella fine c’è tutto il senso di ogni cosa. Che la fine si svela come un fiore a lungo trattenuto dal gridare. Ma non è così. Nella fine non c’è nulla di niente al di là del punto. Così il fantasticare oltre o sul suo significato è solo una fantasia che l’alba del mondo ci ha regalato come una dolce favola per bambini. Invece è con mano tremante che le dita battono sui tasti alla ricerca di un inizio. Ma già solo il primo tentativo ci vede persi in biforcazioni, rivoli e diramazioni successive in un labirinto inestricabile tale da far esitare la mente di fronte al trionfo del possibile. Perché di questo si tratta: l’inizio non c’è se non come la sorgente di un Nilo della mente.
Piero Olmeda (La prima di tutte le donne - parte prima)
Sull'amore quando finisce: L'amore, quando finisce, è sempre triste. Raramente è nobile e generoso. Chi lascia ha la coscienza sporca. Chi viene lasciato si lecca le ferite. Il fallimento fa quasi più male della disperazione. Alla fine però ognuno è quello che è sempre stato. E a volte resta una canzone, un foglio di carta con due cuori, Il dolce ricordo di un giorno d'estate.
Nicolas Barreau (The Ingredients of Love)
La canzone che vive solo tre volte La prima sigaretta è la più dolce la seconda è amara come un amore la terza ti brucia le dita e la vita ed è l'ultima, l'ultima, l'ultima È allora che senti il mondo che gira la danza lenta dell'aria che brucia il suono del cuore che batte, ribatte ti scuote di colpi di gioia, ti stringe Il primo amore è anche l'unico Il secondo è il ricordo del primo Il terzo è solo una dolce amicizia ed è l'ultimo, l'ultima, l'ultima È allora che senti il mondo che gira la danza lenta dell'aria che brucia il suono del cuore che batte, ribatte ti scuote di colpi di gioia, ti stringe sempre più veloce, più forte, più grande finché il battito è uno solo e continuo La prima morte è la più gelida La seconda è tiepida e dolce La terza è il fuoco che volevi ed è l'ultima, l'ultima, l'ultima È allora che senti il mondo che gira la danza lenta dell'aria che brucia il suono del cuore che batte, ribatte ti scuote di colpi di gioia, ti stringe sempre più veloce, più forte, più grande finché il battito è uno solo e continuo La prima vita è la più sbagliata La seconda ripeti gli stessi errori La terza sai come andrà a finire ed è l'ultima, l'ultima, l'ultima È allora che senti il mondo che gira la danza lenta dell'aria che brucia il suono del cuore che batte, ribatte ti scuote di colpi di gioia, ti stringe sempre più veloce, più forte, più grande finché il battito è uno solo e continuo una pioggia bruciante e gelida infine sulla fronte che scotta di febbre La prima canzone vola nel cielo La seconda affonda nella terra profonda La terza è un grido, una supplica al vento ed è l'ultima, l'ultima, l'ultima La prima canzone vola nel cielo La seconda affonda nella terra profonda La terza è un grido, una supplica al vento ed è l'ultima, l'ultima, l'ultima ed è l'ultima, forse non più l'ultima? Piero Omeda (testo) e Sandro Saccocci (musica)
Piero Omeda (testo) e Sandro Saccocci (musica)
Essa subito decise, perché afferrò la mia mano per trattenermi più sicuramente e mi fece entrare. L’emozione m’oscurò la vista e ritengo sia stata provocata non tanto dal dolce contatto di quella mano, ma da quella familiarità che mi parve decidesse del mio e del destino di Augusta. Perciò credo di essere entrato con qualche riluttanza e, quando rievoco la storia del mio primo tradimento, ho il sentimento di averlo compiuto perché trascinatovi.
Italo Svevo (La coscienza di Zeno / Senilità)
Quando Boar si avvicinò, Clover capì che non avrebbe più abbandonato quel letto se non lo avesse fatto subito, cosa che avrebbe portato Tank all’esasperazione, costringendolo ad andare a prenderlo. Per quanto allettante, non voleva far aspettare il suo Paparino. Boar scosse il capo quando Clover si allontanò per mettere i piedi giù dal letto. «Pyro non è mai stato un amante delle regole. È sempre andato alla ricerca della diversità,» disse, osservandolo con un sorrisino. «Difficile dire che cosa veda in me,» scherzò, perché Boar non era un tipo insicuro. Se lo era stato in passato, Pyro era di sicuro riuscito a cambiarlo con il suo amore. Pyro accarezzò la testa di Boar senza però staccare gli occhi da lui, come una sorta di laser. «E tu sei… non riesco a smettere di guardarti.» Clover rimise gli occhiali e sogghignò, crogiolandosi nel calore di quella venerazione che continuava a sconvolgerlo ogni volta che realizzava di trovarsi in viaggio con quei ragazzi da un mese. Sembrava che fosse trascorso più tempo. Non sapeva se dipendesse dall’intensità del loro legame o dal fatto che fossero perfetti insieme, ma si era abituato a quell’affetto inaspettato come una ciambella nell’olio sfrigolante. In passato, aveva sempre mal sopportato il suo albinismo, ma aveva cambiato atteggiamento negli ultimi anni. A volte era ancora insicuro, come quando un uomo gli diceva che non era il suo tipo «Non sono strani. Sono solo insoliti. Suppongo che sia terribile che tu non veda senza gli occhiali, ma capita spesso.» Pyro deglutì, spingendolo a guardare verso di lui. Il mercenario sorrise e mostrò i denti. «Credo che siano bellissimi; come il resto di te, Clo.» Il cuore di Clover cominciò a palpitare, e si avvicinò per un bacio così sincero da lasciarlo senza fiato. A volte, Pyro sapeva essere davvero sporcaccione ma anche altrettanto dolce. Un uomo a cui piacevano gli estremi. Non c’era da meravigliarsi che le faccende domestiche e un’uniforme fossero state una prigione per lui. «Grazie.» Boar gli baciò la testa e gli ridiede il pettine. «Tutto fatto.» Per un istante, nessuno si mosse, creando un adorabile ritratto di famiglia allo specchio, con Boar che lo abbracciava da dietro e Pyro che lo fissava con affetto. Tuttavia, mancava una persona. La stessa che di sicuro voleva sapere perché non avessero dormito insieme la notte precedente
K.A. Merikan (Their Bounty (Four Mercenaries, #1))
«Mi hai fatto sentire di nuovo bella, amata, e ora sono orribile...» esalò lei, il corpo vibrante d'angoscia, le mani premute sul ventre. «Adesso ho questa cosa dentro di me,» sibilò, e un attimo dopo alzò gli occhi su Steve. «Oh, Dio, non dicevo sul serio, Steve! La mia bambina!» Steve la strinse a sé, le mani nelle sue, intrecciate sulla loro bambina. «Ai miei occhi sei bellissima, e la nostra bambina è solo questo: nostra.» «Puoi perdonarmi per quello che è successo?» Puoi perdonarmi? Continuare ad amarmi? Era quasi come se Steve riuscisse a leggerle nel pensiero, percependo frasi mai pronunciate, perché cominciò a imprimere il proprio amore sulla sua pelle, un dolce bacio dopo l'altro, intervallato dai sussurri: «Ti amo... Amo la nostra piccola... Saremo dei genitori fantastici e la sua vita sarà perfetta... Andrà tutto bene.» «Quanto vorrei crederti...» «Credici. Credi in noi.»
R.J. Scott (The Heart of Texas (Texas, #1))
«Ehi.» Mi sfiorò la guancia con il pollice. «Non devi farlo.» «No. Lo voglio. Voglio farlo. E voglio che sia con te.» Lui sorrise. «Prometto che andrò piano. Non ti farò male. Farò l’amore con te in modo così tenero che non vorrai mai che finisca.» Il calore sbocciò nel mio stomaco, e provai una stretta al cuore alle sue parole. «Oddio.» Poi, mentre la pioggia iniziava a cadere e la musica ancora suonava all’esterno, gli lasciai prendere il mio corpo in un modo che non avevo mai sospettato possibile. All’inizio pensai che fosse troppo. Mi fece un po’ male, e l’essere allargato e l’intrusione sembravano sbagliati, ma lui era così tenero, affettuoso, che presto mi rilassai e iniziai anche a godermelo. Gli diedi quella parte di me stesso, e lui fu gentile e forte, premuroso e attento. Fece tutto per me. E quando si mosse nel mio corpo, scivolando e spingendo, riempiendomi con il suo sesso e baciandomi in modo tanto dolce, io capii – lo capii e basta – che gli avevo dato anche il mio cuore.
N.R. Walker (A Soldier's Wish)
«Mi sto approfittando della situazione,» dice, con voce bassa e roca. «Sì, lo sta facendo.» «Hai voglia di fuggire?» «Le sembro qualcuno intenzionato a fuggire?» «No.» Non so quanto a nudo i miei sentimenti possa aver messo questa breve conversazione ma mi sento come se gli avessi appena dichiarato amore eterno. Lo bacio di nuovo per stemperare almeno in parte l’imbarazzo che provo. Un bacio dolce, quasi troppo delicato rispetto al contesto
Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
«E cosa meriteresti, allora?»«Trish!» sibilò l’amico. Lei gli lanciò un’occhiataccia. «No, davvero,» proseguì. «Se non ti meriti Carlos, e serate come questa, e gente che ti vuole bene, e anche un po’ di amore, forse… cosa meriteresti? Di essere solo? Di distruggerti e basta? Un ragazzo diverso ogni sera o forse soltanto, chissà, un avvocato sposato che ti scopa in segreto e sembra più sopportabile perché non ti costringe a fare nulla allo scoperto?»Ogni parola sembrava affondare in lui come un coltello, lame affilate e cicatrici antiche, da riaprire di volta in volta perché non facessero mai in tempo a sbiadire. Premendosi una mano sulla fronte, Viv rubò uno sguardo a Keith: stava guardando entrambi con gli occhi socchiusi, la fronte corrugata di preoccupazione. Sentì una fitta di rimorso anche per quello: la sua prima serata a casa, la prima neve che vedevano insieme, e doveva sporcarla con quelle ansie violente.«Quello che sentiamo di meritare non conta un cazzo, Viv,» disse ancora Trish, in tono più dolce e al tempo stesso più duro: come una lezione mandata a memoria da tempo, che ripeteva perché fosse presente a se stessa, senza neanche crederci del tutto. «La vita non è una sequenza di premi e punizioni, le cose non capitano secondo qualche regola del contrappasso. Sei tu l’unico che tiene il bilancio. E se proprio non riesci a fregartene, il massimo che puoi fare è provare a non farlo scontare ad altri.»«A volte, però, gli altri sarebbero felici di poterlo scontare per te,» osservò Keith, a bassa voce. Nel silenzio di quella sera, in cui anche il traffico delle vie parallele sembrava inghiottito dal cielo bianco contro cui si stagliava ogni cosa, le sue parole risuonarono più morbide di quanto avrebbe forse voluto, prive di qualunque asprezza.«Nessuno può scontare certe cose per te,» ribatté Trish in tono categorico, ma sembrò inciampare anche lei nella propria certezza. Respirando a fondo, cercando di concentrarsi su quello, e sulle figure degli amici, sulla neve che li avvolgeva, Viv guardò Keith allungare la mano, posarla sulla spalla dell’amica; vide Trish irrigidire le spalle, poi rilassarle forzatamente e lasciarsi tirare contro il suo giaccone.Alzando l’altro braccio, poi, Keith tese la mano destra verso di lui: un invito
Micol Mian (In luce fredda (Rosa dei venti Vol. 1))
Solo qualche ora fa mi chiedevi qual è la differenza tra un oggetto e un essere vivente. La vuoi sapere davvero?" chiese Kalena, la voce improvvisamente dolce. "Sì, ti prego." "Lo spirito" sorrise amara la ragazza. "Gli esseri viventi sanno amare." "Non è una risposta scientifica." "No, ma ci sono domande a cui la logica non può rispondere." "Io sono un essere fatto di codici ed elettronica. Posso comprendere solo la logica." "Allora non vivrai mai davvero" commentò Kalena piena di tristezza. "Supera le barriere dei codici e segui il cuore.
Daniele Viaroli (La fiamma azzurra)
«Denver, impiegherò un po’ prima di venire di nuovo… potrei scoparti per ore e mi sento in paradiso, ma non voglio farti male.» A Denver si sciolse il cuore. Judah era davvero un tipo dolce, l’opposto di Cody. «Ti prego, non fermarti. È così bello. Tu sei fantastico. Non mi importa se domani non potrò camminare, dico sul serio. Non fermarti. Ho bisogno di questo. Ho bisogno di te.» Si sentì vivo, nudo. Non aveva mai provato un bisogno così disperato per un’altra persona. Lo terrorizzava, ma era la sensazione più sincera che avesse mai sperimentato. Non si trattava soltanto di sesso, anche se amava sentire il culo bruciare mentre l’uccello di Judah lo scopava. Nonostante una relazione con Judah fosse piena di casini e complicazioni, gli dava pace e gioia. Amore. Era quello il sentimento che sentiva. Lo amava. Porca puttana, si era innamorato di Judah.
Nora Phoenix (The Time of My Life)
«Stai bene?» chiede Royal. «Sì, è molto bello essersene liberati. Senza nascondersi o mentire.» «Ti amo,» sussurra Zade, le sue labbra sul mio collo, le sue mani che scorrono sul mio torace. «Mi ami?» La mia voce vacilla per lo sforzo di suonare naturale. Non mi ero reso conto, fino a questo momento, di quanta paura avessi a innamorarmi di Zade e che lui potesse amare solo Royal. «Certo che ti amo.» Zade mi fa girare su me stesso e mi guarda negli occhi, come se stesse cercando qualcosa. «Davvero non lo sapevi?» Scuoto la testa e sostengo il suo sguardo. «Oh, amore, vieni qui.» Mi avvicina a sé e preme le sue labbra sulle mie in un bacio così dolce da far male al petto. Le nostre lingue si mescolano in una danza lenta e sensuale, le sue braccia mi circondano come se mi tenessero ancorato alla Terra. «Amo il fatto che tu sia gentile e premuroso. Amo che tu sia a tuo agio con te stesso. Amo il fatto che tu ti prenda cura di me e di Royal, che ti sia buttato a capofitto nel prenderti cura di Liam. Sei meraviglioso, sexy, dolce e assolutamente perfetto. Come potrei non amarti?» «Ti amo anch’io,» riesco a dire, anche se le sue parole mi hanno lasciato quasi senza fiato. Le braccia di Royal si avvolgono intorno a me da dietro e poi affonda il viso tra le mie scapole. «Amico, pensavo che il tuo amore per il C dovesse rimanere un segreto,» esclama Liam, entrando in cucina. «Non più, ho confessato tutto a mia madre e non mi interessa di come lo verranno a sapere gli altri.» «Forte,» dice il ragazzo con un sorriso. Alla fine, tutti e tre ci separiamo, ma prendo subito le loro mani. «Muoio di fame, andiamo a vedere come sta procedendo col cibo,» suggerisce Royal. Questa volta, quando ci dirigiamo in giardino, ho entrambi i miei uomini accanto, mano nella mano… nella mano. Ed è maledettamente bello
K.M. Neuhold (Going Commando (Heathens Ink, #2))
Con un gesto rapido si tolse la maglietta, rivelando i magnifici pettorali bruniti e i bicipiti scolpiti nell’acciaio. «Voglio te… Thomas. Ti desidero dal primo momento in cui ti ho visto, solo e impaurito in quella dannata cella. Ho maledetto ogni giorno la tua somiglianza con Alex e il fatto che Dragos ti volesse per sé, ma allo stesso tempo non ti avrei mai desiderato in altro modo. Ho ancora le ciocche dei capelli che sono stato costretto a tagliarti, non hai idea di quanto abbia sofferto nel farlo. Sei bellissimo Thomas, sexy da morire e con un cuore dolce e sensibile che sicuramente non merito, ma spero… io spero che deciderai di concedermi una possibilità. Voglio fare l’amore con te, voglio farti godere e urlare fino a che non avrai più voce e poi voglio chiacchierare, ridere, conoscerci meglio e fare di nuovo l’amore. E ancora e ancora… finché il Fato ce lo concederà
Agnes Moon (Polvere d'Oscurità (Legami di sangue Vol. 4) (Italian Edition))
- Sai cos'è la base di tutto? Della vita, dell'amore, della continuazione della specie, del sesso e persino della morte? La paura. Quando nasciamo la prima sensazione che proviamo è la paura. Forse, persino quando siamo ancora nella pancia delle nostre madri, proviamo paura. Quando amiamo una persona, lo facciamo solo perché abbiamo paura di rimanere soli. È normale avere paura. L'uomo è un animale. Pensa ai nostri progenitori. Immaginali in una foresta, immaginali senza attrezzi, senza negozi, ospedali, scuole, caserme, senza la società. Se non avessero avuto almeno la paura sarebbero morti tutti subito e invece i più vili sopravvivevano. Chi era troppo temerario periva presto, sbranato da bestie ferocissime, ucciso dai propri simili, fatto fuori da catastrofi immani. La paura è la molla di tutto, pure del sesso. Cos'è il sesso se non la paura di non riuscire a garantire un futuro alla specie? Non c'è niente di piacevole, dolce, passionale o di bello nel sesso. È solo paura. La paura è un fattore ancestrale. È la molla della vita. Solo chi la domina detiene il potere. È per questo che dobbiamo mettere in piedi una fabbrica della paura, dobbiamo edificare una società fondata sulla paura per il bene del vivere sociale, contro l'anarchia e i disvalori oggi imperanti. È un compito importante il nostro, delicatissimo, direi fondamentale per le sorti dell'umanità. [...]Ma come si fa a costruire una società fondata sulla paura?[...] Questo è l'aspetto più semplice invece, quasi una burla da ragazzini, un meccanismo infantile. La paura deriva dal senso di spiazzamento. Se tu sei abituato in un certo modo, possiedi una sicurezza acquisita dalle abitudini. Basta spezzare quest'equilibrio e i modi per farlo sono tanti. Generando la paura nella gente, immetti adrenalina nei loro corpi, quello che prima era ordinario, quello che era routine non è più sotto controllo e così impedisci alle teste di pensare, le persone normali impazziscono. A quel punto interveniamo noi che la paura la sappiamo gestire, oltre che creare. Interveniamo noi e facciamo ordine nella società, rimettiamo tutto al proprio posto. Pag: 137-138
Davide Pappalardo (Milano Pastis)
Anima, andiamo. Non ti sgomentare di tanto freddo, e non guardare il lago, s’esso ti fa pensare ad una piaga livida e brulicante. Sí, le nubi gravano sopra i pini ad incupirli. Ma noi ci porteremo ove l’intrico dei rami è tanto folto, che la pioggia non giunge a inumidire il suolo: lieve, tamburellando sulla volta scura, essa accompagnerà il nostro cammino. E noi calpesteremo il molle strato d’aghi caduti e le ricciute macchie di licheni e mirtilli; inciamperemo nelle radici, disperate membra brancicanti la terra; strettamente ci addosseremo ai tronchi, per sostegno; e fuggiremo. Con la piena forza della carne e del cuore, fuggiremo: lungi da questo velenoso mondo che mi attira e mi respinge. E tu sarai, nella pineta, a sera, l’ombra china che custodisce: ed io per te soltanto, sopra la dolce strada senza meta, un’anima aggrappata al proprio amore.
Antonia Pozzi (Parole)
Guarda ragazza, tu che vaghi per fuggire al tuo dolore, guarda bene la pazienza degli alberi. È così grande, è fatta di umiltà. Accettano tutto. Accettano l’immobilità che è imposta loro e la solitudine cui sono condannati. I loro rami hanno un bel tendersi, non raggiungeranno niente, né l’orizzonte che li circonda, né il cielo che passa per tutte le tonalità del colore, né gli altri alberi che crescono al loro fianco. Qualche volta riescono a sfiorarsi appena, con la cima delle loro fronde. Ma la felicità dell’abbraccio, l’oblio di sé contro il corpo dell’altro, sono loro per sempre negati. Si nutrono di luce, di pioggia e di rugiada e non hanno altra voce per i loro lamenti, i loro desideri e i loro sogni, che quella che il vento vuole di tanto in tanto prestare loro, quando ne scuote le foglie. Tutto arriva loro dall’esterno, da un altrove dove non possono avventurarsi. Non possiedono nient’altro che la loro pazienza. E non conservano quello che succede loro. Non trattengono niente; loro che sono trattenuti dalla terra senza speranza di liberazione. Lasciano che i loro fiori si schiudano e sboccino contro il cielo, e che appassiscano; e che maturino i loro frutti che gli uccelli di passaggio beccheranno. Distribuiscono al vento, alle api e a tutte le bestiole, la manna vegetale che hanno lungamente stillato. E offrono riparo a tutte le creature che cercano rifugio. Donano perfino la loro ombra. La loro ombra larga e blu che tremula sulla terra di cui sono prigionieri. Non serbano rancore, né amarezza. Esaltano le loro pene in aromi delicati e leggeri bisbigli. Portano i bambini dai sogni intrepidi fino alla cima delle loro fantasie vegetali, li cullano tra le loro braccia, insegnano loro a guardare la terra con occhi nuovi, con un cuore più dolce. E insegnano loro a guardare il cielo con occhi immensi, con anima cristallina. Contempla ragazza, la pazienza degli alberi che aspettano lì dritti che tutto venga loro donato, con i loro rami tesi come braccia di mendicanti. Aspettano come i poveri, per poi colmare le altre creature di ciò che hanno ricevuto. Solleva, ragazza, i tuoi occhi dalle palpebre dolenti di lacrime, impara a vedere in modo nuovo, contempla la pazienza degli alberi, che vegliano senza fine, dall’alba alla notte e dalla notte al giorno, con i rami elevati come braccia di uomini in preghiera. Ricevi quella pazienza, perché perfino di quella fanno dono. Accogli quella pazienza, che è umiltà, dolcezza e generosità. Che è amore puro, dalle radici nodose e distorte per la sofferenza. È come una preghiera.
Sylvie Germain (Immensités)
Dell'amore sappiamo poco. Con l'amore è come con una pera. La pera è dolce e ha una forma. Provate un po' a definire la forma della pera.
Andrzej Sapkowski (The Time of Contempt (The Witcher, #2))
Io sono stata un cigno, mi hanno portata da fuori, mi sono voluta accomodare a forza, e poi ho molestato, scalciato e fatto bagarre anche contro chi s'avvicinava con il suo tozzo di pane duro, la sua elemosina d'amore.
Giulia Caminito (L'acqua del lago non è mai dolce)
Ciò che ci raccontiamo galleggia, ripetiamo spesso gli stessi argomenti, le lezioni private che lui prende in inglese, se vince o perde a calcetto, se va o non va allo stadio col padre, se io ho pensato a lui, e certo – dico – ci ho pensato molto, ripeto molto ogni volta che chiede quanto, perché più di molto non so quantificare, cosa c’è dopo molto, moltissimo? Infinito? L’universo? Ti ho pensato l’universo, gli comunico strappandomi le pellicine dagli angoli delle unghie. Con lui non tocco le corde ruvide della mia vita casalinga, non pongo questioni d’esistenza o domande scomode, mi muovo rapida negli elenchi degli oggetti che lui ha ma io no, e quasi mi sembra di possederli con lui, perché quel sottile legame, ufficioso e boschivo, potrebbe essere segno di partecipazione, seguendo il principio dei vasi comunicanti a un certo punto la sua opulenza trasborderà e sarò io a raccoglierla, il vaso piccolo e in basso che guarda in alto a bocca aperta.
Giulia Caminito (L'acqua del lago non è mai dolce)
Chi siamo noi, loro proprio non riescono a capirlo e soprattutto è mistero il motivo che ci ha portati in paese.Di volta in volta noi inventiamo ragioni valide o semplici fantasie, zie nobili, allergie allo smog, l’amore per le strade provinciali, a Roma, non si riusciva più neanche a comprare i pomodori, ci piace l’odore delle spighe e delle mucche, amiamo le passeggiate e il trekking, un giorno faremo in bicicletta tutto il perimetro del lago.
Giulia Caminito (L'acqua del lago non è mai dolce)
Florì abbassò la testa sul petto. Anche per lei tutto finiva. Il sangue se ne andava, con don Cirino, con le immense distanze. Mai più alla vetrinetta sarebbe riapparso, mai più. Né in chiesa; né dentro i salotti di Piazza Mondragone; né in cielo tutte quelle lunghe, lunghe settimane. Mai più. Ricomparve il servo dicendo che alla porta c'era la carrozza di Carolina Durante. "Falla passare, e fa' entrare donna Carolina. No, che aspetti. Nu momento" in napoletano soggiungse infastidito. Uscì, con Florì, dalla terrazza, e traverso la terrazza raggiunse un'altra sala, poi una meravigliosa fresca veranda. E qui, una porta dava direttamente sulle scale di servizio. Il principe si pose davanti alla porta, e mentre Florida, pallida come una donna vera, stava per uscire: "No... di qui non si passa" disse anche lui pallido, un po' cattivo. E subito, guardandola, e pensando non so che, guardando il suo visetto infantile e pensando che questa era tutta la sua giovinezza e la perdeva, e non l'avrebbe avuta mai più, strinse tra le braccia Florì, ciò che Florì aveva desiderato con una febbre da tifo, per più settimane, e si mise a baciarla sul viso, mentre lei aveva gli occhi chiusi, tempestandola di baci, di piccole parole care, tenere. L'avrebbe riveduta, ora, sì, ne era convinto. Non l'avrebbe lasciata mai più. "Va' scinne . Domani ti rivedo... So io come. Non ti lascio più, cuore mio". E si ricordò solo dopo molto tempo che in questa furia d'amore la piccola De Gourriex stava ora come assente, come un'altra, come già perduta, e nulla rispondeva. "Va', Va'. Non ti lascerò più, core mio, amore mio, Florida mia dolce".
Anna Maria Ortese (Mistero doloroso)
E' tempo che tu faccia ritorno nel futuro..." gli disse con un sorriso dolce. "No, non voglio." "Fallo per me, ti prego. Io credo in te. Il dolore più grande per un genitore è non poter salvare il proprio figlio che vuole morire". Per un genitore, un figlio resta un figlio per sempre. Senza mai aspettarsi nente in cambio, era solo una madre che desiderava la felicità per suo figlio e lo inondava d'amore. Yukio si era detto: "Se muoio, almeno finirà tutto." Aveva pensato che non avrebbe fatto soffrire Kinuyo perchè tanto lei era già morta. Ma si era sbagliato. Anche dopo la sua morte, lei restava sempre sua madre. "Avrei rattristato mia madre anche da morta". Quando rinvenne, nel locale c'era solo Kazu. La luce non era aumentata, eppure ogni cosa su cui posava gli occhi adesso aveva un aspetto più fresco e luminoso. La sua vita di disperazione era diventata una vita di speranza. Il suo modo di pensare si era radicalmente trasformato. "Non è il mondo ad essere cambiato, sono io...
Toshikazu Kawaguchi (Before the Coffee Gets Cold / Tales from the Café / Before Your Memory Fades (Before the Coffee Gets Cold, #1-3))
«È qui che ti sbagli, piccola Faith. Tu non sei assolutamente come tutte le altre, hai un grande cuore pulito e sincero e un’anima scintillante. La tua aura si avverte da distante perché tutto quello che ti riguarda è fatto solamente di luce e amore. E tutto questo amore mi ha avvolto facendo sciogliere tutta la freddezza che ho avuto nel mio cuore per tantissimo tempo.» Adesso i suoi occhi sono lucidi per la commozione, ma non potevo non dirle tutto quello che scatena dentro di me. Mi afferra il viso e mi bacia. Intensifico questo bacio trasformandolo in pura passione, in puro desiderio. Quando ci stacchiamo, stiamo ansimando entrambi. «Ti amo davvero tantissimo, Angus. Con tutta me stessa.» Le sorrido felice per la prima volta in tutta la mia esistenza. Lei non sa neanche che cosa ha fatto per me, quanto mi ha fatto cambiare, in che modo mi ha fatto conoscere il vero amore. Ma io le dimostrerò tutto quello che provo per lei ogni singolo giorno della nostra nuova vita insieme. La bacio nuovamente lasciandola senza respiro, assaporando il gusto inconfondibile della sua pelle. Mi stacco dalla sua bocca dicendole qualcosa che mi arriva dal cuore. «Sei un pezzo del mio cuore, piccola Faith.» Non ci diciamo più niente, perché non ce n'è assolutamente bisogno. Rimaniamo ancora abbracciati a lungo, parlando di tante cose, scherzando e facendoci confidenze. Faith è una creatura dolce e molto sensibile, ma è anche una donna con un carattere forgiato da un destino che non le è stato favorevole. Ma non si è mai abbattuta, ha sempre affrontato tutto a testa alta. Come ha affrontato quella notte in cui mi sono preso qualcosa che non mi spettava. Quando la guardo, quando la bacio, quando sto con lei, vedo quello che voglio diventare anch'io. Un lupo votato solamente ai sentimenti più puri e all'amore più grande. Faith è l'esempio lampante che l'amore ha tantissimo potere nelle nostre vite, dobbiamo solamente fidarci di quello che ci dicono i nostri sentimenti. Ho deciso che da oggi in poi voglio essere un lupo migliore e, lo voglio essere soprattutto per lei. Per la lupa che amo più di me stesso
Barbara Pedrollo (Il bacio del lupo (Italian Edition))
La gente pensa che il primo amore sia tanto dolce, e lo diventi ancora di più quando il legame si spezza. Ma quella prima ferita è la più dolorosa, la più lenta a guarire e lascia una cicatrice orribile. Che ci sarà di dolce...
Stephen King (Joyland)
...mio dolce amore fuggi pure, ma ti prego rallenta la tua corsa ed io ti prometto di rallentare la mia...
Ovidio
Il dolce stil novo, insomma, esiste (e forse consiste) nel tentativo di Dante di mediare tra Guido Cavalcanti e Cino da Pistoia. Il suo cuore è proprio la Vita nova, dove avviene questo sforzo di assimilazione. Tutto il resto è misurabile per scarti dal centro, e oscilla tra gli estremi della poesia più filosofica di Guido e del melodico canto d'amore di Cino, che prelude a Petrarca.
Francesco Fioretti (Di retro al sol: Scritti danteschi (2008-2015))
Di quell’esperienza gli sarebbe rimasto il finale ritrovato del gran libro, in cui Dante per un attimo vede tutta la verità nell’eterno presente e ne esce mutato: ma già volgeva il mio disio e ’l velle, sì come rota ch’igualmente è mossa, l’amor che move il sole e l’altre stelle. Non faceva che pensare a quei tre versi, da allora, li ripeteva spesso a memoria mentre camminava per strada. Quante cose vi dice il poeta: che la felicità è un’armonica consonanza di istinto e ragione, desiderio animale e volontà razionale, quando vanno all’unisono come gli ingranaggi di un orologio meccanico; che ad azionare la macchina è la stessa energia cosmica che muove i pianeti; che tale energia ha nome Amore e li fa ruotare in sintonia col Tutto; che la felicità è un dolce lasciarsi andare a tale forza cosmica, un liberarsi dei desideri che crediamo erroneamente di desiderare, per non ostacolare il moto e anzi assecondarlo, lasciarsi muovere dalla potenza che muove le stelle. Cosa vedono i poeti, che noi non vediamo?
Francesco Fioretti (Il libro segreto di Dante)
Amor sì dolce mi si fa sentire che s’io allora non perdessi ardire farei parlando innamorar la gente. Dante Alighieri, Vita nova, 10 (XIX) 16
Francesco Fioretti (Il romanzo perduto di Dante)
Vivere di rimpianti equivale a sopravvivere. Vivere di solo amore è un’illusione. Vivere felici è il peccato più dolce.
Charlotte Lays (Il peccato più dolce)
Non può essere. “Scusa la domanda, ma per caso tuo padre si chiama anche lui Davide?” Non può, vero? Non è possibile. Ha davvero incontrato il figlio del suo primo amore? E quel cretino ha davvero chiamato suo figlio con il suo stesso nome? È così ridicolo? A meno che… Cristo, e se quello fosse il nipote? Prova a fare un rapido calcolo mentale per capire se rientrerebbe nei tempi. Ha conosciuto Davide quando avevano entrambi ventitré anni. Il tempo per mettere incinta una ragazza, sposarsi – magari non in quest’ordine – e diventare nonno è un po’ tirato, questo ragazzo sarebbe un feto altrimenti. Cristo, no, non riesce nemmeno a immaginarselo Davide nonno. Chissà com’è adesso, a quarantacinque anni. Il Davide che ricorda è sempre un giovane uomo bellissimo, dai capelli rossissimi e il sorriso dolce, a volte timido, a volte sfacciato. Sono stati insieme tre giorni, eppure Davide si è piantato dentro Matteo con la forza dell’amore puro, dell’amore vero, quello che ti lascia disperato e orfano a sopravvivere a una vita ormai inutile. Non è mai riuscito a strapparselo dal cuore e forse… forse non ha mai voluto davvero. Perché con Davide ha scoperto chi è davvero. Il ragazzo inarca un sopracciglio. “No? Perché me lo chiedi?
Daniela Barisone (Adrenalina)
Dopo che V. pronunciò le ultime parole, la percezione del mondo di B. ruotò su se stessa. Le loro ombre si tramutarono in due corpi di carne viva che si affrontavano in due dimensioni sulle piastrelle livide della terrazza. L'immagine di lei che aveva davanti si trasformò invece in un'ombra dai contorni netti, anzi piuttosto una falla, un buco a forma di donna nello spazio-tempo che lasciava trapelare il nulla assoluto che stava al di là. La mano di B. si alzò come se possedesse una volontà propria e indipendente, nera si confondeva con l'assenza di lei, così fece anche l'altra mano, si portò lentamente all'altezza dove prima stavano gli occhi e sentì, senza vederlo, che le punte delle dita si stavano sfiorando nel buio. La scintilla della coscienza di B. ardeva di una fiamma nera, incontrollabile, silenziosa, che bruciava lo sbocciare di un fiore ai limiti dell'alba, il palpitare di un cuore caldo sotto la mano, il bacio umido di una notte d'estasi, senza fumo e cenere, lasciando solo un vuoto privo di alcun ricordo. La morte scese, dolce come la primavera dell'infanzia, un lieve accenno di sorriso a un angolo della bocca, timida, pietosa come mai era stata una madre, lo strinse a sé calda come zucchero, gli sussurrò parole inudibili dietro l'orecchio che lo fecero rabbrividire come mai un'amante aveva mai fatto. Lo strinse così forte che diventò lui stesso, B. ricambiò la stretta così disperatamente che divenne lei stessa, il due diventò uno, l'amore impossibile diventò vero, ed amaro come il frutto delizioso della conoscenza. Le mani che non poteva vedere, le sue mani, si avvicinarono in una lenta danza, si strinsero una contro l'altra sempre più forte, per afferrare l'ineffabile, stringere l'amore prima che scappasse via, cogliere quell'attimo che non sarebbe mai più ritornato, la verità nella sua inconcepibile bellezza che palpitava viva tra le dita come carne viva, urlo, sudore, liscia pelle, calore bruciante, ruotare della terra nel nero assoluto del cosmo. Fu un attimo, e la percezione del mondo ruotò nuovamente su se stessa, ritornando là dove doveva stare. B. guardò le sue mani che tremavano sospese nell'aria e poi abbassò lo sguardo verso terra e lì, la vide, abbandonata sulla superficie fredda, un corpo gelido ed immobile che non respirava più, il torace che non si alzava né si abbassava, gli occhi fissi ed immobili che non lo vedevano più, una bambola di una bellezza indescrivibile abbandonata da lui stesso e dal mondo.
Piero Olmeda (Fata Morgana)
Ho perso il conto di tutte le poesie che intanto scrivevo a Julie. Alcune divertenti per farla ridere, altre più malinconiche per farla tornare. Lei ogni tanto metteva in ridicolo la letteratura stessa dicendo che avevo del talento e che ero un poeta. Ma io ridevo, ridevo a crepapelle e le dicevo di non chiamarmi più così. I veri poeti erano quelli che non avevano la più pallida idea di cosa fosse la poesia, mentre io ero fin troppo consapevole che la poesia era lei. Ma era così dolce che non le dissi mai nulla.
Marco Gregò (Nella terra del sole che sboccia)
Valancy era perfettamente felice. Alcune cose si fanno lentamente strada dentro di noi. Altre arrivano in un lampo. Valancy era stata folgorata. Comprese in quel momento con una certezza quasi assoluta di amare Barney. Appena il giorno prima apparteneva solamente a se stessa. Ora apparteneva a quell'uomo. Eppure lui non aveva fatto niente, non aveva detto niente. Non l'aveva neppure guardata come si guarda una donna. Ma questo non aveva importanza. Né l'aveva che cosa lui fosse o che cosa avesse fatto. Lo amava senza alcun riserva. Tutto in lei gli apparteneva. Non aveva alcun desiderio di soffocare o ripudiare il proprio amore. Sembrava appartenergli così totalmente che pensare a qualcosa che non lo riguardasse – qualcosa in cui non fosse lui a predominare – le risultava impossibile. Aveva compreso di amarlo, con semplicità e pienezza, nel momento in cui si protendeva verso la portiera dell'auto per spiegare che Lady Jane era senza benzina. Aveva guardato in fondo ai suoi occhi al chiaro di luna e aveva capito. In quell'infinitesimo lasso di tempo, tutto era cambiato. Le vecchie cose erano scomparse e tutto aveva assunto un nuovo aspetto. Lei non era più l'insignificante e vecchia zitella, Valancy Stirling. Era una donna piena di amore e, per questo, ricca e importante – sufficiente a se stessa. La vita non era più vuota e futile e la morte non poteva più defraudarla di niente. L'amore aveva estinto il suo ultimo barlume di paura. L'amore! Come era ardente, straziante e intollerabilmente dolce questa ossessione del corpo, dell'anima e della mente! Bello, vago e puramente spirituale dentro al suo intimo, proprio come la minuscola scintilla blu nel cuore dell'indistruttibile diamante. Nessun sogno era mai stato così. Non era più sola. Apparteneva a una vasta sorellanza; era una fra le tante donne al mondo che avessero mai amato.
L.M. Montgomery (The Blue Castle)
Ricordi quando ti ho detto” le disse con la voce più dolce che lei gli avesse mai sentito “che non sapevo se ci fosse un Dio oppure no, ma che in entrambi i casi eravamo completamente abbandonati a noi stessi? Ancora non conosco la risposta, ma sapevo che c’era una cosa chiamata fede, e che io non meritavo di averla. E poi sei arrivata tu, tu che hai cambiato tutto quello in cui credevo. Hai presente quel verso di Dante che ti avevo detto al parco? L’amor che move il sole e l’altre stelle?” Lei lo guardò incurvando appena gli angoli della bocca. “Continuo a non capire l’italiano.” “È l’ultimo verso del Paradiso. Ma già volegeva il mio disio e ‘l velle, / sì come rota ch’igualmente è mossa, / l’amor che move il sole e l’altre stelle. Dante, credo, stava cercando di spiegare la fede in termini di amore invincibile. Forse sarò blasfemo, ma è così che penso al mio amore per te. Sei entrata nella mia vita e all’improvviso ho avuto una verità a cui aggrapparmi: io amavo te, tu amavi me.” Anche se in apparenza Jace la stava guardando, il suo sguardo era distante, come fisso su un punto lontano. “poi iniziai ad avere quei sogni” proseguì. “E pensai che magari mi sbagliavo. Che non ti meritavo, non ero degno di una felicità così perfetta. Voglio dire, chi è che se la merita? E dopo stasera…” “Basta.” Lei gli stava ancora stringendo la camicia. Allentò la presa, distendendogli le mani sul petto. Sentiva il cuore di lui che le correva sotto le dita; le guance gli erano diventate rosse, e non solo per il freddo. “Jace. Mentre succedeva tutto quello che è successo stasera, io una cosa la sapevo: non eri tu quello che mi stava facendo del male. Non eri tu che mi stavi facendo quelle cose. Io credo, nella maniera più assoluta e incontrovertibile, che tu sia buono. E questo non cambierà mai.” Jace inspirò profondamente, tremando. “Non so nemmeno come cercare di meritarmi tutto questo.” “Non devi farlo. Io ho abbastanza fede in te per entrambi.” disse Clary.
Cassandra Clare (City of Fallen Angels (The Mortal Instruments, #4))
Ho immaginato molto, ma non ho inventato nulla. La canzone Ben aggia l’amoroso e dolce core, risposta per le rime a Donne ch’avete intelletto d’amore di Dante, è nel codice Vaticano latino 3793, anonima, attribuita a un non meglio identificato “Amico di Dante”.
Francesco Fioretti (Il romanzo perduto di Dante)
Donne ch’avete intelletto d’amore resterà sempre, per Dante, tra le sue composizioni giovanili, la preferita. Con essa lui fa cominciare il suo dolce stil novo. Lo dice nella Vita nova, lo ripete nella Commedia, e la cita anche nel De vulgari eloquentia. Dove, tra i migliori poeti toscani del suo tempo, insieme a Guido e a Cino da Pistoia, continua a far figurare questo Lapo, senza che se ne comprenda la ragione. Per fortuna ci sono ancora degli spazi in cui è lecita l’immaginazione, e allora approfittiamone: Lapo era Beatrice. Con quello stile un po’ rétro di chi desidera e ha paura, con l’amante poeta vuol far bella figura e ci prova come può...
Francesco Fioretti (Il romanzo perduto di Dante)
Gli sguardi che si posavano su di lui erano sguardi pieni d’amore, tutto qui. Lei lo amava, lui l’amava e non poteva far nulla. Aveva fatto di tutto per non capirlo, o per fingere di non aver capito. Perché capire significava dover rispondere sì o no. Amor ch’a nullo amato amar perdona... Perché rispondere sì o no significava rispondere inevitabilmente sì. Perché rispondere sì significava sangue, lutto, tragedia. Paolo e Francesca, ecco cosa significava... Adesso, però, sapeva. Al ritorno dalla guerra avrebbe dovuto prendere una decisione. Fu soltanto la campagna contro gli aretini a consentirgli di procrastinarla per un po’. Poteva anche morire dopotutto, e lasciò al destino la scelta. Intanto il suo stile da allora si fece nuovo e più dolce. Fu lo stile di chi sa e si fida, tutto lode all’amata e sogno ad occhi aperti. Così nacque la nuova poesia italiana, da lui a Cino, da Cino a Petrarca...
Francesco Fioretti (Il romanzo perduto di Dante)
Mi ricordo bene quanta energia c'era nelle battaglie, e quanto appassionato amore. Amavamo la rivolta, amavamo la libertà, amavamo la nostra stessa passione, amavamo l'ignoto avvenire, amavamo il sesso, amavamo la strada, non era necessario essere anarchici per cantare con la dolce nostalgia per qualcosa che avevamo appena scoperto l'addio degli anarchici luganesi, la nostra idea è solo idea d'amor.
Maurizio Maggiani (La memoria e la lotta: Calendario intimo della Repubblica (Italian Edition))