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Florì abbassò la testa sul petto. Anche per lei tutto finiva. Il sangue se ne andava, con don Cirino, con le immense distanze. Mai più alla vetrinetta sarebbe riapparso, mai più. Né in chiesa; né dentro i salotti di Piazza Mondragone; né in cielo tutte quelle lunghe, lunghe settimane. Mai più.
Ricomparve il servo dicendo che alla porta c'era la carrozza di Carolina Durante.
"Falla passare, e fa' entrare donna Carolina. No, che aspetti. Nu momento" in napoletano soggiungse infastidito.
Uscì, con Florì, dalla terrazza, e traverso la terrazza raggiunse un'altra sala, poi una meravigliosa fresca veranda. E qui, una porta dava direttamente sulle scale di servizio. Il principe si pose davanti alla porta, e mentre Florida, pallida come una donna vera, stava per uscire:
"No... di qui non si passa" disse anche lui pallido, un po' cattivo.
E subito, guardandola, e pensando non so che, guardando il suo visetto infantile e pensando che questa era tutta la sua giovinezza e la perdeva, e non l'avrebbe avuta mai più, strinse tra le braccia Florì, ciò che Florì aveva desiderato con una febbre da tifo, per più settimane, e si mise a baciarla sul viso, mentre lei aveva gli occhi chiusi, tempestandola di baci, di piccole parole care, tenere.
L'avrebbe riveduta, ora, sì, ne era convinto. Non l'avrebbe lasciata mai più.
"Va' scinne . Domani ti rivedo... So io come. Non ti lascio più, cuore mio".
E si ricordò solo dopo molto tempo che in questa furia d'amore la piccola De Gourriex stava ora come assente, come un'altra, come già perduta, e nulla rispondeva.
"Va', Va'. Non ti lascerò più, core mio, amore mio, Florida mia dolce".
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