Della Pesca Quotes

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Sono innamorata dello smettere. A suo modo è un'arte, se ci pensate. Smettere bene richiede un innato senso della bellezza; bisogna saper sentire il momento della svolta, proprio quando il desiderio fa la sua comparsa, quello è il momento di darci un taglio, giù deciso, l'istante in cui lo smettere è maturo come una pesca che si fa dolce sull'albero: crack, si spacca il picciolo, la pesca cade per terra, nera e argento di mosche.
Aimee Bender (An Invisible Sign of My Own)
Seduto nella stanza 217 della Scatola, Brady fissa la videata iniziale di Pesca nello stagno. Ha lo sguardo vigile e consapevole. È l'espressione che nasconde a tutti tranne che a Felix Babineau. Ormai il primario riveste una minima importanza. Quasi non esiste. È diventato il Dottor Zeta. "Scapelli, spostiamoci in cucina", ordina Brady. La donna cerca di resistergli, ma inutilmente.
Stephen King (End of Watch (Bill Hodges Trilogy, #3))
Il mondo vi era ritratto in modo inevitabilmente parziale ma rigorosamente privo di gerarchie. Le annotazioni – sempre molto sintetiche, quasi telegrafiche – testimoniavano una mente precocemente consapevole della natura articolata e pluralistica del mistero della vita: perché la luna non è sempre uguale, cos’è la Polizia, come si chiamano i mesi, quando si piange, natura e scopi del binocolo, origini della diarrea, cos’è la felicità, sistema rapido di allacciamento delle stringhe, nomi di città, utilità delle bare da morto, come diventare Santo, dov’è l’Inferno, regole fondamentali per la pesca alla trota, lista dei colori disponibili in natura, ricetta del caffellatte, nomi di cani famosi, dove va a finire il vento, festività dell’anno, da che parte è il cuore, quando finirà il mondo. Cose così.
Alessandro Baricco (Castelli di rabbia)
...la barca non è una vita, non avere niente di tuo, mai, farsi sfruttare da un imbarco all'altro. E dover sempre rifare la sacca, rifare la sacca della tua povera esistenza. Ricominciare sempre, ogni volta... È spossante, alla fin fine, sconfortante e spossante.
Catherine Poulain (Le grand marin)
E' mia sorella." Gendry piazzo' una mano a tenaglia sulla spalla del vecchio e diede una stretta. "E tu la lasci in pace." L'uomo si giro', pronto alla rissa, ma quando vide la stazza di Gendry ci ripenso'. "Tua sorella, eh? E allora che razza di fratello sei? Io mia sorella non ce la porterei mai in un posto come la Pesca, proprio no." Si alzo' dalla panca e se ne ando' mugugnando, alla ricerca di un'altra piccola pesca. "Perche' hai detto cosi'?" Anche Arya balzo' in piedi. "Non sono tua sorella." "Difatti." rispose lui con rabbia. "Sono troppo fottutatamente plebeo per essere all'altezza della mia lady, vero?" Il furore che trapelava dalla sua voce colse Arya alla sprovvista. "Non e' questo che intendevo." "Si, invece." Gendry si lascio' cadere sulla panca, rigirando una coppa di vino tra le dita. "Va' via. Voglio bere in pace il mio vino. E dopo magari vado a cercare quella ragazza dai capelli neri, e suono la sua campana." "Ho detto va' via . Milady.
George R.R. Martin (A Storm of Swords (A Song of Ice and Fire, #3))
Lo sconosciuto sbadigliò nel sonno e si rigirò, scoprendosi fino all’inguine. Era davvero un giovane ragazzo. Il viso, sporco e provato, possedeva le fattezze di un angelo, la chioma color del grano ricadeva morbidamente sulle spalle, conferendogli un’aria quasi soave e le labbra ben disegnate, davano l’impressione di essere morbide e succose come una pesca matura. Era bellissimo. Johann provò l’istinto feroce di tenerlo tra le braccia, carezzare quei riccioli d’oro con le sue grandi mani e lambire quella bocca con la propria. Con urgenza si liberò della camicia e si infilò nel letto.
Cristina Bruni (La lanterna dei sogni: Antologia di fiabe a tematica LGBT)
Per tutto il XX secolo abbiamo preteso che la terra ci fosse utile, abbiamo voluto aumentarne la resa [...]. Buonsenso, lo abbiamo chiamato. A che ci serve una palude? Perché avere tante mosche? Perché non liberarci della concorrenza di volpi e coccodrilli? Decidiamo di salvaguardare una zona solo quando ne vediamo l'utilità pratica: la sua trasformazione in un parco nazionale o in un'attrazione turistica; e l'utilità dev'essere quantificabile, almeno in termini di profitto: occupazione, merchandising attività collegate. Quando si parla della barriera corallina si citano sempre la pesca e il turismo. L'arte, la giustifichiamo con delle vendite e il volume d'affari. La cultura e la scienza devono sempre trovare la loro legittimazione nei beni di consumo e nell'occupazione che creano.
Andri Snær Magnason (On Time and Water)
Per tutto il XX secolo abbiamo preteso che la terra ci fosse utile, abbiamo voluto aumentarne la resa [...]. Buonsenso, lo abbiamo chiamato. A che ci serve una palude? Perché avere tante mosche? Perché non liberarci della concorrenza di volpi e coccodrilli? Decidiamo di salvaguardare una zona solo quando ne vediamo l'utilità pratica: la sua trasformazione in un parco nazionale o in un'attrazione turistica; e l'utilità dev'essere quantificabile, almeno in termini di profitto: occupazione, merchandising e attività collegate. Quando si parla della barriera corallina si citano sempre la pesca e il turismo. L'arte, la giustifichiamo con le vendite e il volume d'affari. La cultura e la scienza devono sempre trovare la loro legittimazione nei beni di consumo e nell'occupazione che creano.
Andri Snær Magnason (On Time and Water)
[...]e adesso sento che al centro del petto s’è aperto un cratere, dove una volta era stato un vulcano, chi può dirlo, nei secoli pioverà e alla fine qualcuno chiamerà lago quello che prima era solo un buco, il fantasma di qualcosa che s’è spento. [...]Quando il lago sarà svuotato, smaschereremo le leggende, le menzogne, i racconti, potremo scoprire reperti, mettere nelle teche le antichità, potremo vedere i pesci dibattersi all’aria, capire che colore ha la terra se non la vedi, potremo recuperare le canne da pesca perdute, le barche affondate, i giubbotti di salvataggio sgonfiati, i cadaveri affogati, le eliche degli elicotteri caduti, smetteremo di rifletterci, di pensarci da sponda a sponda, di pescare e tirare su le reti, di nascondere presepi e fucili sott’acqua. È il momento della cucina che è stata tirata su da mio fratello con la calce e le piastrelle – l’ho sentito giorno e notte armeggiare con la spatola dentro a un secchio – apro anche quel rubinetto e chiudo lo scarico, lascio spalancate le porte di tutte le stanze, passa aria, passa acqua, passo anche io. Mi siedo al centro del salotto e mi domando quanto tempo ci vorrà, se basteranno due, tre, sette ore, se potrò a un certo puntosentire l’acqua arrivare alle caviglie, almeno sotto alla punta delle dita, l’acqua del lago rubata, l’acqua del lago amara e perfetta, l’acqua che creerà una e più pozze moleste, che sgorgherà e inumidirà, che farà chiazze sui soffitti, che si infilerà nelle crepe e poi colerà e bagnerà divani e comodini, bottiglie dell’olio, libri e cataloghi, riviste, sacchi dell’immondizia, sovraccoperte, tende, l’acqua darà noia ai passanti, arriverà alle fondamenta, sarà il supplizio, l’acqua invaderà la strada e il quartiere, le automobili affonderanno e bisognerà costruirsi zattere e ripari, lasciare incustoditi gli averi e le proprietà, chi non saprà rimanere a galla verrà portato via. Chiudo gli occhi e inizio a contare.
Giulia Caminito (L'acqua del lago non è mai dolce)