Della Lama Quotes

We've searched our database for all the quotes and captions related to Della Lama. Here they are! All 15 of them:

«In un tempo dimenticato» proseguì Faqr, «in un mondo che non era ancora il nostro mondo, Allah vedendo la malvagità degli uomini pianse». «E le sue lacrime si trasformarono nella lama della spada, mentre l’impugnatura venne forgiata dai primi uomini per non dimenticare il male commesso e il dolore arrecato all’Onnipotente» concluse Giahl.
Francesca Rossi (La spada di Allah)
Era stata (non dirlo, non rovinarla) una bella giornata. Provai a ricondurre tutto al semplice piacere fisico ma, in modi diversi e molto più astratti, mi ero, quasi senza rendermene conto, sentito…Felice. Il mio cuore ebbe un singulto. C’era ben poco che io temessi più della felicità, quella puttana infedele che attendeva sempre in agguato tra la follia e il vuoto. Il mio umore, quando non era tenuto sotto controllo dai farmaci, non faceva che cambiare; la felicità era soltanto qualcos’altro da perdere.Parole e immagini vagavano tra i miei pensieri, impigliandomisi addosso come rovi per poi svanire nel fumo. Mi stavo addentrando in un sentiero pericoloso. Il mio era un mondo fatto solo di immagini spezzate, quasi fossi eternamente bloccato sulla soglia di uno specchio, incapace di distinguere il riflesso dalla realtà. La città splendente e la desolata brughiera: la verità stava da qualche parte nel mezzo, una semplice linea grigia, sottile come la lama di un coltello.
Alexis Hall (Glitterland (Spires, #1))
Di solito non parlo con gli sconosciuti. Non mi piace parlare con chi non conosco. E non per via della famosa frasa Non Dare Confidenza Agli Sconosciuti che ci ripetono continuamente a scuola, che tradotto vuol dire non accettare caramelle o un passaggio da uno sconosciuto perché vuole fare sesso con te. Non è questo che mi preoccupa. Se un estraneo mi toccassse lo colpirei immediatamente, e io so colpire molto forte. Come per esempio quella volta che ho preso a pugni Sarah perché mi aveva tirato i capelli e l’ho fatta svenire e le è venuta una commozione cerebrale e avevano dovuto portarla al pronto soccorso. E poi ho sempre con me il mio coltellino svizzero che ha una lama a seghetto in grado di tranciare le dita a un uomo. Non mi piacciono gli estranei perché non mi piacciono le persone che non conosco. Sono difficili da capire. È come essere in Francia, dove andavamo qualche volta in campeggio quando mio madre era ancora viva. E io odiavo la Francia perché se entravo in un negozio o in un ristorante o andavo in spiaggia non capivo quel che dicevano, e la cosa mi terrorizzava. Ci metto un sacco di tempo per abituarmi alle persone che non conosco. Per esempio, quando c’è una persona nuova che viene a lavorare a scuola non le parlo per settimane e settimane. Rimango a osservarla finché non sono certo di potermi fidare. Poi le faccio delle domande su di lei, sulla sua vita, del tipo se ha degli animali e qual è il suo colore preferito e cosa sa dell’Apollo e le chiedo di disegnarmi una piantina della sua casa e voglio sapere che macchina ha, così imparo a conoscerla. Da quel momento in poi non mi preoccupo più se mi capita di trovarmi nella stessa stanza con questa persona e non sono più obbligato a stare all’erta.
Mark Haddon (The Curious Incident of the Dog in the Night-Time)
La spada sibilò nell’aria cozzando contro l’altra lama. Gli occhi verde cupo di Alex incontrarono quelli scuri del suo avversario, i loro volti vicini – l’uno glabro, l’altro cerchiato da abbondanti baffi scuri –, il respiro sul viso dell’altro. Poi con uno scatto Alex si allontanò, roteò su se stessa e la lama del suo pugnale fu alla gola dell’avversario, mentre la spada bloccava quella di lui. Urla cominciarono ad alzarsi dagli spalti, riempiendo l’aria calda e rendendola ancora più soffocante. Alex non si mosse, mentre le grida la incitavano a ucciderlo. Tenne gli occhi fissi su quelli dell’uomo che aveva di fronte. I muscoli tesi sotto gli abiti attillati scuri, le braccia lucide alla luce bianca dei neon. Premette la lama del pugnale sino a far sgorgare un sottile filo purpureo di sangue dalla pelle olivastra della gola di lui. I suoi occhi la guardarono furenti.
Laura Randazzo (L'ombra della luna)
Cosa diventò il ragazzo per lei, in quel periodo? Una smania sessuale che la teneva in uno stato di permanente fantasticheria erotica; un avvampare della testa che voleva essere all’altezza di quella di lui; soprattutto un astratto progetto di coppia segreta, chiusa dentro una specie di rifugio che doveva essere mezzo capanna per due cuori, mezzo laboratorio di idee sulla complessità del mondo, lui presente e attivo, lei un’ombra incollata alle sue calcagna, suggeritrice prudente, devota collaboratrice. Le rare volte che riuscivano a stare insieme non per pochi minuti ma per un’ora, quell’ora si trasformava in un flusso inesausto di scambi sessuali e verbali, un complessivo star bene che al momento della separazione rendeva insopportabile il ritorno alla salumeria e al letto di Stefano. «Non ne posso più». «Neanch’io». «Che si fa?». «Non lo so». «Voglio stare con te sempre». O almeno, aggiungeva lei, per qualche ora tutti i giorni. Ma come ritagliarsi un tempo costante, al sicuro? Vedere Nino a casa era pericolosissimo, vederlo per strada ancora più pericoloso. Senza contare che a volte Stefano telefonava in salumeria e lei non c’era e dare una spiegazione plausibile era arduo. Così, stretta tra le impazienze di Nino e le rimostranze del marito, invece che riguadagnare il senso della realtà e dirsi con chiarezza che si trovava in una situazione senza sbocco, Lila cominciò ad agire come se il mondo vero fosse un fondale o una scacchiera, e bastasse spostare uno scenario dipinto, muovere un po’ di pedine, ed ecco che il gioco, l’unica cosa che davvero contasse, il suo gioco, il gioco di loro due, poteva continuare a essere giocato. Quanto al futuro, il futuro diventò il giorno dopo e poi l’altro e poi ancora l’altro. O immagini improvvise di scempio e di sangue, molto presenti nei suoi quaderni. Non scriveva mai morirò ammazzata, ma annotava fatti di cronaca nera, a volte li reinventava. Erano storie di donne assassinate, insisteva sull’accanimento dell’assassino, sul sangue dappertutto. E ci metteva i dettagli che i giornali non riportavano: occhi cavati dalle orbite, danni causati dal coltello alla gola o agli organi interni, la lama che trapassava la mammella, i capezzoli tagliati, il ventre aperto dall’ombelico in giù, la lama che raschiava nei genitali. Pareva che anche alla realistica possibilità di morte violenta volesse togliere potenza riducendola a parole, a uno schema governabile.
Elena Ferrante (The Story of a New Name (Neapolitan Novels, #2))
La casa dove tua bis-bis-bisnonna e io andammo a stare appena sposati dava sulle cascatelle [...] Aveva pavimenti di legno e finestre magnifiche e spazio sufficiente per una famiglia numerosa. Era una bella casa. Una buona casa. Ma l'acqua... diceva la tua bis-bis-bisnonna ... non riesco a sentirmi quando penso. Tempo, io la incalzavo. Datti tempo. E, lascia che te lo dica: anche se la casa era spaventosamente umida, e il prato davanti una fangaia perenne a causa degli spruzzi; anche se i muri ogni sei mesi necessitavano di riparazioni, e scaglie di pittura cadevano dal soffitto in tutte le stagioni come neve... ciò che si dice di chi abita vicino a una cascata è vero. Che cosa, chiese mio nonno, cosa si dice? Si dice che chi abita vicino a una cascata non senta l'acqua. Questo, si dice? Esatto. Naturalmente la tua bis-bis-bisnonna aveva ragione. All'inizio fu terribile. Non sopportavamo di rimanere in casa per più di poche ore di fila. Le prime due settimane furono caratterizzate da notti di sonno intermittente, litigi soltanto per il gusto di farci sentiore sopra lo scroscio. Litigavamo al solo scopo di ricordarci a vicenda che eravamo innamorati e non in preda all'odio. Però le settimane successive andò un po' meglio: era possibile dormire qualche buona oretta per notte e mangiare con un disagio sopportabile. la tua bis-bis-bisnonna ancora malediceva l'acqua [...], ma meno di frequente, e con minore furia. [...] La vita continuò perchè la vita continua, e il tempo passò, perchè il tempo passa, e dopo poco più di due mesi: Hai sentito? le domandai, una delle rare mattine in cui eravamo seduti insieme a tavola. Hai sentito? Deposi il mio caffè e mi alazi dalla sedia. La senti quella cosa? Quale? mi chiese lei. Esatto! risposi, correndo fuori per salutare a pugno teso la cascata. Esattamente! Ballammo, lanciando in aria manciate d'acqua, senza sentire proprio neinte. Alternavamo abbracci di perdono e urla di umano trionfo all'indirizzo dell'acqua. Chi vince la battaglia? Chi vince la battaglia, cascata? Noi! La vinciamo noi! E questo vivere vicino a una cascata, Safran. [..] Il timbro si sbiadisce. La lama si smussa. Il dolore si affievolisce. Ogni amore è scolpito nella perdita. [...] Ma questa non è tutta la storia, continuò la Meridiana. L'ho capito la prima volta che ho tentato di bisbigliare un segreto senza riuscirvi, o fischiettare una canzone senza insinuare la paura nei cuori di chi era nel raggio di centro metri, quando i miei colleghi della conceria mi hanno supplicato di abbassare la voce perché chi riesce a pensare se gridi in quel modo? Al che io ho domandato: STO DAVVERO GRIDANDO? * La storia della casa sulla cascata, la Meridiana
Jonathan Safran Foer (Everything is Illuminated & Extremely Loud and Incredibly Close)
La luce azzurrina dell’Acqueo Profundis entrò come una lama gelida negli occhi di Roxy. La ragazzina respirava a malapena. Con fatica sollevò un po’ di più le palpebre per guardare meglio i volti dei suoi amici che le stavano accanto. Li udì parlottare, senza però comprendere con nitidezza i loro discorsi. Era debole e confusa. Deglutì con difficoltà assaporando ancora il gusto dell’assio Offuto che Filo Morgante le aveva fatto bere usando il Boccaglio Tremulo. Mosse lentamente spalle e braccia: i dolori alla schiena sembravano scomparsi. Non riusciva a muovere solo le gambe: aveva tentato più volte di agitare i piedi senza ottenere alcun risultato. Si strinse il Taldom Lux al petto: lo scettro magico della Sesta Luna era l’unico strumento alchemico che non avrebbe mai abbandonato. Aveva paura. Paura di morire.
Moony Witcher (Nina e il Potere dell'Absinthium (La Bambina della Sesta Luna, #6))
[...] possiamo sentirci più o meno soddisfatti della nostra vita cambiando prospettiva, indicando chiaramente quale ruolo dominante abbia l'ottica mentale nella nostra percezione della felicità.
Dalai Lama XIV (The Art of Happiness)
«Ti dirò una cosa: il dolore, quello vero, non l'hai ancora provato.» «Non ho paura del dolore» ringhiai. «Davvero?» Impugnò l'elsa e ruotò la lama. Urlai tanto forte da ferirmi i timpani e strinsi così tanto i denti che non mi accorsi di essermi morsa la lingua. Un rivolo di sangue mi colò da un angolo della bocca, mentre la mia camicetta si inzuppava di liquido caldo e denso e vischioso. «Allora perché ti sento urlare?»
Chiara Cilli (Abbracciata dal Fuoco (La guerra degli Dei, #3))
IL PUZZLE DELLA VITA Anna Fabrello     Non era possibile, di sicuro doveva esserci stato un errore. Era un sogno, sì, non poteva che essere così. Adesso avrebbe aperto gli occhi e si sarebbe ritrovata nella camera dell’appartamento che aveva da poco affittato, in quel paesino poco distante da Londra, di cui ancora non riusciva a pronunciare il nome. Sentiva dei rumori intorno a lei, ma le sembrava di avere le orecchie ricoperte di cotone, perché tutto le arrivava come se fosse ovattato. Sapeva di avere gli occhi aperti, ma sulla retina non si formava nessuna immagine: era completamente, assolutamente, indubitabilmente immersa nel buio. Cercò di tirarsi in piedi e allungare un braccio, ma sentì un rumore di catene e i polsi le lanciarono fitte saettanti di acuto dolore. Realizzò così, in un lampo di lucidità freddo come la lama di un coltello che era immobilizzata. Il panico iniziò a insinuarsi dentro di lei, diffondendosi come strisciante e furbo serpente. Strinse gli occhi, cercando di capire cosa fosse successo da quando era rientrata a casa, ma un gigantesco mal di testa le azzannò la mente. Dovette rinunciare, indirizzando i suoi pensieri altrove. Solo in quel modo riuscì ad allontanare il dolore. Lo riconobbe subito: un incantesimo di Blocco, ecco cosa doveva essere… Ma questo significava che l’avevano seguita, che sapevano chi era e che tutto questo non era un sogno, ma la realtà. Credeva di essere riuscita a sfuggire ai due che
Various (Cocktail)
«Oh, a momenti dimenticavo...» le disse. «Tutte le grandi spade hanno un nome.» «Come Ghiaccio» convenne Arya studiando la sua lama. «E questa? Ce l'ha, un nome? Dimmelo, Jon!» «Non indovini?» fece lui con un sorriso ironico. «Qual è la tua cosa preferita?» Arya apparve perplessa, ma non durò che un batter d'occhi perché era rapida, molto rapida. Dissero in coro anche questo: «Ago!». Il ricordo della loro ultima risata insieme riscaldò Jon Snow per tutta la lunga cavalcata averso settentrione.
George R.R. Martin (A Game of Thrones (A Song of Ice and Fire, #1))
Frasi iniziali di Bleach "Il nostro mondo non ha alcun significato neppure noi che ci viviamo abbiamo alcun significato noi privi di significato pensiamo al mondo nonostante anche l'essere consci che non abbia significato farlo sia privo di significato." (Volume 22 - Conquistadores - Ulquiorra) "Noi siamo il pesce davanti alla cascata, siamo l'insetto in gabbia. Siamo un relitto in balia dei marosi, il khakkara del teschio un violente torrente di forza la balena che lo ingoia. Noi siamo il toro a cinque corna noi siamo il mostro che soffia fuoco un bambino che grida piangendo. Aah, noi siamo avvelenati dalla luce della Luna." (Volume 23 - Mala Suerte! - Ikkaku) "Finite in pezzi, tutti quanti." (Volume 24 - Immanent God Blues - Grimmjow) "Noi tutti nasciamo già morti. La fine è già lì ancor prima dell'inizio. Se vivere significa continuare a imparare è la fine l'ultima cosa che impareremo e, una volta scoperta, ciò che conosceremo appieno sarà la morte. Non dobbiamo cercare d'imparare nulla, coloro che non possono trascendere la morte non devono tentare di sapere nulla." (Volume 25 - No Shaking Throne - Shirosaki) "Quella voce che come una lama mi trapassa il petto somiglia a un incessante grido di gioia." (Volume 26 - The Mascaron Drive - Luppi) " Noi come singolo non possiamo mischiarci, come coppia non abbiamo la stessa forma. Non possediamo gli occhi del terzo, quindi nella direzione del quarto non vi è speranza. Il quinto è nel posto del cuore." (Volume 27 - Goodbye, Halcyon Days- Orihime) "Mio signore, noi vi guardiamo con l'espressione di chi osserva un magnifico pavone adornata di qualcosa d'infinito simile alla speranza, all'adorazione e alla paura." (Volume 28 - Baron's Lecture Full-Course - Dordoni) "Ti ostini ad agghindarti pur sapendo che ti aspetta la falce. Ti ostini a farti bella pur sapendo che ti aspetta la falce. E' spaventoso, è spaventoso il momento in cui verrai falciata. I tuoi capelli recisi somiglieranno a te, priva di vita. Sia i miei capelli che le mie unghie sono stupendi, come tesori perché basta che vengano separati dal mio corpo per diventare qualcosa di sporco e disgustoso? La risposta è semplice: essi così non sono altro che l'immagine della mia morte." (Volume 29 - The Slashing Ópera - Cirucci) "La tua ferita è profonda come gli abissi dell'oceano Il tuo delitto scarlatto scolorirà con la morte." (Volume 30 - There Is No Heart Without You - Kaien Shiba) "Dimmi che sono colui che odi di più al mondo." (Volume 31 - Don't Kill My Volupture - Szayel Aporro Granz) "Il re arriva la galoppo liberandosi della sua ombra, facendo stridere l'armatura calciando le ossa succhiando carne e sangue digrignando distrugge il cuore e la mente lungo il cammino solitario verso un luogo remoto e lontano." (Volume 32 - Howling - Grimmjow) "Noi siamo parassiti vermi che strisciano sotto l'ombra di un intento malvagio indissolvibile Alzerò la testa più in alto della luna finché non vedrò più voialtri miserabili" (Volume 33 - The Bad Joke - Nnoitra) "Se mi darai un paio di ali, io volerò per te anche se la terra intera dovesse venire sommersa dall'acqua Se tu mi darai una spada, io combatterò per te anche se il cielo intero dovesse trapassarti di luce" (Volume 34 - King Of The Kill - Nel) "Nascere è come morire" (Volume 35 - Higher Than The Moon - Mayuri) "E' ancora presto per credere" (Volume 36 - Turn Back The Pendolum - Shinji) "Non penso che gli esseri umani siano belli ma penso che i fiori lo siano L'unico momento in cui l'essere umano somiglia ad un fiore è quando cade a terra colpito da una spada" (Volume 37 - Beauty Is So Solitary - Yumichika) "L'unica cosa di cui ho paura è diventare un guerriero che non conosce la paura" (Volume 38 - Fear For The Fight- Hisagi) "Errare è umano uccidere è diabolico" (Volume 39 - El Verdugo - Quimera Parca)
Tite Kubo
«Ho giurato a me stessa che questa lama avrebbe avuto il tuo sangue», ringhiai sulla sua bocca, gli occhi che bruciavano nei suoi. Lui sporse il viso verso il mio, incurante della spada che aveva già iniziato a incidergli la pelle, e mi lambì la punta del naso con la sua. «Fallo, allora».
Chiara Cilli (Lunga Vita al Re (Blood Bonds, #11))
Casa Nessuno lascia casa a meno che la casa non sia la bocca di uno squalo scappi al confine solo quando vedi tutta la città scappare i tuoi vicini corrono più veloci di te fiato e sangue in gola il ragazzo con cui sei andata a scuola che ti baciava vertiginosamente dietro la fabbrica di lattine tiene in mano una pistola più grande del suo corpo lasci casa solo quando la casa non ti lascia rimanere. nessuno lascia casa a meno che la casa non ti dia la caccia fuoco sotto i piedi sangue caldo nella pancia è qualcosa che non avresti mai pensato di fare finché la lama non ti ha bruciato il collo di minacce e anche allora nascondi l’inno nazionale sotto il respiro soltanto strappare il passaporto nei bagni di un aeroporto singhiozzando ad ogni boccone di carta ti ha fatto capire che non saresti più tornata. devi capire che nessuno mette i figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra nessuno si brucia i palmi sotto i treni sotto le carrozze nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse non vogliano dire di più di un semplice viaggio. nessuno striscia sotto le recinzioni nessuno vuole essere picchiato compatito nessuno sceglie campi di rifugiati o perquisizioni a nudo che ti lasciano il corpo dolorante né la prigione, perché la prigione è più sicura di una città di fuoco e un secondino nella notte è meglio di un camion pieno di uomini che assomigliano a tuo padre nessuno può sopportarlo nessuno può ingoiarlo nessuna pelle può essere tanto resistente andatevene a casa neri rifugiati sporchi immigrati richiedenti asilo che prosciugano il nostro paese negri con le mani tese che odorano strano selvaggi hanno distrutto il loro paese e ora vogliono distruggere il nostro come fate a scrollarvi di dosso le parole gli sguardi sporchi forse perché il colpo è meno forte di un arto strappato o le parole sono più tenere di quattordici uomini tra le tue gambe perché gli insulti sono più facili da mandare giù delle macerie delle ossa del corpo di tuo figlio fatto a pezzi. voglio tornare a casa, ma casa mia è la bocca di uno squalo casa mia è la canna di un fucile e nessuno lascerebbe la casa a meno che non sia la casa a spingerti verso la spiaggia a meno che non sia la casa a dirti di affrettare il passo lasciarti dietro i vestiti strisciare nel deserto attraversare gli oceani annega salvati fai la fame chiedi dimentica l’orgoglio è più importante che tu sopravviva nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce sudata che dice vattene scappa lontano da me ora non so cosa sono diventata so solo che qualsiasi altro posto è più sicuro di qua
Warsan Shire
Premevo la lama come si fa con la maniglia della porta. Sperando di entrare in un'altra vita.
Elena Mearini (360 gradi di rabbia)