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E-commerce e tv digitale, parte la sfida Ue dei tablet senza frontiere L’Europa vuole creare un mercato unico del web, ma finora chi ha un abbonamento per film e partite di calcio non può usarlo su smartphone e computer se si trova all’estero Marco Zatterin | 801 parole Il nemico si chiama «geoblocking» e colpisce un consumatore europeo su due. Gli appassionati di calcio, ad esempio. Succede a chi ha comprato un abbonamento per vedere le partite della squadra del cuore sul tablet, perché vuol essere sicuro di non perdere neanche un match, ovunque si trovi. Ha firmato un contratto con l’operatore nazionale e lo ha pagato con la gioia delle grandi occasioni. Poi, un giorno, decide di regalarsi un viaggio all’estero, convinto che i suoi campioni lo seguiranno. Invece no. Appena passato il confine, la sua tavoletta diventa «straniera» e il servizio inaccessibile. Inutile aver pagato, inutile arrabbiarsi. I diritti finiscono con la frontiera nazionale, sono bloccati dalla geografia. Dal «geoblocking», per l’appunto. Il danno per i consumatori «E’ un male per i consumatori e non aiuta lo sviluppo dell’industria», tuona Andrus Ansip, ex premier estone, responsabile Ue per tutto ciò che è digitale. Bruxelles vorrebbe che il mercato comunitario - dove circolano liberamente cittadini, merci e capitali - fosse un terreno di gioco senza limitazioni ingiustificate anche per il digitale. Se lo immagina come gli Usa, dove Internet e telefonia non cambiano se si è a New York o San Francisco. Da noi i navigatori del web sono 315 milioni, ma solo il 4% dell’offerta di beni e servizi è transfrontaliera. Comandano i mercati nazionali. Se così non fosse, si avrebbero 415 miliardi di affari in più. Il che conviene a tutti. Il progetto di Bruxelles La Commissione si dà cinque anni per creare un «mercato unico digitale» e riformare tutto, dagli acquisti «on line» alle telefonate. Il primo problema che si pone è quello dei diritti. Riguarda la televisione «on demand», quella che si può ordinare lì per lì col telecomando, come il calcio, «il settore più complesso da affrontare». Ogni emittente acquista i diritti della singola serie tv o di un campionato puntando a una fetta precisa di continente. Al contempo, si protegge per evitare che la regola venga violata e «geoblocca». Anche se il limite viene aggirato grazie a furbizie informatiche semplici come Anonymox che cambia la nazionalità dell’indirizzo Internet. Bruxelles propone di aprire il mercato rivedendo le regole del diritto d’autore, ferme al 2001, anno in cui la «tv on demand» era quasi fantascienza. Suggerisce di elaborare schemi in grado di attraversare le frontiere nel rispetto di creativi e produttori. Si tratta di studiare un meccanismo perché ovunque in Europa si possa accedere a qualunque contenitore digitale pagando il giusto. «Si amplia la platea e si scoraggia la pirateria», assicurano alla Commissione. Dove si ammette che il caso pesa di più per le emittenti di lingua inglese che italiana, data l’audience potenziale. Ma che, questo, non modifica l’esigenza. Il «geoblocking» riguarda molti siti commerciali. In Belgio, per esempio, è impossibile comprare un computer dal sito francese di una grande marca che ha un frutto come simbolo: si viene reindirizzati alla pagina bruxellese; la geografia blocca l’acquisto e limita la scelta. Se invece si affitta un’auto in Spagna, ci sono possibilità che - letto l’indirizzo di provenienza del contatto - la stessa vettura costi di più per un tedesco piuttosto che per uno sloveno. In questo caso, la geografia penalizza. In generale, il 52% tutte le esigenze di acquisti transfrontalieri non viene esaudito in un altro paese. «Meno clienti, meno incassi», sottolinea Ansip. Il freno all’e-commerce Lo shopping online viene frenato pure dalla posta. Il 57% dei cittadini dice che il prezzo della spedizione è la ragion per cui non comprano all’estero. Colpa del mercato che non
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