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Jàroslav Hasek, classe ’83, cittadino di Praga e della bettola, del bordello e un po’ della galera.
Professione? Diciamo più di una: commesso in drogheria, impiegato in banca, direttore della rivista “Il mondo degli animali”, e poi animatore del famoso Istituto cinologico, e poi chiaroveggente patentato, e scrittore, attore, revisore generale, e poi improvvisatore, e poi fondatore di un partito (“Partito del progresso moderato nel quadro della legge”), e poi soldato, da quando a Sarajevo hanno accoppato quel povero Francesco Ferdinando e ci hanno ordinato di pensare: "Che bellezza sarà quando potrò crepare al fronte per Sua Maestà l’imperatore e la sua famigliola!”.
Patriota absburgico? Non tanto.
Soldato coraggioso? Sì, purché s’intenda per coraggio quel che serve a salvare la pelle e a rimediare un boccale di birra e un po’ di sgnappa. Sposato? Padre di famiglia? Sì, ma coniuge volubile e riottoso, legato alla bottiglia molto più che alla moglie e a tutto il parentado. Padre distratto, ho dimenticato una volta il mio Risa all’osteria e un’altra volta mi sarei giocato, dicono, a carte la sua carrozzella.
Chi sono i miei amici? Sono amico dei birrai, di chi beve, dei nottambuli, dei balordi, dei guitti, degli acrobati, dei bastardi, dei semplici, dei tangheri, degli idioti geniali e degli zingari, di chi è puttana o figlia di puttana, degli artisti e di quelli che non hanno arte né parte, di chi sa suonare ma anche di chi è sempre suonato, di tutti quelli che fanno un mestiere non compreso tra le corporazioni e son soci della dissociazione.
Il mio club? Per il momento è quello numeroso e schifato ma immortale dei disertori e dei voltagabbana che si fregia del motto sacrosanto:
“Dopo di me il diluvio universale! ”.
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