Zucchero Quotes

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Per chi ci ha messo il cuore e altrettanto cuore non ha trovato, per chi si è sbagliato e ci ha messo troppo sale, per chi non avrà pace finché non riuscirà a scoprire in quale maledetto barattolo hanno nascosto lo zucchero, per chi rischia di annegare nella piccola alluvione delle sue lacrime. Siamo qui con voi e, nonostante tutto, come voi siamo vivi.
Giorgio Faletti (Io uccido)
C'è un fascino indescrivibile nel maneggiare anonimi blocchi di copertura grezza, nel grattugiarli a mano nei grandi paioli di ceramica - non uso mai il miscelatore elettrico - e dopo nel sciogliere, mescolare, provare ogni mossa accurata con il termometro per lo zucchero fino a quando si raggiunge la giusta gradazione di calore per ottenere la trasformazione.
Joanne Harris (Chocolat (Chocolat, #1))
«Ancora.» E lui mi accontentò, con movimenti regolari e calibrati, le mani strette intorno ai fianchi per tenermi fermo. Luci colorate esplosero dietro alle mie palpebre. Per alcuni, brevi istanti di beatitudine, pensieri e ricordi si dissolsero come zucchero nell’ acqua. Ero libero. Non c’erano altro che sudore e pelle, respiri caldi e affannosi contro il mio collo, un uccello che mi penetrava. Un piacere primordiale e immeritato, rubato a un estraneo in una stanza scura.
Alexis Hall (Glitterland (Spires, #1))
«Merda…» Furono queste le sole parole che riuscirono a raggiungere le labbra di Dima e gli fuoriuscirono dalla bocca. La pelle di Irina era più bianca del solito, quasi trasparente, e i capelli erano luminosi e setosi come una nuvola di zucchero filato. Nonostante lei fosse avvolta di stracci e di sporcizia, per Dima quella che aveva di fronte non era una donna, ma una dea scesa tra i mortali per illuminare la sera e sostituire la luna nel firmamento notturno. Irina si fermò e rimase immobile senza pronunciare alcuna parola. In attesa. Era cosciente di mostrare molto più di quello che qualcuno avrebbe dovuto vedere, ma della complessità di quel momento la preoccupava solo che l’uomo che amava la guardasse con occhi differenti. Lo sguardo di disprezzo per chi è diverso. (brano inedito tratto da Teufel, il Diavolo in uscita a fine Marzo)
Eilan Moon (Teufel, il Diavolo)
Chiacchieravamo tanto soprattutto la notte. Non sopportava lo zucchero nel caffè la mancanza di gentilezza nella gente voleva giocare sempre a calcio balilla giocava malissimo e si arrabbiava con me. Bianca, pag 96-97
Guido Catalano (Ogni volta che mi baci muore un nazista: 144 poesie bellissime)
«Abbiamo solo una vita. Credo riguardi… il rispetto per noi stessi. So che fa paura uscire allo scoperto, ma non dovresti vergognarti di desiderare me o altri ragazzi.»Dusk sorrise e infilò altro zucchero filato nella bocca di Abe. «So che sembrerà strano, ma ascoltami, okay? Non so che cosa ci sia in te, ma è come… se potessi sentire un legame. Come se fossi un pezzo di metallo, e tu una calamita molto potente, per questo stiamo così bene insieme. Mi fai venire voglia di baciarti, tenerti per mano e confessare la verità al mondo intero.»
K.A. Merikan (Manic Pixie Dream Boy (The Underdogs, #1))
Jayne desiderava crescere figli dotati, disciplinati, ambiziosi, ma aveva paura praticamente di tutto: dei pedofili, dei batteri, dei fuoristrada (ne possedevamo uno), delle armi, della pornografia, della musica rap, dello zucchero raffinato, dei raggi ultravioletti, dei terroristi, di noi stessi.
Bret Easton Ellis (Lunar Park)
Il passato è più facile” replica Widget. “È già li.” “Nelle stelle?” domanda Bailey. “No. Sulla gente. Il passato ti si appiccica addosso come lo zucchero a velo alle dita. Alcuni tentano di spolverarlo via, però non c'è niente da fare: gli eventi e le cose che ti hanno portato dove sei ora restano lì per sempre
Erin Morgenstern (The Night Circus)
Le cose finiscono. Ogni giorno e notte, l’estate come l’inverno, un bacio e l’amore, il vino durante una cena, la lavapiatti dopo il risciacquo, la benzina anche se hai fatto il pieno, la scorta di legno e di provviste, le terapie e un buon libro, la pausa caffè e la coda al botteghino, un racconto e un brutto sogno. Le calze finoscono nel cassetto e gli abiti nell’armadio. L’auto in garage. Le lettere nella cassetta. I colpevoli in prigione. La scuola finisce quando suona la campanella. Finiscono le guerre, le malattie, gli esami e lo zucchero. La musica se sollevi le dita dai tasti di un pianoforte. Tutto finisce, forse anche il mondo un giorno.
Sara Rattaro (Un uso qualunque di te)
Appena ho aperto la porta di casa il vento gelido e i cristalli di neve mi hanno tagliato la faccia. Tagli secchi e larghi, dagli zigomi fino alla mascella. Era un dolore così eccitante da farmi venire voglia di sanguinare, per leccare il sangue e sentire il sapore di quello che sarebbe successo da quel momento in poi. Ferro, zucchero e carne.
Valerio la Martire (I ragazzi geisha)
- Secondo te le stelle sanno di pan di zucchero o di sale? - Non lo so, non le ho mai assaggiate. - Io sì, sono rimasta molte notti sul balcone della casa dei bambini chiusi. Le stelle in estate perdono briciole che arrivano in bocca. - E come sono? - Salate, a gusto di mandorla amara. - Le preferivo dolci. - Ma no, guasterebbero la terra per quante ne arrivano. Certe notti c'è tempesta di stelle sbriciolate. La terra è seminata da loro, riceve senza poter restituire. Allora dal basso si alzano le preghiere a sdebitarsi di alberi e di bestie che ringraziano.
Erri De Luca (Il giorno prima della felicità)
Voglio farle una domanda, disse il dottor Cardoso, lei conosce i médecins-philosophes? No, ammise Pereira, non li conosco, chi sono? I principali sono Théodule Ribot e Pierre Janet, disse il dottor Cardoso, è sui loro testi che ho studiato a Parigi, sono medici e psicologi, ma anche filosofi, sostengono una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sè, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perchè noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto sulla confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l'io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione. Forse, concluse il dottor Cardoso, dopo una paziente erosione c'è un io egemone che sta prendendo la testa della confederazione delle sue anime, dottor Pereira, e lei non può farci nulla, può solo eventualmente assecondarlo. Il dottor Cardoso finì di mangiare la sua macedonia e si asciugò la bocca con il tovagliolo. E dunque cosa mi resterebbe da fare?, chiese Pereira. Nulla, rispose il dottor Cardoso, semplicemente aspettare, forse c'è un io egemone che in lei, dopo una lenta erosione, dopo tutti questi anni passati nel giornalismo a fare la cronaca nera credendo che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, forse c'è un io egemone che sta prendendo la guida della confederazione delle sue anime, lei lo lasci venire alla superficie, tanto non può fare diversamente, non ci riuscirebbe e entrerebbe in conflitto con se stesso, e se vuole pentirsi della sua vita si penta pure, e anche se ha voglia di raccontarlo a un sacerdote glielo racconti, insomma, dottor Pereira, se lei comincia a pensare che quei ragazzi hanno ragione e che la sua vita finora è stata inutile, lo pensi pure, forse da ora in avanti la sua vita non le sembrerà più inutile, si lasci guidare dal suo nuovo io egemone e non compensi il suo tormento con il cibo e con le limonate piene di zucchero.
Antonio Tabucchi (Sostiene Pereira)
È dolce o amara? – È amara, ma ti farà bene. – Se è amara, non la voglio. – Da' retta a me: bevila. – A me l'amaro non mi piace. – Bevila: e quando l'avrai bevuta, ti darò una pallina di zucchero, per rifarti la bocca. – Dov'è la pallina di zucchero? – Eccola qui – disse la Fata, tirandola fuori da una zuccheriera d'oro. – Prima voglio la pallina di zucchero, e poi beverò quell'acquaccia amara.. – Me lo prometti? – Sì... La Fata gli dette la pallina, e Pinocchio, dopo averla sgranocchiata e ingoiata in un attimo, disse leccandosi i labbri: – Bella cosa se anche lo zucchero fosse una medicina!... Mi purgherei tutti i giorni. – Ora mantieni la promessa e bevi queste poche gocciole d'acqua, che ti renderanno la salute. Pinocchio prese di mala voglia il bicchiere in mano e vi ficcò dentro la punta del naso: poi se l'accostò alla bocca: poi tornò a ficcarci la punta del naso: finalmente disse: – È troppo amara! troppo amara! Io non la posso bere. – Come fai a dirlo, se non l'hai nemmeno assaggiata? – Me lo figuro! L'ho sentita all'odore. Voglio prima un'altra pallina di zucchero... e poi la beverò!...
Carlo Collodi (Le avventure di Pinocchio)
«Ora prendiamo il peso, dolcezza,» continuò il ragazzo, ignorando, come al solito, le proteste di Nick, il quale non si preoccupò di correggere quel “dolcezza”. Tanto era inutile: era quasi sicuro che dal culo di Luka uscissero raggi di sole e zucchero filato tutti i santi giorni. Non c’era verso di mettere fine a quei vezzeggiativi stucchevoli, e, a dire il vero, stava iniziando a odiarli meno rispetto all’inizio.
Piper Vaughn (The Luckiest (Lucky Moon, #2))
«Ti amo così tanto,» sussurrò; nel momento in cui lo disse si rese conto che era davvero ciò che provava e che per qualche assurda e contorta ragione era come se fosse stato lui il primo a dirlo stavolta. Lo avevano detto per primi tutti e due. Ethan sorrise di più e gli baciò le labbra. «Ti amo anch'io,» rispose guardandolo negli occhi, ignaro di averlo già detto. Gli strinse le dita tra le sue. Era come se l'auto fosse un bozzolo di zucchero filato in cui la loro vita consisteva soltanto nello stare insieme, appiccicati l'uno all'altro in quella nuvola di dolcezza. Robert sentì un formicolio attorno agli occhi. Sapeva già che non si sarebbe pentito di avergli confessato quella matassa di emozioni che parevano essersi impossessate di lui come un parassita, cambiando il suo modo di pensare e di agire. Avrebbe mai aiutato una persona in castigo a scappare dalla casa dei propri genitori? Certo che no, ma con Ethan gli sembrava di perdere in parte la ragione. Per quanto fosse spaventoso, gli piaceva abbastanza essere così ossessionato da qualcuno. «Lo so, me lo hai appena detto, tesoro,» aggiunse, abbassando la voce ancora rauca
K.A. Merikan (Diary of a Teenage Taxidermist)
è stato uno degli anni più grandiosi e più difficili della mia vita. ho imparato che ogni cosa è passeggera. momenti. emozioni. persone. fiori. ho imparato che l’amore sta nel donare. tutto. e nel lasciare che mi dia dolore. ho imparato che la vulnerabilità è sempre la scelta giusta perché è facile essere insensibili in un mondo che rende tanto difficile restare teneri. ho imparato che tutte le cose esistono in coppia. vita e morte. dolore e gioia. sale e zucchero. io e te. è l’equilibrio dell’universo. è stato l’anno di un dolore bruttissimo ma di una vita bellissima. rendere amici gli estranei. rendere estranei gli amici. imparare che la stracciatella alla menta risolve quasi tutto e per i dolori che non risolve ci sono sempre le braccia di mia madre. dobbiamo imparare a concentrarci sull’energia calda. sempre. immergervi gli arti e diventare più bravi ad amare il mondo. perché se non sappiamo imparare a trattarci con gentilezza l’un l’altro come potremo mai imparare a trattare con gentilezza le parti più disperate di noi stessi
Rupi Kaur (The Sun and Her Flowers)
Tutto era razionato: zucchero, sapone, olio, e soprattutto il sale in zucca, ché di quello ce n'era davvero poco. Perché quando che hai fame, e questo chissà se tu lo puoi capire da là dove stai, la testa non funziona più come prima, s'incaglia, ché non ti consola nemmeno avercela ancora sul collo, se non te ne fai più niente.
Luther Blissett (El ejército de los sonámbulos)
Dopo che V. pronunciò le ultime parole, la percezione del mondo di B. ruotò su se stessa. Le loro ombre si tramutarono in due corpi di carne viva che si affrontavano in due dimensioni sulle piastrelle livide della terrazza. L'immagine di lei che aveva davanti si trasformò invece in un'ombra dai contorni netti, anzi piuttosto una falla, un buco a forma di donna nello spazio-tempo che lasciava trapelare il nulla assoluto che stava al di là. La mano di B. si alzò come se possedesse una volontà propria e indipendente, nera si confondeva con l'assenza di lei, così fece anche l'altra mano, si portò lentamente all'altezza dove prima stavano gli occhi e sentì, senza vederlo, che le punte delle dita si stavano sfiorando nel buio. La scintilla della coscienza di B. ardeva di una fiamma nera, incontrollabile, silenziosa, che bruciava lo sbocciare di un fiore ai limiti dell'alba, il palpitare di un cuore caldo sotto la mano, il bacio umido di una notte d'estasi, senza fumo e cenere, lasciando solo un vuoto privo di alcun ricordo. La morte scese, dolce come la primavera dell'infanzia, un lieve accenno di sorriso a un angolo della bocca, timida, pietosa come mai era stata una madre, lo strinse a sé calda come zucchero, gli sussurrò parole inudibili dietro l'orecchio che lo fecero rabbrividire come mai un'amante aveva mai fatto. Lo strinse così forte che diventò lui stesso, B. ricambiò la stretta così disperatamente che divenne lei stessa, il due diventò uno, l'amore impossibile diventò vero, ed amaro come il frutto delizioso della conoscenza. Le mani che non poteva vedere, le sue mani, si avvicinarono in una lenta danza, si strinsero una contro l'altra sempre più forte, per afferrare l'ineffabile, stringere l'amore prima che scappasse via, cogliere quell'attimo che non sarebbe mai più ritornato, la verità nella sua inconcepibile bellezza che palpitava viva tra le dita come carne viva, urlo, sudore, liscia pelle, calore bruciante, ruotare della terra nel nero assoluto del cosmo. Fu un attimo, e la percezione del mondo ruotò nuovamente su se stessa, ritornando là dove doveva stare. B. guardò le sue mani che tremavano sospese nell'aria e poi abbassò lo sguardo verso terra e lì, la vide, abbandonata sulla superficie fredda, un corpo gelido ed immobile che non respirava più, il torace che non si alzava né si abbassava, gli occhi fissi ed immobili che non lo vedevano più, una bambola di una bellezza indescrivibile abbandonata da lui stesso e dal mondo.
Piero Olmeda (Fata Morgana)
Sotto quelle fronde hanno camminato i fenici forse, mi si dice siano stati loro a dare il nome a Bagheria da una parola fenicia Bayaria, che significa ritorno, così mi dicono ma è difficile sapere qual è la verità. Le etimologie sono a volte misteriose. Sotto quelle fronde hanno camminato anche i greci e i latini. E infine gli arabi dal piede leggero e le vesti lunghe, di cotone ricamato. Gli arabi hanno portato in Sicilia il baco da seta, l'ulivo e il fico d'India. Gli Spagnoli, assieme ai loro cavalli e ai loro guerrieri, la coltivazione dell'arancio dolce, mentre gli Aragonesi hanno insegnato la coltivazione della canna da zucchero.
Dacia Maraini
Ancora oggi a Bagheria si fanno dei gelati squisiti, piccoli fiori di cioccolata ripieni di pasta gelata molle e profumata, al gelsomino, alla menta, alla fragola, al cocco. Per non parlare del più tradizionale “gelo di mellone” che non è un gelato come sembra ma una gelatina di cocomero dal colore corallino disseminata di semi di cioccolato. E che dire del “gelato di campagna” che è una specie di torrone di zucchero dai colori delicati, il cui gusto al pistacchio si mescola a quello della mandorla e della vaniglia?L'ultima volta che ho mangiato i dolci di Bagheria ero in visita a villa Valguarnera in visita a zia Saretta che poi è morta lasciando la villa e tutte le ricchezze ai gesuiti, con grande dispiacere degli eredi di sangue. I quali hanno infatti subito impugnato il testamento. I gesuiti, molto saggiamente, hanno pensato che una villa così monumentale è difficile da mantenere, avrebbe procurato più grane che altro, più spese che comodità e se ne sono lavate le mani. Nel frattempo, i ladri sono entrati e hanno portato via tutto, perfino le statue del giardino.
Dacia Maraini (Bagheria)
«Accidenti, hai un buon odore. Cos’è, comunque? Sembra un po’ come...» Diede un’altra annusata dubbiosa. «Biscotti con gocce di cioccolato appena usciti dal forno. Ho lo stesso odore per te?» «No.» Rory scosse la testa con decisione. Casey sembrò un po’ spiazzato. «Oh. Beh, okay.» «No,» sospirò Rory, «profumi di zucchero filato.»
Shannon West (Cry Wolf (Dark Hollow Wolf Pack, #2))
C'era una volta una bambina che leggeva tutto il giorno appollaiata sugli alberi. Una sera, quando la chiamano per cena, si rifiuta di scendere. Cala la notte, ma lei non ha paura. In lontananza si odono dei tuoni, in lontananza i fulmini squarciano il cielo sereno. È la storia di una bambina in equilibrio su un ramo, che si ciba solo di libri. Passano i giorni e la bambina è ancora lassù, la chiamano, la supplicano di scendere, portano scale e sgabelli, le promettono nastri e pianoforti, le promettono la luna. È la favola di una bambina che mangia la carta, pagine su pagine. Ben presto, tutto il corpo le diventa grigio, la pioggia le lascia strisce d'inchiostro sulla pelle. Ben presto, inizia a rimpicciolirsi, diventa minuscola, sottile come una pergamena consunta o come una foglia d'oro. Portano via le scale e gli sgabelli. La lasciano svanire in cima al ramo. Piangono in silenzio, piangono dentro, accanto al fuoco, piangono la bambina che era, in carne e zucchero, piangono quella bambina smarrita che continua a sciogliersi e si chiedono dove trovi ancora la forza per stare aggrappata all'albero. Una sera, il silenzio è rotto dallo scoppio di un temporale. I rami si piegano sotto la furia del vento. Un vento fortissimo, come non si era mai visto. Al mattino, la bambina non c'è più. Ha lasciato un messaggio sull'albero, scarabocchiato su un pezzo di carta. Ma è una frase illeggibile.
Delphine de Vigan (Jours sans faim)
«E questo sentimento», si premette una mano sul petto, «per lui non durerà. Lo so come amano gli umani. Le loro passioni bruciano come una zolletta di zucchero… Bollenti e rapidissime. E appena il fuoco si spegne, vanno alla ricerca di una nuova fiamma. Preferiscono le scintille al rassicurante calore delle vecchie braci»
Melissa Landers (Invaded (Alienated, #2))
Ci sono romanzi che sono ottimi compagni di vita. Altri sono come ceffoni. Altri ancora come un’amica che ti avvolge in una vestaglia calda quando l’autunno ti fa sentire malinconico. E alcuni… sì, alcuni sono come zucchero filato rosa, solleticano il cervello per tre secondi, lasciando dietro di sé un gioioso vuoto. Come un’avventura erotica.
Nina George (The Little Paris Bookshop)
Questa è la fattoria Hale. Ecco la vecchia stalla per la mungitura, l’entrata buia che dice Vieni a cercarmi. Ecco la banderuola, la catasta di legna. Ecco la casa, echeggiante di storie. È presto. Il falco vola lento nel cielo sgombro. Una sottile piuma blu volteggia nel vuoto. L’aria è fredda, limpida. La casa è silenziosa, come la cucina, il divano di velluto blu, la piccola tazza da tè bianca. Da sempre la fattoria canta per noi, le sue famiglie perdute, i suoi soldati e le mogli. Durante la guerra, quando arrivarono con le baionette, entrando con la forza, gli stivali infangati sulle scale. Patrioti. Banditi. Mariti. Padri. Dormivano nei letti freddi. Razziavano la cantina in cerca di barattoli di pesche sciroppate e barbabietole da zucchero. Accendevano grandi fuochi nel campo, e le fiamme si contorcevano, schioccando alte verso il cielo. Fuochi che ridevano. Le facce calde brillavano e le mani erano in tasca, al riparo. Arrostivano un maiale e strappavano la carne dolce e rosea dall’osso. Dopo, si succhiavano via il grasso dalle dita, un sapore familiare, strano. Ce ne sono stati altri – molti – che hanno rubato, smantellato e saccheggiato. Perfino i tubi di rame, perfino le mattonelle di ceramica. Quello che potevano prendere, prendevano. Hanno lasciato solo i muri, i pavimenti spogli. Il cuore pulsante in cantina. Noi aspettiamo. Siamo pazienti. Aspettiamo notizie. Aspettiamo che ci venga detto qualcosa. Il vento sta provando a farlo. Gli alberi ondeggiano. È la fine di qualcosa; lo sentiamo. Presto sapremo.
Elizabeth Brundage (All Things Cease to Appear)
Troppi grassi, troppo sale e troppo zucchero. Ma soprattutto poca frutta e verdura. Mangiare male fa male, fa ammalare e spesso fa morire. La cattiva alimentazione uccide più del tabacco ed è responsabile di un decesso su cinque a livello globale. E' il drammatico bilancio tracciato dal Global Burden of Disease dell'Institute of Health Metrics and Evaluation di Seattle, che ha indagato sugli stili alimentari di 195 Paesi nel mondo, i cui risultati sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista medica <>.
Melania Rizzoli (La salute prima di tutto. Dal cancro all'ipocondria: manuale per non ammalarsi)
L’aceto mitiga il picco di glucosio.
Jessie Inchauspé (La rivoluzione del glucosio: Come controllare i livelli di zucchero nel sangue per perdere peso, abbattere la fame e avere più energia. Con autotest e ... trucchi nutrizionali (Italian Edition))
Gli scienziati hanno una strana relazione con le loro idee: forse nessuno è davvero del tutto sincero, neppure con se stesso, su quanto ci crede... bisogna essere politicamente corretti, ragionevoli, ammettere sempre che potremmo sbagliarci. dentro il cuore però c’è una voglia matta di dire «ma io sono sicuro che sia così!». ci si innamora delle proprie idee, se ne è convinti... si difendono con unghie e denti. in fondo la reputazione scientifica, a cui siamo appesi come bambini allo zucchero filato, dipende da quello... eppure... eppure, allo stesso tempo, proprio al fondo delle emozioni non muore mai il dubbio... la paura che ci stiamo sbagliando, che ci stiamo illudendo... dolce-amara è la scienza.
Carlo Rovelli (Buchi bianchi: Dentro l'orizzonte)
Lo zucchero, originario della Polinesia, era stato introdotto in Europa dagli arabi, portato nelle Americhe da Colombo, e coltivato da schiavi africani. Il rum distillato dai suoi residui veniva consumato sia dai coloni europei, sia dai loro schiavi nel Nuovo Mondo. Era una bevanda che doveva la sua esistenza alle imprese dei bucanieri nell’Era delle esplorazioni; ma non sarebbe esistito senza la crudeltà della tratta degli schiavi, che gli europei deliberatamente finsero di non vedere molto a lungo. Il rum era la manifestazione liquida del trionfo e dell’oppressione della prima epoca della globalizzazione.
Tom Standage (A History of the World in 6 Glasses)
«Grazie del caffè. Quanto ti devo?»«Offre la casa.» Carlos aggrottò le sopracciglia. «Dai, Viv, non c’è bisogno.»«Davvero, lascia stare.» Un sorriso, troppo dolce per non essere almeno in parte falso. «Non puoi mai sapere quando potrebbe farti comodo un avvocato.»Lui si trovò ad arrossire senza motivo. «In quel caso ti converrebbe il mio capo, temo,» commentò, impacciato. «Ma grazie.»«Di niente.»La sua uscita fu più simile a una ritirata, ma ormai era abituato a fuggire e riuscì a non farci troppo caso, a parte per il sapore che si ritrovò in bocca ancora dopo, quando già stava risprofondando tra le sentenze: caffè e cannella e zucchero. Presente e passato, con forse – possibile – un retrogusto di futuro.
Micol Mian (In luce fredda (Rosa dei venti Vol. 1))
this shirt is a Coda & Zucchero!” Hayden did something important in finance downtown and liked to dress that way.
G.L. Carriger (The Omega Objection (San Andreas Shifters, #2))
Ho sempre associato il calore del suo corpo attraverso la camicia da notte al segreto della perfetta torta di zucchero di Barnet.
Wesley Stace (Misfortune)
Passammo il grande ponte, con la luce del sole che filtrando attraverso le travature si rifletteva in un incessante sfarfallio sulle auto in movimento, e la città che si ergeva di là dal fiume in ammassi bianchi, grandi zollette di zucchero costruite con la magia inodore del denaro.
F. Scott Fitzgerald
Il piatto di carote e tofu di mamma Ingredienti per 4 persone Carico di fragranti semi di sesamo tostati, questo miscuglio di carote e tofuè uno dei miei piatti preferiti. Si tratta di una creazione di mia madre; durante il liceo fu un contorno importante nel mio cestino del pranzo. Sebbene lo mangi spesso caldo con il riso appena fatto, è squisito anche freddo, specie sul pane integrale tostato! 2 pani di usu-age tofu (tofu fritto sottile) da 8 x 13 cm 2 cucchiai di aceto di riso 2 cucchiaini da tè di zucchero semolato 2 cucchiaini da tè di sake 2 cucchiaini da tè di salsa di soia a basso contenuto di sodio 1 cucchiaino da tè di sale 1 cucchiaio di olio di semi di mais 600 gr di carote tagliate a fiammifero 26 gr di semi di sesamo tostati e macinati (vedere pag. 105) 2 cucchiaini da tè di olio di semi di sesamo tostati Mettete a bollire una piccola pentola d’acqua. Aggiungete l’usuage tofu e lasciatelo cuocere gentilmente a fuoco medio per un minuto, mescolando di tanto in tanto, poi scolate: servirà a rimuovere l’olio in eccesso. Tagliate il tofu a metà sul lato lungo, quindi affettatelo in strisce sottili. Aggiungete aceto, zucchero, sake, salsa di soia e sale in una piccola ciotola e mescolate fino a quando lo zucchero non si sarà completamente disciolto. Scaldate l’olio in un’ampia padella a fiamma alta. Aggiungete le carote e i bocconi di usu-age tofu e fateli rosolare per circa 3 minuti o fin quando le carote risulteranno croccanti e tenere. Abbassate la fiamma e aggiungete la miscela di soia. Continuate la cottura per altri 2 minuti o finché il tutto non risulterà tenero. Spegnete il fuoco; spargete i semi di sesamo e spruzzate dell’olio di semi di sesamo tostati. Trasferite il tutto in un piatto da portata.
Naomi Moriyama (Sempre giovani e magre I segreti in cucina delle donne giapponesi)
Le cose finiscono. Ogni giorno e notte, l'estate come l'inverno, un bacio e l'amore, il vino durante una cena, la lavapiatti dopo il risciacquo, la benzina anche se hai fatto il pieno, la scorta di legna e provviste, le terapie e un buon libro, la pausa caffè e la coda al botteghino, un racconto e un brutto sogno. Le calze finiscono nel cassetto e gli abiti nell'armadio. L'auto in garage. Le lettere nella cassetta. I colpevoli in prigione. La scuola finisce quando suona la campanella. Finiscono le guerre, le malattie, gli esami e lo zucchero. La musica se sollevi le dita dai tasti di un pianoforte. Tutto finisce, forse anche il mondo un giorno.
Sara Rattaro (Un uso qualunque di te)