Volta Quotes

We've searched our database for all the quotes and captions related to Volta. Here they are! All 40 of them:

Un lettore di professione è in primo luogo chi sa quali libri non leggere; è colui che sa dire, come scrisse una volta mirabilmente Scheiwiller, «non l’ho letto e non mi piace».
Giorgio Manganelli (Lunario dell'orfano sannita)
Trovo la televisione molto educativa. Ogni volta che qualcuno la accende, vado in biblioteca e leggo un buon libro.
Groucho Marx
A vida às vezes dá-nos mais do que um pontapé… dá-nos um coice e espera que nos mantenhamos a andar. Todos à nossa volta o esperam. Cobram-nos que sejamos fortes quando tudo o que queremos é poder cair.
L.C. Lavado (O Diabo dos Anjos (Ed. Beta))
Não é a falta de pessoas à nossa volta que faz a solidão. São as pessoas erradas.
Afonso Cruz (Para Onde Vão Os Guarda-Chuvas)
Il vero luogo natio è quello dove per la prima volta si è posato uno sguardo consapevole su se stessi: la mia prima patria sono stati i libri.
Marguerite Yourcenar (Memoirs of Hadrian)
a vida é uma orquestra que sempre está tocando, afinada, desafinada, um paquete titanic que sempre se afunda e sempre volta à superfície
José Saramago (Death with Interruptions)
O bom do caminho é haver volta. Para ida sem vinda basta o tempo.
Mia Couto (Um Rio Chamado Tempo, Uma Casa Chamada Terra)
Bisognerebbe chiarire una volta per tutte perché "un momento brutto" può andare avanti per mesi, mentre un momento di grazia dura sempre e soltanto un momento.
David Grossman (Be My Knife)
Tu vivi solo una volta, ma se lo fai bene, una volta è abbastanza.
Mae West
«Io ho pochissimi amici, forse nessuno di veramente intimo. Ho delle conoscenze, dei ragazzi e delle ragazze come me, la mia amica che ti parlò ieri al telefono, per esempio, con i quali scherzo, ballo, studio, faccio i pettegolezzi, ci scambiamo le idee, facciamo gli scemi e le persone serie a seconda delle circostanze, ma dentro, dentro è diverso. Ci sono dei tasti che toccati una volta per conoscersi quali siamo, non si toccano più, non si va a fondo. Si resta amici, ma si sa che certi argomenti non si debbono più toccare. Ci si sopporta e stima a vicenda. Papà diceva: ci si aiuta a vivere. Guai se così non fosse. Ma l'amicizia, diceva papà, l'amicizia vera è un sentimento forte. È un volersi bene spietato, un guardarsi continuamente negli occhi...»
Vasco Pratolini (Un eroe del nostro tempo)
As religiões, todas elas, por mais voltas que lhes dermos, não têm outra justificação para existir que não seja a morte, precisam dela como do pão para a boca.
José Saramago (Death with Interruptions)
Io credo che tutto accada per una ragione. Le persone cambiano perché tu possa imparare a lasciarle andare via. Le cose vanno male perché tu le possa apprezzare quando invece vanno bene, credi alle bugie perché poi imparerai a non fidarti di nessuno tranne che di te stesso, e qualche volta le cose buone vanno in pezzi perché cose migliori possano accadere.
Marilyn Monroe
Sê calmo até à estupidez como a vida. E todavia. Dar a volta por quanto existi - e exististe tanto. Porque uma vida humana. Como ela é intensa. Porque o que nela acontece não é o que nela acontece mas a quantidade de nós que acontece nesse acontecer.
Vergílio Ferreira (Para Sempre)
Lembrei que quando eu aprendi a ler entrei em desespero, porque descobri que não era mais possível olhar as palavras sem ler. Tentei muitas vezes, queria de volta os desenhos-letras jogados pelas ruas. Foi uma lição sem volta. Tudo o que as palavras dissessem me tornei obrigada a ouvir. Fico pensando quantas coisas não vou poder nunca mais deixar de saber.
Mariana Salomão Carrara (Se Deus me Chamar Não Vou)
Volevo che tu imparassi una cosa da lei: volevo che tu vedessi che cosa è il vero coraggio, tu che credi che sia rappresentato da un uomo col fucile in mano. Aver coraggio significa sapere di essere sconfitti prima ancora di cominciare, e cominciare egualmente e arrivare fino in fondo, qualsiasi cosa succeda. È raro vincere, in questi casi, ma qualche volta si vince.
Harper Lee (To Kill a Mockingbird)
É tão fácil comparar a vida a uma viagem. Faz tanto sentido. Viagem ou vida, chegamos sempre aqui. Como se estivéssemos no alto de uma montanha, podemos olhar em volta. Aqui é o lugar onde tudo acontece. Há serenidade nesta certeza. Tens o dever livre de aproveitá-la. Se estás a ler estas palavras é porque estás vivo.
José Luís Peixoto (Dentro do Segredo)
Tu hai paura di vivere. Ogni volta che scendi in campo speri che arrivi un colpo di spada che ti sollevi dalla responsabilità di affrontare la tua vita. Cosa credi, che ci voglia coraggio per morire? Morire è facile. È vivere che richiede coraggio. Sei una codarda, Nihal.
Licia Troisi (Nihal della terra del vento (Le Cronache del Mondo Emerso, #1))
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un’ombra, per lei, un’ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio.
Alessandro Baricco (Tre volte all'alba)
Una statua dallo splendore del marmo di luna e una bellezza straziante da fare desiderare anche l’Inferno per poterla vedere ancora. L’aveva distratta per un istante, emergendo sul terrore folle che le invadeva il cervello. Né morto né vivo, una creatura del sangue che cammina per l’eternità su quella soglia che agli umani è consentito varcare una volta soltanto, senza ritorno
Virginia De Winter (L'Ordine della spada (Black Friars, #1))
LA MADRE E il cuore quando d'un ultimo battito avrà fatto cadere il muro d'ombra per condurmi, Madre, sino al Signore, come una volta mi darai la mano. In ginocchio, decisa, Sarai una statua davanti all'eterno, come già ti vedeva quando eri ancora in vita. Alzerai tremante le vecchie braccia, come quando spirasti dicendo: Mio Dio, eccomi. E solo quando m'avrà perdonato, ti verrà desiderio di guardarmi. Ricorderai d'avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro.
Giuseppe Ungaretti (Sentimento del tempo)
«Signore», disse Morton. «Il primo chiodo della vostra bara». «Spero sia di oro massiccio, l’ultima volta che li ho ordinati me li hanno consegnati in un’assurda lega a cui non voglio nemmeno pensare». Bryce Vandemberg, che stava esaminando un certo numero di elaborati vasi di marmo, si voltò verso la soglia dove Sophia, poco dietro Morton, gli rivolse un inchino compito. «Oh, ma si riferisce a te», Bryce inarcò un sopracciglio. «Deve essere arrivata la fine del mondo se Morton si è messo a fare dell’umorismo».
Virginia De Winter (L'ordine della penna (Black Friars, #2))
(...) pensou na impermanência da vida, na transitoriedade das coisas, na efemeridade do ser; diante dele, a existência fluía como um sopro, sempre em mutação, tudo muda a todo o instante e nada jamais volta a ser o mesmo. Não há finais felizes, reflectiu de si para si. Todos temos um sétimo selo para quebrar, um destino à nossa espera, um apocalipse no fim da linha. Por mais êxitos que somemos, por mais triunfos que alcancemos, por mais conquistas que façamos, para a última estação está-nos sempre reservada uma derrota. Se tivermos sorte e nos esforçarmos por isso, a vida até pode correr bem e ser uma incrível sucessão de momentos felizes, mas no fim, faça-se o que se fizer, tente-se o que se tentar, diga-se o que se disser, aguarda-nos sempre uma derrota, a mais final e absoluta de todas....
José Rodrigues dos Santos (O Sétimo Selo)
Tudo em volta induz à loucura, ao infantilismo, à exasperação imaginativa. Contra isso o estudo não basta. Tomem consciência da infecção moral e lutem, lutem, lutem pelo seu equilíbrio, pela sua maturidade, pela sua lucidez. Tenham a normalidade, a sanidade, a centralidade da psique como um ideal. Prometam a vocês mesmos ser personalidades fortes, bem estruturadas, serenas no meio da tempestade, prontas a vencer todos os obstáculos com a ajuda de Deus e de mais ninguém. Prometam SER e não apenas pedir, obter, sentir, desfrutar.
Olavo de Carvalho
Era incredibile come il semplice gesto di cercare qualcuno svelasse quanto si conosceva di quella persona. Volevo trovarlo, volevo che capisse che io c'ero. Trovarlo era il mio: 'volevo vederti ballare' , era il mio sapere cosa stesse leggendo, il mio augurio di buon compleanno. E forse lui non sapeva neanche cosa significasse per me interessarmi così a qualcuno, ma per una volta volevo essere io a tenere lui al sicuro, dietro una tenda, e danzare con i suoi fantasmi.
Rossana Soldano (Come anima mai)
Dunque, pare che alle anime viventi possano toccare due sorti: c'è chi nasce ape, e chi nasce rosa... Che fa lo sciame delle api, con la sua regina? Va, e ruba a tutte le rose un poco di miele, per portarselo nell'arnia, nelle sue stanzette. E la rosa? La rosa l'ha in se stessa, il proprio miele: miele di rose, il più adorato, il più prezioso! La cosa più dolce che innamora essa l'ha già in se stessa: non le serve cercarla altrove. Ma qualche volta sospirano di solitudine, le rose, questi esseri divini! Le rose ignoranti non capiscono i propri misteri. La prima di tutte le rose è Dio. Fra le due: la rosa e l'ape, secondo me, la più fortunata è l'ape. E l'Ape Regina, poi, ha una fortuna sovrana! Io, per esempio, sono nato Ape Regina. E tu, Wilhelm? Secondo me, tu, Wilhelm mio, sei nato col destino più dolce e col destino più amaro: tu sei l'ape e sei la rosa.
Elsa Morante (L'isola di Arturo)
Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Più giù di così non si può andare: condizione umana più misera non c'è, e non è pensabile. Nulla più è nostro: ci hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sì che dietro al nome, qualcosa ancora di noi, di noi quali eravamo, rimanga.
Primo Levi (If This Is A Man/The Truce: 'Miraculous' Philippe Sands (Hachette Essentials))
Ho visto il sole tramontare in un mare di fuoco liquido e sorgere come una sfera di rame incandescente. Ho visto la luna far risplendere i veli del cielo notturno come fuochi fatui e rispecchiarsi nel lento respiro delle onde. Ho visto il mare così liscio e l'aria così trasparente che la volta stellata sembrava sdoppiarsi al punto che non si capiva più qual era il sotto e quale il sopra, e pareva di veleggiare dentro a un globo splendente di luci. Ho visto cieli e nubi che un artista avrebbe impiegato un'esistenza intera a cercare di riprodurre.
Björn Larsson (La vera storia del pirata Long John Silver)
Uma criança recém-nascida, julga-se infinita. Não sabe onde é que acaba, onde é que tem os seus limites. Depois, descobre os pés e fica fascinada. É um bebé que se depara com os seus limites: Ah, é então aqui que finda o meu corpo. E, aos poucos, o mundo vai-se tornando maior, porque a criança se vai tornando mais pequena: antes era tudo e agora não vá além dos pés. Vai-se contraindo. O ego vai-se arrepiando num pontinho e deixando espaço para que as coisas possam existir à sua volta. Surge o Eu e o Tu. A criança cria essa distância, e o melhor que se pode esperar é que essa distância mantenha alguma proximidade. Mas tudo isto faz parte do crescimento, tal como faz parte do encolhimento e da expansão do universo.
Afonso Cruz (Jesus Cristo Bebia Cerveja)
Os caminhos são mais longos - disse um dia Elahi - para quem está sozinho. (...) Os dias esticam e ficam mais longos, o relógio diz que não, mas, com licença, o que sabem os relógios da alma humana? Não sabem nada, Alá me perdoe. O tempo demora mais a passar, muito mais, é assim que se sofre. Quando se está feliz, esse mesmo tempo passar a correr, parece que vai atrasado para uma festa, mas, se vê uma lágrima, para e fica a ver o acidente, dá voltas à nossa desgraça e não anda para a frente como os relógios dizem que ele faz. (...) Disse Ali: Não é a falta de pessoas à nossa volta que faz a solidão. São as pessoas erradas.
Afonso Cruz (Para Onde Vão Os Guarda-Chuvas)
Era indubbio, la vita senza un cane era più facile e immensamente più semplice. Potevamo andare via per il fine settimana senza dover prenotare il canile. Potevamo uscire a cena senza preoccuparci di quale cimelio di famiglia sarebbe stato in pericolo questa volta. I bambini potevano mangiare senza dover fare la guardia ai loro piatti. La pattumiera non doveva più essere posata sul balcone della cucina quando uscivamo. Potevamo di nuovo rilassarci e goderci il magnifico spettacolo di un bel temporale. Io apprezzavo soprattutto la libertà di muovermi per la casa senza una gigantesca calamita gialla incollata alle calcagna. Eppure, come famiglia, ci mancava qualcosa.
John Grogan (Io & Marley)
Tutta quella città… non se ne vedeva la fine… / La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? / E il rumore / Su quella maledettissima scaletta… era molto bello, tutto… e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problema / Col mio cappello blu / Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino / Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino / Primo gradino, secondo / Non è quel che vidi che mi fermò / È quel che non vidi / Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi… lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne / C’era tutto / Ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo / Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu / Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me / Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi / Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita / Se quella tastiera è infinita, allora / Su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio / Cristo, ma le vedevi le strade? / Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una / A scegliere una donna / Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire / Tutto quel mondo / Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce / E quanto ce n’è / Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… / Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.
Alessandro Baricco (Novecento. Un monologo)
Lotti contro la tua superficialità, la tua faciloneria, per cercare di accostarti alla gente senza aspettative illusorie, senza un carico eccessivo di pregiudizi, di speranze o di arroganza, nel modo meno simile a quello di un carro armato, senza cannoni, mitragliatrici e corazze d'acciaio spesse quindici centimetri; offri alla gente il tuo volto più bonario, camminando in punta di piedi invece di sconvolgere il terreno con i cingoli, e l'affronti con larghezza di vedute, da pari a pari, da uomo a uomo, come si diceva una volta, e tuttavia non manchi mai di capirla male. Tanto varrebbe avere il cervello di un carro armato. La capisci male prima d'incontrarla, mentre pregusti il momento in cui l'incontrerai; la capisci male mentre sei con lei; e poi vai a casa, parli con qualcun altro dell'incontro, e scopri ancora una volta di aver travisato. Poiché la stessa cosa capita, in genere, anche ai tuoi interlocutori, tutta la faccenda è, veramente, una colossale illusione priva di fondamento, una sbalorditiva commedia degli equivoci. Eppure, come dobbiamo regolarci con questa storia, questa storia così importante, la storia degli altri, che si rivela priva del significato che secondo noi dovrebbe avere e che assume invece un significato grottesco, tanto siamo male attrezzati per discernere l'intimo lavorio e gli scopi invisibili degli altri? Devono, tutti, andarsene e chiudere la porta e vivere isolati come fanno gli scrittori solitari, in una cella insonorizzata, creando i loro personaggi con le parole e poi suggerendo che questi personaggi di parole siano più vicini alla realtà delle persone vere che ogni giorno noi mutiliamo con la nostra ignoranza? Rimane il fatto che, in ogni modo, capire bene la gente non è vivere. Vivere è capirla male, capirla male e male e male e poi male e, dopo un attento riesame, ancora male. Ecco come sappiamo di essere vivi: sbagliando. Forse la cosa migliore sarebbe dimenticare di aver ragione o torto sulla gente e godersi semplicemente la gita. Ma se ci riuscite… Beh, siete fortunati.
Philip Roth (American Pastoral)
Prima che fossimo scesi completamente dalla macchina, Marley scorse gli altri cani riuniti con i loro padroni sull'asfalto. Un party! Ci scavalcò con un balzo, saltò giù dall'auto e se la squagliò, tirandosi dietro il guinzaglio. Passò velocemente da un cane all'altro, annusando parti intime, perdendo pipì e facendo volare in aria una quantità di sputi. Per Marley era un festival degli odori - così tanti genitali, così poco tempo - e stava cogliendo il momento, attento a mantenersi davanti a me mentre gli correvo dietro. Ogni volta che l'avevo quasi raggiunto, si allontanava ancora un po'. Infine l'ebbi quasi sotto tiro e compii un balzo gigantesco, atterrando con entrambi i piedi sul suo guinzaglio. Questo lo ece arrestare così bruscamente che per un momento pensai di avergli spezzaro il collo. Scattò indietro, cadde sul dorso, si girò e mi guardò con la serena espressione di un eroinomane che si è appena fatto la dose.
John Grogan (Io & Marley)
[...]finché non siamo arrivati al cancello, al, al cancello, ho visto un treno e binari. Ma non un treno come ho visto quando arrivavo qui a Dachau, ma un treno con...per passeggeri, per gente [cane guaisce in sottofondo]. Non per, ehm, per cani o per ehm, cavalli. Ma questo, questo non può essere per noi, forse Gestapo arriva anche. No...il treno era per noi! E lì, prima di entrare su treno, tutti ricevevano una scatola. Una scatola da Croce rossa svizzera, e io l'ho acchiappata, e sono entrato su treno. Ho aperto la scatola; c'era molte cose, qualche sigaretta, un pezzo di pane, un pezzo di cioccolata. Marmellata. Oh, era un grande, grande tesoro per me. E questo, e il treno ha cominciato a muoversi. Un treno...la prima volta che entravo in un treno dove sta la gente. Persone viventi. E il treno ci ha preso; siamo andati per qualche giorno, non ricordo quanto, mi sentivo molto male, qualche volta un poco meglio, ma questo mi aiutava, quello che avevo. Ma io...dovevamo stare molto attenti; di notte potevo dormire, ma non dormivo per causa del mio tesoro quale avevo. Perché rubavano. Altra gente finiva tutto in una notte, o in un giorno, così non avevano; hanno rubato ad altri. Io stavo sdraiato sopra e tenevo. E qualche volta di notte acchiappavo qualcuno che voleva rubare il mio, il mio tesoro. Certo, se avevo molto più da dormir, mi sentirei molto meglio. Ma non potevo dormire, perché questo era più per me che dormire. Sapevo che con questo posso sopravvivere. Metamaus, Art Spiegelman
Art Spiegelman (MetaMaus: A Look Inside a Modern Classic, Maus)
Quando svoltai l'angolo, mi fermai di colpo. Ci avrei scommesso una settimana di stipendio che quel che stavo vedendo non poteva essere vero. Il nostro turbolento, esasperato cane stava adagiato tra le ginocchia di Jenny, il grosso testone posato placidamente sul suo grembo. La coda gli penzolava piatta tra le zampe, la prima volta che non lo vedevo agitarla quando stava toccando uno di noi. Gli occhi erano alzati verso di lei, e guaiva sommessamente. Jenny gli accarezzò la testa diverse volte e poi, senza preavviso, affondò la faccia nel folto del suo collo e cominciò a singhiozzare. Forte, in modo incontrollato. Restarono così a lungo, con Marley immobile come una statua, Jenny che lo stringeva a sè come un enorme bambolotto. Io mi tenevo in disparte, sentendomi un po' come un intruso che interferiva in quel momento privato, non sapendo esattamente che cosa fare. E poi, senza alzare la faccia, Jenny mosse un braccio verso di me, e io li raggiunsi sul divano e me la strinsi contro. Restammo lì noi tre, nel nostro abbraccio di condiviso dolore.
John Grogan (Io & Marley)
Is it possible that the Pentateuch could not have been written by uninspired men? that the assistance of God was necessary to produce these books? Is it possible that Galilei ascertained the mechanical principles of 'Virtual Velocity,' the laws of falling bodies and of all motion; that Copernicus ascertained the true position of the earth and accounted for all celestial phenomena; that Kepler discovered his three laws—discoveries of such importance that the 8th of May, 1618, may be called the birth-day of modern science; that Newton gave to the world the Method of Fluxions, the Theory of Universal Gravitation, and the Decomposition of Light; that Euclid, Cavalieri, Descartes, and Leibniz, almost completed the science of mathematics; that all the discoveries in optics, hydrostatics, pneumatics and chemistry, the experiments, discoveries, and inventions of Galvani, Volta, Franklin and Morse, of Trevithick, Watt and Fulton and of all the pioneers of progress—that all this was accomplished by uninspired men, while the writer of the Pentateuch was directed and inspired by an infinite God? Is it possible that the codes of China, India, Egypt, Greece and Rome were made by man, and that the laws recorded in the Pentateuch were alone given by God? Is it possible that Æschylus and Shakespeare, Burns, and Beranger, Goethe and Schiller, and all the poets of the world, and all their wondrous tragedies and songs are but the work of men, while no intelligence except the infinite God could be the author of the Pentateuch? Is it possible that of all the books that crowd the libraries of the world, the books of science, fiction, history and song, that all save only one, have been produced by man? Is it possible that of all these, the bible only is the work of God?
Robert G. Ingersoll (Some Mistakes of Moses)
Avendo perso uno degli inseguiti, Ivan concentrò la sua attenzione sul gatto, e vide quello strano animale avvicinarsi al predellino del vagone di testa del tram A immobile alla fermata, spingere via con insolenza una donna, afferrare la maniglia e tentare perfino di dare una moneta da dieci copeche alla bigliettaria attraverso un finestrino aperto per l'afa. Il comportamento del gatto sbalordì talmente Ivan da lasciarlo immobile davanti alla drogheria sull'angolo; e subito una seconda volta, ma con molta più forza egli fu sbalordito dal comportamento della bigliettaria. Questa, non appena vide il gatto che saliva sul tram, gridò con una rabbia che la scuoteva tutta: - È vietato ai gatti! È vietato portare gatti! Passa via! Scendi, se no chiamo la polizia! Né la bigliettaria né i passeggeri furono colpiti dalla cosa principale: non dal fatto che un gatto salisse sul tram, questo poteva ancora passare, ma dal fatto che volesse pagare il biglietto! Il gatto si dimostrò animale non soltanto solvibile, ma anche disciplinato. Alla prima sgridata della bigliettaria cessò l'attacco, si staccò dal predellino e si sedette alla fermata, soffregandosi i baffi con la monetina. Ma non appena la bigliettaria diede il segnale e il tram si mosse, il gatto si comportò come chiunque sia cacciato da un tram, sul quale deve viaggiare per forza. Dopo essersi lasciato passare davanti tutte e tre le vetture, balzò sulla parte posteriore dell'ultima, si afferrò con la zampa a un tubo che usciva dal veicolo e filò via, economizzando in tal modo il prezzo della corsa.
Mikhail Bulgakov (The Master and Margarita)
Se lui avesse potuto dire il suo nome ancora una volta, a voce così bassa da poterla sentire invece che ascoltarla.Se lo avesse fatto, così piano da non permettere alla veglia di ricordarle perché quel suono non poteva più renderla felice.Se solo non avesse mai smesso di piovere.Eloise, sei sveglia?Sì, e non voglio.Sotto la mano il cuscino era fresco e morbido, negli spazi tra le sue dita se ne insinuavano altre, calde e dure perché abituate a riempire di lusinghe l'elsa di una spada, non solo la pelle di una donna. Prendeva la sua una mano fatta per accarezzare e per uccidere.Una mano che l'aveva accarezzata, e poi uccisa.«Axel».Forse c'era stato uno scatto di esultanza profonda, perché ridestandosi aveva pronunciato per prima cosa il suo nome.Qualcosa che aveva a che fare col possesso e il riconoscimento.Qualcosa di così profondo che, se non si fosse opposta, avrebbe finito per precipitarvi dentro.Qualcosa che tra loro due era sempre esistito.L'aveva accarezzata.A quanto le avevano raccontato, lui era stata la prima cosa del mondo su cui aveva aperto gli occhi. Un fagottino di neonata, avvolta tra le braccia di un bambinetto di tre anni appena, che sollevava di colpo le palpebre incontrando per la prima volta due occhi blu pieni di amore e trionfo fissi su di lei.E poi uccisa.Una cicatrice che si risvegliava pulsando, lo spettro di dolore di un arto amputato, che esisteva solo nel ricordo dei nervi e bruciava, bruciava come fuoco.Lui era sete, tanta da accettare di annegare pur di riuscire a bere.«Axel».«Sono qui».
Virginia De Winter (L'Ordine della spada (Black Friars, #1))
Fino allora egli era avanzato per la spensierata età della prima giovinezza, una strada che da bambini sembra infinita, dove gli anni scorrono lenti e con passo lieve, così che nessuno nota la loro partenza. Si cammina placidamente, guardandosi con curiosità attorno, non c'è proprio bisogno di affrettarsi, nessuno preme dietro e nessuno ci aspetta, anche i compagni procedono senza pensieri, fermandosi spesso a scherzare. Dalle case, sulle porte, la gente grande saluta benigna, e fa cenno indicando l'orizzonte con sorrisi di intesa; così il cuore comincia a battere per eroici e teneri desideri, si assapora la vigilia delle cose meravigliose che si attendono più avanti; ancora non si vedono, no, ma è certo, assolutamente certo che un giorno ci arriveremo. Ancora molto? No, basta attraversare quel fiume laggiù in fondo, oltrepassare quelle verdi colline. O non si è per caso già arrivati? Non sono forse questi alberi, questi prati, questa bianca casa quello che cercavamo? Per qualche istante si ha l'impressione di sì e ci si vorrebbe fermare. Poi si sente dire che il meglio è più avanti e si riprende senza affanno la strada. Così continua il cammino in un'attesa fiduciosa e le giornate sono lunghe e tranquille, il sole risplende alto nel cielo e sembra non abbia mai voglia di calare al tramonto. Ma a un certo punto, quasi istintivamente, ci si volta indietro e si vede che un cancello è stato sprangato alle spalle nostre, chiudendo la via del ritorno. Allora si sente che qualcosa è cambiato, il sole non sembra più immobile ma si sposta rapidamente, ahimè, non si fa in tempo a fissarlo che già precipita verso il confine dell'orizzonte, ci si accorge che le nubi non ristagnano più nei golfi azzurri del cielo ma fuggono accavallandosi l'una all'altra, tanto è il loro affanno; si capisce che il tempo passa e che la strada un giorno dovrà pur finire. Chiudono a un certo punto alla nostre spalle un pesante cancello, lo rinserrano con velocità fulminea e non si fa in tempo a tornare.
Dino Buzzati (The Tartar Steppe)
Sabes qual é o erro que cometemos sempre? Acreditar que a vida é imutável, que, mal escolhemos um carril, temos de o seguir até ao fim. Contudo, o destino tem muito mais imaginação do que nós... Precisamente quando se pensa que se está num beco sem saída, quando se atinge o cúmulo do desespero, com a velocidade de uma rajada de vento tudo muda, tudo se transforma, e de um momento para o outro damos por nós a viver uma nova vida. […] Se, esteja onde estiver, arranjar maneira de te ver, só ficarei triste, como fico triste sempre que vejo uma vida desperdiçada, uma vida em que o caminho do amor não conseguiu cumprir-se. Tem cuidado contigo. Sempre que à medida que fores crescendo, tiveres vontade de converter as coisas erradas em certas, lembra-te que a primeira revolução a fazer é dentro de nós próprios, a primeira e a mais importante. Lutar por uma ideia sem se ter uma ideia de si próprio é uma das coisas mais perigosas que se pode fazer. Quando te sentires perdida, confusa, pensa nas árvores, lembra-te da forma como crescem. Lembra-te que uma árvore com muita ramagem e poucas raízes é derrubada à primeira rajada de vento, e que a linfa custa a correr numa árvore com muitas raízes e pouca ramagem. As raízes e os ramos devem crescer de igual modo, deves estar nas coisas e estar sobre as coisas, só assim poderás dar sombra e abrigo, só assim, na estação apropriada, poderás cobrir-te de flores e de frutos. E quando à tua frente se abrirem muitas estradas e não souberes a que hás-de escolher, não metas por uma ao acaso, senta-te e espera. Respira com a mesma profundidade confiante com que respiraste no dia em que vieste ao mundo, e sem deixares que nada te distraia, espera e volta a esperar. Fica quieta, em silêncio, e ouve o teu coração. Quando ele te falar, levanta-te, e vai onde ele te levar.
Susanna Tamaro (Follow Your Heart)