Stellaris Quotes

We've searched our database for all the quotes and captions related to Stellaris. Here they are! All 6 of them:

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Per il cosmo la distruzione di interi sistemi stellari è un fatto quotidiano e del tutto irrilevante. Questo
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Yuri Abietti (Cthulhu: chi era costui?: Viaggio alle origini di un mito pop moderno (Italian Edition))
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«Secondo alcuni testimoni, quel tipo...» Dolph sfogliò il taccuino, poi lesse un appunto. «Quel tipo ha detto: 'Mi lasciate andare alla mia macchina, vero?' E gli agenti hanno risposto: 'Sì, certo'.» «Merda! Gli ha tirato un Obi-Wan!» «Cosa?!» chiesero Edward e Dolph, in coro. «Be', come in Guerre Stellari... 'Questi non sono i droidi che state cercando'!» Edward sorrise. «Certo! Mentre io e Otto facevamo a pezzi l'altra vampira, il tipo ha tirato un Obi-Wan!»
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Laurell K. Hamilton (Harlequin)
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Sognò che quella bestia lo gettava giù nel pozzo, quello che affondava nel suolo della grotta. Stava precipitando in esso, privo di forma e senza peso, non però in un baratro sotterraneo o un lago nel sottosuolo, ma nello spazio esterno, verso il cosmo. Accelerò attraverso i campi stellari oltre il potente sguardo del telescopio Hubble. La sua proiezione astrale zoomò verso una macchia di nera oscurità fra scintillanti punti luminosi e, nell’avvicinarsi, la chiazza si allargò in un vasto e terrificante alone esteso in lungo e in largo a comprendere in esso molti sistemi solari; una galassia minore e indipendente che gorgogliava avvolta su se stessa. Un ondeggiante coagulo contenente schiere di mondi morti, ognuno nel suo guscio sottilissimo. Dentro a quei vuoti pianeti, ben al di sotto delle superfici sterili, regnavano le tenebre. Mari di caldo sangue ne ricolmavano gli antri più interni. I Figli dell’Antica Sanguisuga, il cui autentico nome era soltanto un ringhio incomprensibile che riecheggiava dentro alla sua mente, vivevano nei sanguinolenti flutti torcendosi su rive d’ossa dure come il diamante, e in milioni di tunnel intarsiati e decorati di altre ossa, quelle mietute a uno stuolo di vittime in verdi e azzurri mondi maturi al punto giusto, proprio come la Terra. I Figli colavano e si contorcevano in rumorosi tumuli, e persino nel sogno Don ringraziava Dio di non poterne scorgere che un’impressione vaga. Poiché erano composti della stessa sostanza di cui sono fatti gli incubi; abominazioni verminose in possesso di vili e incalcolabili intelletti che indossavano carni e spine dorsali d’uomini, e di bestie, per schermarsi dal sole e poter camminare in posizione eretta anziché limitarsi allo strisciare..
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Laird Barron (The Croning)
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Forse, e più ci penso più me ne convinco, l'unica soluzione possibile per continuare a vivere in quest'inferno che è il nostro mondo di malattie sarebbe quella di fuggir via dai nostri corpi, cioè dimenticarceli e cominciare a sentirci non più pesci che sguazzano in compagnia reciproca tra diagnosi, terapie, antibiotici, vaccini e prevenzioni varie, bensì parti infinitesimali, atomi, anzi fotoni, quarks, quanti o addirittura neutrini di chissà quale bella e immane natura o universo cosmo che ci circonda, anzi, in effetti, che neanche ci circonda poiché è fatto tutto di curve ed ellissi. E così immaginare di danzare di qua e di là, diventando una volta questo e una volta quello, fra stelle esplose e implose, buchi neri e spazitempi che si allargano e crescono come noi, immersi o forse neanche immersi ma continuamente capovoltati, non in quel guazzetto da pesci che è la broda panica onto-oncologica che abbiamo escogitato, ma un'infinita materia fisica e metafisica, di cui noi siamo, con tutte le nostre beghe e patologie, una parte talmente trascurabile che neanche importa se siamo vivi o morti, perché in quell'infinita materia fisica e metafisica morire non è nemmeno come galleggiare e respirare al ritmo e al passo delle onde marine, ma solo come scomparire o comparire nell'aritmia del soffio di venti poderosi, nei movimenti delle onde e delle tempeste cosmiche, delle turbolenze che spazzano le giganti rosse disperdendo le sabbie stellari. Insomma reinventarci finalmente liberi da noi stessi per dirigerci chi verso dio, chi verso il piacere, chi verso i ricordi e le immagini, chi verso le stelle e i firmamenti.
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Antonella Moscati (Patologie)
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luce, una luce diversissima... La steppa calmucca! Opera nobile e antica della natura che non conosce colori sgargianti né rilievi bruschi e spigolosi, dove la parca malinconia delle sfumature del grigio e dell’azzurro regge il confronto con l’imponente valanga cromatica dei boschi russi d’autunno, dove le linee dolci e appena ondulate delle colline incantano il cuore più dei crinali del Caucaso, dove striminziti laghetti d’antica acqua scura e quieta parlano dell’essenza dell’acqua più dei mari e degli oceani... Tutto passa, ma quell’enorme, pesantissimo sole di ghisa nella foschia della sera, quel vento amaro saturo di assenzio fino a scoppiare non si dimenticano. Dunque è in ricchezza che si estende la steppa, e non in povertà... E in primavera, giovane di tulipani, la steppa è un oceano scrosciante di colori, non di onde. L’erba dei cammelli, ispida, si tinge di verde, e le sue spine giovani e aguzze sono ancora delicate, morbide... Nelle notti d’estate, invece, sulla steppa si leva un grattacielo di galassie – dalle fondamenta fatte di blocchi stellari azzurri e bianchi alle nebulose opalescenti, alle cupole lievi degli ammassi globulari in fuga sotto il tetto dell’universo... Ha una dote straordinaria, la steppa. Una dote che possiede sempre, all’alba, in inverno e in estate, nelle notti scure di tempesta e in quelle terse. Perché sempre e comunque la steppa parla all’uomo di libertà... E la ricorda a chi l’ha perduta.
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Vasily Grossman (Vita e destino)
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La steppa calmucca! Opera nobile e antica della natura che non conosce colori sgargianti né rilievi bruschi e spigolosi, dove la parca malinconia delle sfumature del grigio e dell’azzurro regge il confronto con l’imponente valanga cromatica dei boschi russi d’autunno, dove le linee dolci e appena ondulate delle colline incantano il cuore più dei crinali del Caucaso, dove striminziti laghetti d’antica acqua scura e quieta parlano dell’essenza dell’acqua più dei mari e degli oceani... Tutto passa, ma quell’enorme, pesantissimo sole di ghisa nella foschia della sera, quel vento amaro saturo di assenzio fino a scoppiare non si dimenticano. Dunque è in ricchezza che si estende la steppa, e non in povertà... E in primavera, giovane di tulipani, la steppa è un oceano scrosciante di colori, non di onde. L’erba dei cammelli, ispida, si tinge di verde, e le sue spine giovani e aguzze sono ancora delicate, morbide... Nelle notti d’estate, invece, sulla steppa si leva un grattacielo di galassie – dalle fondamenta fatte di blocchi stellari azzurri e bianchi alle nebulose opalescenti, alle cupole lievi degli ammassi globulari in fuga sotto il tetto dell’universo... Ha una dote straordinaria, la steppa. Una dote che possiede sempre, all’alba, in inverno e in estate, nelle notti scure di tempesta e in quelle terse. Perché sempre e comunque la steppa parla all’uomo di libertà... E la ricorda a chi l’ha perduta.
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Vasily Grossman (Vita e destino)