Sta Cena Quotes

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A una cena, molti decenni fa, fu chiesto al fisico Robert W. Wood di rispondere al brindisi «alla fisica e alla metafisica». Per «metafisica» si intendeva qualcosa di simile alla filosofia, ossia verità che si potrebbero riconoscere semplicemente riflettendo su di esse. Fra queste verità poteva esserci anche la pseudoscienza. Wood rispose pressappoco nel modo seguente: il fisico ha un’idea. Quanto più riflette su di essa, tanto più gli pare che abbia senso. La consultazione della letteratura scientifica gli fa sembrare l’idea ancora più promettente. Allora va in laboratorio per verificarla con un esperimento. L’esperimento è lungo e complesso. Il fisico controlla molte possibilità, affina la precisione delle misurazioni e riduce il margine di errore. L’unica cosa che gli interessa è il responso dell’esperimento. Alla fine di tutto questo lavoro l’idea risulta sbagliata. Il fisico, allora, la lascia cadere, si libera la mente dall’errore e passa a studiare qualche altra cosa. La differenza fra fisica e metafisica, concluse Wood alzando il bicchiere, non è che i cultori dell’una siano più intelligenti dei cultori dell’altra. La differenza sta nel fatto che il metafisico non ha un laboratorio.
Carl Sagan (The Demon-Haunted World: Science as a Candle in the Dark)
Marianne prepara la cena, spaghetti o risotto, e dopo lui lava i piatti e mette a posto la cucina. Spazza le briciole da sotto il tostapane mentre lei gli legge delle batture da Twitter. Dopodiché vanno a letto. A lui piace penetrarla a fondo, lentamente, finché il suo respiro si fa sonoro e pesante mentre afferra la federa del cuscino con una mano. Il suo corpo allora sembra straordinariamente piccolo e aperto. Così? dice lui. E lei annuisce e magari colpisce il cuscino con il pugno, emettendo piccoli ansiti a ogni suo movimento. Le conversazioni che seguono per Connell sono gratificanti, spesso prendono pieghe inaspettate spingendolo a esprimere idee che non ha mai consapevolmente formulato prima. Parlano dei romanzi che lui sta leggendo, della ricerca che lei sta studiando, del momento storico preciso in cui stanno vivendo, della difficoltà di osservare tale momento nel suo farsi. Ogni tanto ha la sensazione che lui e Marianne siano come pattinatori di figura, che improvvisino i loro scambi con una tale abilità e una sincronizzazione così perfetta da rimanerne entrambi sorpresi. Lei si lancia leggiadramente in voli pindarici e ogni volta, senza sapere come farà, lui la riacchiappa. Il fatto che probabilmente faranno di nuovo sesso prima di dormire di sicuro rende le chiacchiere più piacevoli, e sospetta che l'intimità dei loro discorsi, spesso oscillanti tra il concettuale e il personale, contribuisca a sua volta a migliorare il sesso.
Sally Rooney (Normal People)
L’Io, che inutile peso! Mi ero davvero stancato del mio, di quella figura che dovevo sempre portarmi dietro e ripresentare al pubblico. Quante volte in aereo, in treno, a una cena in casa di un diplomatico o al ricevimento di un qualche ministro avevo dovuto, con una obbligatorietà a cui non sapevo sottrarmi, raccontare per l’ennesima volta i soliti, divertenti aneddoti della mia vita, spiegare perché da italiano scrivevo per un settimanale tedesco come Der Spiegel, perché ero stato arrestato in Cina o che cosa pensavo del paese in cui al momento vivevo! Il tutto per intrattenere qualcuno, per essere simpatico. Avevo tanto riso dei giapponesi con il loro «io» legato a ciò che sta scritto sulle loro meshi, i biglietti da visita, in cui sotto al nome, e più importante di quello, sono indicati il titolo e la posizione che occupano nella loro azienda. Io mi ero comportato esattamente allo stesso modo: per essere preso in considerazione, per non essere messo da parte presentavo anch’io, recitato invece che stampato, il mio biglietto da visita: quella identità di me da cui sembravo così tanto dipendere. L’identità poi, come fosse un congegno delicato, richiedeva manutenzione, doveva essere lucidata, bisognava cambiarle l’olio. Dell’identità andava curato ogni aspetto: la pettinatura, il vestito, il modo di presentarsi, di telefonare, di mantenere i contatti, di rispondere agli inviti. Nel mio caso… anche il modo di cominciare un articolo! «Vali quel che valeva il tuo ultimo pezzo», mi aveva detto ancora ai tempi del Vietnam l’amico Martin Woollacott, collega del Guardian, e quel dover essere almeno all’altezza dell’Io dell’articolo precedente era diventata sempre più una ossessione. Il tutto per mantenere un nome. Il nome, sempre il nome. Quante cose dipendono nella vita dal nome! Il nome nella lista degli ammessi, dei promossi, dei vincitori, dei passeggeri; il nome in prima pagina. Sempre quel nome, quella identità. Che fatica! Via. Tutto questo, via! Un altro po’ di inutile zavorra buttata a mare per affrontare meglio l’ultima traversata.
Tiziano Terzani (Un altro giro di giostra)
L’altro giorno, a cena da amici, la figlia mi dice: Io non capisco come fai a mantenerti. Quanti matti ci saranno in città? Vediamo, dico io, proviamo a contare quanti ce n’è in questo palazzo. Quanti appartamenti ci sono in tutto? Venti, risponde lei. Bene, quanti matti conosci? C’è solo il pazzo del terzo piano, quello che parla da solo. Uno schizofrenico ce l’abbiamo, bene, ora dimmi: non c’è un tossicomane da qualche parte? Sí, al primo piano. C’è per caso una ragazza magra, magra che sembra uno scheletro? Giovanna, sul nostro pianerottolo. Non c’è uno che, sera e mattina, è al bar con un bicchiere di bianco in mano? Sí, Giorgio, quinto piano. Un etilista non poteva mancare. Ora voglio sapere, non c’è un signore scavato che esce poco, non apre mai la porta, è silenziosissimo e non si spinge nemmeno sul poggiolo tutto sporco di cacche di piccione? Sí, Silvio, al terzo piano. Beccato il paranoico. Passiamo ai depressi. Hai mai sentito un vicino dire: non andiamo al mare, mia moglie sta a letto? Sí, ultimo piano. Una sola depressa? Facciamo finta che sia cosí. Chiudiamo con l’Alzheimer: non mi dire che in tutto il palazzo non c’è una vecchietta che straparla e butta oggetti dalla finestra? Per la verità, sono due. Vedi, se si curassero tutti, potrei mantenermi solo con questo palazzo.
Paolo Milone (L'arte di legare le persone)
«Luka?» «Ehm… sì?» Luka si rese conto che sia Nick che Jeana lo stavano fissando in attesa. «Scusa, hai detto qualcosa?» Jeana ridacchiò. «Beh, stavo aspettando che ci presentassi, ma mi sa che dovremmo darti modo di riprenderti.» E porse la mano a Nick. «Jeana. Migliore amica. Complice. Spacco il culo a chiunque provi a ferire il mio amico.» Luka si strozzò. «Jeans!» Jeana alzò le spalle e fece un gran sorriso, assolutamente impenitente. Nick le sorrise a sua volta e le strinse la mano. «Nick.» «Lo so. Dovrei essere morta e sepolta per non saperlo.» Il sorriso di Nick si allargò. «Qualunque cosa tu abbia sentito su di me, ti posso assicurare che forse solo la metà è vera.» «Oh, sul serio?» chiese Jeana. Luka notò che non aveva ancora lasciato andare la mano di Nick. «E allora, l’articolo che ho letto su…» Luka batté le mani. «Okay! Che ne dite se iniziamo a mangiare, eh? La cena si sta raffreddando.»
Piper Vaughn (The Luckiest (Lucky Moon, #2))
«Mi dispiace,» sussurrò Nick. «Non avevo intenzione di ferirti.» «Beh, l’hai fatto.» «Possiamo cominciare da capo?» Luka non aveva mai sentito Nick così insicuro di se stesso, ma non per quello era pronto a cedere completamente. «Come cosa?» «Come due ragazzi che si piacciono davvero. Credo di avere bisogno di fare le cose con calma, sai, fisicamente, per un po’. Non so bene cosa sto facendo.» «Nessuno sa mai cosa sta facendo quando ci sono di mezzo i sentimenti, Nicky. Ogni volta è diverso.» «Per favore, potresti venire da me stasera? Possiamo passare un po’ di tempo insieme e guardare un film – solo guardare. Ho preso quegli stuzzichini che piacciono tanto a Steph.» Luka ci rifletté su. Beh, no, non sul serio. Sconsiderato com’era, il solo pensiero di rivedere Nick fece reagire tutto il suo corpo. Non esisteva che ci pensasse su, però aveva bisogno di stare in un posto sicuro, in cui non fosse tentato di fare qualcosa di stupido. «Senti, potremmo uscire di casa… a cena, a ballare, un film al cinema.» Nick rimase in silenzio per un po’. «Preferirei non uscire in pubblico, dove i paparazzi potrebbero fotografarmi. È stressante. Non possiamo rimanere in casa e basta?» Luka si strizzò il ponte del naso. «Per stasera, okay. Ma non puoi startene in casa per sempre.» E nemmeno io… «Lo so. Grazie, Luka.» «Per cosa mi stai ringraziando?» «Per avermi dato un’altra possibilità di non fare lo stronzo»
Piper Vaughn (The Luckiest (Lucky Moon, #2))