Questione Di Tempo Quotes

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L'importante, quando si spettegola, è mantenere l'impianto formale. Il divulgatore deve richiedere la massima segretezza, e gli astanti accordargliela; dopo, è chiaro che faranno galoppare la notizia ovunque ci riescano. E' solo questione di tempo. Se uno dice "tenetela per voi il più possibile" non intende "ditela a meno persone possibile" ma "resistete un minimo di tempo prima di esplodere, così le tracce che portano a me saranno più difficili da seguire".
Marco Malvaldi (La briscola in cinque)
Quella ragazza stuzzicava me e la belva. La desideravamo entrambi, e per la prima volta l’idea di lasciarmi andare completamente mi preoccupò. Cosa avrei potuto farle, se non controllavo i miei impulsi, l’istinto di farla a pezzi? Perché sarebbe stata mia. Era solo questione di tempo. Potevo averla come, quando e dove volevo. Io ne ero sicuro, lei invece sembrava essere intimorita da quella lampante certezza. Desiderio e paura. Era ciò per cui vivevo. Era ciò che leggevo nei suoi splendidi occhi.
Anya M. Silver (Fra le braccia della morte (Lethal Men, #4.5))
«Quanto tempo ti rimane?» domandò. «Dicono che sia questione di giorni» rispose lui. «La risonanza che ho fatto questa domenica ha mostrato che il cancro si sta diffondendo, e cresce in fretta. I tumori ormai sono come gli Starbucks, ce n’è uno a ogni angolo»
Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
Datemi del romantico, se vi va. Ma io credo nel crimine perfetto. Come il vero amore, è solo questione di tempo e pazienza.
Joanne Harris (Blueeyedboy (Malbry, #3))
Perché accettare è una questione di tempo, mentre perdere è una questione di principio.
Albert Espinosa (The Yellow World)
«Lo sai perché ho creato il desiderio?» Si era quasi dimenticata della presenza di D e rispose sovrappensiero: «Per garantire la riproduzione del genere umano?» «Ma no, per quello sarebbe bastato mandarvi in calore come gli animali. E non spiegherebbe gli omosessuali.» Si voltò a guardarlo, incuriosita dall’evolversi della conversazione. «Molte religioni sostengono che tu non accetti l’omosessualità...» lo provocò con uno dei pregiudizi che aveva sempre detestato. «E perché mai l’avrei creata, allora? Io non faccio errori. Beh, tranne la questione della mela, ma si è trattato di un fraintendimento. E qualche problema con i vegetali e altri animali, ma mai con voi. No, io ho creato tutti i tipi di desiderio, eterosessuale ed omosessuale, e sai perché?» Grace alzò le mani in segno di resa, attendendo la risposta e iniziando in cuor suo a pensare che D non sarebbe stato affatto male come Dio. Forse, all’alba dei tempi, avrebbero dovuto fare delle libere elezioni. O almeno delle audizioni. «Per farvi riconoscere. Mi sembrava un buon sistema, al tempo, anche se ho avuto dei dubbi già con la storia di Davide e Bestabea...» «Riconoscere?» «Tra anime compatibili. Il primo indizio è il desiderio. È quando è anche l’unico, che le anime non sono compatibili, proprio come nella storia di Davide e Bestabea.»
Mirya (Trentatré)
Stamattina ho avuto un'illuminazione: è tutta colpa mia. Il mio errore pià grave è stato di non capire che il tempo passa. Il tempo passava e io ero fissa nell'atteggiamento della sposa ideale di un marito ideale. Invece di rianimare la nostra vita sessuale m'incantavo nel ricordo delle nostre notti di una volta. Mi immaginavo di aver conservato il mio viso e il mio corpo di trent'anni invece di curare il mio fisico. Ho lasciato atrofizzare la mia intelligenza; non mi coltivavo più; mi dicevo: 'più tardi, quando le bambine mi avranno lasciata'. Si, la giovane studentessa che Maurice sposò, che si appassionava agli avvenimenti, alle idee, ai libri, era ben diversa dalla donna di oggi, il cui universo è tutto in queste quattro mura. Ed è vero che avevo la tendenza a imprigionarvi Maurice. credevo che la sua famiglia dovesse bastargli, credevo di averlo tutto per me. In generale davo tutto per scontato, e questo deve averlo seccato, lui che cambia, che mette sempre in questione tutte le cose. La noia non perdona" -Una donna spezzata-
Simone de Beauvoir
Se è da me che sei venuto, perché non mi hai salutato, ex esattore dei tributi?" proferì Woland severamente. "Perché non voglio la tua salute." "Dovrai fartene una ragione," ribatté Woland, e un sorriso di scherno gli torse la bocca. "Non hai fatto in tempo a comparire sul tetto, che già hai commesso uno sciocco errore, e ti dirò qual è: l'intonazione della tua voce. Hai pronunciato le tue parole come se non riconoscessi l'esistenza delle ombre, e nemmeno del male. Non vuoi invece essere così buono da riflettere sulla questione: che cosa avrebbe fatto il tuo bene, se non fosse esistito il male, e che aspetto avrebbe la terra se da lei scomparissero le ombre? Sono le cose e le persone che generano le ombre. Ecco l'ombra della mia spada. Ma ci sono anche le ombre degli alberi e degli esseri viventi. Non vorrai forse scorticare l'intera sfera terrestre, strappandole di dosso tutti gli alberi e tutto ciò che è vivo, per la tua fantasia di abbandonarti al godimento della nuda luce? Sei stupido." "Non starò a discutere con te, vecchio sofista," rispose Levi Matteo. "Non potresti comunque discutere con me, per la ragione che ti ho detto: sei stupido.
Mikhail Bulgakov (Master and Margarita)
Quando ti piace uno, diventi un po’ come lui. È proprio vero: mi piaceva Uman ed ero diventata un po’ come lui. Però ero diventata anche un po’ come me stessa, o comunque come lo spirito libero che ero da piccola. Con Uman avevo riscoperto quella prima versione di me. Avevo dimenticato quanto mi piaceva quella «me». Ma non puoi continuare ad avere sette, otto, nove, dieci anni per tutta la vita, giusto? E non puoi neppure scappare. Non per sempre, neppure per tanto tempo. Non quando hai quindici anni. Forse mai. Il mondo che Uman mi aveva mostrato era un mondo falso, adesso lo capisco. False speranze. False promesse. Non potevo traboccare di vita come lui, non potevo essere così intensa, così trasgressiva, così indifferente alla vita e alla morte. D’accordo, per un po’ siamo stati felici insieme, ma quella felicità non portava da nessuna parte.
Martyn Bedford (Twenty Questions for Gloria)
La vita non è retta dalla volontà o dalle intenzioni; la vita è una questione di nervi, di fibre e di cellule in lenta formazione, in cui il pensiero si nasconde e la passione elabora i suoi sogni. Puoi immaginare di essere salvo e crederti forte, ma una nota casuale di colore in una stanza o nel cielo mattutino, un particolare profumo che un tempo hai amato e che associ a ricordi sottili, il verso di una poesia dimenticata che ti si ripresenta:, il ritmo di un brano musicale che hai smesso di suonare... Ti dico, Dorian, che è da cose come queste che dipende la vita.
Oscar Wilde (The Picture of Dorian Gray)
Vanno male le vostre cose! A quanto pare, vi si è formata un’anima.” Un’anima? Questa strana parola antica, dimenticata da così tanto tempo...! Noi qualche volta usavamo espressioni che derivavano dal termine anima, ma la parola “anima” mai... “Ed è... molto pericoloso?” balbettai. “Impossibile da curare”, tagliarono corto le forbici. [...] “Cosa c’è? Come dite, l’anima? L’anima? Che ne sapete voi? In questo modo arriveremo presto al colera. Ve l’ho detto” (e con le corna urtò il collega sottile), “ve l’ho detto, bisogna eliminare a tutti la fantasia... Eliminare la fantasia. È solo questione di chirurgia, di chirurgia...
Evgeniij Zamjatin (We)
La signora piacevole da tutti i punti di vista rispose chiaro e tondo che non lo sapeva. Non era capace di mentire: supporre qualcosa è un altro paio di maniche, e anche questo lo faceva soltanto se la supposizione era fondata su una convinzione interiore; se sentiva questa convinzione interiore, allora era capace di difendere il proprio punto di vista, e se un avvocato-testa d’uovo, rinomato per la capacità di confutare le opinioni altrui, avesse provato a rivaleggiare con lei, avrebbe visto cosa significa una convinzione interiore. E nel fatto che le due signore si convinsero definitivamente di ciò che prima supponevano fosse solo una supposizione, in questo non c’è niente di straordinario. Noialtri, fratelli, gente intelligente, come ci chiamiamo, ci comportiamo press’a poco nello stesso modo, e prova ne siano le convinzioni scientifiche. All’inizio lo scienziato vi si avvicina con una straordinaria vigliaccheria, comincia timidamente, con modestia, comincia con le questioni più umili: Forse l’origine è quella? Forse è da questo angolo che ha preso il nome il tal paese? O: Il tale documento non dipende forse da quell’altro, successivo nel tempo? O: Non bisogna, per il tale popolo, supporre il tale popolo? Cita senza indugio il tale e il talaltro scrittori antichi, e non appena trova qualche allusione, o quel che a lui semplicemente è sembrata un’allusione, ecco che accelera e si fa coraggio, dialoga confidenzialmente con gli scrittori antichi, fa loro delle domande e risponde lui stesso, dimenticando del tutto il fatto che aveva cominciato da una timida supposizione; già gli sembra che il fatto si veda, che sia un fatto chiaro, e il ragionamento si conclude con le parole: “Ecco allora quel che è successo, ecco il popolo che bisogna supporre, ecco il punto dal quale bisogna guardare la questione”. E poi a squarciagola, dalla cattedra, e la verità appena scoperta si mette a andare per il mondo, raccogliendo seguaci e ammiratori.
Nikolai Gogol (Dead Souls)
Aveva dell’amicizia, come del resto di parecchi altri sentimenti, un ideale che in questo caso non le sembrava - ma anche in altri casi non le era sembrato - che la presente amicizia esprimesse a pieno. Ma sovente rammentava a se stessa che esistono ragioni essenziali per cui gli ideali non riescono mai a concretizzarsi. Negl’ideali bisogna credere senza vederli; è questione di fede, non di esperienza. Tuttavia l’esperienza può fornircene imitazioni molto attendibili ed è saggio far loro buon viso. Il fatto è che in complesso Isabel non aveva mai incontrato un personaggio più simpatico e interessante di Madame Merle; non aveva mai conosciuto una persona che fosse priva come lei di quel difetto che forma l’ostacolo principale all’amicizia: quel riprodurre i lati più tediosi, stantii e troppo conosciuti del proprio carattere. La ragazza non aveva mai spalancato così le porte della sua confidenza; alla sua amabile ascoltatrice diceva cose che non aveva ancora mai detto ad alcuno. Talvolta si allarmava del suo candore: era come se avesse dato ad una persona quasi sconosciuta la chiave del suo cofanetto di gioielli. Queste gemme spirituali erano gli unici gioielli di qualche grandezza che Isabel possedeva, ragione di più per custodirli con ogni cura. Ma poi, sempre le tornava in mente che non ci si deve rammaricare per un generoso errore, e che se Madame Merle non aveva i pregi che essa le attribuiva, tanto peggio per Madame Merle. Non c’era dubbio che avesse grandi pregi: era attraente, simpatica, intelligente, colta. Più che questo (perché Isabel non aveva avuto la sfortuna di attraversare la vita senza incontrare numerose persone del suo sesso delle quali non si poteva onestamente dire di meno), era una donna rara, superiore, straordinaria. C’è tanta gente amabile nel mondo, e Madame Merle era lungi dall’avere un carattere volgarmente allegro, dal fare la spiritosa senza requie. Sapeva come si fa a pensare, dote rara nelle donne; e aveva pensato con molto costrutto. Naturalmente, sapeva anche come si fa a provare sentimenti: Isabel non avrebbe potuto passare una settimana con lei senza acquistarne la certezza. Questa era proprio la grande dote di Madame Merle, il suo dono più perfetto. La vita aveva lasciato il suo segno su di lei; ella ne aveva sentito tutta la forza, e faceva parte del godimento che dava la sua compagnia il fatto che, quando la ragazza parlava di ciò che si compiaceva di chiamare questioni serie, questa signora la comprendeva con facilità e subito. Le emozioni, questo è vero, oramai per lei appartenevano quasi alla storia; ella non faceva un segreto del fatto che la fonte della passione, per essere stata spillata con discreta violenza in un certo periodo, non scorreva più liberamente come un tempo. Per di più si proponeva, e insieme si aspettava, di diventare insensibile; ammetteva tranquillamente di essere stata un po’ pazza un giorno, ed ora ostentava di essere perfettamente savia.
Henry James (The Portrait of a Lady)
«Ma se ti si dichiarano sempre tutti.» «E io cosa faccio quando loro mi si dichiarano?» «Li rifiuti, che spreco.» «Guardali. Guardali dopo che mi si dichiarano: tempo una settimana e stanno già con qualcun'altro. Non li rifiuto perché non provo interesse, ma perché spero che il loro per me sia qualcosa di vero, almeno una volta. Qualcuno a cui non importa se gli dico 'Vorrei del tempo.' e mi aspetta, cerca di conquistarmi ogni giorno, con ogni gesto, mi dedica i suoi pensieri e mi fa sentire.. desiderato. Io sono sempre stato un luogo di passaggio. Niente di più, niente di meno. Loro passano, si fermano a guardare le vetrine del negozio, vengono folgorati da qualcosa e poi chiedono il prezzo dell'oggetto in questione. Poi vedono che è troppo caro, ci rinunciano. Non si mettono a risparmiare per prenderlo, una cosa vale l'altra. E' questo, che sono io.»
La venditrice ambulante di cuori
Che fra Sette e Ottocento Alfieri e Manzoni guardassero a Firenze e alla Toscana, si spiega. Ma oggi, e da assai tempo in qua, la situazione è diversa. A nessuno è passato o passa per la testa che debbano essere risciacquati in Arno I Malavoglia e La coscienza di Zeno. E in fatto di lingua e letteratura italiana ieri l’altro si poteva da ogni parte d Italia guardare a Firenze perché ci vivevano e c’insegnavano uomini come Parodi e Rajna, senza preoccuparsi che l’uno (benché ligure) scrivesse bene e l’altro (non perché fosse di Sondrio) male, e ieri perché c’insegnava Barbi, e oggi perché c’insegnano uomini come Migliorini, ma chi mai, che in Italia avesse da dire o da scrivere qualcosa negli ultimi cento anni, è corso più a Firenze con la fede del D’Ovidio secondo cui «il fiorentino odierno si dovrà tener sempre come un vivo specchio d’ italianità sincera e fresca»? Senza dubbio, Firenze è stata nel nostro secolo, ed è, letterariamente ben viva, ma non mi sembra che questa sua vitalità sia stata caratterizzata da preoccupazioni linguistiche, di lingua intendo fiorentina o toscana piuttosto che italiana. Direi anzi che, per buoni motivi, se anche sui risultati si possa distinguendo discutere, a Firenze lo sforzo si sia nel nostro secolo esercitato in direzione diametralmente opposta a quella segnata dai linguaioli municipali del secolo scorso. A tal punto che poi venne giorno in cui ci piacque, con Pancrazi, ritrovare la freschezza semplice di quella vena sepolta. Mi pare ad ogni modo chiaro che la penultima, se non l’ultima, stagione della letteratura militante fiorentina si sia tutta sviluppata al segno, lontano, del Gabinetto Vieusseux, non a quello dell’Accademia della Crusca e neppure a quello dell’Istituto di studi superiori. Insomma, «laissons-là, Bembo». D’accordo, e non da oggi. E Manzoni anche, fermo restando che al di là del manzonismo degli stenterelli, e proprio perché questo ci fu, tanto ancora dobbiamo imparare da lui. E anche, su altro piano, Croce, fermo restando che la lezione della sua prosa non è esausta, e che l'unico a tutt'oggi formidabile erede, fra Otto e Novecento, della grande erudizione italiana è stato, ed è, lui. Ma non possiamo permetterci il lusso di mettere da parte Ascoli, o per altro verso Comparetti, gli uomini della nuova Italia, duri come il macigno, senza retorica e senza poesia, alieni da ogni tesi conciliativa, fosse quella del D’Ovidio o la buona intesa del mio maestro V. Cian; non gli uomini che primi sulle macerie trite della questione della lingua e della congiunta «grammatica» fondarono la storia e la scienza della lingua italiana e inaugurarono il linguaggio europeo della filologia italiana.
Carlo Dionisotti
matrimonio civile, però, è del tutto diverso. Per la mia convinzione personale, ma anche leggendo attentamente Benedetto XVI sia a Ratisbona sia al Bundestag, mi sembra che la libertà religiosa comprenda anche la libertà «dalla» religione. La libertà dalla religione non è un’imposizione dello Stato laico liberale sulle comunità religiose. Al contrario, è una norma del tutto religiosa, un’espressione del fatto che gli uomini e le donne sono stati creati a immagine di Dio come esseri con la capacità di fare scelte morali e di assumere responsabilità basate su queste scelte. La risposta positiva all’invito di una vita che ha come telos la imitatio Dei dev’essere data dalla persona con piena sovranità sui suoi atti. Solo la libertà di poter dire di no a Dio, una libertà interna e allo stesso tempo una libertà tutelata dallo Stato, può rendere il dire di sì significativo agli occhi di Dio. Sotto questo profilo, l’iniziativa di Fanfani era sbagliata, come era sbagliata la posizione della CEI e di conseguenza quella dello stesso Giussani, sbagliata proprio sotto il profilo religioso e non solo tattico o politico. Perciò gli avrei detto: «Pensi, don Giussani, alla risposta che ha dato al ragazzo sulla porta dell’Università Cattolica! Perché la sua risposta dovrebbe essere diversa se invece che la vita politica di quel giovane fosse stata in gioco la sua vita coniugale? Non è una questione di principio escludere Cesare? Invitiamo alla bellezza del matrimonio cattolico, un’esperienza che è molto sfidante. Però non forziamo le cose. Tra l’altro, mantenere i confini chiari fra Dio e Cesare vuol dire anche che lo Stato non potrà un certo giorno domandare alla Chiesa di rinunciare all’indissolubilità religiosa del matrimonio». Chissà come mi avrebbe risposto don Giussani…
Alberto Savorana (Un'attrattiva che muove: La proposta inesauribile della vita di don Giussani)
La lettura non ha niente a che fare con l'organizzazione del tempo sociale. La lettura è, come l'amore, un modo di essere. La questione non è di sapere se ho o non ho tempo per leggere (tempo che nessuno, d'altronde, mi darà), ma se mi concedo o no la gioia di essere lettore.
Daniel Pennac (Comme un roman)
L’estinzione dello statista Gary Hart* | 805 parole Per quelli di noi che hanno avuto il privilegio di servire nel Congresso degli Stati Uniti alcuni anni fa, ci sono notevoli differenze tra i migliori dei nostri colleghi di allora e molti degli attuali membri delle due Camere. Le differenze hanno a che fare con la levatura e le doti di statista. Come si spiega questa differenza? Ha in gran parte a che fare con la rivoluzione nei media. Le tre principali tribune trent’anni fa o giù di lì erano i programmi delle interviste della domenica mattina mandate in onda sui network e, in misura minore, i programmi quotidiani del mattino. Cronisti politici di lungo corso e intervistatori erano ben versati nelle questioni del giorno e avevano accumulato anni di esperienza sulle vicende nazionali e internazionali. Ci si aspettava che i personaggi politici, in particolare tra i candidati ad incarichi nazionali, sapessero di che cosa stessero parlando, e se così non era, le loro pecche erano evidenti. Le interviste e le discussioni erano serie, ma raramente conflittuali e certamente non di parte. Più di recente, le cose sono cambiate. Adesso abbiamo trasmissioni non-stop via cavo, network partigiani, intervistatori che si distinguono solo per il sensazionalismo e le polemiche, conduttori pieni di sé abili nell’arte del comizio, batterie di sconosciuti «strateghi» politici con poca o nessuna esperienza al di là di una precedente campagna (e un parrucchiere) domande conflittuali che sottintendono la malafede dell’intervistato, e un generale disprezzo per i personaggi politici basata sulla superiorità dell’intervistatore. In breve, i media - i mezzi con cui gli eletti comunicano con i cittadini - sono ora un quarto ramo del governo e si ritengono uguali se non superiori rispetto ai rappresentanti eletti e si auto-attribuiscono il ruolo di tribuni della plebe. E in cima a questo, la compressione dei media - la necessità di comunicare con slogan di otto secondi e con i 140 caratteri di un tweet. Il risultato è che si privilegiano politici loquaci, brillanti, affascinanti e semplici rispetto a quelli del passato più inclini a essere riflessivi, determinati, sostanziali e diplomatici. Questo processo sacrifica gli statisti, uomini e donne istruiti, e con esperienza nell’arte del governo. L’ulteriore risultato è la divisione della nazione in fazioni avverse servite da media di parte che riciclano pregiudizi diffusi e dogmi e con poco riguardo per un’analisi ponderata dei complessi temi nazionali e internazionali che richiedono senso della storia, impegno per l’interesse nazionale a lungo termine e il prevalere del senso dello Stato sullo spirito di parte. Si sbaglierebbe, tuttavia, a credere che la massiva trasformazione dei media sia la sola responsabile per la diminuita statura dei leader. E’ colpa anche della conversione dei legislatori in cacciatori di fondi a pieno tempo e la costante opposizione di eserciti di lobbisti. Anche i senatori, che restano in carica per sei anni, sprecano una parte di ogni giorno di quei sei anni a questuare contributi. È umiliante per loro e per la nazione che servono. A rischio di farne una questione personale, mettete a confronto (se avete una certa età) l’attuale generazione di politici che aspirano a un incarico di rilievo nazionale con, per esempio, Abe Ribicoff, Stuart Symington, Mike Mansfield, Gaylord Nelson, Charles Mathias, Jacob Javits Clifford Case, Ed Muskie, William Fulbright, Hubert Humphrey, e molti, molti altri. Andati. Tutti andati. Nell’America di oggi ci sono di certo figure di uguale statura. Ma pochi di loro si sottoporrebbero al frullatore mediatico, all’umiliante ricerca di fondi e alla lotta nel fango dell’arena politica che viene definito percorso legislativo. E’ troppo aspettarsi a breve termine il ritorno a un processo politico più serio. C’è troppo denaro dei media e potere in gioco, nel sistema attuale. E non ci sarà mai carenza di perso
Anonymous
Ci siamo trovati tutti coinvolti in una discussione sul genere di software che progetterebbero i cani, se potessero farlo. Secondo Marty, si tratterebbe di programmi per delimitare il territorio, con simulatori di pipì e interfacce lappabili. Antonella ha tirato fuori l'idea di un OssoFinder. Ad Harold è venuta in mente una cuccia fatta col CAD, tutto altamente cartone animato/sensoriale, con un sacco di elementi visuali. Poi naturalmente è saltata fuori la questione felina del catware. Antonella ha suggerito un programma di segreteria personale in grado di dire al mondo: "No, non voglio essere coccolato. E per favore, controlla tutte le telefonate prima di passarmele". Io ho suggerito un programma che dorme tutto il tempo
Douglas Coupland (Microserfs)
La questione andava affrontata anche da un punto di vista professionale: per quanto tempo ancora avrei resistito come scrittore raccontando solo di ambizioni e di esperienze mancate? Per poter scrivere non bisognava prima di tutto, forsennatamente, vivere?
Paolo Giordano (Tasmania)
Grosse lacrime cominciarono a scorrermi sulla faccia e mi sforzai di convincermi che era solo una questione di nervi. E invece piangevo per la tristezza di dover constatare che il tempo sfugge a tutti noi e non si lascia alle spalle altro che immagini sempre più pallide.
Walter Moers (Das Labyrinth der Träumenden Bücher (Zamonien, #6))
Quanto più una nazione si sente minacciata dalle nazioni vicine, tanto più aumenterà il prorpio armamento difensivo, e tanto più queste riterranno che armarsi sia l'imperativo del momento. Lo scoppio della guerra (lungamente atteso) è allora soltanto una questione di tempo.
Paul Watzlawick (Anleitung zum Unglücklichsein)
«Be', si capisce cos'hanno pensato. Aveva funzionato bene rapire i ragazzi per far rigare dritto i parenti: era solo questione di tempo prima che cominciassero a fare il contrario. Solo» li guardò e Harry notò con stupore che stava sorridendo, «che hanno trovato un osso duro. La vecchia strega vive da sola e avranno pensato che non valeva la pena di mandare qualcuno di particolarmente potente. Fatto sta» Neville rise «che Dawlish è ancora al San Mungo e la nonna è scappata. Mi ha mandato una lettera» e si battè una mano sulla tasca all'altezza del cuore. «Dice che è fiera di me, che sono il degno figlio dei miei genitori, e di resistere.»
J.K. Rowling (Harry Potter and the Deathly Hallows (Harry Potter, #7))
Verona ha bisogno di un po' di tempo per essere amata, se vieni da fuori. Ma non te ne fa mai pentire.
Alessia Gazzola (Questione di Costanza)
Ornella le diceva che niente era mai come appariva, invece, Letizia si era convinta del contrario, pensava che bastava saper leggere i gesti per vedere la natura dell'uomo palesarsi. Come un graffito che emerge sotto uno strato di fango rivelando a poco a poco l’essenza. Bastava avere pazienza, era solo una questione di tempo.
Germana Cubeta
Ornella le diceva che niente era mai come appariva, invece, Letizia si era convita del contrario, pensava che bastava saper leggere i gesti per vedere la natura dell'uomo palesarsi, come un graffito che emerge sotto uno strato di fango rivelando a poco a poco l’essenza. Bisognava avere pazienza, era solo una questione di tempo.
Germana Cubeta (Vita di classe: Niente è come sembra (Italian Edition))
Il fine dell'opera, dichiarato nella lettera a Cangrande della Scala, è piuttosto ambizioso, lo ammetto, e sarebbe addirittura velleitario se l'opera in questione non fosse proprio la Divina Commedia. Dante ha scritto questo libro immenso per farci felici, ecco tutto, per strapparci alla nostra infelicitàe condurci alla felicità terrena attraverso la parola: per insegnarci un uso della lingua che ci renda migliori, perché forse intuiva già allora che non si può essere felici se si parla male, se si frequenta un lessico sbagliato, e in qualche modo sapeva che i limiti del nostro linguaggio, come all'incirca avrebbe detto Wittgenstein molto tempo dopo, esprimono quelli del nostro mondo.
Francesco Fioretti (Di retro al sol: Scritti danteschi (2008-2015))
«Farai quello che voglio» sentenziò la Dea. «È solo questione di tempo.»
Chiara Cilli (Prigionia mortale (La Regina degli Inferi, #2))
Malgrado Aaron ci avesse provato energicamente, era palese che con quel tentativo non avesse cercato di intimidirlo o di costringerlo. Lo si poteva capire da come lo stava guardando in quel momento, quasi senza capire perché Jordan lo stesse rifiutando. E come spiegargli che no, non voleva stringere alcun rapporto? Che l’idea che qualcuno lo toccasse lì, dopo tanto tempo, gli faceva accapponare la pelle? Non era nulla di personale. Era l’equivalente di un ex-tossico a cui, dopo tanto tempo, veniva offerta una dose di qualcosa che poi gli sarebbe stata senz’altro negata. Era quello il punto di tutto: Jordan non poteva cedere. Non poteva giocare all’allegro branco felice, illudendosi che gesti e tocchi significassero davvero qualcosa perché, nel giro di poche ore, Aaron sarebbe tornato se stesso, e quel momento avrebbe perso di significato e importanza, ma sarebbe rimasto nella sua testa come un tarlo affamato. Era lì per fare il suo lavoro, nulla di più, non poteva prendersi certe libertà, soprattutto quando Aaron non era esattamente lucido e in grado di intendere e di volere. Era una questione piuttosto dibattuta anche in campo penale, perché i mutaforma trasformati non avevano la stessa lucidità della loro forma umana. Si trattava di due coscienze diverse e quella di lupo non aveva tutto il bagaglio di ricordi, anzi, tendeva a vivere nel presente
Sonja Kjell (Soli contro il mondo (The Pack Vol. 1))
Con buona pace di Cartesio, creare una copia funzionante di un cervello sarebbe solamente una questione di scalabilità computazionale e di tempo.
Simone Puorto (Hotel Distribution 2050. (Pre)visioni sul futuro di hotel marketing e distribuzione alberghiera)
La lettura consente di conoscere i dettagli di una questione, di approfondirla, di giudicarla. Aiuta a scegliere un film, un libro, un viaggio, un investimento, un'alimentazione invece che un'altra. È una forma di studio. E lo studio paga, sempre. Sapere le cose permette di cogliere le opportunità, di evitare gli errori, di lavorare meglio. Ogni volta che trovo il tempo di leggere attentamente un quotidiano o un settimanale - in viaggio, spesso - mi accorgo di imparare qualcosa e mi vengono idee nuove. Gli inglesi hanno una bella espressione: food for thought, cibo per i pensieri.
Beppe Severgnini (Italiani si rimane)
[…] Bisognerebbe avvertire tutti di tali eventi. Comunicare loro che l’immortalità è mortale, che può morire, che è successo, che continua a succedere, che essa non si palesa mai in quanto tale, che è la duplicità assoluta. Che non esiste nel particolare, ma soltanto in linea di principio. Che certe persone possono celarne la presenza, a condizione che lo ignorino, e che certe altre possono svelarne la presenza nelle prime, alla stessa condizione, ignorando di poterlo fare. Che la vita è immortale mentre è vissuta, mentre è in vita. Che l’immortalità non è una questione di tempo, non è una questione di immortalità, è qualcosa di ignoto. Che è falso dire che non ha principio né fine, come è falso dire che comincia e finisce con la vita dello spirito, poiché partecipa dello spirito e del trascorrere sulle orme del vento. Guardate le sabbie morte dei deserti, i corpi morti dei bambini: l’immortalità non passa di lì, si ferma e li evita.
Marguerite Duras (The Lover)
Bastò quel secondo a cambiare le cose, perché il mondo è cosi: questione di dettagli.
Chiara Panzuti (Absence. Il gioco dei quattro)
Sto per arrivare a casa, eminenza, ma, se me lo consente, vorrei sottoporle ancora una breve questione, Dica, Che farà la chiesa se non morirà mai più nessuno, Mai più è troppo tempo, anche trattandosi della morte, signor primo ministro, Credo che non mi abbia risposto, eminenza, Le restituisco la domanda, che farà lo stato se non morirà mai più nessuno, Lo stato tenterà di sopravvivere, anche se dubito molto che ci riuscirà, ma la chiesa, La chiesa, signor primo ministro, si è talmente abituata alle risposte eterne che non riesco a immaginarla darne delle altre, Anche se la realtà le contraddice, È fin dal principio che non abbiamo fatto altro che contraddire la realtà, ed eccoci qui, Che dirà il papa, Se lo fossi io, che dio mi perdoni la stolta vanità di pensarmi tale, farei mettere immediatamente in circolazione una nuova tesi, quella della morte rinviata, Senza ulteriori spiegazioni, Alla chiesa non si è mai chiesto di spiegare comunque, l'altra nostra specialità, oltre alla balistica, è stata di neutralizzare, con la fede, lo spirito curioso, Buonasera, eminenza, a domani, Se dio vuole, signor primo ministro, sempre se dio vuole
José Saramago
«Scott.» «Ho detto lascia stare.» Nel silenzio che seguì, Scott si alzò e finse di cercare qualcosa nel suo borsone, mentre Jason restò impalato a fissarlo per un periodo di tempo così lungo che avrebbe messo a disagio chiunque. La verità era che sapeva di aver ceduto al fascino di Lucas con una velocità poco sana. Non era tanto una questione di colpo di fulmine, in cui per altro non credeva, quanto l’ennesima conferma che tutto, nella sua vita, con il tempo si trasformava in fallimento. La carriera musicale, il tentativo di allontanarsi da Villerouge, il coming out, le sue relazioni all’interno e all’esterno della famiglia.Non si era mai sentito così utile come il giorno in cui un ragazzo era comparso nel bosco dietro casa sua, sporco e infreddolito, e lui gli aveva teso una mano. Metaforica e concreta. Aveva trascorso anni a sentirsi superfluo, sterile e vuoto, a svegliarsi la mattina con la consapevolezza che niente sarebbe cambiato e che sarebbe tornato in quel letto dopo una giornata identica a tutte le precedenti e avrebbe continuato così fino al giorno in cui sarebbe tutto finito.Solo che qualcosa era cambiato. Lucas aveva riportato nella sua vita un’energia che credeva di aver perso il giorno in cui era tornato a Villerouge con la coda tra le gambe e una chitarra ormai inservibile sulla schiena; il giorno in cui aveva rinunciato a cantare.Non era amore, ma forse era il seme di qualcosa. Qualcosa che aveva bisogno di cure per fiorire Qualcosa che Jason non era mai stato in grado di dargli.
Enys L.Z. (Villerouge)