Quasi Amici Quotes

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Quel che abbiamo letto di più bello lo dobbiamo quasi sempre a una persona cara. Ed è a una persona cara che subito ne parleremo. Forse proprio perché la peculiarità del sentimento, come del desiderio di leggere, è il fatto di preferire. Amare vuol dire, in ultima analisi, far dono delle nostre preferenze a coloro che preferiamo. E queste preferenze condivise popolano l'invisibile cittadella della nostra libertà. Noi siamo abitati da libri e da amici.
Daniel Pennac (Comme un roman)
E’ per questo che, in fondo al cuore, mi considero un fallito. Non che questo importi molto. Sub specie aeternitatis tutti noi, senza eccezioni, siamo dei falliti. Non ricordo più dove ho letto che “la morte intacca la nostra fiducia nella vita mostrandoci che in fin dei conti tutto è ugualmente futile se visto in rapporto alle tenebre che ci attendono.” Sì, “futile” è la parola esatta. Eppure non posso lamentarmi: ho più amici che nemici e ci sono momenti in cui sono quasi felice di essere al mondo – quando guardo il sole che tramonta e la luna che spunta, o vedo la neve sulla cima della montagna.
Fred Uhlman (L'amico ritrovato)
Forse, più che le mie abilità, farei prima a elencare le cose che non so fare. Non so cucinare, nè fare pulizie. Non so tenere in ordine, e ho la tendenza a perdere le cose. Amo la musica ma sono stonata. Per le attività manuali sono negata, non so neanche piantare un chiodo. Il mio senso dell'orientamento è un disastro, e confondo regolarmente destra e sinistra. Ho la tendenza, quando mi arrabbio, a fare a pezzi tutto quello che trovo. Piatti, matite, sveglie. Dopo me ne pento, ma sul momento non riesco assolutamente a controllarmi. Non ho una lira da parte. Sono timida senza ragione, e non ho quasi amici.
Haruki Murakami (Sputnik Sweetheart)
Guardo Jane Cresson e mi rendo conto che ho perso di vista la realtà della vita. Sono stato completamente privato di quelle piccole cose che rendono l’esistenza degna di essere vissuta. I buoni amici e la famiglia, il senso di appartenenza e una vita piena di gioia. La mia finora non è stata altro che sopravvivenza, e non mi ha molto soddisfatto. Anche se ammettessi che questo è un appuntamento, non ho ancora una cazzo di idea di cosa farmene di questa rivelazione. Se fossi un uomo gentile e dolce, lascerei Jane fuori da casa sua con una stretta di mano e i miei migliori auguri per la sua vita. Poi mi barricherei nel mio cottage assicurandomi di non rivederla mai più. Ma non sono né gentile né dolce. Il più delle volte, sono stato definito un grandissimo stronzo da molte persone, e non si sono sbagliate. Sarebbe del tutto ripugnante incoraggiare Jane. Sarebbe quasi moralmente deviante da parte mia fare qualsiasi cosa che non sia allontanarla. Eppure, in questo preciso istante, mentre la sto riaccompagnando a casa, mi sto chiedendo se ho intenzione di baciarla o cercare di scoparmela quando arriveremo a casa.
Sawyer Bennett (Finding Kyle)
Longevi, ci chiamavamo tra noi. Eravamo una sorta di Dorian Gray ambulanti senza un ritratto marcescente in soffitta e, durante i secoli, avevamo collezionato i più stravaganti epiteti: streghe, vampiri, angeli, demoni, doppelgänger. Non avremmo mai conosciuto le gioie della maternità o della paternità, poiché i nostri figli morivano – senza eccezioni – appena venuti alla luce. Avremmo potuto tentare all’infinito, accontentarci di sentire per nove mesi i loro calci ovattati attraverso la pelle del ventre, per poi dover accettare di vederli spegnersi appena fatto capolino nel mondo. Avevo seppellito tre figli, tutti nati morti alle prime avvisaglie di autunni distanti vite intere l’uno dell’altro. Alcune sere percepivo ancora la sensazione asfissiante della terra bagnata sotto le unghie. Temere che la propria creatura, di cui non hai mai udito il pianto, possa sentire freddo sotto la terra è il primo segnale di una follia disperata. Scavare tra le lacrime per riabbracciare quel corpo inerme e bianco, che non è mai stato vivo se non nel buio del tuo grembo, e poi desistere in un barlume di lucidità è un’esperienza straziante. Si rimane con un pugno di fango in mano, la gola stretta dall’angoscia e il cuore vuoto. Ho sentito tre figli crescere e perire dentro di me. E se fossi così folle da riprovarci, un quarto, un quinto e un sesto mi farebbero singhiozzare dalla gioia e poco dopo dal tormento. Così sarà per sempre. È una delle mie tante condanne. Malachia, Robert e io non potevamo dirci amici. Tuttavia lo eravamo, quasi inevitabilmente, per una serie di eventi e per la maledizione che ci univa. Nella mia lunga carriera ne avevo profanati di sarcofagi, templi e necropoli. Così innumerevoli, che ormai avevo perso il conto. Eppure, con tutti gli anatemi che mi ero tirata addosso, nessuno di questi era ancora riuscito a farmi apprezzare quello sotto il quale ero nata.
Giorgia Penzo (La Stella di Seshat)
Dio mio possibile che non riuscisse a pensare ad altro? La mente era fissa lì, sempre sullo stesso argomento tormentoso, e all'altezza del palazzo di Brera lo prese lo sgomento perché in questo preciso istante ha capito di essere completamente infelice senza nessuna possibilità di rimedio, una cosa assurda e idiota, tuttavia così vera e intensa che non trovava più requie. Ora si accorge che, per quanto egli cerchi di ribellarsi, il pensiero di lei lo perseguita in ogni istante millimetrico della giornata, ogni cosa persona situazione lettura ricordo lo riconduce fulmineamente a lei attraverso tortuosi e maligni riferimenti. Una specie di arsura interna in corrispondenza della bocca dello stomaco, su su verso lo sterno, una tensione immobile e dolorosa di tutto l'essere, come quando da un momento all'altro può accadere una cosa spaventosa e si resta inarcati allo spasimo, l'angoscia, l'ansia, l'umiliazione, il disperato bisogno, la debolezza, il desiderio, la malattia mescolati tutti insieme a formare un blocco, un patimento totale e compatto. E capire che la faccenda è ridicola, stolta e rovinosa, che è la classica trappola in cui cadono i cafoni di provincia, che chiunque gli avrebbe dato dell'imbecille e che perciò da nessuno può attendersi consolazione, aiuto, o pietà, consolazione e aiuto possono venire unicamente da lei ma lei di lui se ne frega, non per cattiveria o gusto di far soffrire solo che per lei egli non è che un cliente qualsiasi, del resto cosa ne sa Laide che Antonio è innamorato? Non le può passare neppure per la mente, un uomo di ambiente così diverso, un uomo di quasi cinquant'anni. E gli altri? La mamma, gli amici? Guai se sapessero. Eppure anche a cinquant'anni si può essere bambini, esattamente deboli smarriti e spaventati come il bambino che si è perso nel buio della selva. L'inquietudine, la sete, la paura, lo sbigottimento, la gelosia, l'impazienza, la disperazione. L'amore ! Prigioniero di un amore falso e sbagliato, il cervello non più suo, c'era entrata la Laide e lo succhiava.
Dino Buzzati (Un amore)
Pensare" uno disse. "Eravate quasi amici e ora siete uno contro l'altro." "Perché siamo" disse Manera "uno contro l'altro?" "Non siete uno contro l'altro? Tu sei di qua, e lui è di là." "Io sono di qua, e lui di là?" "Non sei nella milizia tu? Tu sei nella milizia e lui è contro la milizia." "Oggi" disse un terzo "anche due fratelli possono trovarsi uno contro l'altro." "Ma noi non siamo due fratelli" Manera disse. "Pure è un esempio" disse il terzo "che questa è una guerra civile." Andarono avanti a parlare il primo milite e il terzo. Perchè si chiamava civile una guerra in cui due fratelli potevano trovarsi uno contro l'altro? Non si sarebbe dovuto chiamarla, anzi, incivile?
Elio Vittorini (Uomini e no)
è stato uno degli anni più grandiosi e più difficili della mia vita. ho imparato che ogni cosa è passeggera. momenti. emozioni. persone. fiori. ho imparato che l’amore sta nel donare. tutto. e nel lasciare che mi dia dolore. ho imparato che la vulnerabilità è sempre la scelta giusta perché è facile essere insensibili in un mondo che rende tanto difficile restare teneri. ho imparato che tutte le cose esistono in coppia. vita e morte. dolore e gioia. sale e zucchero. io e te. è l’equilibrio dell’universo. è stato l’anno di un dolore bruttissimo ma di una vita bellissima. rendere amici gli estranei. rendere estranei gli amici. imparare che la stracciatella alla menta risolve quasi tutto e per i dolori che non risolve ci sono sempre le braccia di mia madre. dobbiamo imparare a concentrarci sull’energia calda. sempre. immergervi gli arti e diventare più bravi ad amare il mondo. perché se non sappiamo imparare a trattarci con gentilezza l’un l’altro come potremo mai imparare a trattare con gentilezza le parti più disperate di noi stessi
Rupi Kaur (The Sun and Her Flowers)
Mi sono imposta un programma a cui non devo mai venir meno; non devo mai più studiare alla sera, anche se la mattina dopo ho un sacco di prove scritte. Mi metterò invece a leggere libri: devo farlo, capisci, perché non l'ho mai fatto nei diciotto anni trascorsi. Non hai idea di che abisso di ignoranza sia la mia mente, papà: me ne sto accorgendo io stessa. Tutte quelle cose che la maggior parte delle ragazze con una famiglia, degli amici e una biblioteca hanno apprese quasi naturalmente, senza accorgersene, io non le ho nemmeno sentite nominare. Per esempio non ho mai letto né Mamma Oca, né Davide Copperfield, né Ivanhoe, né Cenerentola, né Barbablù, né Robinson Crusoe, né Jane Eyre, né Alice nel paese delle meraviglie, e nemmeno una sola parola di Rudyard Kipling. Non ho mai saputo che Enrico VIII avesse avuto più di una moglie, e che Shelley fosse un poeta. Non sapevo che R.L.S. significa Robert Louis Stevenson e che George Eliot fosse una donna. Non avevo mai visto una riproduzione di Monna Lisa e (non ci crederai, ma è la pura verità) non avevo mai sentito parlare di Sherlock Holmes. Ora tutte queste cose le so, e ne so molte altre, ma capirai quanto cammino ho da riguadagnare! Sarà buffo, ma per tutto il giorno non faccio che aspettare la sera, quando finalmente metto sulla porta il cartello Occupata, indosso il mio accappatoio rosso, mi metto le pantofole di pelo, faccio sul letto un mucchio con tutti i cuscini, mi ci appoggio, accendo la lampada d'ottone e leggo, leggo, leggo.
Jean Webster (Daddy-Long-Legs (Daddy-Long-Legs, #1))
È una cosa che i giovani non sanno, non riescono a capire. È il primo fondamentale che cerco di trasmettergli in palestra o al campetto. Non il passaggio, non il palleggio, non il tiro. Cerco di insegnare loro che il tempo non è illimitato. Vedo molti ragazzini vivere con noncuranza, iperprotetti dai genitori che li adorano e non fanno il loro bene, con la certezza di poter rispondere a smorfie alle offerte degli amici e delle ragazze, come fossero una delle tante portate di un pranzo da matrimonio (ne arriverà un'altra sarà migliore). È la forza della giovinezza, certo. E non si può negare: quasi per tutti le occasioni ci saranno. Non per questo bisogna far spallucce e rivolgersi altrove. Ogni partita è l'ultima, è questo il primo fondamentale che insegno. La palla a due apre sempre una finale.
Simone Marcuzzi (Ventiquattro secondi)
A mezza strada tra i miei due cari amici, finisco i miei bicchieri con in testa il ritornello di mio nonno, che per trent'anni aveva allenato la squadra di baseball della base americana: il vero talento, mi ripeteva scuotendo la testa come davanti a un'inevitabilità biblica, sta quasi sempre nelle mani degli ignari, degli incuranti, dei disgraziati, di coloro che sono pronti a svenderlo senza ricavarne nessun profitto, che se ne dimenticano come di una bicicletta con cui si è tanto corso in quell'ultima estate. Pochissimi sono capaci di costruire una carriera sul puro talento, diceva, di solito sono i mediamente dotati ad andare avanti, E determinati, quelli abituati al sacrificio e familiari con la delusione, gli ostinati e i pedanti. Gli ambiziosi, senza dubbio. Raramente un grande talento si accompagna a una grande ambizione. I benedetti dal talento arrivano molto in alto con troppa naturalezza, non imparano sotterfugi e colpi bassi, E poi si trovano impreparati: ci restano male appena subiscono un fallo o sono derubati di un'idea o li atterrano in modo sleale, finiscono per abbandonare il campo con quella grazia stupida che è la loro maledizione.
Federica Manzon (La nostalgia degli altri)
[...] non ho quasi mai accettato il nome delle cose e credo che sia evidente nei miei libri, non vedo perché dobbiamo tollerare invariabilmente ciò che ci arriva da fuori, e così alle persone che ho amato e amo ho messo di volta in volta nomi che nascevano a loro modo da un incontro, dal contatto di combinazioni segrete, e allora le donne sono diventate fiori, sono state uccelli, sono state animaletti del bosco, e ci sono stati amici con nomi che addirittura cambiavano dopo aver compiuto un certo ciclo, l'orso poteva diventare scimmia, come qualcuno dagli occhi chiari è stato una nube e poi una gazzella e una notte è diventato una mandragora [...]
Julio Cortázar (Correzione di bozze in Alta Provenza (littleSUR) (Italian Edition))
Hai presente la sensazione che si prova quando si finisce un libro? Un bel libro intendo, di quelli che ti hanno accompagnato per tanto tempo, con personaggi che ti sono diventati familiari, storie e intrecci che padroneggi perfettamente, speranze ed emozioni che vivi insieme ai protagonisti di quelle pagine. Quando leggi l’ultima parola e chiudi per sempre il libro, per un attimo, ma solo per un attimo, sei euforico poi, subito dopo, vieni colto da una tristezza infinita. Ti avvolge una sensazione di smarrimento per avere perso tanti amici, rinchiusi per sempre nelle parole di un libro che prenderà polvere sullo scaffale di una libreria. In quel momento ci si sente soli e vuoti e solo un altro bel libro può aiutarti a superare quel momento. Ora io mi sento in quel modo, alle spalle tutto e davanti nulla. Ho bisogno di aprire un altro bel libro.
Paolo Pinna Parpaglia (Quasi colpevole)
«La vita è troppo breve per non sfruttare tutto il potenziale dei vostri talenti», disse l’incantatore rivolgendosi a una platea di migliaia di persone. «Siete nati con l’opportunità e, nello stesso tempo, la responsabilità di diventare una leggenda. Siete stati forgiati per realizzare capolavori, progettati per conseguire obiettivi importanti e insoliti, e costruiti per essere una forza del bene su questo minuscolo pianeta. È insita in voi stessi la rivendicazione della sovranità sulla vostra originaria grandezza, in una civiltà che è divenuta quasi incivile. Dovete riaffermare la vostra nobiltà in una comunità globale dove la maggioranza acquista belle scarpe e compra oggetti costosi, ma raramente investe nel migliorare se stessa. La vostra personale leadership richiede, anzi esige che smettiate di essere dei cyber-zombie, attratti irresistibilmente dal digitale. E che ristrutturiate la vostra vita per gestire il vostro talento, essere esempio di bontà e abbandonare quell’egocentrismo che costringe la brava gente a restare limitata. Le grandi donne e i grandi uomini del mondo sono state tutte persone che hanno dato, non che hanno preso. Rinunciate all’illusione comune secondo cui a vincere sono quelli che accumulano di più. Piuttosto, fate un lavoro eroico, che sbalordisca il vostro mercato con la sua originalità e i vantaggi che procura. E, mentre lo fate, la mia raccomandazione è che vi creiate anche una vita privata forte sul piano etico, ricca di meravigliosa bellezza e inflessibile quando si tratti di tutelare la vostra pace interiore. Questo, amici miei, è librarsi con gli angeli. Camminare al fianco degli dèi.»
Robin S. Sharma (Il Club delle 5 del mattino: Inizia presto la giornata, dai una svolta alla tua vita)
Pensa agli innumerevoli ragazzi che presso a poco a quell’ora vanno a scuola in tutti i paesi, vedili con l’immaginazione, che vanno, vanno, per i vicoli dei villaggi quieti, per le strade delle città rumorose, lungo le rive dei mari e dei laghi, dove sotto un sole ardente, dove tra le nebbie, in barca nei paesi intersecati da canali, a cavallo per le grandi pianure, in slitta sopra le nevi, per valli e per colline, a traverso a boschi e a torrenti, su per sentier solitari delle montagne, soli, a coppie, a gruppi, a lunghe file, tutti coi libri sotto il braccio, vestiti in mille modi, parlanti in mille lingue, dalle ultime scuole della Russia quasi perdute fra i ghiacci alle ultime scuole dell’Arabia ombreggiate dalle palme, milioni e milioni, tutti a imparare in cento forme diverse le medesime cose, immagina questo vastissimo formicolìo di ragazzi di cento popoli, questo movimento immenso di cui fai parte, e pensa: – Se questo movimento cessasse, l’umanità ricadrebbe nella barbarie, questo movimento è il progresso, la speranza, la gloria del mondo. – Coraggio dunque, piccolo soldato dell’immenso esercito.
Edmondo de Amicis (Cuore (Italian Edition))
Pensa agli operai che vanno a scuola la sera dopo aver faticato tutta la giornata, alle donne, alle ragazze del popolo che vanno a scuola la domenica, dopo aver lavorato tutta la settimana, ai soldati che metton mano ai libri e ai quaderni quando tornano spossati dagli esercizi, pensa ai ragazzi muti e ciechi, che pure studiano, e fino ai prigionieri, che anch’essi imparano a leggere e a scrivere. Pensa, la mattina quando esci; che in quello stesso momento, nella tua stessa città, altri trentamila ragazzi vanno come te a chiudersi per tre ore in una stanza a studiare. Ma che! Pensa agli innumerevoli ragazzi che presso a poco a quell’ora vanno a scuola in tutti i paesi, vedili con l’immaginazione, che vanno, vanno, per i vicoli dei villaggi quieti, per le strade delle città rumorose, lungo le rive dei mari e dei laghi, dove sotto un sole ardente, dove tra le nebbie, in barca nei paesi intersecati da canali, a cavallo per le grandi pianure, in slitta sopra le nevi, per valli e per colline, a traverso a boschi e a torrenti, su per sentier solitari delle montagne, soli, a coppie, a gruppi, a lunghe file, tutti coi libri sotto il braccio, vestiti in mille modi, parlanti in mille lingue, dalle ultime scuole della Russia quasi perdute fra i ghiacci alle ultime scuole dell’Arabia ombreggiate dalle palme, milioni e milioni, tutti a imparare in cento forme diverse le medesime cose, immagina questo vastissimo formicolìo di ragazzi di cento popoli, questo movimento immenso di cui fai parte, e pensa: – Se questo movimento cessasse, l’umanità ricadrebbe nella barbarie, questo movimento è il progresso, la speranza, la gloria del mondo. – Coraggio dunque, piccolo soldato dell’immenso esercito. I tuoi libri son le tue armi, la tua classe è la tua squadra, il campo di battaglia è la terra intera, e la vittoria è la civiltà umana.
Edmondo de Amicis (Cuore (Italian Edition))
Sono incappato in una fotografia di Matteo Renzi che giocava a pallone sotto il sole con i suoi figli a torso nudo. Purtroppo per lui, in una società dove molto si basa sull’immagine, dove chi è bello e curato ha più possibilità di emergere nel lavoro e nelle piccole cose di tutti i giorni, quella pancia così prorompente, così abbondante, si scontra con la sua ricerca strategicamente quasi perfetta del potere assoluto. La camicia con le maniche tirate su e la cravatta, ma senza giacca, la campagna condotta con uno slogan all’americana in stile Obama, il modo di parlare e gesticolare, la scelta del look a seconda delle occasioni (indimenticabile quello proposto ad «Amici», dove si è presentato con il «chiodo»): tutto per lui è comunicazione, per colpire, per piacere, per vincere. Ma niente può comunicare come il corpo.
Fabrizio Corona (Mea Culpa: Voglio che mio figlio sia orgoglioso di me (Italian Edition))
I governi democratici possono diventare violenti e anche crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di pericolo, ma queste crisi saranno rare e passeggere. Quando penso alle piccole passioni degli uomini del nostro tempo […] non temo che essi troveranno fra i loro capi dei tiranni, ma piuttosto dei tutori. Credo, dunque, che la forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, […] poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome. Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all'infanzia; ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere? Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio. Così, […] il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore. Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo. […] In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra.
Alexis de Tocqueville (Democracy in America)
I voraci figli di Achille: tutto a spese di Ferrovie Nord Auto, multe e scommesse sportive: a pagare era il papà presidente E nelle carte dell’inchiesta spuntano anche i quadri per Formigoni Norberto Achille, l’ex presidente di Ferrovie Nord destituito con un provvedimento del Gip Paolo Colonnello | 675 parole La famiglia prima di tutto. Ma poi anche gli amici, gli sponsor politici e perfino i magistrati. Con la carta di credito aziendale delle Ferrovie Nord, Norberto Achille, presidente della società quotata in Borsa, destituito l’altra sera con un provvedimento del gip di Milano e l’accusa di peculato e truffa aggravata, pagava davvero di tutto: dalle multe alle scommesse sportive dei figli, fino a dei quadri che sarebbero finiti a casa di Roberto Formigoni e «pranzi e cene a magistrati». Quasi 17 anni ai vertici di Ferrovie Nord, la società che ogni mattina scodella milioni di pendolari in Lombardia, non passano invano: negli ultimi 4 anni, le spese «pazze» dell’ex presidente e della sua «family» ammonterebbero a oltre 300 mila euro. Le multe del figlio Commercialista, inserito in diversi Cda, il figlio Marco amava usare la Bmw aziendale destinata a papà, e con questa avrebbe accumulato, solo di multe per eccesso di velocità, spese per oltre 120 mila euro. L’altro figlio, Filippo, invece alternava all’altra Bmw direttamente l’auto presidenziale con autista, al quale toccava anticipare anche gli spiccioli: «Non più di 50 però, eh?», si raccomanda Norberto. Auto, telefoni e benzina «Quel pezzo di m... se l’è goduta per cinque anni quella macchina, eh?», inveisce Filippo che ha problemi di gelosia col fratello Marco e non solo. Perchè mentre lui è da un po’ che non può più usare l’auto, Marco, un giorno che rimane con una gomma a terra, pretende dal padre che la Bmw gli venga sostituita con l’Audi A6 della presidenza. Auto che, testimoniano gli autisti, di solito «viene consegnata il venerdì sera a Norberto Achille con il pieno e restituita il lunedì con il serbatoio vuoto». Tutta colpa dei week end settimanali a Forte dei Marmi dove la simpatica famigliola si reca a spese della società partecipata da Regione Lombardia e Ferrovie dello Stato, caricando pure 900 euro di benzina delle altre auto di famiglia. Al telefono Marco Achille sostiene che «i giornalisti tirano conclusioni affrettate». Però suo padre un giorno esplode: «Ma non ti vergogni?» e minaccia di fargli staccare il telefono, aziendale pure quello, ovviamente. Un benefit che il «presidente» ha esteso a tutta la famiglia, dalla moglie ai figli, costo per la collettività: 124 mila e 296 euro. Poi si calma e dà un buon consiglio a Marco: «Non andare in giro col Rolex d’oro, hai capito?». Chissà cosa dirà adesso la Rolex. Carte di credito aziendali La ricostruzione delle spese fatta dai Carabinieri non lascia scampo: «Ristoranti e locali notturni: 17.232 euro; pay tv: 7634 euro; spese varie: 30 mila euro; connessioni internet: 934 euro; abbigliamento: 14mila e 500 euro; spese effettuate per scommesse: 3749 euro». Da segnalare, ad esempio, 900 euro pagate al Twiga di Briatore a Forte dei Marmi per una serata. La cosa bella è che alcuni scontrini sono stati presentati anche per ottenere un rimborso dalla tesoreria della società per un totale di 21 mila euro. Quadri a Formigoni Sarà perché è stato nominato dall’ex governatore ciellino, ma Norberto Achille non si dimentica del suo sponsor politico e pare gli regali quattro quadri «che si troverebbero presso l’abitazione dell’ex presidente» (due da 4000 euro nel 2010, uno da 9000 nel 2011, uno da 1400 nel 2012) come risulta a quelli dell’Audit che, per tutelarsi dalle pressioni interne, registrano le conversazioni con i membri del Cda. Altri 30 mila euro finiscono alla Regione non si sa bene a che titolo. Achille spiega anche di essersi «trovato a pagare cene e pranzi per Pomodoro, Grechi e anche diversi magistrati», ovvero gli ex president
Anonymous
Riusciamo ad affezionarci quasi a tutto, nel corso dell'esistenza. Vecchi oggetti, amici inaffidabili, pessime abitudini, luoghi che a occhi diversi dai nostri risultano insignificanti se non addirittura squallidi.
Marco Presta (Accendimi)
A scrivere ho imparato dagli amici, ma senza di loro. Tu m'hai insegnato a amare, ma senza di te. La vita con il suo dolore m'insegna a vivere, ma quasi senza vita, e a lavorare, ma sempre senza lavoro. Allora, allora io ho imparato a piangere, ma senza lacrime, a sognare, ma non vedo in sogno che figure inumane. Non ha più limite la mia pazienza. Non ho pazienza più per niente, niente più rimane della nostra fortuna. Anche a odiare ho dovuto imparare e dagli amici e da te e dalla vita intera.
Beppe Salvia (Cuore: Cieli celesti)
Non ho mai fatto quello che mi sarebbe piaciuto fare: scrivere un buon libro e un'unica bella poesia. All'inizio mi mancava il coraggio di mettermi all'opera perché non avevo soldi, ma ora che i soldi li ho, il coraggio mi manca ugualmente perché non ho sufficiente fiducia in me. E' per questo che, in fondo al cuore, mi considero un fallito. [...] Eppure non posso lamentarmi: ho più amici che nemici e ci sono momenti in cui sono quasi felice di essere al mondo - quando guardo il sole che tramonta e la luna che spunta, o vedo la neve sulla cima delle montagne. Ci sono anche altre compensazioni, come quando riesco a esercitare la mia influenza a favore di una causa che considero giusta, sia essa l'eguaglianza razziale o l'abolizione della pena capitale.
Fred Uhlman
«Non è facile,» disse, in un sospiro. Anche senza guardarlo, Carlos sapeva che aveva gli occhi ancora chiusi.«Non deve esserlo,» rispose. Voltando la testa gli baciò le palpebre; un tocco leggerissimo. «Le cose vere non lo sono spesso, credo. Ma va bene comunque. D’accordo?»Viv annuì contro la sua guancia. Poi le sue braccia gli si allacciarono al collo, lo attirarono al petto in una stretta fortissima.«D’accordo.»E sembrò racchiudere molto di più, in quella parola, in quell’abbraccio, nel respiro che soffocò contro di lui, come a trattenerlo. In un altro momento – un tempo diverso – Carlos avrebbe forse avuto bisogno di un linguaggio più esplicito, ma in quel presente, con Viv di nuovo vicino, qualunque parola sembrò sciogliersi nel peso dei loro corpi che affondavano nel letto; nel rumore dei respiri che si spandeva nella stanza, come un’onda sempre più debole, mentre oltre la porta la vita proseguiva. In attesa.Avrebbe riservato altre sfide, sicuramente; avrebbe riservato altri ostacoli, altre persone. Baci impalpabili e notti frementi, sguardi gelidi, liti. Amici.Nuove strade e nuovi passi.La prospettiva non faceva paura, però: era quasi dolce, in quell’abbraccio, con il buio che si addensava intorno come un bozzolo e Viv rannicchiato contro, occhi chiusi e fiato sospeso. Una luce fredda intrappolata nel ghiaccio.Un giorno, forse, sarebbe riuscito a scioglierlo.Ma anche se non l’avesse fatto, pensò Carlos, premendogli le labbra sulla fronte e inspirando a fondo, riempiendosi i polmoni di lui, della sua presenza. Anche se non l’avesse fatto, l’avrebbe amato lo stesso.E in quel pensiero ebbe l’impressione di ritrovarsi, e ritrovare ogni strada che aveva perso
Micol Mian (In luce fredda (Rosa dei venti Vol. 1))
(...) Ma perché non siete mai a scuola? vi vedo ogni giorno, in giro, sempre vagabonda..." "Oh, non soffrono troppo della mia mancanza, credetemi" rispose lei. "Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo con gli altri. Ed è strano, perché io sono piena di senso sociale, invece. Tutto dipende da che cosa si intenda per senso sociale, non vi sembra? Per me significa parlare con voi di cose come queste. (...) O anche parlare di quanto è strano questo mondo. Stare con la gente è una cosa bellissima. Ma non mi sembra sociale riunire un mucchio di gente, per poi non lasciarla parlare, non sembra anche a voi? Un'ora di lezione davanti alla TV, un'ora di pallacanestro, o di baseball o di footing, un'altra ora di storia riassunta o di riproduzione di quadri celebri e poi ancora sport, ma, capite, nopn si fanno domande, o almeno quasi nessuno le fa; loro hanno già le risposte pronte, su misura, e ve le sparano contro in rapida successione, bang, bang, bang, e intanto noi stiamo seduti là per più di quattr'ore di lezioni con proiezioni. Tutto ciò per me non è sociale. E' tutt'acqua rovesciata a torrenti, risciacquatura è, mentre loro ci dicono che è vino quando non lo è. Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche Parco Divertimenti a canzonare o provocare la gente, a spaccare vetri nel Padiglione degli spaccavetri o a scassare automobili, nel Recinto degli scassamacchine, con la grossa sfera d'acciaio. O non ci resta che salire in macchina e correre pazzamente per le strade, cercando di vedere quanto da vicino si possano sfiorare i lampioni e quanto strette si possano fare le curve, magari sulle due ruote laterali. Può darsi benissimo che io sia proprio quello che dicono, d'accordo. Non ho amici, io. E questo dovrebbe provare che sono anormale. Ma tutte le persone che conosco urlano e ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente. Avete notato come la gente si faccia male, di questi tempi? (...) Ho paura dei ragazzi della mia età. Si uccidono a vicenda. (...) Sei amici miei sono morti d'arma da fuoco da un solo anno a questa parte. Dieci ne sono morti in incidenti automobilistici. Mi fanno paura e loro non mi hanno in simpatia perché ho paura (...) Soprattutto mi piace studiare la gente. A volte passo l'itera giornata nella Ferrovia Sotterranea, a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano. Spesso scivolo come un serpente su una vettura della Sotterranea a sentire cosa dicono le persone. O nelle mescite di bibite e dolci, e sapete cosa ho scoperto? (...) Che la gente non dice nulla. (...) Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice mai qualcosa di diverso dagli altri. E quasi sempre nei caffè hanno le macchinette d'azzardo in funzione, si raccontano le stesse barzellette, oppure c'è la parete musicale accesa con i disegni a colori che vanno e vengono.
Ray Bradbury