Per Sempre Quotes

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Per te aspetterei per sempre, amore mio.
Ana Huang (King of Wrath (Kings of Sin, #1))
Ti amo, mia bella ragazza. Per sempre." "Sempre?" She asked. Cracking a smile, he brushed his finger softly across her lips. "Always and forever
J.M. Darhower
Be happy, Caro, because that’s what you deserve. I love you, I have always loved you, and where I go after this world, I will always love you. Sempre e per sempre.
Jane Harvey-Berrick (The Education of Caroline (The Education of..., #2))
Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'imagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo sopri dopo, quando è roppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'immagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva.
Alessandro Baricco (Castelli di rabbia)
Mai in vita mia Dimenticherò la tua presenza. Tu mi hai presa quando ero spezzata E mi hai riparata Su questa terra troppo piccola Dove potrei mai voltare il mio sguardo? Così immenso, così profondo! Non c'è più tempo. Non c'è più nulla. Distanza. C'è soltanto la realtà. Quello che è stato, è stato per sempre.
Frida Kahlo (Diego et Frida)
I love you, too," I whispered so softly I didn't know if he'd heard me. "Ti amo tanto, Sebastian, sempre e per sempre.
Jane Harvey-Berrick (The Education of Sebastian (The Education of..., #1))
Il per sempre è un'illusione... troppo comodo... noi siamo per l'adesso.
Fabio Volo (Il giorno in più)
Essere stati amati tanto profondamente ci protegge per sempre, anche quando la persona che ci ha amato non c’è più. È una cosa che ci resta dentro, nella pelle.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Sorcerer's Stone (Harry Potter, #1))
Ciò che dai è tuo per sempre...
Fabio Volo (Il giorno in più)
Per te aspetterei per sempre, amore mio.” “Spero non ci vorrà così tanto.
Ana Huang (King of Wrath (Kings of Sin #1))
Vorrei poter fermare il tempo e vivere così per sempre" Di solito questi riferimenti al suo imperituro amore nei miei confronti mi fanno sentire in colpa e a disagio. Ma mi sento così tranquilla e rilassata e al di là di qualsiasi preoccupazione per un futuro che comunque non avrò che mi lascio sfuggire due semplici parole: "Va bene" Sento il sorriso nella sua voce. "Allora sei d'accordo?" "Sono d'accordo" dico io.
Suzanne Collins (Catching Fire (The Hunger Games, #2))
Il suo primo bacio. Lo avrebbe ricordato per sempre, come si ricorda di esistere e di respirare.
Patrisha Mar (I Protettori dell'Oracolo - Buio (I Protettori, #1))
«Perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità. Lo scopri dopo, quand'è troppo tardi. E già sei, per sempre, un esule: a migliaia di chilometri da quell'imagine, da quel suono, da quell'odore. Alla deriva.»
Alessandro Baricco (Castelli di rabbia)
Le risoluzioni definitive si prendono sempre e soltanto per uno stato d'animo che non è destinato a durare.
Marcel Proust
Se il per sempre non esiste lo inventeremo noi.
Nikki Erlick (The Measure)
Una realtà non ci fu data e non c'è, dobbiamo farcela noi: non sarà mai una per tutti e per sempre ma di continuo e infinitamente mutabile.
Luigi Pirandello (Uno, nessuno e centomila - Quaderni di Serafino Gubbio operatore)
Non è per cambiare che si ricomincia da capo. Si ricomincia da capo per cambiare tavolo. Si ha sempre questa idea di essere capitati nella partita sbagliata, e che con le nostre carte chissà cosa saremmo riusciti a fare se solo ci sedevamo a un altro tavolo da gioco.
Alessandro Baricco (Tre volte all'alba)
Quel che aveva capito, con certezza assoluta, era che vivere senza di lui sarebbe stato, per sempre, la sua occupazione fondamentale, e che da quel momento le cose avrebbero avuto ogni volta un’ombra, per lei, un’ombra in più, perfino nel buio, e forse soprattutto nel buio.
Alessandro Baricco (Tre volte all'alba)
Venivano dai più lontani estremi della vita, questo è stupefacente, da pensare che mai si sarebbero sfiorati se non attraversando da capo a piedi l'universo, e invece neanche si erano dovuti cercare, questo è incredibile, e tutto il difficile è stato riconoscersi, riconoscersi, una cosa di un attimo, il primo sguardo è già lo sapevano, questo è il meraviglioso. Questo continuerebbero a raccontare, per sempre, nelle terre di Carewall, perché nessuno possa dimenticare che non si è mai lontani abbastanza per trovarsi, mai - lontani abbastanza - per trovarsi - lo erano quei due, lontani più di chiunque altro.
Alessandro Baricco (Ocean Sea)
A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall'inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d'accordo, allora buonanotte, 'notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran. Non si capisce. È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando, in mezzo all'Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: "A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave". Ci rimasi secco. Fran.
Alessandro Baricco (Novecento. Un monologo)
L'assioma dell'uguaglianza stabilisce che x è sempre uguale a x: pertanto, un oggetto che chiameremo x deve essere necessariamente uguale a se stesso; ciò che lo rende unico, perché in possesso di una caratteristica così immutabile che siamo costretti a considerarlo assolutamente, inevitabilmente, uguale a se stesso per sempre, e perché la sua elementarità non potrà mai essere alterata.
Hanya Yanagihara (A Little Life)
Bisognerebbe chiarire una volta per tutte perché "un momento brutto" può andare avanti per mesi, mentre un momento di grazia dura sempre e soltanto un momento.
David Grossman (Be My Knife)
Difficile è credere in una cosa quando si è soli, e non se ne può parlare con alcuno. Proprio in quel tempo Drogo si accorse come gli uomini, per quanto possano volersi bene, rimangano sempre lontani; che se uno soffre, il dolore è completamente suo, nessun altro può prenderne su di sé una minima parte; che se uno soffre, gli altri per questo non sentono male, anche se l'amore è grande, e questo provoca la solitudine della vita.
Dino Buzzati (The Tartar Steppe)
È sempre più forte di me. Lo è sempre stato. Perché a lui basta una parola per farmi male. Anzi, anche meno: una parola non detta, un silenzio, una pausa. Uno sguardo rivolto altrove. Io posso sbraitare e dimenarmi per ore, passare alle ingiurie, mentre a lui per stendermi basta una piccola smorfia, fatta con un angolo del labbro.
Fabio Volo (Il tempo che vorrei)
Il volersi bene si costruisce. Ma l’amore quello vero, no. L’amore lo senti immediato, non ha tempo. É dire “ti sento”. Un contatto di pelle, un abbraccio, un bacio. Mantenersi, il mio verbo preferito, tenersi per mano. Ti può bastare per la vita intera, un attimo, un incontro. Rinunciarvi è folle,sempre e comunque.
Erri De Luca (I pesci non chiudono gli occhi)
E' curioso a vedere che quasi tutti gli uomini che valgono molto hanno le maniere semplici; e che quasi sempre le maniere semplici sono prese per indizio di poco valore.
Giacomo Leopardi
Sempre c’è un domani e la vita ci dà un’altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi sbagliassi e oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che mai ti dimenticherò.
Gabriel García Márquez
Capiva solo che nulla è più forte di quell'istinto a tornare dove ci hanno spezzato, e a replicare quell'istante per anni. Solo pensando che chi ci ha salvati una volta lo possa poi fare per sempre.
Alessandro Baricco (Without Blood)
La prima volta che ti ho vista mi sono fatto una ben misera opinione di voi. Vi credevo priva di buonsenso e di carattere, incapace di reggere fino al matrimonio. Rimarrà per sempre il più grosso errore della mia vita.
Christelle Dabos (Les Disparus du Clairdelune (La Passe-Miroir, #2))
Cosa farei senza libri? Ne ho la casa piena, eppure non mi bastano mai. Vorrei avere una giornata di trentasei ore per poter leggere a mio piacere. Tengo libri di tutte le dimensioni: da tasca, da borsa, da valigia, da taschino, da scaffale, da tavolo. E ne porto sempre uno con me. Non si sa mai: se trovo un momento di tempo, se mi fanno aspettare in un ufficio, che sia alla posta o dal medico, tiro fuori il mio libro e leggo. Quando ho il naso su una pagina non sento la fatica dell'attesa. E, come dice Ortega y Gasset, in un libro mi "impaeso", a tal punto che mi è difficile spaesarmi. Esco dai libri con le pupille dilatate. Lo considero il piacere più grande, più sicuro, più profondo della mia vita.
Dacia Maraini (Chiara di Assisi: Elogio della disobbedienza)
Le chiedo scusa, professore:non era più un cane, era un uomo. Questo è il punto". "Perché poteva parlare? Ma questo non vuol dire essere uomini, almeno non ancora...comunque non importa, Pallino è sempre vivo, a nessuno è mai passato per la testa ammazzarlo".
Mikhail Bulgakov (Heart of a Dog)
Uno, non toccare le lancette. Due, domina la rabbia. Tre, non innamorarti mai è poi mai. Altrimenti, nell'orologio del tuo cuore, la grande lancetta delle ore ti trafiggerà per sempre la pelle, le tue ossa si frantumeranno e la meccanica del cuore andrà di nuovo in pezzi
Mathias Malzieu (La Mécanique du cœur)
«Ho voluto credere che fosse a causa di un incantesimo quando eri sempre nei miei pensieri e mi scoprivo a cercarti tra la gente.Non avrei dovuto nemmeno guardarti e invece volevo cedere a ciò che desideravo,dopotutto chi ero io per oppormi a una forza più grande di me?».
Virginia De Winter (L'ordine della penna (Black Friars, #2))
La verità è che i Classici sono in declino per definizione [...] La sensazione di una perdita imminente, il perenne timore che gli studi classici stiano per scomparire per sempre è ciò che [...] conferisce a queste discipline l'energia e la tensione di cui ritengo siano ancora intrise.
Mary Beard (Fare i conti con i classici)
Bella: Il legame che ci univa era più forte della distanza, dell'assenza e del tempo. Poco importava che fosse più speciale, bello, brillante o perfetto di me, ormai anche lui era coinvolto e condizionato in modo irreversibile. Era destinato a essere mio, per sempre, come io appartenevo a lui.
Stephenie Meyer (New Moon (The Twilight Saga, #2))
Il tempo intanto correva, il suo battito silenzioso scandisce sempre più precipitoso la vita, non ci si può fermare neanche un attimo, neppure per un'occhiata indietro. "Ferma, ferma!" si vorrebbe gridare, ma si capisce ch'è inutile. Tutto quanto fugge via, gli uomini, le stagioni, le nubi; e non serve aggrapparsi alle pietre, resistere in cima a qualche scoglio, le dita stanche si aprono, le braccia si afflosciano inerti, si è trascinati ancora nel fiume, che pare lento ma non si ferma mai.
Dino Buzzati (The Tartar Steppe)
Non sono riuscito ad averti vicino ma questo non significa non averti dentro. Sai cosa sarò io per te? Sarò sempre quel piccolissimo particolare che ogni tanto scorgerai nell’aria, nelle cose che guardi, nella loro bellezza, quel dettaglio emotivo che ti viene incontro. L’attimo che ti innamora l’anima per l’inquadratura di un tramonto, unico, imprevisto, che torna in mente all’ improvviso. Il diversivo, il tempo di un sorriso quasi inatteso che ti confonde i respiri, il deja vu, la sponda di un sogno. Le storie finiscono mentre quel piccolo particolare, quel quasi niente, mi farà restare con te per sempre.
Massimo Bisotti
A volte penso che dovrei mettermi a dieta, poi penso che se dimagrissi sarei sempre tesa per la paura di ingrassare, invece così sono tranquilla.
Stefano Benni (Margherita Dolce Vita)
Noi abbiamo sempre in tasca lettere pronte per la divinità... Frutto della nostra fantasia, visto che apparteniamo a quella razza d'uomini che per amante si prendono un sogno soffiato nella bolla d'un nome!
Edmond Rostand (Cyrano de Bergerac)
Per tutte le ragazze dal cuore di marzapane (e intendo proprio tutte le ragazze del mondo. L'emozione è sempre la stessa, a quattordici anni come a quarantuno):
Kerstin Gier (Smaragdgrün (Edelstein-Trilogie, #3))
Sempre caro mi fu quest'ermo colle, e questa siepe, che da tanta parte dell'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminati spazi di là da quella, e sovrumani silenzi, e profondissima quiete io nel pensier mi fingo, ove per poco il cor non si spaura. E come il vento odo stormir tra queste piante, io quello infinito silenzio a questa voce vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.
Giacomo Leopardi
Dovete crederci. Sempre. Anche quando il traguardo sembra un orizzonte lontano e irraggiungibile, e tutti gli altri sono davanti a voi. Qualunque sia la vostra destinazione, e per quanto violenta infuri la tempesta, ci arriverete. Stremati, sfiniti. Vincenti.
Leonardo Patrignani
La solitudine non è mai con voi; è sempre senza di voi, e soltanto possibile con un estraneo attorno: luogo o persona che sia, che del tutto vi ignorino, che del tutto voi ignoriate, così che la vostra volontà e il vostro sentimento restino sospesi e smarriti in un’incertezza angosciosa e, cessando ogni affermazione di voi, cessi l’intimità stessa della vostra coscienza. La vera solitudine è in un luogo che vive per sé e che per voi non ha traccia né voce, e dove dunque l’estraneo siete voi
Luigi Pirandello
Con te sarò nuovo. Ti dico queste parole nel periodo migliore della mia vita, nel periodo in cui sto bene, in cui ho capito tante cose. Nel periodo in cui mi sono finalmente ricongiunto con la mia gioia. In questo periodo la mia vita è piena, ho tante cose intorno a me che mi piacciono, che mi affascinano. Sto molto bene da solo, e la mia vita senza di te è meravigliosa. Lo so che detto così suona male, ma non fraintendermi, intendo dire che ti chiedo di stare con me non perché senza di te io sia infelice: sarei egoista, bisognoso e interessato alla mia sola felicità, e così tu saresti la mia salvezza. Io ti chiedo di stare con me perché la mia vita in questo momento è veramente meravigliosa, ma con te lo sarebbe ancora di più. Se senza di te vivessi una vita squallida, vuota, misera non avrebbe alcun valore rinunciarci per te. Che valore avresti se tu fossi l'alternativa al nulla, al vuoto, alla tristezza? Più una persona sta bene da sola, e più acquista valore la persona con cui decide di stare. Spero tu possa capire quello che cerco di dirti. Io sto bene da solo ma quando ti ho incontrato è come se in ogni parola che dico nella mia vita ci fosse una lettera del tuo nome, perché alla fine di ogni discorso compari sempre tu. Ho imparato ad amarmi. E visto che stando insieme a te ti donerò me stesso, cercherò di rendere il mio regalo più bello possibile ogni giorno. Mi costringerai ad essere attento. Degno dell'amore che provo per te. Da questo momento mi tolgo ogni armatura, ogni protezione... non sono solo innamorato di te, io ti amo. Per questo sono sicuro. Nell'amare ci può essere anche una fase di innamoramento, ma non sempre nell'innamoramento c'è vero amore. Io ti amo. Come non ho mai amato nessuno prima...
Fabio Volo (È una vita che ti aspetto)
Un soldato nemico non era mai solo - un essere umano di fronte a un altro - ma portava con sé una folla innumerevole di fantasmi, i fantasmi degli assenti e dei morti. Non ci si rivolgeva a un uomo ma a una moltitudine invisibile; così nessuna delle parole pronunciate era detta semplicemente e come tale ascoltata; si aveva sempre la strana sensazione che a parlare fosse soltanto una bocca, che parlava per tante altre, mute.
Irène Némirovsky (Suite Francaise)
La mobilità sociale ha aperto a tutti la possibilità di aspirare a qualsiasi cosa, ma con ciò nessuno è più "predestinato" a nulla. È forse per questo che la gente è sempre più disorientata e incerta sul senso della propria vita.
Tiziano Terzani (A Fortune-Teller Told Me: Earthbound Travels in the Far East)
Il Ventesimo secolo ha preteso di racchiudere tutte le battaglie dentro un’unica guerra e le ha dato, a seconda del contesto, dei nomi diversi. La logica è sempre la stessa: estirpare l’individualità dalle persone per confonderle in una massa. Le masse sono alienanti per chi vi vive all’interno e pericolose per chi invece resta fuori, in quanto annientano ogni forma di pensiero originale e hanno la furia cieca di un bulldozer.
Sara Zelda Mazzini (I Dissidenti)
... dove trovare il tempo per leggere? grave problema. che non esiste. nel momento in cui mi pongo il problema del tempo per leggere, vuol dire che quel che manca è la voglia. poiché, a ben vedere, nessuno ha mai tempo per leggere. né i piccoli, né gli adolescenti, né i grandi. la vita è un perenne ostacolo alla lettura. "leggere? vorrei tanto, ma il lavoro, i bambini, la casa, non ho più tempo..." "come la invidio, lei, che ha tempo per leggere!" e perché questa donna, che lavora, fa la spesa, si occupa dei bambini, guida la macchina, ama tre uomini, frequenta il dentista, trasloca la settimana prossima, trova il tempo per leggere, e quel casto scapolo che vive di rendita, no? il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (come il tempo per scrivere, d'altronde, o il tempo per amare.) rubato a cosa? diciamo, al dovere di vivere. [...] il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.
Daniel Pennac
Così una pagina lentamente si volta, si distende dalla parte opposta, aggiungendosi alle altre già finite, per ora è solamente uno strato sottile, quelle che rimangono da leggere sono in confronto un mucchio inesauribile. Ma è pur sempre un'altra pagina consumata, signor tenente, una porzione di vita.
Dino Buzzati (The Tartar Steppe)
Quello che per primo vede l'America. Su ogni nave ce n'è uno. E non bisogna pensare che succeda per caso, no... e nemmeno per una questione di diottrie, è il destino, quello. Quella è gente che da sempre c'aveva già quell'istante stampato nella vita. E quando erano bambini, tu potevi guardarli negli occhi , e se guardavi bene, già la vedevi, l'America, già li pronta a scattare, a scivolare giù per nervi e sangue e che ne so io, fino al cervello e da lì alla lingua, fin dentro quel grido (gridando), AMERICA, c'era già, in quegli occhi, di bambino, tutta, l'America.
Alessandro Baricco (Novecento. Un monologo)
È uno speciale piacere che ti dà il libro appena pubblicato, non è solo un libro che porti con te ma la sua novità, che potrebbe essere anche solo quella dell’oggetto uscito ora dalla fabbrica, la bellezza dell’asino di cui anche i libri s’adornano, che dura finché la copertina non comincia a ingiallire, un velo di smog a depositarsi sul taglio, il dorso a sdrucirsi agli angoli, nel rapido autunno delle biblioteche. No, tu speri sempre d’imbatterti nella novità vera, che essendo stata novità una volta, continui a esserlo per sempre. Avendo letto il libro appena uscito, ti approprierai di questa novità dal primo istante, senza dover poi inseguirla, rincorrerla. Sarà questa la volta buona? Non si sa mai. Vediamo come comincia.
Italo Calvino (If on a Winter’s Night a Traveler)
Voglio tornare bambino, voglio annusare la Coccoina, voglio spalmarmi il Vinavil e poi togliermelo come se fosse una pellicina. Voglio usare i pennarelli per poi avere tutte le dita piene di piccole striscette colorate. Voglio rubare la merenda ai grandi. Voglio credere che il mio soldatino si sposti all'ultimo momento e schivi il proiettile. Voglio credere che l'astronauta è un lavoro che si può fare solo di notte, perché di giorno non ci sono le stelle per atterrare. Voglio credere che un mio amico è un mio amico per sempre, e non ti tradisce mai. Ma soprattutto voglio credere che Babbo Natale il carbone te lo porta solo se sei stato cattivo.
Fabio Volo (Esco a Fare Due Passi)
PERCHE' LA MAMMA -Papà, ma perché la mamma va sempre a Milano per lavora- Ma non ci va mica sempre, Ginevra. Andrà una volta al mese. - E perché tu invece sei sempre qua? - Be', perché io faccio i disegni da casa e poi li spedisco in redazione, non ho bisogno di andare a Milano per cose di lavoro. E poi così posso stare con voi, no? Mi fissa con insistenza. - A te non ti vuole vedere nessuno, vero, papà? - Già, -Stasera prendiamo la pizza? -Va bene, Ginevra. Fra un pochino telefono. -Speriamo che ti rispondano.
Matteo Bussola (Notti in bianco, baci a colazione)
Cosa avrebbe dovuto dire Gabe a sua sorella? Grazie di avermi salvato la vita? Grazie di aver picchiato nostro padre? Grazie di non essere intervenuta prima? Grazie di aver chiuso gli occhi per tanti anni? Grazie di aver mandato tutto a puttane quando stavo per andarmene da quella casa? Grazie di essere sempre stata l’unica mia famiglia? Grazie di avermi amato anche quando questo significava odiare il mondo?
Susan Moretto (Principessina)
Escric perquè m'agrada escriure. Si no em semblés exagerat diria que escric per agradar-me a mi. Si de retop el que escric agrada als altres, millor. Potser és més profund. Potser escric per afirmar-me. Per sentir que sóc... I acabo. He parlat de mi i de coses essencials en la meva vida, amb una certa manca de mesura. I la desmesura sempre m'ha fet molta por
Mercè Rodoreda
Bisogna sempre essere ubriachi. Tutto qui: è l'unico problema. Per non sentire l'orribile fardello del Tempo che vi spezza la schiena e vi tiene a terra, dovete ubriacarvi senza tregua. Ma di che cosa? Di vino, poesia o di virtù : come vi pare. Ma ubriacatevi. E se talvolta, sui gradini di un palazzo, sull’erba verde di un fosso, nella tetra solitudine della vostra stanza, vi risvegliate perché l’ebbrezza è diminuita o scomparsa, chiedete al vento, alle stelle, agli uccelli, all'orologio, a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme, a tutto ciò che scorre, a tutto ciò che canta, a tutto ciò che parla, chiedete che ora è; e il vento, le onde, le stelle, gli uccelli, l'orologio, vi risponderanno: "È ora di ubriacarsi! Per non essere gli schiavi martirizzati del Tempo, ubriacatevi, ubriacatevi sempre! Di vino, di poesia o di virtù, come vi pare.
Charles Baudelaire (Paris Spleen)
Avrei tanto voluto che la giornata fosse tutta come la colazione, quando le persone sono ancora sintonizzate sui loro sogni e non è previsto che debbano affrontare il mondo esterno. Mi sono reso conto che io sono sempre così; per me non arriva mai il momento in cui, dopo una tazza di caffè o una doccia, mi sento improvvisamente pieno di vita, sveglio e in sintonia col mondo. Se si fosse sempre a colazione, io sarei a posto.
Peter Cameron
Poi posai la fronte contro la sua e rimasi seduto lì a lungo, come se potessi trasmettere un messaggio attraverso i nostri due crani, dal mio cervello al suo. Volevo fargli capire alcune cose. «Sai tutte quelle sciocchezze che abbiamo sempre detto si di te?» sussurrai. «Che scocciatore eri mai? Non crederci. Non crederlo neanche per un minuto, Marley.» Doveva saperlo, e anche qualcos'altro. C'era qualcosa che non gli avevo mai detto, che non gli aveva mai detto nessuno. Volvevo che lo sentisse prima di andarsene. «Marley», dissi. «Sei un grande cane.»
John Grogan (Io & Marley)
Ha 38 anni Bartleboom, lui pensa che da qualche parte, nel mondo, incontrerà un giorno una donna che, da sempre, è la sua donna. Ogni tanto si rammarica che il destino si ostini a farlo attendere con tanta indelicata tenacia, ma col tempo ha imparato a considerare le cosa con grande serenità. Quasi ogni giorno ormai da anni, prende la penna in mano e le scrive. Non ha nomi e non ha indirizzi da mettere sulle buste: ma ha una vita da raccontare. E a chi se non a lei? Lui pensa che quando si incontreranno sarà bello posarle in grembo una scatola di mogano piena di lettere e dirle: "ti aspettavo!" Lei aprirà la scatola e lentamente quando vorrà leggerà le lettere una ad una e risalendo un chilometrico filo di inchiostro blu, si prenderà gli anni, i giorni gli istanti, che quell'uomo prima ancora di conoscerla le aveva regalato. O forse, più semplicemente, capovolgerà la scatola e attonita davanti quella buffa nevicata di lettere sorriderà dicendo a quell'uomo: "tu sei matto!"... e per sempre lo amerà!
Alessandro Baricco (Ocean Sea)
Il dolore aveva un suo modo di scomporre il tempo. Pensavo al minuto successivo, all'ora successiva. Non c'era abbastanza spazio nella mia mente per mettere insieme tutti quei pezzi, per trovare le parole per riassumerla nella sua interezza. Ma la parte dell'"andare avanti", per quella le parole le avevo. 'Trova un modo per andare avanti' dissi. 'Non deve necessariamente essere buono, o nobile. Basta che sia un motivo.' Conoscevo il mio: c'era una fame dentro di me e c'era sempre stata. Una fame più forte del dolore, più forte dell'orrore. Continuava a mordere anche dopo che ogni altra cosa dentro di me si era arresa. E quando finalmente le diedi un nome, scoprii che era qualcosa di molto semplice: desiderio di vivere.
Veronica Roth (Carve the Mark (Carve the Mark, #1))
In un altro tempo io ero il falco e vivevo di giorno: della vita vedevo le luci. Lui era il lupo e viveva di notte: della vita vedeva le ombre. Io ero sempre in ritardo, mentre lui correva alla velocità del suono. Com’è logico supporre, non ci saremmo mai potuti incontrare, se non si fosse creato uno squarcio nel tempo per cui ci trovammo nello stesso luogo nell’istante in cui io non ero ancora un falco, e lui aveva già smesso di essere un lupo. Per ventiquattro ore appena sovvertimmo l’ordine del tempo, finché il giorno divenne notte e la notte divenne giorno, e il falco vide attraverso le ombre, senza esserne aggredito, e il lupo guardò verso la luce, senza esserne accecato. Poi io mi rituffai nella lentezza dei miei giorni, e lui riprese a correre nella frenesia delle sue notti. E ora vorrei non desiderare di ricondurlo dentro al mondo insieme a me. Vorrei non osservare ogni suo gesto segreto cercando di capire se posso accettare quella segretezza dentro la mia vita, e conoscere già la risposta. Vorrei non provare vergogna di me stessa al pensiero che lui non mi avrebbe ancora chiesto niente di tutto questo. Mi fa rabbia la sua lucida follia, che sottintende un coraggio più grande del mio. Ci vuole coraggio per essere pazzi, perché il mondo non ce lo permette.
Sara Zelda Mazzini (I Dissidenti)
[...] e coloro che sono innamorati hanno sempre piacere sia a parlare dell'oggetto amato, sia a disegnarlo, sia a comporre qualcosa: ricordandosene infatti con tutti questi mezzi, ritengono quasi di avvertire la presenza dell'amato. E questa è per tutti l'origine dell'amore, quando non solo si prova piacere nella presenza dell'amato, ma anche quando, ricordandosi di lui quando non c'è, si aggiunge il dolore per il fatto che sia assente.
Aristotele (Retorica)
Volere è potere, dice il proverbio, ma alle donne si lascia credere che il loro potere sia invece quello di essere volute. È un inganno: desiderare ti rende soggetto attivo e ti educa a scegliere, invece che a essere scelta. Chi desidera comanda. Dire sempre «desiderami» e mai «io desidero» è un cammino di de-formazione, perché chi può solo essere desiderabile sacrificherà la propria forma per prendere quella che pensa sarà piú desiderata, condannandosi a esistere solo come conseguenza dello sguardo di altri.
Michela Murgia (Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più)
Tu ancora non puoi sapere dove approderai. Ma chi incomincia a cercare ciò che ama finirà sempre per amare ciò che trova. Ti metti in cammino verso Est e magari raggiungi l'Ovest. Non è importante adesso. L'importante è mettersi in cammino. Altrimenti non arriverai da nessuna parte. E passerai il resto della tua vita a disprezzarti per ciò che avresti potuto essere e non sei stato. La meta iniziale del viaggio rappresenta solo lo stimolo per partire
Massimo Gramellini (L'ultima riga delle favole)
«Benvenuto nel Cimitero dei Libri Dimenticati, Daniel. ... «Questo luogo è un mistero, Daniel, un santuario. Ogni libro, ogni volume che vedi possiede un'anima, l'anima di chi lo ha scritto e di coloro che lo hanno letto, di chi ha vissuto e di chi ha sognato grazie a esso. Ogni volta che un libro cambia proprietario, ogni volta che un nuovo sguardo ne sfiora le pagine, il suo spirito acquista forza. Molti anni fa, quando mio padre mi portò qui per la prima volta, questo luogo era già vecchio, quasi come la città. Nessuno sa con certezza da quanto tempo esista o chi l'abbia creato. Ti posso solo ripetere quello che mi disse mio padre: quando una biblioteca scompare, quando una libreria chiude i battenti, quando un libro viene cancellato dall'oblio, noi, i custodi di questo luogo, facciamo in modo che arrivi qui. E qui i libri che più nessuno ricorda, i libri perduti nel tempo, vivono per sempre, in attesa del giorno in cui potranno tornare nelle mani di un nuovo lettore, di un nuovo spirito. Noi li vendiamo e li compriamo, ma in realtà i libri non ci appartengono mai. Ognuno di questi libri è stato il miglior amico di qualcuno. Adesso hanno soltanto noi, Daniel. Pensi di poter mantenere il segreto?»
Carlos Ruiz Zafón
Mia cara, il tuo piccolo cuore è ferito; non giudicarmi crudele perché obbedisco all’irresistibile legge della mia forza e della mia debolezza. Se il tuo piccolo cuore è ferito, anche il mio sanguina con il tuo. Nell’estasi della mia grande umiliazione, io vivo nella tua calda vita e tu morirai.., morirai dolcemente.., nella mia vita. Non posso farne a meno; come io mi avvicino a te, così tu, a tua volta, ti accosterai ad altri, e capirai l’estasi di questa crudeltà che è sempre amore; così, per ora, non cercare di sapere più niente di me e di te, ma abbi fiducia in me con tutta la tua anima appassionata».
J. Sheridan Le Fanu (Carmilla)
Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo Se una notte d’inverno un viaggiatore di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell’indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c’è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: «No, non voglio vedere la televisione!» Alza la voce, se no non ti sentono: «Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!» Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: «Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!» O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace. Prendi la posizione più comoda: seduto, sdraiato, raggomitolato, coricato. Coricato sulla schiena, su un fianco, sulla pancia. In poltrona, sul divano, sulla sedia a dondolo, sulla sedia a sdraio, sul pouf. Sull’amaca se ne hai una. Sul letto, naturalmente, o dentro il letto. Puoi anche metterti a testa in giù, in posizione yoga. Col libro capovolto, si capisce.
Italo Calvino (If on a Winter’s Night a Traveler)
Ascoltate, perchè non siamo tutti come fratelli gli uni per gli altri? Perchè anche la persona migliore nasconde sempre qualcosa all'altro e non gliene parla? Perchè non dire francamente, subito, quello che si ha nel cuore, se si che le nostre parole non saranno dette al vento? Invece ognuno appare per così dire più burbero di quanto non sia effettivamente, come se tutti avessero paura di fare torto ai propri sentimenti se li esternassero troppo in fretta...
Fyodor Dostoevsky
C’è un equilibrio precario, e l’uomo si spinge in avanti per non vacillare, come un funambolo. E poiché avanzando nella vita egli si lascia quella vissuta alle spalle, gli anni ancora da vivere e quelli già vissuti formano un muro, e il suo cammino finisce per assomigliare a quello del tarlo che, nel legno, può contorcersi come vuole, perfino tornare indietro, ma si lascia sempre alle spalle uno spazio vuoto. E in questa tremenda sensazione di uno spazio cieco, tagliato fuori, dietro a quello riempito, in questa metà che continua a mancare, sebbene tutto sia già un intero, si scorge finalmente ciò che chiamiamo anima.
Robert Musil (The Man Without Qualities: Volume I)
È sempre stata attribuita allo sport, in ogni epoca e soprattutto da ogni governo, un’importanza grandissima, per la buona ragione che lo sport intrattiene e obnubila e rimbecillisce le masse, e in primo luogo le dittature sanno bene perché sono sempre e in ogni caso favorevoli allo sport. Chi è per lo sport ha le masse a suo fianco, chi è per la cultura ha le masse contro, diceva mio nonno, e per questo tutti i governi sono sempre per lo sport e contro la cultura. Come ogni dittatura, anche la dittatura nazionalsocialista è diventata potente e quasi padrona del mondo servendosi dello sport di massa. In ogni epoca e in tutti gli Stati le masse vengono accalappiate mediante lo sport, e non c’è Stato che possa dirsi così piccolo e insignificante da non sacrificare tutto allo sport.
Thomas Bernhard
Nel tennis il vero avversario, la frontiera che include, è il giocatore stesso. C'è sempre e solo l'io là fuori, sul campo, da incontrare, combattere, costringere a venire a patti. Il ragazzo dall'altro lato della rete: lui non è il nemico; è più il partner nella danza. Lui è il pretesto o l'occasione per incontrare l'io. E tu sei la sua occasione. Le infinite radici della bellezza del tennis sono autocompetitive. Si compete con i propri limiti per trascendere l'io in immaginazione ed esecuzione. Scompari dentro al gioco: fai breccia nei tuoi limiti; trascendi; migliora; vinci. [...] Si cerca di sconfiggere e trascendere quell'io limitato i cui limiti stessi rendono il gioco possibile. È tragico e triste e caotico e delizioso. E tutta la vita è così, come cittadini dello Stato umano: i limiti che ci animano sono dentro di noi, devono essere uccisi e compianti, all'infinito. (Infinite Jest, p. 116)
David Foster Wallace (Infinite Jest)
un'eco di malinconia, sfuggita al suo controllo, perdersi nella miriade di pezzi che componevano il mosaico.«Eloise è tutta la mia vita».Non aveva avuto l'intenzione di dire nulla, in realtà non stava nemmeno pensando direttamente a lei.«Era appena nata e già insistevo per poterla prendere in braccio. Volevo sempre tenerla io, passavo ore a guardarla. Tanto che alla fine la prima volta che ha aperto gli occhi l'avevo in grembo e ha visto me. Tutti nella mia famiglia avevano gli occhi chiari mentre i suoi erano scurissimi. Mi innamorai all'istante», rise dolcemente. «Avevo tre anni e da allora non ho mai pensato nemmeno per un momento che potesse esserci un'altra.
Virginia De Winter (L'Ordine della spada (Black Friars, #1))
Diventare. Era un verbo che mi aveva sempre ossessionata, ma me ne accorsi per la prima volta solo in quella circostanza. Io volevo diventare, anche se non avevo mai saputo cosa. Ed ero diventata, questo era certo, ma senza un oggetto, senza una vera passione, senza un’ambizione determinata. Ero voluta diventare qualcosa – ecco il punto – solo perché temevo che Lila diventasse chissà chi e io restassi indietro. Il mio diventare era diventare dentro la sua scia. Dovevo ricominciare a diventare, ma per me, da adulta, fuori di lei.
Elena Ferrante (Storia di chi fugge e di chi resta)
Le parole sono anche molto democratiche; pensano che una parola sia buona come un’altra; che le parole rozze valgano quanto quelle educate; che quelle incolte siano uguali a quelle colte, non esistono classi o titoli di merito nella loro società. E non amano essere sollevate in punta di penna ed esaminate una per una. Restano sempre unite in frasi, in paragrafi, e a volte per intere pagine di fila. Odiano essere utili; odiano dover far soldi; odiano andare in giro a tenere conferenze. In breve, odiano qualsiasi cosa che imponga loro un unico significato, o che le immobilizzi in un’unica posa, perché cambiare fa parte della loro natura.
Virginia Woolf
SOCRATE Come va ad Atene? MENIPPO Molti giovanotti dicono di far filosofia, e a giudicare dai vestiti e dal modo di camminare, si tratterebbe di sommi filosofi! SOCRATE Ah, ne ho visti tanti davvero! [...] E di me che pensano? MENIPPO In questo, Socrate, sei un uomo fortunato. Tutti credono infatti che tu sia un uomo ammirevole, e tu sappia tutto, e per giunta senza sapere nulla! Quest'ultima cosa, però, penso che sia vera. SOCRATE Anch'io glielo dicevo sempre, ma loro credevano che si trattasse di un'ironia! (Dialoghi dei morti, 6, Menippo ed Eaco)
Lucian of Samosata (Storia vera - Dialoghi dei morti)
Già nella vetrina della libreria hai individuato la copertina col titolo che cercavi. Seguendo questa traccia visiva ti sei fatto largo nel negozio attraverso il fitto sbarramento di Libri Che Non Hai Letto che ti guardavao accigliati dai banchi e dagli scaffali cercando d'intimidirti. Ma tu sai che non devi lasciarti mettere in soggezione, che tra loro s'estendono per ettari ed ettari i Libri Che Puoi Fare A Meno Di Leggere, i Libri Fatti Per Altri Usi Che La Lettura, i Libri Già Letti Senza Nemmeno Bisogno D'Aprirli In Quanto Appartenenti Alla Categoria Del Già Letto Prima Ancora D'Essere Stato Scritto. E così superi la prima cinta dei baluardi e ti piomba addosso la fanteria dei Libri Che Se Tu Avessi Più Vite Da Vivere Certamente Anche Questi Li Leggeresti Volentieri Ma Purtroppo I Giorni Che Hai Da Vivere Sono Quelli Che Sono. Con rapida mossa li scavalchi e ti porti in mezzo alle falangi dei Libri Che Hai Intenzione Di Leggere Ma Prima Ne Dovresti Leggere Degli Altri, dei Libri Troppo Cari Che Potresti Aspettare A Comprarli Quando Saranno Rivenduti A Metà Prezzo, dei Libri Idem Come Sopra Quando Verranno Ristampati Nei Tascabili, dei Libri Che Potresti Domandare A Qualcuno Se Te Li Presta, dei Libri Che Tutti Hanno Letto Dunque E' Quasi Come Se Li Avessi Letti Anche Tu. Sventando questi attacchi, ti porti sotto le torri del fortilizio, dove fanno resistenza i Libri Che Da Tanto Tempo Hai In Programma Di Leggere, i Libri Che Da Anni Cercavi Senza Trovarli, i Libri Che Riguardano Qualcosa Di Cui Ti Occupi In Questo Momento, i Libri Che Vuoi Avere Per Tenerli A Portata Di Mano In Ogni Evenienza, i Libri Che Potresti Mettere Da Parte Per Leggerli Magari Quest'Estate, i Libri Che Ti Mancano Per Affiancarli Ad Altri Libri Nel Tuo Scaffale, i Libri Che Ti Ispirano Una Curiosità Improvvisa, Frenetica E Non Chiaramente Giustificabile. Ecco che ti è stato possibile ridurre il numero illimitato di forze in campo a un insieme certo molto grande ma comunque calcolabile in un numero finito, anche se questo relativo sollievo ti viene insidiato dalle imboscate dei Libri Letti Tanto Tempo Fa Che Sarebbe Ora Di Rileggerli e dei Libri Che Hai Sempre Fatto Finta D'Averli Letti Mentre Sarebbe Ora Ti Decidessi A Leggerli Davvero.
Italo Calvino (If on a Winter’s Night a Traveler)
Le regole per scrivere bene (adattate da Umberto Eco) 1. Evita le allitterazioni, anche se allettano gli allocchi. 2. Non è che il congiuntivo va evitato, anzi, che lo si usa quando necessario. 3. Evita le frasi fatte: è minestra riscaldata. 4. Esprimiti siccome ti nutri. 5. Non usare sigle commerciali & abbreviazioni etc. 6. Ricorda (sempre) che la parentesi (anche quando pare indispensabile) interrompe il filo del discorso. 7. Stai attento a non fare... indigestione di puntini di sospensione. 8. Usa meno virgolette possibili: non è “fine”. 9. Non generalizzare mai. 10. Le parole straniere non fanno affatto bon ton. 11. Sii avaro di citazioni. Diceva giustamente Emerson: “Odio le citazioni. Dimmi solo quello che sai tu.” 12. I paragoni sono come le frasi fatte. 13. Non essere ridondante; non ripetere due volte la stessa cosa; ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende la spiegazione inutile di qualcosa che il lettore ha già capito). 14. Solo gli stronzi usano parole volgari. 15. Sii sempre più o meno specifico. 16. L'iperbole è la più straordinaria delle tecniche espressive. 17. Non fare frasi di una sola parola. Eliminale. 18. Guardati dalle metafore troppo ardite: sono piume sulle scaglie di un serpente. 19. Metti, le virgole, al posto giusto. 20. Distingui tra la funzione del punto e virgola e quella dei due punti: anche se non è facile. 21. Se non trovi l’espressione italiana adatta non ricorrere mai all’espressione dialettale: peso e! tacòn del buso. 22. Non usare metafore incongruenti anche se ti paiono “cantare”: sono come un cigno che deraglia. 23. C’è davvero bisogno di domande retoriche? 24. Sii conciso, cerca di condensare i tuoi pensieri nel minor numero di parole possibile, evitando frasi lunghe — o spezzate da incisi che inevitabilmente confondono il lettore poco attento — affinché il tuo discorso non contribuisca a quell’inquinamento dell’informazione che è certamente (specie quando inutilmente farcito di precisazioni inutili, o almeno non indispensabili) una delle tragedie di questo nostro tempo dominato dal potere dei media. 25. Gli accenti non debbono essere nè scorretti nè inutili, perchè chi lo fà sbaglia. 26. Non si apostrofa un’articolo indeterminativo prima del sostantivo maschile. 27. Non essere enfatico! Sii parco con gli esclamativi! 28. Neppure i peggiori fans dei barbarismi pluralizzano i termini stranieri. 29. Scrivi in modo esatto i nomi stranieri, come Beaudelaire, Roosewelt, Niezsche, e simili. 30. Nomina direttamente autori e personaggi di cui parli, senza perifrasi. Così faceva il maggior scrittore lombardo del XIX secolo, l’autore del 5 maggio. 31. All’inizio del discorso usa la captatio benevolentiae, per ingraziarti il lettore (ma forse siete così stupidi da non capire neppure quello che vi sto dicendo). 32. Cura puntiliosamente l’ortograffia. 33. Inutile dirti quanto sono stucchevoli le preterizioni. 34. Non andare troppo sovente a capo. Almeno, non quando non serve. 35. Non usare mai il plurale majestatis. Siamo convinti che faccia una pessima impressione. 36. Non confondere la causa con l’effetto: saresti in errore e dunque avresti sbagliato. 37. Non costruire frasi in cui la conclusione non segua logicamente dalle premesse: se tutti facessero così, allora le premesse conseguirebbero dalle conclusioni. 38. Non indulgere ad arcaismi, apax legomena o altri lessemi inusitati, nonché deep structures rizomatiche che, per quanto ti appaiano come altrettante epifanie della differanza grammatologica e inviti alla deriva decostruttiva – ma peggio ancora sarebbe se risultassero eccepibili allo scrutinio di chi legga con acribia ecdotica – eccedano comunque le competente cognitive del destinatario. 39. Non devi essere prolisso, ma neppure devi dire meno di quello che. 40. Una frase compiuta deve avere.
Umberto Eco
Ma come stabilire il momento esatto in cui comincia una storia? Tutto è sempre cominciato già da prima, la prima riga della prima pagina d'ogni romanzo rimanda a qualcosa che è già successo fuori dal libro. Oppure la vera storia è quella che comincia dieci o cento pagine più avanti e tutto ciò che precede è solo un prologo. Le vite degli individui della specie umana formano un intreccio continuo, in cui ogni tentativo di separare un pezzo di vissuto che abbia un senso separatamente dal resto - per esempio, l'incontro di due persone che diventerà decisivo per entrambi - deve tener conto che ciascuno dei due porta con sé un tessuto di ambienti fatti altre persone, e che dall'incontro deriveranno a loro volta altre storie che si separeranno dalla loro storia comune.
Italo Calvino (If on a Winter’s Night a Traveler)
Prima di ripartire doveva tentare di dormire almeno qualche ora, oppure sarebbe crollato durante il viaggio e non poteva permettersi un tale e grossolano errore, non con l’esperienza di guerriero che aveva. Questa era la differenza tra chi non aveva un’educazione alla guerra e chi aveva vissuto sempre in battaglia. Non c’era cosa peggiore del moto incontrollabile della disperazione per portare un combattente a perdere. La mente avrebbe dovuto essere lucida e pronta, il corpo riposato e forte per vincere. Per chi non aveva la mentalità del guerriero poteva sembrare assurdo anche solo vagliare l’idea del riposo in una simile situazione, ma con la lucidità dell’autocontrollo tipica di un Venator, l’unico modo per vincere era proprio quello.
Eilan Moon (R.I.P. De Profundis (The R.I.P. Trilogy, #2))
Da Fadigati a venire a parlare dell'omosessualità in genere il passo era stato breve. Malnate, in materia, aveva idee molto semplici [...] Per lui i pederasti erano soltanto dei "disgraziati", poveri "ossessi" dei quali non metteva conto di occuparsi che sotto il profilo della medicina o sotto quello della prevenzione sociale. Io, al contrario, sostenevo che l'amore giustifica e santifica tutto, perfino la pederastia; di più: che l'amore, quando è puro, cioè totalmente disinteressato, è sempre anormale, asociale, eccetera: proprio come l'arte - avevo aggiunto -, che quando è pura, dunque inutile, dispiace a tutti i preti di tutte le religioni, compresa quella socialista.
Giorgio Bassani
Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perchè ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre. Per questo, meditare su quanto è avvenuto è un dovere di tutti. Tutti devono sapere, o ricordare, che Hitler e Mussolini, quando parlavano pubblicamente, venivano creduti, applauditi, ammirati, adorati come dei. Erano «capi carismatici», possedevno un segreto potere di seduzione che non procedeva dalla credibilità o dalla giustezza delle cose che dicevano, ma dal modo suggestivo con cui le dicevano, dalla loro eloquenza, dalla loro arte istrionica, forse istintiva, forse pazientemente esercitata e appresa. Le idee che proclamavano non erano sempre le stesse, e in generale erano aberranti, o sciocche, o crudeli; eppure vennero osannati, e seguiti fino alla loro morte da milioni di fedeli.
Primo Levi (Survival in Auschwitz)
Se lui avesse potuto dire il suo nome ancora una volta, a voce così bassa da poterla sentire invece che ascoltarla.Se lo avesse fatto, così piano da non permettere alla veglia di ricordarle perché quel suono non poteva più renderla felice.Se solo non avesse mai smesso di piovere.Eloise, sei sveglia?Sì, e non voglio.Sotto la mano il cuscino era fresco e morbido, negli spazi tra le sue dita se ne insinuavano altre, calde e dure perché abituate a riempire di lusinghe l'elsa di una spada, non solo la pelle di una donna. Prendeva la sua una mano fatta per accarezzare e per uccidere.Una mano che l'aveva accarezzata, e poi uccisa.«Axel».Forse c'era stato uno scatto di esultanza profonda, perché ridestandosi aveva pronunciato per prima cosa il suo nome.Qualcosa che aveva a che fare col possesso e il riconoscimento.Qualcosa di così profondo che, se non si fosse opposta, avrebbe finito per precipitarvi dentro.Qualcosa che tra loro due era sempre esistito.L'aveva accarezzata.A quanto le avevano raccontato, lui era stata la prima cosa del mondo su cui aveva aperto gli occhi. Un fagottino di neonata, avvolta tra le braccia di un bambinetto di tre anni appena, che sollevava di colpo le palpebre incontrando per la prima volta due occhi blu pieni di amore e trionfo fissi su di lei.E poi uccisa.Una cicatrice che si risvegliava pulsando, lo spettro di dolore di un arto amputato, che esisteva solo nel ricordo dei nervi e bruciava, bruciava come fuoco.Lui era sete, tanta da accettare di annegare pur di riuscire a bere.«Axel».«Sono qui».
Virginia De Winter (L'Ordine della spada (Black Friars, #1))
Ci chiamano usurpatori, loro, che hanno usurpato ogni speranza per ciascuna generazione a venire, loro che tutto prendono senza nulla chiedere. Noi che abbiamo avuto l’ardire di strappar loro un pezzetto di terra per viverci in pace, loro che la terra la vogliono tutta per farci la guerra. Ci chiamano usurpatori, senza ricordare che i primi usurpatori sono loro, loro che hanno commesso il peccato maggiore, quel peccato che noi cerchiamo di accomodare. Loro hanno strappato la terra alla terra, l’hanno imbrigliata nelle cartine geografiche, stampata sugli stivali e sulle borse, hanno ucciso per mangiare e mangiato per uccidere, senza rispettare nulla che non fosse la loro fame di cibo e di morte. Noi non chiediamo niente, se non di vivere la vita che vogliamo, la vita che lassù non ci permettevano, perché non c’era abbastanza spazio per tutti. Entro il 2015 servivano settantamila dottori, tutti gli altri non servivano a niente. Un tempo, signori, non si era liberi, e si faceva quello che ti dicevano di fare. Adesso si è liberi, così dicono, ma quello che ti dicono lo devi fare lo stesso. Perché se non fai il dottore, allora fai la fame. Se non sei ingegnere, non lavori. Se non t’iscrivi nel ramo dell’industria, uno stipendio poi chi te lo dà. E sbranarsi e sventolare bandiere e strillare come scimmie per un boccone di pensione, quando sei troppo vecchio per gustartela, perché gli anni migliori della tua vita li hai passati a lavorare per loro. Vuoi fare l’insegnante – perché non prendi Farmacia? Vuoi essere archeologo – ma cercati un lavoretto buono. Vuoi scrivere – tanto, se non sei famoso, non ti pubblicano. E soffocare soffocare soffocare le ambizioni perché l’ambizione è peccato e non porta pane, l’ambizione è tempo perso, braccia sottratte alla produzione. E sempre un livore un livore nel petto a fare quel che è giusto fare, ma non quello che si vuol fare. Siamo morti in partenza perché volare basso ci uccide.
Chiara Pagliochini (Canto per ingannare l'attesa)
Il mio regno è grande come il mondo, perché non sono né italiano né francese né indiano né americano né spagnolo: io sono cosmopolita. Nessun paese può dire di avermi visto nascere; Dio solo sa quale terra mi vedrà morire. Io adotto tutti i costumi, parlo tutte le lingue; [...] Dunque capirete che non essendo di alcun paese, non domandando protezione, non riconoscendo alcun uomo per mio fratello, non un solo scrupolo che arresta i potenti, non un solo ostacolo che paralizza i deboli, può arrestarmi e paralizzarmi. Ho solo due avversari, non dico due vincitori, perché li sottometto con la tenacia: la distanza e il tempo. Il terzo, ed è il più terribile, sta nella mia condizione di mortale. Ciò solo può fermarmi nella strada che percorro, e prima che abbia conseguito lo scopo a cui miro; tutto il resto l'ho calcolato. Ciò che gli uomini chiamano capricci della fortuna, ossia la rovina, i cambiamenti, le eventualità, li ho previsti tutti, e se qualcuno può colpirmi, nessuno può rovesciarmi. A meno che non muoia, sarò sempre ciò che sono.
Alexandre Dumas (The Count of Monte Cristo)
L'ingresso di Edy zum Thor nell’open space mi distolse dai miei pensieri. Silenzioso come un gatto, dopo la consueta pausa caffè mi era scivolato alle spalle e si era seduto alla sua scrivania, proprio accanto alla mia. Lo salutai con un cenno del capo e mi rimisi immediatamente al lavoro. Se c'era qualcuno capace di farti sentire in colpa con uno sguardo, anche quando sapevi di non aver fatto nulla di sbagliato, quello era Edy Thor. Forse per via delle sue origini anglo-tedesche, che lo rendevano un uomo tutto d'un pezzo, aveva sempre stampata in viso l'espressione di chi è a posto con la coscienza ma potrebbe, quando meno te lo aspetti, cogliere te in fallo. Quando Edy lavorava vicino a me − attività che, per fortuna, era interrotta da frequenti riunioni nell'ufficio del nostro direttore editoriale − mi sentivo costantemente sotto osservazione. Non che lui badasse mai al mio operato: era anzi perennemente immerso nello schermo del computer, intento a rendere qualsiasi testo dovessimo pubblicare non un po' migliore, ma il suo capolavoro.
Chiara Santoianni (Missione a Manhattan)
È il petto di un'altra persona a spalleggiarci, ci sentiamo realmente spalleggiati solo quando abbiamo qualcuno dietro, lo dice la parola stessa, alle nostre spalle, come in inglese, to back, qualcuno che magari non vediamo e che ci copre le spalle col petto che è sul punto di sfiorarci e che alla fine sempre ci sfiora, e a volte, addirittura, questo qualcuno ci mette una mano sulla spalla con la quale ci tranquillizza e al tempo stesso ci sottomette. In questo modo dormono o credono di dormire gran parte delle coppie, dopo la buonanotte i due si girano dallo stesso lato, di modo che uno dà le spalle all'altro per tutto il tempo e si sente spalleggiato da lui o da lei, e quando nel pieno della notte si sveglia di soprassalto per un incubo o non riesce a prender sonno, soffre per la febbre o si crede solo e abbandonato al buio, non deve far altro che voltarsi e vedere, di fronte a sé, il volto di colui che lo protegge, che si lascerà baciare quel che si può baciare in un volto (naso, occhi e bocca; mento, fronte e guance, tutto il volto) o che magari, mezzo addormentato, gli metterà una mano sulla spalla per tranquillizzarlo, o per sottometterlo, o forse per aggrapparsi. (da Un cuore così bianco, pag. 72)
Javier Marías (A Heart So White)
«Lo sai perché ho creato il desiderio?» Si era quasi dimenticata della presenza di D e rispose sovrappensiero: «Per garantire la riproduzione del genere umano?» «Ma no, per quello sarebbe bastato mandarvi in calore come gli animali. E non spiegherebbe gli omosessuali.» Si voltò a guardarlo, incuriosita dall’evolversi della conversazione. «Molte religioni sostengono che tu non accetti l’omosessualità...» lo provocò con uno dei pregiudizi che aveva sempre detestato. «E perché mai l’avrei creata, allora? Io non faccio errori. Beh, tranne la questione della mela, ma si è trattato di un fraintendimento. E qualche problema con i vegetali e altri animali, ma mai con voi. No, io ho creato tutti i tipi di desiderio, eterosessuale ed omosessuale, e sai perché?» Grace alzò le mani in segno di resa, attendendo la risposta e iniziando in cuor suo a pensare che D non sarebbe stato affatto male come Dio. Forse, all’alba dei tempi, avrebbero dovuto fare delle libere elezioni. O almeno delle audizioni. «Per farvi riconoscere. Mi sembrava un buon sistema, al tempo, anche se ho avuto dei dubbi già con la storia di Davide e Bestabea...» «Riconoscere?» «Tra anime compatibili. Il primo indizio è il desiderio. È quando è anche l’unico, che le anime non sono compatibili, proprio come nella storia di Davide e Bestabea.»
Mirya (Trentatré)
Invece io penso che una cosa che piace molto alla donna è qualcuno che le chieda: come stai? Tutto lì. A me quello che manca di più al mondo è proprio uno che mi chieda come sto. Perché sono sempre io a chiederlo agli altri e a occuparmi del loro benessere. Sarò banale, una femminuccia vanitosa, ma mi piacciono anche i complimenti piccoli, tipo, non so: stai bene pettinata così o come sei carina oggi. Quelle robe facili, che sembrano sciocche, ma in realtà fanno. Perché vuol dire che la persona con cui stai ti guarda ancora. Invece quando stai con degli uomini per tanto tempo, puoi anche arrivare a casa con la testa rasata come Demi Moore in Soldato Jane e lui manco se ne accorge. Non lo fa per cattiveria, solo che non vede più niente di quello che ti succede. Tante volte a me capita che mi taglio i capelli, arrivo a casa e lui non dice nulla. Né nel bene né nel male. Devo prendere a testate il citofono perché si accorga di qualcosa. Ma a questo punto il corteggiamento è un lontano ricordo.
Luciana Littizzetto (L'educazione delle fanciulle)
«Ascolta, so come ti senti: sei prevenuto, hai paura, ti senti insicuro, credi che la felicità per te sia irraggiungibile. Ti assicuro che non è così. Io non ti lascerò mai, sarò sempre al tuo fianco, malgrado i tuoi sbalzi d’umore e la tua stronzaggine. Ci sarò per te, ci sono sempre stata. E ti amo, Elijah, dovresti saperlo.» Annuisce, ma l’espressione combattuta non va via dal suo viso. Non crede ancora di meritare la felicità. Non può vivere così, deve lasciarsi il passato alle spalle, prendere coscienza del fatto che da ora in poi la nostra vita sarà insieme, amarmi con tutto se stesso e mettersi in gioco. «Anche io ti amo e cercherò di dimostrartelo, di essere più ottimista. Mi fido di noi e so che il nostro amore è fortissimo, che siamo un’unica cosa e niente può separarci, nemmeno le mie insicurezze del cazzo.» Mi alzo sulle punte e assaggio le sue labbra con frenesia «Così ti voglio» mormoro. Si morde il labbro, incastrandomi con uno sguardo malizioso. «Io ti voglio in qualsiasi modo» esclama.
Debora C. Tepes (Sei tu il mio paradiso)
La solitudine è questa situazione un po’ buffa, un po’ ridicola, un po’ aggressiva di un uomo seduto al tavolo di un ristorante turistico: l’immagine di una persona incompleta, tanto goffa da sembrare stupida o arrogante. Leo deve incominciare a difendere questa sua solitudine. Non deve permettere che gli altri lo vedano come un atomo dalle valenze aperte, come qualcuno immiserito dalla mancanza di un compagno, di un amico, di un amore. La solitudine è anche scomodità. Obbliga a rivolgersi agli altri, a fare richieste continue. Sul treno lui non può lasciare i bagagli per recarsi al ristorante. Deve cercare il controllore, o un altro passeggero, e chiedergli di dare cortesemente un’occhiata alla macchina fotografica. Negli aeroporti, con il carrello carico di valigie, non riesce a raggiungere la toilette, o la cabina del telefono soprattutto se si trovano a livelli diversi da quelli in cui è stato sbarcato e allora, scaricare i bagagli, affrontare le scale, deporli, entrare in un bagno diventa un’impresa impossibile, faticosa già mentalmente. Nei ristoranti è pressato dalla gente in coda solo perché gli altri sono in due e lui, solo, sta occupando un piccolo tavolo. Negli alberghi le camere singole sono, in genere, le più strette e le più piccole: i sottotetti o le mansardine della servitù. E per giunta c’è sempre un supplemento da pagare.    La solitudine impietosisce gli altri. A volte lui sente lo sguardo indiscreto della gente posato sulla sua figura come un gesto di una violenza inaudita. Come se gli altri lo pensassero cieco e gli si accostassero per fargli attraversare la strada. Certe premure lo offendono più dell’indifferenza, perché è come se gli ricordassero continuamente che a lui manca qualcosa e che non può essere felice. Si vede con un lato del corpo sanguinante, una cicatrice aperta dalla quale è stata separata l’altra metà. Vorrebbe spiegare che sì, Thomas gli manca e di questo sta soffrendo. Ma che non avverte la propria solitudine come una disperazione. Si sta concentrando su di sé, si sta racchiudendo nelle proprie fantasie e nei propri ricordi. Sta cercando di abbracciare la parte più vera di se stesso recuperandola attraverso il ricordo, la riflessione, il silenzio.
Pier Vittorio Tondelli (Camere separate)
la lettura di Delitto e castigo lo cambiò, Delitto e castigo fu il fulmine che si abbatté dal cielo e lo mandò in frantumi, e quando riuscí a riprendersi Ferguson non ebbe piú dubbi sul futuro, se un libro poteva essere questo, se un romanzo poteva fare questo al tuo cuore, alla tua mente e ai tuoi sentimenti piú profondi sul mondo, allora scrivere romanzi era senz’altro la cosa migliore che potevi fare nella vita, perché Dostoevskij gli aveva insegnato che le storie inventate potevano andare ben oltre il semplice divertimento e lo svago, potevano rivoltarti come un calzino e scoperchiarti il cervello, potevano scottarti e gelarti e metterti completamente a nudo e scaraventarti tra i venti furiosi dell’universo e da quel giorno in poi, dopo aver annaspato per tutta l’infanzia, perso nei miasmi sempre piú fitti dello smarrimento, finalmente Ferguson capí dove stava andando, e negli anni successivi non tornò mai sulla sua decisione, nemmeno in quelli piú duri, quando gli sembrò quasi di cadere dai confini della terra. Aveva solo quindici anni, ma aveva già sposato un’idea, e il giovane Ferguson decise di onorarla, nella buona o nella cattiva sorte, in ricchezza o in povertà, in salute o in malattia, per tutta la vita.
Paul Auster (4 3 2 1)
Che cosa comporta, di preciso, essere un uomo, uno vero? Repressione delle emozioni. Mettere a tacere la propria sensibilità. Vergognarsi della propria delicatezza, della propria vulnerabilità. Lasciare l'infanzia brutalmente, e definitivamente: gli uomini-bambini non hanno una buona reputazione. Essere angosciati per le dimensioni del proprio cazzo. Saper far godere le donne senza che queste sappiano o vogliano dare indicazioni su come fare. Non mostrare la propria debolezza. Imbavagliare la propria sensualità. Indossare abiti di colori spenti, portare sempre le stesse scarpe goffe, non giocare con i propri capelli, non portare troppi anelli, braccialetti eccetera, non truccarsi. Dover fare il primo passo, sempre. Non avere alcuna cultura sessuale per migliorare il proprio orgasmo. Non saper chiedere aiuto. Dover essere coraggiosi, anche senza averne la minima voglia. Valorizzare la forza qualunque sia il proprio carattere. Dar prova di aggressività. Avere un accesso limitato alla paternità. Riuscire socialmente, per pagarsi le donne migliori. Temere la propria omosessualità perché un uomo, uno vero, non deve essere penetrato. Non giocare con le bambole da piccoli, accontentarsi delle automobiline e di orribili armi di plastica. Non prendersi troppa cura del proprio corpo. Essere sottomessi alla brutalità di altri uomini, senza lamentarsi. Sapersi difendere, anche se si è dolci. Non essere in contatto con la propria femminilità, simmetricamente alle donne che rinunciano alla loro virilità, non in funzione dei bisogni di una situazione o di un carattere, ma in funzione di quello che il corpo collettivo richiede. Affinché, sempre, le donne facciano i figli per la guerra, e gli uomini accettino di andare a farsi ammazzare per salvare gli interessi di tre o quattro cretini che non vedono al di là del loro naso.
Virginie Despentes
«Mettiti il casco. È tardi!» le ordinò senza guardarla in viso mentre le porgeva il copricapo. Asia non disse una parola. Il sole era già scomparso ed era consapevole che con l’oscurità il Male avrebbe potuto fare capolino da un momento all’altro. Il cimitero del Wawel distava pochi minuti dal suo appartamento, ma lei conosceva bene il Venator e sapeva perché si spostava comunque in moto. Le sacche laterali della sua cavalcatura erano piene zeppe di armi, una vera e propria santa barbara sempre pronta all’uso. Mentre si issava con accuratezza dietro di lui cercò di trattenere il respiro. L’idea di sfiorare di nuovo, dopo quasi due anni, il suo corpo la faceva sentire come una bambina il primo giorno di scuola: tensione a mille, ansia, batticuore e la sensazione che di lì a poco sarebbe morta di infarto. Ma quel momento magico fu bruscamente distrutto, e le acide parole inzuppate nel veleno che uscirono dalle labbra di Bor la scaraventarono con una forza dolorosa nella realtà di quel pomeriggio. «Aggrappati alle manigliette laterali, non a me. E reggiti forte, non mi va di dovermi fermare a raccogliere i tuoi pezzetti.» Asia si sentì morire ma mai, per nessuna ragione al mondo, gli avrebbe dato soddisfazione. «Certo, non temere, non ti accorgerai nemmeno di me», disse a denti stretti mentre la bocca le si seccava per la delusione di essere stata respinta così in malo modo.
Eilan Moon
Ogni volta che Dusk ripensava al suo sorriso, che tanto amava, non poteva evitare che un’espressione adorante gli comparisse in viso e che il suo cuore battesse più forte per la gioia. Comunque, la vita in tournée non era solo divertimento, sesso e giochi, infatti, a un certo punto dovette uscire dalla loro camera per le prove. Anche quando Lolly non era con lui, la sua attenzione continuava a spostarsi dalla musica al ragazzo e a quanto fosse bello rimanere accoccolati a letto dopo aver scopato la mattina presto. Una brezza piacevole scombinò i capelli di Dusk mentre stava sperimentando con la chitarra i nuovi accordi per le loro canzoni. La sua voce diventava un tutt’uno con la musica quando cantava e lui si perdeva nel mondo creato dalle parole di suo fratello. Alcune canzoni che Dusk conosceva benissimo, e che cantava da sempre, lo colpirono come mai prima d’ora. Non solo le canzoni di Dawn vibrarono in maniera diversa, ma gli diedero anche nuove idee. Milioni di parole invasero la sua mente, spingendolo a desiderare un foglio per scriverle. Era raro che componesse e, sebbene per il momento aveva solo piccoli frammenti di testo, non poté fare a meno di pensare di avere qualcosa di speciale tra le mani.
K.A. Merikan (Manic Pixie Dream Boy (The Underdogs, #1))
Lo so, lo so, ma ascoltami. Hai letto L’idiota, vero? Sì. Beh, L’idiota è un libro molto inquietante per me. Mi ha fatto così effetto che dopo non ho quasi più letto romanzi, a parte roba tipo ‘Uomini che odiano le donne’. Perché… provavo a intromettermi, …be’, magari me lo dici dopo, a cosa pensavi, lasciami finire di dirti perché l’ho trovato inquietante. Perché tutto quello che Myškin fa è buono… altruista… tratta tutti con compassione e comprensione e a cosa porta tutta quella bontà? Omicidi! Disastri! Una volta mi preoccupavo un sacco di questa cosa. Me ne stavo sveglio a letto di notte e mi preoccupavo! Perché – perché? Com'era possibile? Ho letto quel libro tre volte, pensando di non averlo capito. Myškin era gentile, amava la gente, era tenero, perdonava sempre, non faceva mai niente di sbagliato – ma si fidava di tutte le persone sbagliate, prendeva solo decisioni sbagliate, faceva soffrire tutti quelli che gli stavano intorno. Quel libro contiene un messaggio oscuro. “A che pro essere buoni?” Ma – questo è ciò che ho capito ieri notte, mentre guidavo. E se… se fosse più complicato di così? Se fosse vero anche il contrario? Perché se è vero che il male può discendere dalle buone azioni… dove sta scritto che da quelle cattive può venire solo il male? Magari a volte – il modo sbagliato è quello giusto? Magari prendi la strada sbagliata e ti porta comunque dove volevi? O vedila in un altro modo, certe volte puoi sbagliare tutto, e alla fine viene fuori che andava bene?
Donna Tartt (The Goldfinch)
Ha detto: “Tre cose che non devi fare nella vita, Enait jan, per nessun motivo. La prima è usare le droghe. Ce ne sono che hanno un odore e un sapore buono e i sussurrano alle orecchie che sapranno farti stare meglio di come potrai mai stare senza di loro. Ma tu non devi credergli. Lo prometti?” “Promesso” “La seconda è usare le armi. Anche se qualcuno ti tratterà male, o ti insulterà, promettimi che la tua mano non si stringerà mai attorno a un coltello, a una pietra e neppure intorno a un mestolo di legno per il qhorma palaw, se qul mestolo di legno serve a ferire un uomo. Lo prometti?” “Promesso” “La terza è rubare. Ciò che è tuo ti appartiene, ciò che non è tuo no. I soldi che ti servono li guadagnerai lavorando, anche se il lavoro sarà faticoso. E non trufferai mai nessuno. Enait jan, vero? Sarai ospitale e tollerante con tutti. Promettimi che lo farai” “Promesso” Poi ha alzato lo sguardo in direzione della finestra, e ha cominciato a parlare di sogni senza smettere di solleticarmi il collo. Di sogni come la luna, alla cui luce è possibile mangiare, la sera. E di desideri, che un desiderio bisogna sempre averlo davanti agli occhi, come un asino una carota. Che se un desiderio, qualunque sia, lo si tiene in alto, a una spanna dalla fronte, allora di vivere varrà sempre la pena. Quando mi sono addormentato, lei stava ancora parlando. La mattina dopo è partita.
Fabio Geda (Nel mare ci sono i coccodrilli: Storia vera di Enaiatollah Akbari)
«Io non mi sposo, se mi dici che mi ami e vuoi stare con me» azzardai, con il respiro strozzato in gola e le mani gelide per la tensione. Lui si volse verso di me. «Qui non si tratta di me, Serena» iniziò lui, ed ebbi un brivido di paura: non mi chiamava mai con il mio nome completo. «Non si tratta di Christian o di quello che provo per te. Se ti dicessi che ti amo e tu lo lasciassi e poi tra noi non funzionasse? La colpa sarebbe mia che ti ho portato via da lui.» «Non capisco» tentai di stimolarlo a spiegarsi meglio. «Tu devi lasciarlo perché vuoi farlo, non perché ci sono io di mezzo.» Il silenzio si fece pesante e denso. «Tu vuoi un figlio e vuoi sposarti, io questo non posso farlo» aggiunse lui dopo, distogliendo lo sguardo dal mio che si stava riempiendo di lacrime. «Ho paura di restare sola» bisbigliai. «Tutti abbiamo paura di restare soli, ma non si sposano solo per quel timore.» Pensai che avevo avuto ragione. Nico non sarebbe mai stato mio marito e forse non avremmo avuto dei bei bimbi cicciotti che correvano per casa, ero disposta a rinunciare a quello per lui? «Io sono innamorata di te, anche se non volevo accadesse. Ma tu cosa provi davvero per me?» Nico tornò a fissarmi. Era strano, sembrava assente e lontano, freddo come il ghiaccio e pericoloso come la punta di un coltello, e con quello sguardo mi colpì al cuore, dritto, affondando la lama sino all’impugnatura. «Sei importante per me». Tutto qui? Pensai subito. Solo quello, io ero importante, come poteva esserlo un cane o un animale domestico. Con le lacrime agli occhi guardai le fiamme spietate nei suoi occhi, fiamme che mi stavano divorando l’anima e tutti i sentimenti che avevo dentro. «Anche se provassi qualcosa per te, non te lo direi mai. Io sono così e sarò sempre così» aggiunse lui, poco dopo, scostandosi dal mio contatto, non solo da quello visivo. «Se devi piangere vai a farlo da un’altra parte, per favore» commentò lui, la voce fredda, priva di inflessioni che mi fece così male da farmi sentire i polmoni collassare. Tutto lì. Niente Addio, Serena, niente Chiamami quando starai meglio, niente Scusami, sono un cretino. Mi asciugai le lacrime dal viso, gli girai intorno, raccogliendo i miei vestiti che infilai velocemente e uscii dalla porta come ero entrata: sola.
Eilan Moon (Il mio lieto fine)
mi viene solo in mente quella storia dei fiumi, […] e al fatto che si son messi lì a studiarli perché giustamente non gli tornava 'sta storia che un fiume, dovendo arrivare al mare, ci metteva tutto quel tempo, cioè scelga, deliberatamente, di fare un sacco di curve, invece di puntare dritto allo scopo, […] c'è qualcosa di assurdo in tutte quelle curve, e così si sono messi a studiare la faccenda e quello che hanno scoperto alla fine, c'è da non crederci, è che qualsiasi fiume, […], prima di arrivare al mare fa esattamente una strada tre volte più lunga di quella che farebbe se andasse diritto, sbalorditivo, se ci pensi, ci mette tre volte tanto quello che sarebbe necessario, e tutto a furia di curve, appunto, solo con questo stratagemma delle curve, […] è quello che hanno scoperto con scientifica sicurezza a forza di studiare i fiumi, tutti i fiumi, hanno scoperto che non sono matti, è la loro natura di fiumi che li obbliga a quel girovagare continuo, e perfino esatto, tanto che tutti, dico tutti, alla fine, navigano per una strada tre volte più lunga del necessario, anzi, per essere esatti, tre volte virgola quattordici, giuro, il famoso pi greco, non ci volevo credere, in effetti, ma pare che sia proprio così, devi prendere la loro distanza dal mare, moltiplicarla per pi greco e hai la lunghezza della strada che effettivamente fanno, il che, ho pensato, è una gran figata, perché, ho pensato, c'è una regola per loro vuoi che non ci sia per noi, voglio dire, il meno che ti puoi aspettare è che anche per noi sia più o meno lo stesso, e che tutto questo sbandare da una parte e dall'altra, come se fossimo matti, o peggio smarriti, in realtà è il nostro modo di andare diritti, modo scientificamente esatto, e per così dire già preordinato, benché indubbiamente simile a una sequenza disordinata di errori, o ripensamenti, ma solo in apparenza perché in realtà è semplicemente il nostro modo di andare dove dobbiamo andare, il modo che è specificatamente nostro, la nostra natura, per così dire, cosa volevo dire?, quella storia dei fiumi, sì, è una storia che se ci pensi è rassicurante, io la trovo molto rassicurante, che ci sia una regola oggettiva dietro a tutte le nostre stupidate, è una cosa rassicurante, tanto che ho deciso di crederci, e allora, ecco, quel che volevo dire è che mi fa male vederti navigare curve da schifo come quella di Couverney, ma dovessi anche andare ogni volta a guardare un fiume, ogni volta, per ricordarmelo, io sempre penserò che è giusto così, e che fai bene ad andare, per quanto solo a dirlo mi venga da spaccarti la testa, ma voglio che tu vada, e sono felice che tu vada, sei un fiume forte, non ti perderai…
Alessandro Baricco (City)
Alì dagli Occhi Azzurri uno dei tanti figli di figli, scenderà da Algeri, su navi a vela e a remi. Saranno con lui migliaia di uomini coi corpicini e gli occhi di poveri cani dei padri sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sè i bambini, e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua. Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali. Sbarcheranno a Crotone o a Palmi, a milioni, vestiti di stracci asiatici, e di camicie americane. Subito i Calabresi diranno, come da malandrini a malandrini: «Ecco i vecchi fratelli, coi figli e il pane e formaggio!» Da Crotone o Palmi saliranno a Napoli, e da lì a Barcellona, a Salonicco e a Marsiglia, nelle Città della Malavita. Anime e angeli, topi e pidocchi, col germe della Storia Antica voleranno davanti alle willaye. Essi sempre umili Essi sempre deboli essi sempre timidi essi sempre infimi essi sempre colpevoli essi sempre sudditi essi sempre piccoli, essi che non vollero mai sapere, essi che ebbero occhi solo per implorare, essi che vissero come assassini sotto terra, essi che vissero come banditi in fondo al mare, essi che vissero come pazzi in mezzo al cielo, essi che si costruirono leggi fuori dalla legge, essi che si adattarono a un mondo sotto il mondo essi che credettero in un Dio servo di Dio, essi che cantavano ai massacri dei re, essi che ballavano alle guerre borghesi, essi che pregavano alle lotte operaie... ... deponendo l’onestà delle religioni contadine, dimenticando l’onore della malavita, tradendo il candore dei popoli barbari, dietro ai loro Alì dagli Occhi Azzurri - usciranno da sotto la terra per uccidere – usciranno dal fondo del mare per aggredire - scenderanno dall’alto del cielo per derubare - e prima di giungere a Parigi per insegnare la gioia di vivere, prima di giungere a Londra per insegnare a essere liberi, prima di giungere a New York, per insegnare come si è fratelli - distruggeranno Roma e sulle sue rovine deporranno il germe della Storia Antica. Poi col Papa e ogni sacramento andranno su come zingari verso nord-ovest con le bandiere rosse di Trotzky al vento...
Pier Paolo Pasolini (Alì dagli occhi azzurri)
Ho riflettutto molto su come descriverlo, e questo è quel che ho deciso: «Nessuno l'ha mai definito un grande cane, o anche un buon cane. Era sfrenato come un ossesso e forte come un toro. Affrontava gioiosamente la vita, con un entusiasmo associato spesso a disastri naturali. È l'unico cane che sia mia stato espulso da un corso di aducazione all'obbedienza». Continuavo: «Marley era un divoratore di divani, un demolitore di porte a zanzariera, un dispensatore di saliva, un ribaltatore di coperchi di pattumiera. Quanto al cervello, lasciatemi dire che ha dato la caccia alla sua coda fino al giorno in cui è morto, apparentemente convinto di essere sull'orlo di una grossa svolta nel mondo canino». Ma c'era dell'altro in lui, e descrissi il suo intuito e la sua empatia, la sua dolcezza con i bambini, e il suo cuore puro. Quelo che volevo realtmente dire era come quest'animale aveva toccato le nostre anime e ci aveva insegnato alcune delle lezioni più importanti della vita. «Una persona può imparare molto da un cane, anche da un cane strambo come il nostro», scrissi. «Marley mi ha insegnato a vivere ogni giorno con sfrenata esuberanza e gioia, a cogliere il momento e seguire il mio cuore. Mi ha insegnato ad apprezzare le cose semplici: una passeggiata nei boschi, una fresca nevicata, un sonnellino in un raggio di sole invernale. E mentre diventava vecchio e malandato, mi ha insegnato l'ottimismo di fronte alle avversità. Sopprattutto mi ha insegnato l'amicizia, l'altruismo e una profonda devozione.» Era uno straordinario concetto che solo ora, sulla scia della sua morte, stavo assorbendo totalmente: Marley come mentore. Era un maestro e un modello di comportamento. Era possibile per un cane, qualsiasi cane, ma soprattutto un pazzo cane incontrollabile come il nostro, indicare agli umani le cose che contavano realmente nella vita? Direi di sì. Lealtà. Coraggio. Devozione. Semplicità. Gioia. E le cose che non contavano. A un cane non servono automobili lussuose o grandi case o vestiti di sartoria. Gli status symbol non significano niente per lui. Un bastone fradicio gli va altrettanto bene. Un cane giudica gli altri non dal colore, il credo o la classe ma da chi sono interioremente. A un cane non importa se sei ricco o povero, istruito o analfabeta, intelligente o stupido. Dagli il tuo cuore e lui ti darà il suo. Era molto semplice, eppure noi umani, così più saggi e più sofisticati, abbiamo sempre avuto difficltà a immaginare quel che conta e non conta realemente. Mentre scrivevo quest'articolo di addio a Marley, mi rendevo conto che era tutto lì di fronte a noi, se solo avessimo aperto gli occhi. A volte occorre un cane con un alito cattivo, pessime maniere, e intenzioni pure per aiutarci a vedere.
John Grogan (Io & Marley)