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Di fobia sociale, invece, non ho mai sofferto, nonostante la timidezza. Oggi mi intrattengo sempre piú spesso con chi non conosco, la vita mi ha obbligato a vincere questa debolezza, mi ha spinto con forza, quasi costretto, in tal senso. Costretto a fare piú che a riflettere, a muovermi di pancia e non con la ragione. L’esperienza quindi dovrebbe insegnarmi che se ti forzi ad affrontare ciò che temi, alla fine la vinci, che è un po’ il concetto del dottor Cavalli: guarda in faccia le tue paure finché non ti faranno piú paura. Dovrei perciò prendere un aereo al giorno, andare a vivere in una casa piena di blatte e ragni, semmai iscrivermi alla Napoli-Capri, cosí da nuotare in mare aperto, e forse nel giro di qualche anno potrei ambire a diventare finalmente un uomo perfetto, una persona senza punti deboli. Possibile? Non credo. Non esistono persone senza punti deboli. Forse riuscirei a vincere la paura di volare, potrei anche arrivare a dormire in una stanza piena di ragnatele (in realtà una volta ho dormito da solo in una stanza di un B&b nella quale c’era un grosso ragno, nascosto però dietro a un armadio), potrei tentare di combattere la mia ipocondria ogni giorno e un domani forse non provare piú questo fottuto terrore, ma quale sarebbe il dazio da pagare? Quanto sforzo, quanto dolore, quanta paura comporterebbe sfidare in campo aperto le mie fobie? E questo sforzo, questa paura, non provocherebbero altra paura? Non posso affrontare tutto, semplicemente perché non ci riesco, sono umano, con tutto ciò che questo vuol dire. A proposito di accettazione.
Mi piacerebbe essere piú equilibrato, ma so di trovarmi sotto quella coperta sempre troppo corta: se tiro da un lato, resto scoperto dall’altro.
Qualcuno parla di ipersensibilità dell’amigdala, la sede del cervello a forma di mandorla che gestisce le emozioni e in particolare la paura. Se hai la sfiga di avere questa zona ipersensibile, sei costretto a fotterti dalla paura costantemente: l’amigdala in questi casi, al pari del neurone inibitore ubriaco(ricordate?), sta sempre sul chi va là, inviandoti di continuo scariche di adrenalina con lo scopo di farti reagire prontamente a una situazione di pericolo. L’unica cosa che ottiene, però, è mandarti fuori di zucca, perché in verità ti trovi sul divano e stai guardando la tv, e il solo pericolo incombente è che ti possa venire un crampo alla pancia per via della cioccolata di cui ti sei abbuffato nel tentativo di vincere l’angoscia persistente che ti fa sentire l’irrefrenabile voglia di scappare a gambe levate, come se ai tuoi piedi stesse strisciando un boa constrictor. E pensare che un tempo avevamo solo questa parte di cervello, eravamo guidati solo da istinto ed emozioni, il sistema limbico (adibito alle funzioni psichiche, all’emotività) dominava il cervello già nei rettili di un tempo. Solo milioni di anni dopo il cervello pensante si è evoluto da questi centri emozionali.
Per quel che mi riguarda, cerco di fregare l’amigdala con «l’evitamento», mi costruisco degli appigli per tirare avanti alla buona e sentire meno la paura, tento di distrarmi, ecco, in attesa che, chissà, un domani qualcuno mi aiuti a imboccare la strada giusta, mi apra gli occhi e mi infonda il coraggio per guardare in faccia ciò che non ho avuto il coraggio di guardare fino a oggi. Aspetto che sia la vita ancora una volta a darmi lo scossone e a spingermi verso nuove strade nelle quali la paura non mi farà piú da compagna quotidiana. Nel frattempo, mi impegnerò in ciò che mi fa stare bene e continuerò ad aspettare un refolo di sole per andare sul lungomare con la mia famiglia.
La felicità dalle mie parti: un venticello fresco che sa di primavera, una pizza fumante, il mare là dietro, una birra ghiacciata, mia moglie e mio figlio.
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