Mondo Tv Quotes

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Le “Smart Tv” ascoltano e diffondono ciò che sentono in casa 308 parole Il Grande fratello, ipotizzato da George Orwell in «1984», è tra noi e può spiare le nostre conversazioni casalinghe. Lo strumento che usa sono le «Smart Tv» e l’attivazione delle funzioni vocali dei telecomandi. Questo perché il televisore ascolta quello che si dice davanti a lui e può condividere quello che sente sia con il produttore del televisore sia con i proprietari delle applicazioni installate sul televisore. Quello che poteva sembrare una battaglia contro il mondo globalizzazato diventa un pericolo reale se a dirlo è la Samsung, uno dei principali produttori mondiali di televisioni «intelligenti». Il «warning customers» avverte che il microfono del telecomando può catturare le conversazioni e trasmetterle attraverso la Rete a «terze parti» non bene identificate e dà dei consigli sulla privacy. Ma questo non è il primo allarme, un altro produttore di tv, Lg, era finito sotto accusa perché raccoglieva dati del proprietario del televisore anche se questi, dal menu, ne negava espressamente il consenso. Ogni volta che una chiavetta usb veniva inserita tutte le informazione dei file venivano trasmesse sui loro server. In questo modo le aziende riescono a sapere quali sono i nostri gusti, le nostre abitudini, anche in termini di orari e così ci «offrono» pubblicità mirata. Una volta scoperta Lg si è giustificata così: «Offriamo moltissimi modelli di Smart Tv e di tipo differente per ciascun mercato, quindi chiediamo pazienza e comprensione durante lo svolgimento degli accertamenti». Nell’attesa, togliete i televisori dalla camera da letto, non si sa mai.
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Miliardi e Mondiali La macchina da soldi che non conosce soste L’ultimo caso per la federazione la scelta di Russia e Qatar Giulia Zonca | 824 parole Trovare l’uomo chiave dell’operazione Fifapulita è praticamente impossibile. Troppi soldi, troppe mazzette vere o presunte e troppi giri d’affari concentrici che prima di chiamare denaro ne producono in abbondanza. La Fifa si basa su un sistema fatto di soldi, tanti dichiarati, incalcolabili quelli in nero, non tutti e non sempre sono spesi male, anzi, ma il circolo infinito di dollari che non conosce crisi crea un vortice in stile deposito di Zio Paperone dove avidità chiama altra avidità. E non c’è pace. Cambiare tutto La Fifa si ritrova nelle stesse condizioni in cui stava il Comitato olimpico prima degli scandali del 2002 e ora se vuole reggere dovrà fare la stessa mossa. La rivoluzione. Nuovi nomi e altre regole ma al momento il sistema Fifa si basa proprio sull’immutabilità, sul circolo chiuso, su un potere che resta sempre nelle stesse mani, garantisce a tutti grandi introiti e visto dall’interno funziona benissimo. Ogni uomo preso con le mani nella marmellata sa che verrà abbandonato, però sa anche che fino a lì vivrà alla grande. La perdita di credibilità non è mai sembrata un problema al governo di pallone. Ogni voce considerata frottola, ogni frode un male inevitabile ed arginabile. Il pantano perpetuo. L’inchiesta dell’Fbi parte dal 1991 e traccia una scia di bigliettoni che rimbalzano dai conti alle Cayman, girano sulle banche di Hong Kong e tornano in Svizzera. Fondi alleggeriti e pronti ad altro uso. Il mondo del pallone ha dichiarato 4,826 miliardi di dollari di incasso dall’ultimo quadriennio mondiale. Già: la parola magica che attira sponsor, apre porte, unge canali ed evidentemente fa dimenticare ogni decenza. Non è solo la manifestazione più vista al mondo a solleticare scambi illeciti, dentro il calderone della frode denunciato dall’accusa americana ci sono Confederations Cup, tornei minori, pacchetti di diritti tv e persino la Coppa America del 2016 che si gioca proprio negli Stati Uniti. Al Bureau non hanno indagato a caso. La doppia assegnazione Lo scandalo più evidente e cristallino resta l’assegnazione dei Mondiali 2018-2022, doppio pacco per essere sicuri di mescolare abbastanza le carte e sovrapporre gli illeciti. La confusione e la molteplicità degli interessi in ballo è sempre lo sfondo in cui si muove la Fifa. L’edizione 2018 è andata alla Russia e quella del 2022 al Qatar, voto segreto deciso da 22 persone: dovevano essere 24 ma due erano già tagliati fuori da un’inchiesta di corruzione. Tanto per capire. E qui siamo agli atti non alle speculazioni. Sempre fatti concreti escono dal rapporto Garcia, una memoria investigativa seguita alle proteste per quei Mondiali assegnati in modo così strano. I conti non tornavano a nessuno il che significa che hanno provato a farli tutti e che il famoso voto di scambio, di cui ci si preoccupava all’inizio del dicembre 2010, era davvero in atto. Doveva esserci un asse Inghilterra-Australia, uno Spagna-Portogallo-Qatar: tu muovi consensi per il 2018, io per il 2022 e siamo tutti contenti. Era già molto al limite però almeno non ancora fraudolento. Peccato che il giochino sia scoppiato perché sono intervenuti fattori esterni. Le bustarelle. L’indagine censurata L’indifferente Blatter ha tentato di mostrarsi magnanimo. Ha varato una commissione etica, ci ha messo dentro Michael Garcia, ex procuratore federale americano, e qui parte il labirinto. Garcia ha redatto un rapporto, mai reso noto ufficialmente, la Fifa ne ha prodotto una sintesi e ha concluso che non c’era stata manipolazione nel voto. Garcia ha rigettato la tesi e ha dato le dimissioni. Vi gira la testa? Chiaro, i nonsense si rincorrono e la trasparenza è impossibile perché la Fifa è uno statuto autonomo, risponde solo a se stessa. Non ha pubblicato gli esiti dell’indagine e la normale conseg
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La “Crisi Esistenziale” di chi ama l’amore e ha il coraggio di amare. Nell’epoca dove tante cose sembrano andate perse, e dove molti valori sembrano pian piano scomparsi, si trova spazio e l’ispirazione di far nascere una nuova canzone, con la quale si vuole comunicare i tanti disagi che il mondo attuale si appresta a vivere, le tante problematiche che spesso attanagliano l’essere umano, sempre preso da se stesso, e molto spesso distratto da tutte le cose che il mondo e la vita offrono. E' cosi che nasce “Crisi Esistenziale” il nuovo brano che dà il via al nuovo album di Savio De Martino, cantautore dalle mille risorse artistiche, un brano scritto dallo stesso Cantautore, sia per la parte letteraria, che per la parte musicale, un brano voluto, un testo ricercato, una canzone necessaria, una sorta di protesta, un modo di gridare e poter dire, BASTA !!! Questo stesso brano è stato anche proposto alla candidatura per le nuove proposte di Sanremo Giovani 2015, proprio perche’ i giovani possano valorizzare la propria vita e il futuro, trovando stimoli nuovi, trovando aiuto in chi ha potere, costruirsi un domani fatto di sogni da poter realizzare, Savio De Martino ancora una volta riesce a regalare nuove emozioni, il suo essere cosi poliedrico, rende questo artista, seppur giovane, capace di mettersi sempre in gioco e in discussione con vari generi musicali. Le sue tendenze variano dal Pop al Jazz, dal Blues alla buona Musica Leggera, in tanti anni di gavetta e di carriera è sempre riuscito a dire la sua, regalando al pubblico che lo segue con affetto e stima, tante emozioni e soprattutto tanta energia positiva. Lui innamorato della vita, innamorato della musica, e speranzoso che le cose e il mondo puo’ cambiare, una crisi cosi mondiale, dovrebbe far riflettere molte persone, e sensibilizzare chi ha il potere di essere a capo di tutto, ecco perché nasce questo nuovo brano per il 2015, dal titolo "Crisi Esistenziale". Genesi di Crisi Esistenziale di Savio De Martino Testo, Musica e Produzione sono di Savio De Martino attraverso la S.D.M. Production, la distribuzione avviene grazie alla Zeus Record S.R.L., gli arrangiamenti sono di Giuseppe Balsamo e Savio De Martino, le riprese video di “Pino Baylon Video” e la registrazione e mixaggio sono stati effettuati presso lo studio SG SOUND MUSIC ITALY di Savio De Martino. Il video è già disponibile su YouTube.
Savio De Martino
Crisi Esistenziale” - (Testo e Musica : Savio De Martino) CHI SONO IO PER SENTIRMI UN DIO, E CHI SEI TU PER DECIDERE, CHI SIAMO NOI NON LO SAPREMO MAI, MA CERTO STA’ CHE NON SIAMO EROI, IL MONDO VA’ CONSUMANDOSI, LA TERRA E’ ORMAI FUOCO E CENERE, LA GIOVENTU’ NON LAVORA PIU’, L’ECONOMIA NON PRODUCE.. RIT. FERMATI, NON COMMETTERE ALTRI DANNI, BASTA METTERSI NEI PANNI, DI CHI HA PERSO OGNI RAGIONE, E VORREBBE QUALCOSA DI PIU’, RITROVANDO QUEI VALORI, QUI SI MUORE PER UN NIENTE, TUTTI SANNO MA SI MENTE, E LA GENTE NON CE LA FA’ PIU’… A PAGARE GLI ERRORI DI CHISSA’, A PARLARE DI COSE CHE NON SA’, NON C’E’ PIU’ SENSO DI DOVERE E SENSO DI MORALITA’, NON C’E’ VITA CHE POSSA TOGLIERE IL DIRITTO DI VIVERE PERCHE’, OGNI ANIMA E’ UN DONO E VA VISSUTA E UN’OPPORTUNITA’.. CHI SONO IO FRA MILIARDI NOI, SEMBRIAMO ORMAI SOLO NUMERI, E CHI SEI TU CHE HAI SETE DI POTERE, CHE PENSI DI DOVER COMANDARE, E NON E’ MAI TARDI PER CAMBIARE, LA LIBERTA’ STA ANCHE NELLO SPERARE, IL MONDO E’ LIBERO DI AMARE, E LO SI FA’ SENZA GUERRE.. RIT. FERMATI, NON COMMETTERE ALTRI DANNI, BASTA METTERSI NEI PANNI, DI CHI HA PERSO OGNI RAGIONE, E VORREBBE QUALCOSA DI PIU’, RITROVANDO QUEI VALORI, QUI SI MUORE PER UN NIENTE, TUTTI SANNO MA SI MENTE, E LA GENTE NON CE LA FA’ PIU’… NON CE LA FA PIU’… NOI SIAMO UNA GENERAZIONE, CHE NON SA’ PIU’ DOVE ANDARE, COLPA DI UNA CONFUSIONE, CHE CI PORTA A SBAGLIARE QUI C’E’… CRISI ESISTENZIALE..CRISI ESISTENZIALE..CRISI ESISTENZIALE…!
Savio De Martino
(...) Ma perché non siete mai a scuola? vi vedo ogni giorno, in giro, sempre vagabonda..." "Oh, non soffrono troppo della mia mancanza, credetemi" rispose lei. "Sono un temperamento asociale, dicono. Non mi mescolo con gli altri. Ed è strano, perché io sono piena di senso sociale, invece. Tutto dipende da che cosa si intenda per senso sociale, non vi sembra? Per me significa parlare con voi di cose come queste. (...) O anche parlare di quanto è strano questo mondo. Stare con la gente è una cosa bellissima. Ma non mi sembra sociale riunire un mucchio di gente, per poi non lasciarla parlare, non sembra anche a voi? Un'ora di lezione davanti alla TV, un'ora di pallacanestro, o di baseball o di footing, un'altra ora di storia riassunta o di riproduzione di quadri celebri e poi ancora sport, ma, capite, nopn si fanno domande, o almeno quasi nessuno le fa; loro hanno già le risposte pronte, su misura, e ve le sparano contro in rapida successione, bang, bang, bang, e intanto noi stiamo seduti là per più di quattr'ore di lezioni con proiezioni. Tutto ciò per me non è sociale. E' tutt'acqua rovesciata a torrenti, risciacquatura è, mentre loro ci dicono che è vino quando non lo è. Ci riducono in condizioni così pietose, quando viene la sera, che non possiamo fare altro che andarcene a letto o rifugiarci in qualche Parco Divertimenti a canzonare o provocare la gente, a spaccare vetri nel Padiglione degli spaccavetri o a scassare automobili, nel Recinto degli scassamacchine, con la grossa sfera d'acciaio. O non ci resta che salire in macchina e correre pazzamente per le strade, cercando di vedere quanto da vicino si possano sfiorare i lampioni e quanto strette si possano fare le curve, magari sulle due ruote laterali. Può darsi benissimo che io sia proprio quello che dicono, d'accordo. Non ho amici, io. E questo dovrebbe provare che sono anormale. Ma tutte le persone che conosco urlano e ballano intorno come impazzite o addirittura si battono a vicenda, selvaggiamente. Avete notato come la gente si faccia male, di questi tempi? (...) Ho paura dei ragazzi della mia età. Si uccidono a vicenda. (...) Sei amici miei sono morti d'arma da fuoco da un solo anno a questa parte. Dieci ne sono morti in incidenti automobilistici. Mi fanno paura e loro non mi hanno in simpatia perché ho paura (...) Soprattutto mi piace studiare la gente. A volte passo l'itera giornata nella Ferrovia Sotterranea, a sentir le persone parlare, a guardarle. Mi piace indovinare chi sia quel tale, che cosa voglia quell'altro, dove vadano. Spesso scivolo come un serpente su una vettura della Sotterranea a sentire cosa dicono le persone. O nelle mescite di bibite e dolci, e sapete cosa ho scoperto? (...) Che la gente non dice nulla. (...) Parla di una gran quantità di automobili, parla di vestiti e di piscine e dice che sono una meraviglia! Ma non fanno tutti che dire le stesse cose e nessuno dice mai qualcosa di diverso dagli altri. E quasi sempre nei caffè hanno le macchinette d'azzardo in funzione, si raccontano le stesse barzellette, oppure c'è la parete musicale accesa con i disegni a colori che vanno e vengono.
Ray Bradbury
Litha dice che quando si è bambini si crede di poter mangiare qualsiasi cosa, e quando si è genitori si crede di poter insegnare qualsiasi cosa. [...] Dice che quando si è bambini, tutto ciò che si vede è reale. Ci sono persone dentro la TV e la frutta di plastica è commestibile. «Questo è il mondo che ci viene dato.­­­»
Masande Ntshanga (Triangulum)
So con certezza che se mi alzo ogni mattina molto presto, e con una specie di spinta, una mano che mi spinge dal letto per dire: vai, e comincio la mia giornata in cui cerco di fare quanto piú possibile del mio lavoro, i compiti che mi sono dato e che mi hanno dato gli altri, è perché al liceo mi è stato messo in mano Il Gattopardo; è perché mi sono seduto davanti alla tv, ho visto Otto e mezzo e ho continuato a vederlo per mesi perché capivo che lí dentro c’era qualcosa che mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e fare qualcosa. Se non fossero successe queste due cose, forse non avrei avuto il desiderio, lo slancio e probabilmente nemmeno gli strumenti per immaginare di esprimermi anche io in qualche modo. Non ho mai saputo che senso abbia, né perché mi ostini cosí tanto da anni a fare una cosa e a pensare anche di non poter vivere senza farla; perché so che è un modo di stare al mondo del tutto arbitrario e discutibile. Se io non mi alzassi la mattina pensando che devo scrivere sento che la mia vita avrebbe un vuoto incolmabile; ma questa convinzione non è una convinzione reale, è il senso che gli ho voluto dare io e dentro questa specie di autointrappolamento mi sembra di avere una necessità e un compito; che però non esistono; me li sono imposti, e sto vivendo dentro la trappola che mi sono creato. “Non c’è una risposta, se non quella che dava Flannery O’Connor a proposito del suo allevamento di pavoni − quando racconta che chi va a trovarla le chiede perché alleva pavoni. Non c’è motivo, risponde lei. Anzi, lo dice in modo piú problematico: questa domanda non ha senso, perché la risposta si dovrebbe sapere, e la risposta che si dovrebbe sapere è quella, cioè che non ha alcun senso allevare pavoni; si fa e basta.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
So con certezza che se mi alzo ogni mattina molto presto, e con una specie di spinta, una mano che mi spinge dal letto per dire: vai, e comincio la mia giornata in cui cerco di fare quanto piú possibile del mio lavoro, i compiti che mi sono dato e che mi hanno dato gli altri, è perché al liceo mi è stato messo in mano Il Gattopardo; è perché mi sono seduto davanti alla tv, ho visto Otto e mezzo e ho continuato a vederlo per mesi perché capivo che lí dentro c’era qualcosa che mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e mi spingeva a pensare: anche io devo esprimermi e fare qualcosa. Se non fossero successe queste due cose, forse non avrei avuto il desiderio, lo slancio e probabilmente nemmeno gli strumenti per immaginare di esprimermi anche io in qualche modo. Non ho mai saputo che senso abbia, né perché mi ostini cosí tanto da anni a fare una cosa e a pensare anche di non poter vivere senza farla; perché so che è un modo di stare al mondo del tutto arbitrario e discutibile. Se io non mi alzassi la mattina pensando che devo scrivere sento che la mia vita avrebbe un vuoto incolmabile; ma questa convinzione non è una convinzione reale, è il senso che gli ho voluto dare io e dentro questa specie di autointrappolamento mi sembra di avere una necessità e un compito; che però non esistono; me li sono imposti, e sto vivendo dentro la trappola che mi sono creato. Non c’è una risposta, se non quella che dava Flannery O’Connor a proposito del suo allevamento di pavoni − quando racconta che chi va a trovarla le chiede perché alleva pavoni. Non c’è motivo, risponde lei. Anzi, lo dice in modo piú problematico: questa domanda non ha senso, perché la risposta si dovrebbe sapere, e la risposta che si dovrebbe sapere è quella, cioè che non ha alcun senso allevare pavoni; si fa e basta.
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Questo apice e questo inizio della decadenza è rappresentato da due film che sono il punto piú alto del momento d’oro ma anche, essendo il punto piú alto, il primo passo verso la decadenza; ma la cosa piú interessante è che sia Otto e mezzo, sia Il Gattopardo sono dei film decadenti che hanno al centro dei personaggi decadenti, che si pongono il problema della fine di un’era. Nel Gattopardo si tratta della fine di un’epoca storica. In Otto e mezzo c’è la fine della giovinezza (o la paura della fine della potenza) per un individuo e soprattutto per un artista. Uno non ha piú niente da dare al mondo, l’altro non ha piú niente da dire al mondo. Questo raccontano i due film che segnano la fine dell’età d’oro del cinema italiano e l’inizio della sua decadenza. Allo stesso tempo, rappresentano la risposta piú concreta all’inizio della crisi e alla concorrenza della tv: lo sfarzo della messinscena del Gattopardo, la grandiosità della messinscena libera e autoriale di Otto e mezzo. Sono due risposte produttive molto concrete, che infatti danno risultati sia di prestigio sia commerciale. Ma quella potenza produttiva non si vedrà piú; già Il sorpasso, loro contemporaneo, sceglie costi piú abbordabili con risultati ottimi. Da ora in poi, il cinema italiano non si permetterà piú facilmente film spettacolari; né Visconti e Fellini riusciranno a ottenere produzioni del genere senza lotta e sacrificio, e comunque non a questo livello. In piú, a suggellare la veridicità di questo ragionamento, la doppietta Sodoma e Gomorra e Il Gattopardo, cosí onerosi, distrugge la Titanus, che per riprendersi dovrà affidarsi a musicarelli e film con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. È la fine di un’epoca d’oro del cinema italiano. È la fine di un’epoca per don Fabrizio e la sua classe aristocratica. È la fine di un’epoca per Guido e la sua creatività senza freni. Il Gattopardo in particolare rappresenta la reazione del cinema al cambiamento che sta per avvenire: con il grande schermo, il colore, le grandi scenografie, è il kolossal italiano che si contrappone al decadimento del cinema. Lombardo ne parlerà cosí: «Il film è piú di Via col vento, è una cosa enorme. È favoloso. È difficilissimo per un film che tutti gli elementi siano contemporaneamente efficienti allo stesso modo. Io credo che Il Gattopardo segnerà un’epoca nel cinema italiano. Per me come produttore penso che nella mia vita di produttore mi basterà di avere fatto Il Gattopardo».
Francesco Piccolo (La bella confusione)
Dalla festa del nonno ai mulini ecco il catalogo delle spese folli Secondo Confcommercio si buttano 82 miliardi l’anno C’è chi ha uffici in Nicaragua e chi paga corsi di merletto Nella foto a sinistra le «mutande verdi» acquistate dall’ex governatore del Piemonte Cota. A destra Franco Fiorito, in passato capogruppo Pdl nel Lazio, condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione Mattia Feltri | 752 parole Nel cassetto è rimasto un vecchio servizio dell’Espresso, giugno 2000. Un po’ più di quattordici anni fa e comunque non era una primizia: vi si leggeva, già con un margine di scoramento, dei 410 milioni (di lire) spesi dal Molise per commissionare alla Pontificia fonderia Marinelli la campana col rintocco adatto alle celebrazioni giubilari, oppure dei 65 stanziati dal Lazio a sovvenzione della festa del nonno di Ariccia, dove qualche notorietà la si deve alla porchetta più che al vecchierello. Poi c’erano i dieci milioni della Calabria per la cipolla rossa di Tropea, e avanti così, ma non era soltanto un festival dello strano ma vero: la Sicilia tirò fuori quattro miliardi per la valorizzazione dei mulini a vento e sei per l’individuazione di spiagge libere. Da allora i quotidiani e i periodici e la tv d’inchiesta coprono gli spazi e i momenti di noia con servizi di questo tipo, che hanno il pregio di essere infallibili; in fondo sono il modo superpop di cogliere l’attimo carnevalesco e, attimo dopo attimo, di spiegare come le Regioni siano in grado di sprecare 82,3 miliardi di euro all’anno, secondo lo studio presentato a marzo da Confcommercio. Vi si dice, fra l’altro, che il Lazio ne butta oltre undici, la Campania dieci abbondanti e la Sicilia - record - è lì per toccare quota quattordici. Il mondo è pieno di resoconti di questa natura. Il sempreverde è l’articolo sulle sedi di rappresentanza delle Regioni, con l’aneddoto strepitoso delle ventuno sedi regionali a Bruxelles, tutte indispensabili a mantenere il filo diretto fra Bari e l’Ue, Cagliari e l’Ue, Genova e l’Ue; piccolo dettaglio: le Regioni sono ventuno, ma Trento e Bolzano ritennero doveroso farsi una sede per provincia. Ai tempi di Giulio Tremonti si venne a sapere, con molta fatica e qualche approssimazione, che queste sedi sono 178 sparse nel mondo, il Piemonte ne ha una in Nicaragua e un’altra a Minsk, il Veneto in India e in Vietnam, la Puglia in Albania, le Marche a Ekaterinburg, dove ci fu l’eccidio dei Romanov e altro non si sa. Ha provato a metterci mano anche Carlo Cottarelli, il commissario alla spending review, e gli raccontarono (ne scrisse il Fatto) di quel consigliere regionale della Basilicata che voleva aprire a Potenza un ufficio di rappresentanza della Regione, e nonostante la Regione Basilicata abbia sede a Potenza. Insomma, se c’era un affare su cui si raggiungeva l’unanimità della nazione, era questo: le Regioni sono il tombino dei nostri soldi. Eravamo andati a vedere le consulenze distribuite in splendida allegria, i consulenti piemontesi sulla qualità percepita dagli utenti delle reti ferroviarie, i consulenti friulani sulle biblioteche nel deserto della Mauritania e su un corso di merletto, quello umbro sul monitoraggio delle tv locali. Siamo andati a verificare che la Valle d’Aosta (Regione e altri enti locali) ancora lo scorso anno aveva 493 auto blu, una ogni 260 residenti, mentre il Molise ne aveva 368 (tre soltanto a Montenero di Bisaccia, il paese di Antonio Di Pietro) ed era l’unica Regione, insieme col Trentino, che nel 2013 aveva aumentato anziché diminuito il parco macchine. Nel settore, una specie di bibbia è il divertente libro di Mario Giordano (Spudorati, Mondadori) che al capitolo sulle Regioni racconta che la Lombardia ha tirato fuori 75 mila euro nell’osservazione degli scoiattoli e cifre varie nel sovvenzionamento della Fiera della Possenta di Ceresara, dell’International Melzo Film Festival, della festa Cià che gìrum, del gemellaggio Pero-Fuscaldo. E la Lomb
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E, devo dire, non capisco neppure perché certa gente è disposta a pagare per venire ribaltata e sospesa e precipitata e poi sbattuta ad alta velocità avanti e indietro, e infine appesa a testa in giù fino a che vomita. È come pagare per fare un incidente stradale. Non lo capisco proprio, e non l'ho mai capito. Non è un fatto regionale o culturale. Penso che il mondo si divide nettamente tra quelli che all'induzione programmata di terrore si eccitano, e quelli che non si eccitano affatto. Il terrore, per me, non è eccitante. È terrificante.
David Foster Wallace (Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più))