Lazio Region Quotes

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Dalla festa del nonno ai mulini ecco il catalogo delle spese folli Secondo Confcommercio si buttano 82 miliardi l’anno C’è chi ha uffici in Nicaragua e chi paga corsi di merletto Nella foto a sinistra le «mutande verdi» acquistate dall’ex governatore del Piemonte Cota. A destra Franco Fiorito, in passato capogruppo Pdl nel Lazio, condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione Mattia Feltri | 752 parole Nel cassetto è rimasto un vecchio servizio dell’Espresso, giugno 2000. Un po’ più di quattordici anni fa e comunque non era una primizia: vi si leggeva, già con un margine di scoramento, dei 410 milioni (di lire) spesi dal Molise per commissionare alla Pontificia fonderia Marinelli la campana col rintocco adatto alle celebrazioni giubilari, oppure dei 65 stanziati dal Lazio a sovvenzione della festa del nonno di Ariccia, dove qualche notorietà la si deve alla porchetta più che al vecchierello. Poi c’erano i dieci milioni della Calabria per la cipolla rossa di Tropea, e avanti così, ma non era soltanto un festival dello strano ma vero: la Sicilia tirò fuori quattro miliardi per la valorizzazione dei mulini a vento e sei per l’individuazione di spiagge libere. Da allora i quotidiani e i periodici e la tv d’inchiesta coprono gli spazi e i momenti di noia con servizi di questo tipo, che hanno il pregio di essere infallibili; in fondo sono il modo superpop di cogliere l’attimo carnevalesco e, attimo dopo attimo, di spiegare come le Regioni siano in grado di sprecare 82,3 miliardi di euro all’anno, secondo lo studio presentato a marzo da Confcommercio. Vi si dice, fra l’altro, che il Lazio ne butta oltre undici, la Campania dieci abbondanti e la Sicilia - record - è lì per toccare quota quattordici. Il mondo è pieno di resoconti di questa natura. Il sempreverde è l’articolo sulle sedi di rappresentanza delle Regioni, con l’aneddoto strepitoso delle ventuno sedi regionali a Bruxelles, tutte indispensabili a mantenere il filo diretto fra Bari e l’Ue, Cagliari e l’Ue, Genova e l’Ue; piccolo dettaglio: le Regioni sono ventuno, ma Trento e Bolzano ritennero doveroso farsi una sede per provincia. Ai tempi di Giulio Tremonti si venne a sapere, con molta fatica e qualche approssimazione, che queste sedi sono 178 sparse nel mondo, il Piemonte ne ha una in Nicaragua e un’altra a Minsk, il Veneto in India e in Vietnam, la Puglia in Albania, le Marche a Ekaterinburg, dove ci fu l’eccidio dei Romanov e altro non si sa. Ha provato a metterci mano anche Carlo Cottarelli, il commissario alla spending review, e gli raccontarono (ne scrisse il Fatto) di quel consigliere regionale della Basilicata che voleva aprire a Potenza un ufficio di rappresentanza della Regione, e nonostante la Regione Basilicata abbia sede a Potenza. Insomma, se c’era un affare su cui si raggiungeva l’unanimità della nazione, era questo: le Regioni sono il tombino dei nostri soldi. Eravamo andati a vedere le consulenze distribuite in splendida allegria, i consulenti piemontesi sulla qualità percepita dagli utenti delle reti ferroviarie, i consulenti friulani sulle biblioteche nel deserto della Mauritania e su un corso di merletto, quello umbro sul monitoraggio delle tv locali. Siamo andati a verificare che la Valle d’Aosta (Regione e altri enti locali) ancora lo scorso anno aveva 493 auto blu, una ogni 260 residenti, mentre il Molise ne aveva 368 (tre soltanto a Montenero di Bisaccia, il paese di Antonio Di Pietro) ed era l’unica Regione, insieme col Trentino, che nel 2013 aveva aumentato anziché diminuito il parco macchine. Nel settore, una specie di bibbia è il divertente libro di Mario Giordano (Spudorati, Mondadori) che al capitolo sulle Regioni racconta che la Lombardia ha tirato fuori 75 mila euro nell’osservazione degli scoiattoli e cifre varie nel sovvenzionamento della Fiera della Possenta di Ceresara, dell’International Melzo Film Festival, della festa Cià che gìrum, del gemellaggio Pero-Fuscaldo. E la Lomb
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