L Allegro Quotes

We've searched our database for all the quotes and captions related to L Allegro. Here they are! All 25 of them:

And looks commercing with the skies, Thy rapt soul sitting in thine eyes.
John Milton (L'Allegro, Il Penseroso, Comus, and Lycidas)
«Pensavo ai peccati». Una risata impalpabile si agitò nelle ombre gettate dalle lanterne a olio sulle pietre lucide della strada. «Qual è il tuo, allora? Paura, oppure orgoglio?» Lei sentì suo malgrado una risata premerle le labbra. «La vanità», ammise in tono quasi allegro.
Virginia De Winter (L'Ordine della spada (Black Friars, #1))
Or bid the soul of Orpheus sing Such notes as warbled to the string, Drew Iron tears down Pluto’s cheek, And made Hell grant what Love did seek.
John Milton (L'Allegro, Il Penseroso, Comus, and Lycidas)
Where glowing embers through the room Teach light to counterfeit a gloom...
John Milton (L'Allegro, Il Penseroso, Comus, and Lycidas)
the opium-eater cannot present himself in the character of l'Allegro: even then, he speaks and thinks as becomes Il Penseroso.
Thomas de Quincey (Confessions of an English Opium Eater and Analects From John Paul Richter)
Sono pronto; Tutto il mio corpo è teso verso quest'atto orrendo. Vieni, inganniamo il mondo con l'aspetto più allegro: Un viso falso celi ciò che sa un falso cuore.
William Shakespeare (Macbeth)
Sono per natura un tipo allegro: e poi la sfortuna non mi ha mai perseguitato. L’avversità ha rivolto a me e a mia madre qualche smorfia passeggera e una strusciatina, ma noi l’abbiamo sfidata o, meglio, abbiamo riso di lei, e se n’è andata.
Charlotte Brontë (Villette)
«Non stai parlando di fama ma di rispetto» disse Cash. «La fama è il contrario del rispetto. Essere famoso significa farti interrompere quando vai fuori a mangiare, essere assillati da perfetti sconosciuti che ti chiedono favori quando cammini per la strada, sentirti chiedere dal tizio che sta cagando nel bagno vicino al tuo come si fa ad avere successo nel mondo dello spettacolo, essere criticato dal mondo intero e non avere mai occasione di difenderti!» Cash chiuse gli occhi, emise una lunga nuvola di fumo e contò fino a dieci per calmarsi. Gli altri lo guardarono come se si fosse trasformato in un lupo mannaro. «Mi dispiace» disse. «Non volevo entrare in modalità Cigno Nero subito dopo avervi conosciuto. Odio il fatto che la nostra società dia così tanto peso alla fama. Cioè, fatela finita, ok?!» Joey prese nota mentalmente di non riaprire più la questione. «Allora come ci si sente a essere rispettati?» «È l’unica cosa per cui vale la pena diventare famosi» disse Cash allegro. «Non che esista un manuale o roba simile. Credo che tante celebrità facciano fatica ad andare avanti perché non sono in grado di separare le due cose. Ma non sono mica un cazzo di psicologo.»
Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
Era uno di quegli esseri la cui nascita i pianeti benigni hanno certamente lasciato illuminare dal loro sorriso. L’avversità poteva anche fargli il broncio: egli era tipo da sconfiggerla mostrando un volto radioso. Forte e allegro, energico e cortese, non temerario, ma valoroso, era uomo da far la corte alla Sorte stessa e da far sì che quelle pupille di pietra gli concedessero un raggio quasi amoroso.
Charlotte Brontë (Villette)
Valentine’s concept of introversion includes traits that contemporary psychology would classify as openness to experience (“thinker, dreamer”), conscientiousness (“idealist”), and neuroticism (“shy individual”). A long line of poets, scientists, and philosophers have also tended to group these traits together. All the way back in Genesis, the earliest book of the Bible, we had cerebral Jacob (a “quiet man dwelling in tents” who later becomes “Israel,” meaning one who wrestles inwardly with God) squaring off in sibling rivalry with his brother, the swashbuckling Esau (a “skillful hunter” and “man of the field”). In classical antiquity, the physicians Hippocrates and Galen famously proposed that our temperaments—and destinies—were a function of our bodily fluids, with extra blood and “yellow bile” making us sanguine or choleric (stable or neurotic extroversion), and an excess of phlegm and “black bile” making us calm or melancholic (stable or neurotic introversion). Aristotle noted that the melancholic temperament was associated with eminence in philosophy, poetry, and the arts (today we might classify this as opennessto experience). The seventeenth-century English poet John Milton wrote Il Penseroso (“The Thinker”) and L’Allegro (“The Merry One”), comparing “the happy person” who frolics in the countryside and revels in the city with “the thoughtful person” who walks meditatively through the nighttime woods and studies in a “lonely Towr.” (Again, today the description of Il Penseroso would apply not only to introversion but also to openness to experience and neuroticism.) The nineteenth-century German philosopher Schopenhauer contrasted “good-spirited” people (energetic, active, and easily bored) with his preferred type, “intelligent people” (sensitive, imaginative, and melancholic). “Mark this well, ye proud men of action!” declared his countryman Heinrich Heine. “Ye are, after all, nothing but unconscious instruments of the men of thought.” Because of this definitional complexity, I originally planned to invent my own terms for these constellations of traits. I decided against this, again for cultural reasons: the words introvert and extrovert have the advantage of being well known and highly evocative. Every time I uttered them at a dinner party or to a seatmate on an airplane, they elicited a torrent of confessions and reflections. For similar reasons, I’ve used the layperson’s spelling of extrovert rather than the extravert one finds throughout the research literature.
Susan Cain (Quiet: The Power of Introverts in a World That Can't Stop Talking)
A ciascun’alma presa e gentil core Nel cui cospetto ven lo dir presente, In ciò che mi rescrivan suo parvente, Salute in lor segnor, cioè Amore. Già eran quasi che atterzate l’ore Del tempo che onne stella n’è lucente, Quando m’apparve Amor subitamente, Cui essenza membrar mi dà orrore. Allegro mi sembrava Amor tenendo Meo core in mano, e ne le braccia avea Madonna involta in un drappo dormendo. Poi la svegliava, e d’esto core ardendo Lei paventosa umilmente pascea: Appresso gir lo ne vedea piangendo.
Dante Alighieri
[Sonetto I] A ciascun' alma presa e gentil core nel cui cospetto ven lo dir presente, a ciò che mi rescriva in su' parvente, salute in lor segnor, ciò é Amore. Gia eran quasi que atterzate l'ore del tempo che onne stella n'è lucente, quando m'apparve Amor subitamente, cui essenza membrar mi dà orrore. Allegro mi sembrava Amor tenendo meo core in mano, e ne le bracci' avea madonna involta 'n un drappo dormendo; poi la svegliava, d'esto core ardendo lei paventosa umilmente pascea: appresso gir lo ne vedea piagendo.
Dante Alighieri
A questo punto, a costo di interrompere il filo del discorso, viene spontaneo un contro tra il destino dell’Inghilterra e quello dell’Italia. L’Inghilterra si ritrovò tra le mani ottima lana quando (nel Medioevo) la lana era la materia prima più ricercata; si ritrovò tra le mani ottimo ed abbondante carbone quando (ai tempi della Rivoluzione Industriale) la materia prima più preziosa era il carbone; e si ritrovò tra le mani il petrolio del mre del Nord quando (ai giorni nostri) il petrolio divenne la fonte di energia più usata nell’attività produttiva. In contrasto l’Italia ebbe poca e grama lana nel Medioevo, pochissimo e gramissimo carbone nella Rivoluzione Industriale, e pochissimo e gramissimo petrolio nell’epoca corrente: in compenso ebbe sempre abbondanza di marmo che usò soprattutto per adornare chiese ed erigere monumenti funerari nei cimiteri.
Carlo M. Cipolla (Allegro ma non troppo. Con Le leggi fondamentali della stupidità umana)
Chi fui? Che senso ebbe la mia presenza in un tempo che questo film rievoca ormai così tristemente fuori tempo? Non posso farlo ora, ma devo prima o poi sviscerarlo fino in fondo, fino a un definitivo sollievo... Lo so: ero appena partorito a un mondo dove la dedizione d’un adolescente – buono come sua madre, improvvido e animoso, mostruosamente timido, e ignaro d’ogni altra omertà che non fosse ideale – era avvilente segno di scandalo, santità ridicola. Ed era destinata a farsi vizio: ché marcisce l’età la mitezza, e fa, dell’accorato dono di sé, ossessione. E se ho trovato di nuovo un’accorata purezza nell’amare il mondo, il mio non è che amore, nudo amore, senza futuro. Troppo perduto nel brusio del mondo, troppo cosparso dell’amaro di un pur triste, chapliniano riso... È resa. Umile ebbrezza del contemplare, partecipe, sviscerato – e inattivo. Umile riscoperta d’un allegro restare degli altri uomini al male: il reale, vissuto da loro in un empireo di luoghi miseri, ridenti, sulle rive di gai torrenti, sui gioghi di monti luminosi, sulle terre oppresse dall’antica fame... È senso della grandezza, questo senso che mi strugge sui minimi atti di ogni nostro giorno: riconoscenza per questo loro riapparire intatti a me sopravvissuto, e pieno ancora di stantio pianto...
Pier Paolo Pasolini (La religione del mio tempo)
Aveva dell’amicizia, come del resto di parecchi altri sentimenti, un ideale che in questo caso non le sembrava - ma anche in altri casi non le era sembrato - che la presente amicizia esprimesse a pieno. Ma sovente rammentava a se stessa che esistono ragioni essenziali per cui gli ideali non riescono mai a concretizzarsi. Negl’ideali bisogna credere senza vederli; è questione di fede, non di esperienza. Tuttavia l’esperienza può fornircene imitazioni molto attendibili ed è saggio far loro buon viso. Il fatto è che in complesso Isabel non aveva mai incontrato un personaggio più simpatico e interessante di Madame Merle; non aveva mai conosciuto una persona che fosse priva come lei di quel difetto che forma l’ostacolo principale all’amicizia: quel riprodurre i lati più tediosi, stantii e troppo conosciuti del proprio carattere. La ragazza non aveva mai spalancato così le porte della sua confidenza; alla sua amabile ascoltatrice diceva cose che non aveva ancora mai detto ad alcuno. Talvolta si allarmava del suo candore: era come se avesse dato ad una persona quasi sconosciuta la chiave del suo cofanetto di gioielli. Queste gemme spirituali erano gli unici gioielli di qualche grandezza che Isabel possedeva, ragione di più per custodirli con ogni cura. Ma poi, sempre le tornava in mente che non ci si deve rammaricare per un generoso errore, e che se Madame Merle non aveva i pregi che essa le attribuiva, tanto peggio per Madame Merle. Non c’era dubbio che avesse grandi pregi: era attraente, simpatica, intelligente, colta. Più che questo (perché Isabel non aveva avuto la sfortuna di attraversare la vita senza incontrare numerose persone del suo sesso delle quali non si poteva onestamente dire di meno), era una donna rara, superiore, straordinaria. C’è tanta gente amabile nel mondo, e Madame Merle era lungi dall’avere un carattere volgarmente allegro, dal fare la spiritosa senza requie. Sapeva come si fa a pensare, dote rara nelle donne; e aveva pensato con molto costrutto. Naturalmente, sapeva anche come si fa a provare sentimenti: Isabel non avrebbe potuto passare una settimana con lei senza acquistarne la certezza. Questa era proprio la grande dote di Madame Merle, il suo dono più perfetto. La vita aveva lasciato il suo segno su di lei; ella ne aveva sentito tutta la forza, e faceva parte del godimento che dava la sua compagnia il fatto che, quando la ragazza parlava di ciò che si compiaceva di chiamare questioni serie, questa signora la comprendeva con facilità e subito. Le emozioni, questo è vero, oramai per lei appartenevano quasi alla storia; ella non faceva un segreto del fatto che la fonte della passione, per essere stata spillata con discreta violenza in un certo periodo, non scorreva più liberamente come un tempo. Per di più si proponeva, e insieme si aspettava, di diventare insensibile; ammetteva tranquillamente di essere stata un po’ pazza un giorno, ed ora ostentava di essere perfettamente savia.
Henry James (The Portrait of a Lady)
Based on a 1934 play by George S. Kaufman and Moss Hart, Merrily We Roll Along tells the story of three friends—Franklin Shepard, a composer; Charley Kringas, a playwright and lyricist; and Mary Flynn, a novelist—who meet in the enthusiasm of youth, when everything seems possible. The play traces what happens to their dreams and goals as time passes and they are faced with life’s surprises, travails, successes, and disappointments. The trick here is that the play moves chronologically backward. It begins on an evening in 1976 at a party for the opening of a movie Frank has produced. The movie is apparently a hit, but Frank’s personal life is a mess. His second wife, Gussie, formerly a Broadway star, was supposed to have starred in the movie but was deemed too old; she resents being in the shadows and suspects, correctly, that Frank is having an affair with the young actress who took over her part. Frank is estranged from his son from his first marriage. He is also estranged from Charley, his former writing partner—so estranged, in fact, that the very mention of his name brings the party to an uncomfortable standstill. Mary, unable to re-create the success of her one and only novel and suffering from a longtime unreciprocated love for Frank, has become a critic and a drunk; the disturbance she causes at the party results in a permanent break with Frank. The opening scene reaches its climax when Gussie throws iodine in the eyes of Frank’s mistress. The ensemble, commenting on the action much like the Greek chorus in Allegro, reprises the title song, asking, “How did you get to be here? / What was the moment?” (F 387). The play then moves backward in time as it looks for the turning points, the places where multiple possibilities morphed into narrative necessity.
Robert L. McLaughlin (Stephen Sondheim and the Reinvention of the American Musical)
Una sera di settembre l’Agnese tornando a casa dal lavatoio col mucchio di panni bagnati sulla carriola, incontrò un soldato nella cavedagna. Era un soldato giovane, piccolo e stracciato. Aveva le scarpe rotte, e si vedevano le dita dei piedi, sporche, color di fango. Guardandolo, l’Agnese si sentí stanca. Si fermò, abbassò le stanghe. La carriola era pesante. Ma il soldato aveva gli occhi chiari e lieti, e le fece il saluto militare. Disse: – La guerra è finita. Io vado a casa. Sono tanti giorni che cammino –. L’Agnese si slegò il fazzoletto sotto il mento, ne rovesciò le punte sulla testa, si sventolò con la mano: – Fa ancora molto caldo –. Aggiunse, come se si ricordasse: – La guerra è finita. Lo so. Si sono tutti ubriacati l’altra sera, quando la radio ha dato la notizia –. Guardò il viso del soldato e sorrise, un sorriso rozzo e inatteso sulla sua faccia bruciata dall’aria. – Io credo che i guai peggiori siano ancora da passare, – disse improvvisamente, con la rassegnata incredulità dei poveri; e il soldato si fregò le mani: era un ragazzo molto allegro.
Renata Viganò (L'Agnese va a morire)
Dieci volte devi vincere te stesso durante il giorno; ciò procura una buona stanchezza ed è papavero per l'anima. Dieci volte devi riconciliarti con te stesso; giacché il vincersi è amarezza, e chi non si riconcilia non dorme bene. Dieci verità devi trovare durante il giorno: altrimenti cerchi la verità anche di notte, e la tua anima resta affamata. Dieci volte devi ridere ed essere allegro durante il giorno: altrimenti la notte avrai disturbi di stomaco, questo padre dell'afflizione. Lo sanno pochi: ma per ben dormire bisogna avere tutte le virtù.
Friedrich Nietzsche
Non sapeva, lui che apriva il suo cuore all’aria aperta, che non rispettava altra legge al mondo se non la buona legge di natura, lui che lasciava scorrere le proprie passioni per i loro pendii, e in cui il lago delle grandi emozioni era sempre a secco, poiché vi apriva egli ogni mattina larghi e nuovi canali, non sapeva con quale furia questo mare di passioni umane fermenta e ribolle quando sia impedito a qualunque uscita, come si ammassa, come si gonfia, come deborda, come scava il cuore, come scoppia in singhiozzi interni e in sorde convulsioni fino a che non abbia rotto le dighe e aperto una crepa nel suo letto. L'involucro austero e glaciale di Claude Frollo, la sua fredda superficie di virtù impervia e inaccessibile aveva sempre ingannato Jehan. L'allegro scolaro non aveva mai pensato a quanta lava bollente, furiosa e profonda fosse sotto la fronte innevata dell'Etna.
Victor Hugo
(...) temiamo il domani solo perché non sappiamo costruire il presente, e quando non sappiamo costruire il presente ci illudiamo che saremo capaci di farlo domani, e rimaniamo fregati perché domani finisce sempre con diventare oggi, non so se ho reso l'idea. Quindi non bisogna affatto dimenticare. Occorre vivere con la certezza che invecchieremo e che non sarà né bello né piacevole né allegro. E ripetersi che ciò che conta è adesso: costruire, ora, qualcosa, a ogni costo, con tutte le nostre forze. (...) Ecco a cosa serve il futuro: a costruire il presente con veri progetti di vita.
Muriel Barbery
Frodo: “Non posso farlo, Sam.” Sam: “Lo so. È tutto sbagliato. Noi non dovremmo nemmeno essere qui. Ma ci siamo. È come nelle grandi storie, padron Frodo. Quelle che contano davvero. Erano piene di oscurità e pericoli, e a volte non volevi sapere il finale. Perché come poteva esserci un finale allegro? Come poteva il mondo tornare com’era dopo che erano successe tante cose brutte? Ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest’ombra. Anche l’oscurità deve passare. Arriverà un nuovo giorno. E quando il sole splenderà, sarà ancora più luminoso. Quelle erano le storie che ti restavano dentro, che significavano qualcosa, anche se eri troppo piccolo per capire il perché. Ma credo, padron Frodo, di capire, ora. Adesso so. Le persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l’hanno fatto. Andavano avanti, perché loro erano aggrappate a qualcosa.
J.R.R. Tolkien
Che cosa è la pace cristiana?”. “La Pace del Signore è la più grande felicità sulla terra, a cui può aspirare un viatore. Non è il mero equilibrio tra opposte fazioni, né l’assenza di guerra, né la quiete della pigrizia, né il silenzio degli oppressi, né la tranquillità del cinico. E nemmeno l’euforia instabile di questo nuovo umanesimo cristianoide e filantropico, ma senza vero amore di Carità. La Pace del Signore è la tranquillità nata dall’ordine autenticamente cristiano. È la calma spirituale e profonda che scaturisce dal dovere compiuto, non a motivo di quell’umanesimo che mette in disparte l’Altissimo, ma per amore al nostro Dio. La Pace è il silenzio interiore e molto allegro di chi si riposa, attivo e fiducioso, sulla Parola Divina; ma senza ritagli né adulterazioni dogmatiche. Non ci mancherebbe altro, che la Pace cristiana fosse come quella calma premonitrice che precede le tempeste! Nell’attuale regime della Fede, il Creatore desidera il progresso umano, ma solo quello che si raggiunge mediante l’amore di Carità; non lo pseudoprogresso, raggiunto dal puro umanesimo. Il progresso cristiano consiste nello sforzo continuo di ognuno di voi e di tutti per compiere integralmente la Legge di Nostro Signore Gesù Cristo.
Ricardo Perez Hernàndez (Al di là dello spazio e del tempo: Cosa c'è dopo la vita terrena? (Italian Edition))
Suona l'accidenti che vuoi, purché sia qualcosa di allegro!
Tex Willer
«Perché continui a voler stare con me? Non ne ottieni nulla, anzi, rischi di farti prendere per pazzo. Non ne vale la pena.»Feci un passo in avanti e appoggiai la mia fronte alla sua. Ero bagnato e lo bagnai, ma Ivan non si scostò. «Lo faccio perché non desidero altro che stare con te. L’idea di perderti mi distrugge. Non posso sopportarlo. Voglio stare con te. Adesso e sempre.»«Perché? Dimmi ciò che stavi per confidarmi in spiaggia.»Non risposi. Gli afferrai le guance e lo baciai. Ivan mi baciò a sua volta. Le nostre lingue si cercarono e si toccarono, assaporando ognuno il sapore dell’altro. Ivan si scostò solo un attimo. Era affannato, eccitato quanto me. «Prenderai freddo con quei vestiti addosso» disse. «Mi piace come scusa» risposi, ammiccando.Lui sorrise, allegro. Mi afferrò la maglia e me la sfilò dalla testa, buttandola a terra. Fece lo stesso con la sua e io mi incantai a guardarlo. Era splendido. Fui sui suoi pantaloni: slacciai il bottone e tirai giù tutto. Ivan fu svelto ad aiutarmi per liberarsi di tutto ciò che ci divideva dal piacere. Un attimo ed era completamente nudo, l’uccello eretto e duro in mezzo alle gambe. Mi leccai le labbra, assaporando in anticipo ciò che avrei avuto a breve. Lo desideravo. Lo volevo. Ivan fece lo stesso con me, togliendomi tutto ciò che portavo. Il suo sguardo indugiò sul mio cazzo. Ce l’avevo già duro e sul suo volto si formò un sorriso malizioso. Mi desiderava anche lui. I nostri corpi e le nostre anime si volevano completamente
Sara Santinato (Due anime)
Malgrado Aaron ci avesse provato energicamente, era palese che con quel tentativo non avesse cercato di intimidirlo o di costringerlo. Lo si poteva capire da come lo stava guardando in quel momento, quasi senza capire perché Jordan lo stesse rifiutando. E come spiegargli che no, non voleva stringere alcun rapporto? Che l’idea che qualcuno lo toccasse lì, dopo tanto tempo, gli faceva accapponare la pelle? Non era nulla di personale. Era l’equivalente di un ex-tossico a cui, dopo tanto tempo, veniva offerta una dose di qualcosa che poi gli sarebbe stata senz’altro negata. Era quello il punto di tutto: Jordan non poteva cedere. Non poteva giocare all’allegro branco felice, illudendosi che gesti e tocchi significassero davvero qualcosa perché, nel giro di poche ore, Aaron sarebbe tornato se stesso, e quel momento avrebbe perso di significato e importanza, ma sarebbe rimasto nella sua testa come un tarlo affamato. Era lì per fare il suo lavoro, nulla di più, non poteva prendersi certe libertà, soprattutto quando Aaron non era esattamente lucido e in grado di intendere e di volere. Era una questione piuttosto dibattuta anche in campo penale, perché i mutaforma trasformati non avevano la stessa lucidità della loro forma umana. Si trattava di due coscienze diverse e quella di lupo non aveva tutto il bagaglio di ricordi, anzi, tendeva a vivere nel presente
Sonja Kjell (Soli contro il mondo (The Pack Vol. 1))