Io E Annie Quotes

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A me m'ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, fran, giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, fran, cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, fran. Non c'è una ragione. Perché proprio in quell'istante? Non si sa. Fran. Cos'è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C'ha un'anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un'ora, un minuto, un istante, è quello, fran. O lo sapevano già dall'inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d'accordo, allora buonanotte, 'notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, fran. Non si capisce. È una di quelle cose che è meglio che non ci pensi, se no ci esci matto. Quando cade un quadro. Quando ti svegli un mattino, e non la ami più. Quando apri il giornale e leggi che è scoppiata la guerra. Quando vedi un treno e pensi io devo andarmene da qui. Quando ti guardi allo specchio e ti accorgi che sei vecchio. Quando, in mezzo all'Oceano, Novecento alzò lo sguardo dal piatto e mi disse: "A New York, fra tre giorni, io scenderò da questa nave". Ci rimasi secco. Fran.
Alessandro Baricco (Novecento. Un monologo)
Spazio Spazio spazio, io voglio, tanto spazio per dolcissima muovermi ferita: voglio spazio per cantare crescere errare e saltare il fosso della divina sapienza. Spazio datemi spazio ch’io lanci un urlo inumano, quell’urlo di silenzio negli anni che ho toccato con mano.
Alda Merini (Vuoto d'amore)
Quanti anni avevo quand'ho capito che su quel sentiero buio e solitario l'unica luce possibile era quella che io stessa avrei emanato?
Banana Yoshimoto (Kitchen)
La strada non presa Due strade divergevano in un bosco d'autunno e dispiaciuto di non poterle percorrere entrambe, essendo un solo viaggiatore, a lungo indugiai fissandone una, più lontano che potevo fin dove si perdeva tra i cespugli. Poi presi l'altra, che era buona ugualmente e aveva forse l'aspetto migliore perché era erbosa e meno calpestata sebbene il passaggio le avesse rese quasi uguali. Ed entrambe quella mattina erano ricoperte di foglie che nessun passo aveva annerito oh, mi riservai la prima per un altro giorno anche se, sapendo che una strada conduce verso un'altra, dubitavo che sarei mai tornato indietro. Lo racconterò con un sospiro da qualche parte tra molti anni: due strade divergevano in un bosco ed io - io presi la meno battuta, e questo ha fatto tutta la differenza.
Robert Frost
La maggior parte della gente non riesce a capire come qualcuno possa avere un successo internazionale a soli vent’anni e scegliere deliberatamente di gettare tutto al vento. Lo considera un delitto. Nell’immensa fiera dell’ego che è il mondo in cui viviamo puoi scegliere di rinnegare la tua stessa famiglia, di infischiarti della legge e di farti beffe della religione – di dissacrare insomma qualsiasi valore tradizionale – ma non puoi scegliere di rinunciare al successo. Semplicemente, è qualcosa di impensabile. Io l’ho fatto, e loro hanno deciso che dovevo essere pazzo.
Sara Zelda Mazzini (I Dissidenti)
I figli sono come orologi che non si possono ignorare; segnano l'inesorabile marcia della vita attraverso quello che altrimenti sembrerebbe un infinito are di minuti, ore, giorni, e anni.
John Grogan (Io & Marley)
un'eco di malinconia, sfuggita al suo controllo, perdersi nella miriade di pezzi che componevano il mosaico.«Eloise è tutta la mia vita».Non aveva avuto l'intenzione di dire nulla, in realtà non stava nemmeno pensando direttamente a lei.«Era appena nata e già insistevo per poterla prendere in braccio. Volevo sempre tenerla io, passavo ore a guardarla. Tanto che alla fine la prima volta che ha aperto gli occhi l'avevo in grembo e ha visto me. Tutti nella mia famiglia avevano gli occhi chiari mentre i suoi erano scurissimi. Mi innamorai all'istante», rise dolcemente. «Avevo tre anni e da allora non ho mai pensato nemmeno per un momento che potesse esserci un'altra.
Virginia De Winter (L'Ordine della spada (Black Friars, #1))
E tuttavia, amo anch'io il cinematografo; ma pur andandoci da tanti anni, non ho saputo farmene una cultura. Lui se ne è fatto, invece, una cultura: si è fatto una cultura di tutto quello che ha attratto la sua curiosità; e io non ho saputo farmi una cultura di nulla, nemmeno delle cose che ho più amato nella mia vita: esse sono rimaste in me come immagini sparse, alimentando sì la mia vita di memorie e di commozione ma senza colmare il vuoto, il deserto della mia cultura.
Natalia Ginzburg (The Little Virtues (English and Italian Edition))
Prima di guidicare la mia vita o il mio carattere, metti ti le mie scarpe, percorri il cammmino, che ho prcorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto e caddi la dove ho caduto io e rialzati come ho fatto io.
Luigi Pirandello
«Zeke forse ti ha chiesto una mano perché eri l’unico gay, ma credo si fidi di te. Altrimenti non saresti qui ora. Zeke ha scelto te, non un amico che conosce da quasi dieci anni. Io mi fido del giudizio di mio figlio, e di conseguenza mi fido di te. »
Susan Moretto (Principessina)
«Signora, dopo la guerra ritornerò. Mi permetta di tornare. Tutti i nostri contrasti tra Francia e Germania saranno vecchi... dimenticati... per almeno quindici anni. Una sera suonerò alla sua porta. Lei mi aprirà e non mi riconoscerà, perché sarò in abiti civili. Allora io dirò: “Sono... l'ufficiale tedesco... si ricorda? Ora c'è la pace, la felicità, la libertà. La porto via con me”. Partiremo insieme. Le farò visitare molti paesi. Io naturalmente sarò un compositore famoso, e lei sarà bella come adesso...»
Irène Némirovsky (Suite Française)
Bella & Edward: «Va bene. Lasciamo perdere i limiti temporali. Se vuoi che sia io a compiere il gesto... lo farò ma a una condizione». Mi sentii mancare la voce. «Quale?». Il suo sguardo era prudente. Parlò lentamente: «Prima sposami». [...] «E dai», risposi con un velo di isteria nella mia voce. «Ho soltanto diciotto anni». «Be', io quasi centodieci. È ora che metta la testa a posto».
Stephenie Meyer (New Moon (The Twilight Saga, #2))
Quello che io penso, è che una parte di te vuole allontanarsi da me, è vero. E probabilmente avrai le tue ragioni per farlo. Ma un'altra parte di te desidera disperatamente avvicinarsi a me. Ne sono sicuro. Qualunque cosa tu mi dica qui adesso, io devo credere a quella parte di te che mi chiede di aiutarti e mi cerca. Puoi raccontarmi quello che vuoi, darmi tutte le ineccepibili ragioni che vuoi, io non posso semplicemente dimenticarti e cancellare dalla mia memoria gli anni passati con te. Sono qualcosa che è realmente avvenuto nella mia vita, e non mi è possibile eliminarli come se niente fosse. Sarebbe come eliminare la mia stessa persona.
Haruki Murakami (The Wind-Up Bird Chronicle)
Mi vergognavo ad essere affascinato da quella storia e da quel criminale mostruoso, Jean-Claude Romand. A distanza di tempo, credo che ciò che avevo tanta paura di condividere con lui lo condivido, lo condividiamo lui e io, con la maggior parte della gente, anche se per fortuna la maggior parte della gente non arriva al punto di mentire per vent’anni e poi sterminare tutta la famiglia. Penso che anche le persone più sicure di sé percepiscano con angoscia lo scarto che esiste fra l’immagine di sé che bene o male cercano di dare agli altri e quella che hanno di loro stesse nei momenti d’insonnia, o di depressione, quando tutto vacilla e si prendono la testa fra le mani, sedute sulla tazza del cesso. In ciascuno di noi c’è una finestra spalancata sull’inferno; cerchiamo di starne alla larga il più possibile, e io, per una mia precisa scelta, ho passato a quella finestra, ipnotizzato, sette anni della mia vita.
Emmanuel Carrère (Le Royaume)
La serietà, caro mio, è una nota del tempo: nasce, te lo voglio confidare, dal sopravvalutare il tempo. Anch'io una volta stimavo troppo il tempo e desideravo però di arrivare a cent'anni. Ma nell'eternità, vedi, il tempo non esiste; l'eternità è solo un attimo, quanto basta per uno scherzo.
Hermann Hesse (Il lupo della steppa)
Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa - non importa quanti esattamente - avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. E' un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione.
Herman Melville (Moby Dick)
Vedi quest’uomo seduto qui? Una volta era un bambino, un bambino che era stato mandato via, allontanato dal padre che amava, dalla famiglia che amava, dalla casa in cui era nato e che amava. Era stato mandato via dal Paese che amava, spedito senza alcun riguardo in un Paese che non conosceva, a costruirsi la vita fra estranei. Gettato via come spazzatura. Pensi che questo uomo, che una volta era un bambino, costringerebbe la donna che ama più di chiunque altro al mondo a dare via il suo? Non in un milione di anni, mai. Daphne, il bambino che porti nel ventre è un Ingham e io sono sia Ingham sia Stanton. E che sia dannato se a far crescere questo bambino non sarò io stesso.»
Barbara Taylor Bradford (Cavendon Hall (Cavendon Hall, #1))
Ho capito da molto tempo che tutti gli esseri umani, ma proprio tutti, hanno bisogno di essere apprezzati da qualcuno. Basta anche solo una persona, purché sia quella giusta, a fare del nostro mondo un pianeta migliore. Parte del mio malcontento in questi anni è dovuto al fatto che io quella persona magica non l'ho ancora trovata. Tutti i miei problemi potrebbero passare in secondo piano se sentissi di essere davvero amata e accettata per quello che sono. Per una volta, io al primo posto. Per una volta, io senza limiti auto-imposti.
Anna Premoli
Fortuna che ci sono i Mondiali, ho aggiunto io. Così il tempo non diventa un blocco unico, e ogni quattro anni ci si può fermare a vedere cos'è cambiato
Eshkol Nevo (World Cup Wishes)
«Ci sono cose, Calen, che non cambieranno mai. Duemila anni non possono cancellare ciò che avvenne. E io so che ciò che cerco è in quella stanza. E che quella stanza esiste ancora.»
Chiara Cilli (I quattro Protetti (La guerra degli Dei, #1))
A diciotto anni anch'io credevo che avrei sposato il tizio con cui stavo, che gli amici con cui uscivo sarebbero stati i pilastri della mia vita, e che la piccola e casuale rete di rapporti in cui mi muovevo sarebbe stata la base inclusiva su cui innestare tutte le relazioni future. Non avrei perso nessuno, questo credevo, e non mi passava nemmeno per la testa che i nomi delle persone che in quel momento consideravo care sarebbero stati dimenticati, i loro volti confusi con altri e le loro esistenze così lontane dalla mia da non desiderarne più alcuna notizia. Se mi avessero detto che un giorno, in cima al cumulo dei miei cadaveri sociali, la sola cosa che avrei ricordato di quella gente sarebbero stati i riti che avevamo condiviso non ci avrei creduto.
Michela Murgia (Chirù)
Non posso più ascoltare tacendo. Devo parlarvi con i mezzi che ho a disposizione. Voi mi trafiggete l'anima.Io sono tra l'agonia e la speranza. Non ditemi che è troppo tardi, che questo prezioso sentimento è svanito per sempre. Vi offro di nuovo il mio cuore, vi appartiene ancor più di quando otto anni e mezzo fa voi quasi me lo spezzaste. Non dite per carità che l'uomo dimentica più della donna, che il suo amore è più rapido a morire. Non ho mai amato nessuna all'infuori di voi. Posso essere stato ingiusto, forse debole e offeso, ma incostante mai. Solo voi mi avete condotto a Bath. Penso e faccio progetti solo per voi. Non ve ne siete accorta? Possibile che non indoviniate i miei desideri? Non avrei atteso neanche questi dieci giorni se avessi conosciuto i vostri sentimenti. Devo andare senza conoscere il mio destino ma tornerò qui o vi seguirò non appena possibile. Una parola, uno sguardo saranno sufficienti a farmi entrare in casa di vostro padre questa sera o mai più.
Jane Austen (Persuasion)
Io ho solo sedici anni, e il mondo non lo conosco ancora bene, ma una cosa sola posso affermare con sicurezza: se io sono pessimista, un adulto che non lo sia, in questo mondo, è proprio un cretino.
Haruki Murakami (The Wind-Up Bird Chronicle)
E adesso ti sto guardando e tu mi chiedi se ti voglio ancora, come se io potessi smettere di amarti. Come se potessi essere disposto ad abbandonare la cosa che più di ogni altra mi rende forte. Non ho mai osato dare tanto di me a nessuno, prima d'ora. Poche briciole ai Lightwood, a Isabelle e ad Alec, e mi ci sono voluti anni… Ma, Clary, dalla prima volta che ti ho vista, io ti sono appartenuto completamente. Ed è ancora così. Se tu mi vuoi.
Cassandra Clare (City of Glass (The Mortal Instruments, #3))
Avevo già passato i trent'anni e avrei dovuto imparare qualche cosa da quello che mi era successo. Ma solo tardi imparai che non s'impara quasi mai niente. Noi rimaniamo sempre gli stessi. Le esperienze della vita, gli insegnamenti delle persone più sagge, ci impolverano un poco, come quando camminiamo per una vecchia strada di campagna, ma basta soffiare su quel po' di polvere perché noi ritorniamo tali e quali come eravamo prima di ogni insegnamento. Così continuai a commettere gli stessi errori. Per fortuna, lavorando quattordici, sedici ore al giorno, scrivendo quattro, cinque romanzi e centinaia di racconti all'anno, avevo poco tempo per commettere errori. Ma ne commettevo sempre. [dalla Prefazione: Io, Vladimir Scerbanenco]
Giorgio Scerbanenco (La Milano nera)
Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell’appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto - gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido, quelle parole - è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione.
Elena Ferrante (La vita bugiarda degli adulti)
Stamattina ho avuto un'illuminazione: è tutta colpa mia. Il mio errore pià grave è stato di non capire che il tempo passa. Il tempo passava e io ero fissa nell'atteggiamento della sposa ideale di un marito ideale. Invece di rianimare la nostra vita sessuale m'incantavo nel ricordo delle nostre notti di una volta. Mi immaginavo di aver conservato il mio viso e il mio corpo di trent'anni invece di curare il mio fisico. Ho lasciato atrofizzare la mia intelligenza; non mi coltivavo più; mi dicevo: 'più tardi, quando le bambine mi avranno lasciata'. Si, la giovane studentessa che Maurice sposò, che si appassionava agli avvenimenti, alle idee, ai libri, era ben diversa dalla donna di oggi, il cui universo è tutto in queste quattro mura. Ed è vero che avevo la tendenza a imprigionarvi Maurice. credevo che la sua famiglia dovesse bastargli, credevo di averlo tutto per me. In generale davo tutto per scontato, e questo deve averlo seccato, lui che cambia, che mette sempre in questione tutte le cose. La noia non perdona" -Una donna spezzata-
Simone de Beauvoir
M'accorsi, camminando, che ripensavo a quella sera diciassette anni prima, quando avevo lasciato Torino, quando avevo deciso che una persona può amarne un'altra più di sé, eppure io stessa sapevo bene che volevo soltanto uscir fuori, metter piede nel mondo, e mi occorreva quella scusa, quel pretesto, per fare il passo. La sciocchezza, l'allegra incoscienza di Guido quando aveva creduto di portarmi con sé e mantenermi - sapevo già tutto fin dal principio. Lo lasciai fare, provare, dibattersi. L'aiutavo persino, uscivo prima dal lavoro per tenergli compagnia. Quello il mio broncio e malvolere, secondo Morelli. Avevo riso e fatto ridere tre mesi il mio Guido: era servito a qualcosa? Nemmeno di piantarmi lui era stato capace. Non si può amare un altro più di se stessi. Chi non si salva da sé, non lo salva nessuno.
Cesare Pavese (Among Women Only)
Miracolosamente, da anni, il suo destino trattiene il fiato. Ma un giorno tornerà a respirare. E lei se ne andrà. Non è nemmeno così orribile come sembra. Sai, ogni tanto penso... forse Jun è così bella perché ha addosso il suo destino, limpido e semplice. Dev'essere una cosa che ti rende speciale. Lei ce l'ha. Di quel giorno, sul molo di Morivar, io non dimenticherò mai due cose: le sue labbra, e come stringeva quel pacco. Adesso so che stringeva il suo destino. Non lo mollerà solo perché mi ama. E io non glielo ruberò solo perché la amo. Gliel'ho promesso.
Alessandro Baricco (Castelli di rabbia)
Mentre parlava mi sentii improvvisamente in colpa. In colpa perché io avevo quarantacinque anni e lui nemmeno trenta. Una colpa anagrafica, oggettiva. Gli adulti sono sempre colpevoli quando i giovani vivono in un mondo che fa schifo. Di chi altri dovrebbe essere la responsabilità?
Nicola Lagioia (La città dei vivi)
Tutto è portare a termine e poi generare. Lasciar compiersi ogni impressione e ogni germe d’un sentimento dentro di sé, nel buio, nell’indicibile, nell’inconscio irraggiungibile alla propria ragione, e attendere con profonda umiltà e pazienza l’ora del parto d’una nuova chiarezza: questo solo si chiama vivere da artista: nel comprender come nel creare. Qui non si misura il tempo, qui non vale alcun termine e dieci anni son nulla. Essere artisti vuol dire: non calcolare e contare; maturare come l’albero, che non incalza i suoi succhi e sta sereno nelle tempeste di primavera senz’apprensione che l’estate non possa venire. Ché l’estate viene. Ma viene solo ai pazienti, che attendono e stanno come se l’eternità giacesse avanti a loro, tanto sono tranquilli e vasti e sgombri d’ogni ansia. Io l’imparo ogni giorno, l’imparo tra i dolori, cui sono riconoscente: pazienza è tutto!
Rainer Maria Rilke (Letters to a Young Poet)
Fu durante quel percorso verso via Orazio che cominciai a sentirmi in modo chiaro un'estranea resa infelice dalla mia stessa estraneita'. Ero cresciuta con quei ragazzi, ritenevo normali i loro comportamenti, la loro lingua violenta era la mia. Ma seguivo anche quotidianamente, ormai da sei anni, un percorso di cui loro ignoravano tutto e che io invece affrontavo in modo cosi brillante da risultare la piu' capace. Con loro non potevo usare niente di cio' che imparavo ogni giorno, dovevo contenermi, in qualche modo autodegradarmi. Cio' che ero a scuola, li ero obbligata a metterlo tra parentesi o a usarlo a tradimento, per intimidirli.
Elena Ferrante (My Brilliant Friend (My Brilliant Friend #1))
e la risposta - adesso lo so - era in fondo solo una: la vera dignità è di che non pensa mai di essere inutile. Lei, Eichmann, mi dice "eseguivo gli ordini, perché se non l'avessi fatto avrebbero messo un altro". E' come dire: ero una ruota dell'ingranaggio, qualunque cosa facessi era inutile. Ebbene, Sophie Scholl poteva pensare "ho vent'anni, se accuso Hitler di genocidio cosa ottengo? Mi faranno fuori e tutto continuerà come niente fosse". Qui però sta il punto: Sophie Scholl non lo pensò. Gridò, gettò i suoi volantini. Lo fece, mi spiego? Lo fece. E non fu inutile. Perché io oggi, qui, posso dirle che imparo da lei. E non il coraggio, no: la dignità.
Stefano Massini (Eichmann: dove inizia la notte)
Se mai continga che 'l poema sacro al quale ha posto mano e cielo e terra, sì che m'ha fatto per molti anni macro, vinca la crudeltà che fuor mi serra del bello ovile ov'io dormi' agnello, nimico ai lupi che li danno guerra; con altra voce omai, con altro vello ritornerò poeta, e in sul fonte del mio battesmo prenderò 'l cappello
Dante Alighieri (The Divine Comedy)
Io mi diverto ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così.
Oriana Fallaci
Quando abbiamo finito sono andato a fare una passeggiata da solo, fino alla collina che anni prima in un giorno di neve io e Guido avevamo risalito per contemplare il passaggio. Ho cercato il punto preciso in cui ci eravamo fermati e ho guardato in basso come avevamo fatto allora, ed era strano vedere una casa sola dove ce n'erano state due.
Andrea De Carlo (Due di due)
«Ma non è vero!» obiettò Topher. «So che gli eroi esistono, perché io sono l’eroe di mio fratello minore. Non è facile, non è sempre divertente, bisogna fare molte scelte difficili e ogni tanto bisogna dimenticarsi di sé per aiutare le persone a cui si vuole bene. Ma essere un eroe è una scelta, e tu hai scelto di deludere milioni di persone lasciando la serie! Non venirmi a dire che gli eroi non esistono, quando sei semplicemente troppo egoista per esserlo!» A quelle parole, Joey, Sam e Mo si aspettavano che Cash si arrabbiasse molto, ma l’attore non sembrava affatto furioso. Al contrario, si mise a fissare Topher con sguardo afflitto, come se fosse un bambino triste. «Ti sbagli, Topher» disse Cash. «Puoi dedicare anni della tua vita a fare tutto quello che hai appena detto, e deludere comunque gli altri non appena scegli te stesso. Non puoi controllare la felicità di tuo fratello, come io non posso controllare la tua. La verità è che si è responsabili di una persona sola, e quella persona siamo noi. Credimi, ho imparato la lezione nel modo più duro»
Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
Ora sto camminando verso di loro, sull'erba scaldata dal sole – no. Non verso di loro. Per cinque anni, non ho osato nemmeno sognarlo; ma in questi giorni, è sempre nei miei sogni. Siamo sopravvissuti a rapimenti, alla morte, alla rabbia e al dolore e alla perdita; a mesi di separazione e alla luce spietata della pubblicità. David è stato la mia ancora, la mia zavorra, la mia stella polare. Come una volta mi ha promesso, è stato con me in ogni momento, anche quando io ero qui, a scuola, e lui a migliaia di miglia di distanza, tra le sue amate montagne. E lui sarà al mio fianco quando me ne andrò a Stanford. Lui è stato al mio fianco per tutto il tempo. Cammino sull'erba illuminata dal sole, e mi getto fra le sue braccia. Sono a casa
Rowan Speedwell (Finding Zach (Finding Zach, #1))
È tempo che lei cominci a prepararsi per affrontare la morte con dolcezza. Se lei continuerà a investire troppe energie solo nel vivere, non riuscirà a morire bene. Un poco alla volta è necessario fare questo cambiamento. In un certo senso vivere e morire si equivalgono, dottoressa." Quella sera, nel suo grande letto immacolato, Satsuki pianse. Riconobbe il fatto che si stava dolcemente avviando verso la morte. Riconobbe di avere una pietra bianca e dura dentro il suo corpo. Riconobbe che da qualche parte nel buio si nascondeva un serpente verde tutto ricoperto di squame. Pensò al bambino che non era mai nato. Lei se n'era liberata e l'aveva gettato in un pozzo senza fine. E aveva continuato a odiare un uomo per trent'anni. Gli aveva augurato di morire fra atroci dolori. Per quello nel fondo del cuore aveva sperato persino in un terremoto. In un certo senso, si disse, sono stata io a provocare quel terremoto. Lui ha trasformato il mio cuore e il mio corpo in una pietra. Le scimmie color cenere in quella montagna lontana l'avevano guardata in silenzio. In un certo senso vivere e morire si equivalgono, dottoressa.
Haruki Murakami (After the Quake)
«Ecco il problema, Nicky, vero?» «Cosa?» «A te non importa. Non ti è mai importato.»«Di cosa diavolo stai parlando?» «Quando voi ragazzi decideste di cogliere al volo l’occasione per buttare fuori a calci Jess dalla band, avete mai tenuto conto di come potevo sentirmi io al riguardo?» «Dio, sei così gay. Perché diamine avrebbe mai dovuto riguardarti la cosa? Ok, è stato uno schifo, ma vabbè. È così che funziona.» «Mi riguardava perché ero innamorato di lui, testa di cazzo. Lo ero, lo sono, lo sono da anni…» la voce di Shane si affievolì.Nick si bloccò. «Tu eri innamorato di… Jesse?» «Sì. E la faccia che stai facendo in questo momento è il motivo per cui non te l’ho mai detto. Voi ragazzi avete mandato tutto a puttane quando lo avete fatto fare a me.»
Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me." "Cosa? In che senso?" "Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare. Sto parlando di attraversare la notte insieme. Le notti sono la cosa peggiore, non trovi?
Kent Haruf (Our Souls at Night)
«Senti» mi interruppe, «tra voi c’è una bella amicizia. Forse anche qualcosa in più. E io ti invidio. Al posto mio, la maggior parte dei genitori spererebbe che tutto si dissolva, o pregherebbe che il figlio ne esca indenne. Ma io non sono così. Al posto tuo, se il dolore c’è, lo farei sfogare, e se la fiamma è accesa, non la spegnerei, cercherei di non essere troppo duro. Chiudersi in se stessi può essere una cosa terribile quando ci tiene svegli di notte, e vedere che gli altri ci dimenticano prima di quanto vorremmo non è tanto meglio. Rinunciamo a tanto di noi per guarire più in fretta del dovuto, che finiamo in bancarotta a trent’anni, e ogni volta che ricominciamo con una persona nuova abbiamo meno da offrire. Ma non provare niente per non rischiare di provare qualcosa… che spreco!»
André Aciman (Call Me by Your Name)
Sicché andò a finire che feci il tema sul guantone da baseball di mio fratello Allie. […] Mio fratello Allie, dunque aveva quel guantone da prenditore, il sinistro. Lui era mancino. La cosa descrittiva di quel guanto, però, era che c’erano scritte delle poesie su tutte le dita e il palmo e dappertutto. In inchiostro verde. Ce le aveva scritte lui, così aveva qualcosa da leggere quando stava ad asp...ettare e nessuno batteva. Ora è morto. Gli è venuta la leucemia ed è morto quando stavamo nel Maine, il 18 luglio del 1946. Vi sarebbe piaciuto. Aveva due anni meno di me, ma era cinquanta volte più intelligente di me. Era di un’intelligenza fantastica. […] Aveva solo tredici anni e loro volevano farmi psicanalizzare e compagnia bella perché avevo spaccato tutte le finestre del garage. Non posso biasimarli. Ho dormito nel garage la notte che lui è morto, e ho spaccato col pugno tutte quelle dannate finestre, così, tanto per farlo. Ho tentato anche di spaccare tutti i finestrini della giardinetta che avevamo quell’estate, ma a quel punto mi ero già rotto la mano eccetera eccetera, e non ho potuto. È stata una cosa proprio stupida, chi lo nega, ma io quasi non sapevo nemmeno quello che stavo facendo, e poi voi non conoscevate Allie.
J.D. Salinger (The Catcher in the Rye)
Mi alzo: sono contento. Vengano i mesi e gli anni, non mi prenderanno più nulla. Sono tanto solo, tanto privo di speranza che posso guardare dinanzi a me senza timore. La vita, che mi ha portato attraverso questi anni, è ancora nelle mie mani e nei miei occhi. Se io abbia saputo dominarla, non so. Ma finché dura, essa si cercherà la sua strada, vi consenta o non vi consenta quell'essere, che nel mio interno dice "io
Erich Maria Remarque (All Quiet on the Western Front)
«Eri il mio migliore amico,» mormorò Mason quando mancavano solo due piani all’arrivo dell’ascensore. «Eri il mio migliore amico e io ti ho trattato come una merda. E anche tu l’hai fatto. Perché non sei venuto da me quando l’hai capito? Quando hai pensato di essere gay? Ti sei rivolto a uno che quasi non conoscevi, un tizio a cui fino a qualche giorno prima a malapena rivolgevi la parola. Hai confidato a Gabe i tuoi segreti e non hai detto nulla a me! Ci conosciamo da dieci anni.» Zeke si sentì a disagio, perché quello che aveva detto Mason era completamente sbagliato e al tempo stesso completamente vero: Zeke per primo aveva tradito la loro amicizia. Non era andato da lui a confidarsi, aveva cercato supporto altrove. Avrebbe potuto incolpare la paura di non essere accettato, ma il vero problema era che non aveva avuto fiducia nella loro amicizia
Susan Moretto (Principessina)
«È stato davvero il loro padre? È questo che si dice a scuola: che suo padre lo ha riempito di botte. Giocava a football da giovane. C’è la sua cazzo di foto nella bacheca dei trofei in palestra. Per tutta la mattina c’è stato un fottuto pellegrinaggio davanti a quella teca, tutti che guardavano la faccia del mostro. Io sono come lui, in tutto e per tutto: giocatore di football, linebacker, e testa di cazzo. Ho avuto paura. Fra vent’anni potrei essere io quello che ammazza di botte il proprio figlio e non voglio.» Zeke non sapeva se stava per dire una bugia, ma parlò lo stesso, perché se non aveva dato fiducia a Mason quando era il momento, forse poteva dargliela ora. A volte una bugia può spingerci a essere migliori. «Non saresti mai stato come Lance Scott. Quello stronzo. Io lo so.» Mason scosse la testa. «Sono stato un vigliacco.» «Ora non più »
Susan Moretto (Principessina)
C'è che noi, nella storia, siamo dalla parte del riscatto, loro dall'altra. Da noi, niente va perduto, nessun gesto, nessuno sparo, pur uguale al loro, m'intendi? Uguale al loro, va perduto, tutto servirà se non a liberare noi e a liberare i nostri figli, a costruire un'umanità senza più rabbia, serena, in cui si possa non essere cattivi. L'altra è la parte dei gesti perduti, degli inutili furori, perduti e inutili anche vincessero, perché non fanno storia, non servono a liberare ma a ripetere e perpetuare quel furore e quell'odio, finché dopo altri venti o cento o mille anni si tornerebbe così, noi e loro, a combattere con lo stesso odio anonimo negli occhi e pur sempre, forse senza saperlo, noi per redimercene, loro per restarne schiavi. Questo è il significato della lotta, il significato vero, totale, al di là dei vari significati ufficiali. Una spinta di riscatto umano, elementare, anonimo, da tutte le nostre umiliazioni: per l'operaio dal suo sfruttamento, per il contadino dalla sua ignoranza, per il piccolo borghese dalle sue inibizioni, per il paria dalla sua corruzione. Io credo che il nostro lavoro politico sia questo, utilizzare anche la nostra miseria umana, utilizzarla contro se stessa, per la nostra redenzione, così come i fascisti utilizzano la miseria per perpetuare la miseria, e l'uomo contro l'uomo.
Italo Calvino (Il sentiero dei nidi di ragno)
Sessanta donne crocifisse!” Che uomo stupido, privo di tatto! La Cristianità rabbrividirà con orrore alla notizia. “Profanazione del simbolo sacro.” Questo è quanto griderà la Cristianità. Sì, la Cristianità si agiterà. Può sentirmi accusato di mezzo milione di omicidi l’anno per vent’anni e mantenere la sua compostezza, ma profanare il Simbolo è tutt’altra storia. Lo considererà un fatto grave. Si sveglierà e vorrà dare un’occhiata al mio passato. Agitarsi? Lo farà senz’altro, mi sembra già di sentire un lontano brusio… È stato un errore crocifiggere le donne, chiaramente un errore, palesemente un errore, ora me ne accorgo anch’io, e mi dispiace che sia accaduto, davvero mi dispiace. Credo che sarebbe stata una risposta altrettanto buona scorticarle vive… [Con un sospiro] Ma nessuno di noi ci ha pensato; non si può pensare a tutto; e in fondo, tutto sommato, errare non è che umano.
Mark Twain (Soliloquio di Re Leopoldo: Apologia del suo ruolo in Congo)
Mi fai schifo." "Da che pulpito," ribatté Cathy. "Tu sei una puttana tanto quanto me." Quando si volse Dan afferrò l'orlo della sua maglietta con entrambe le mani, se la tolse in un gesto fluido insieme al reggiseno sportivo e s'indicò il petto nudo. "O mio dio, vedi queste? Si chiamano tette. E' questo che mi rende una puttana? Questo?" Dan fece scattare una mano tra di loro e Cathy si mosse sulla sedia, a disagio. "Questo è quello che faccio. Io mi spoglio. Io ballo. Lavoro su un palco cinque notti la settimana. Ballo la lap dance per dei viscidi che sono incapaci di prendere l'iniziativa da soli. Ma non lascio che mi tocchino e riesco comunque a guadagnare abbastanza da permetterci di restare a galla. Vaffanculo! Ho diciassette anni! Sono troppo giovane per farti da madre!" "Nessuno ti ha mai chiesto di farlo..." "Ma io ti ho chiesto di esserlo per me. Grazie per aver fallito in maniera così spettacolare.
Nora Sakavic
La bellezza è una cosa terribile e paurosa. Paurosa, perché è indefinibile, e definirla non si può, perché Dio non ci ha dato che enigmi. Qui le due rive si uniscono, qui tutte le contraddizioni coesistono. Io, fratello, sono molto ignorante, ma ho pensato molto a queste cose. Quanti misteri! Troppi enigmi sulla terra opprimono l’uomo. Scioglili, se puoi, e torna salvo alla riva. La bellezza! Io non posso sopportare che un uomo, magari di cuore nobilissimo e di mente elevata, cominci con l’ideale della Madonna e finisca con l’ideale di Sodoma. Ancora più terribile è quando uno ha già nel suo cuore l’ideale di Sodoma e tuttavia non rinnega nemmeno l’ideale della Madonna, anzi, il suo cuore brucia per questo ideale, e brucia davvero, sinceramente, come negli anni innocenti della giovinezza. No, l’animo umano è immenso, fin troppo, io lo rimpicciolirei. Chi lo sa con precisione cos’è? Lo sa il diavolo, ecco! Quello che alla mente sembra un’infamia, per il cuore, invece, è tutta bellezza. Ma c’è forse bellezza nell’ideale di Sodoma? Credimi, proprio nell’ideale di Sodoma la trova l’enorme maggioranza degli uomini! Lo conoscevi questo segreto, o no? La cosa paurosa è che la bellezza non solo è terribile, ma è anche un mistero. E’ qui che Satana lotta con Dio, e il loro campo di battaglia è il cuore degli uomini. Già, la lingua batte dove il dente duole…E ora veniamo al fatto. Ascolta.
Fyodor Dostoevsky
Esterina, i vent’anni ti minacciano, grigiorosea nube che a poco a poco in sé ti chiude. Ciò intendi e non paventi. Sommersa ti vedremo nella fumea che il vento lacera o addensa, violento. Poi dal fiotto di cenere uscirai adusta più che mai, proteso a un’avventura più lontana l’intento viso che assembra l’arciera Diana. Salgono i venti autunni, t’avviluppano andate primavere; ecco per te rintocca un presagio nell’elisie sfere. Un suono non ti renda qual d’incrinata brocca percossa!; io prego sia per te concerto ineffabile di sonagliere. La dubbia dimane non t’impaura. Leggiadra ti distendi sullo scoglio lucente di sale e al sole bruci le membra. Ricordi la lucertola ferma sul masso brullo; te insidia giovinezza, quella il lacciòlo d’erba del fanciullo. L’acqua’ è la forza che ti tempra, nell’acqua ti ritrovi e ti rinnovi: noi ti pensiamo come un’alga, un ciottolo come un’equorea creatura che la salsedine non intacca ma torna al lito più pura. Hai ben ragione tu! Non turbare di ubbie il sorridente presente. La tua gaiezza impegna già il futuro ed un crollar di spalle dirocca i fortilizî del tuo domani oscuro. T’alzi e t’avanzi sul ponticello esiguo, sopra il gorgo che stride: il tuo profilo s’incide contro uno sfondo di perla. Esiti a sommo del tremulo asse, poi ridi, e come spiccata da un vento t’abbatti fra le braccia del tuo divino amico che t’afferra. Ti guardiamo noi, della razza di chi rimane a terra
Eugenio Montale (Tutte le poesie)
...oh, mi sono divertita in quegli anni, credo", stava dicendo April. "Me lo ricordo sempre come un periodo felice, stimolante, e ritengo che lo sia stato, eppure", la sua voce non era più monocorde, adesso, "eppure mi pareva ancora...non so". "Ti pareva ancora che stessi perdendo il meglio della vita?" "In un certo senso, sì. Avevo ancora l'impressione che da qualche parte esistesse tutto un mondo di gente meravigliosa, un mondo altrettanto superiore al mio di quanto lo erano le ragazze dell'ultimo anno, a Rye, quando io facevo la prima media; gente che sapeva ogni cosa per istinto, che dava alla propria esistenza la direzione che più gli garbava senza neppure il minimo sforzo, che non doveva mai far buon viso a cattivo gioco perché gli riusciva sempre tutto alla perfezione la prima volta che ci provava. Una specie di eroici superuomini, tutti belli e spiritosi e calmi e gentili, e mi sono sempre immaginata che, se mi fosse stato dato di scoprirli, subito mi sarei resa conto di appartenere anch'io alla loro razza, di essere una di loro, di essere da sempre destinata a essere una di loro, e che tutto ciò che era accaduto nel frattempo era stato un errore; e anche loro l'avrebbero capito. Ero una specie di brutto anatroccolo tra i cigni, insomma". [...] April non aveva davvero voglia di parlare; non con lui, comunque. Tutto quel che voleva era sfogarsi, liberarsi recitando la parte della malinconica e della disillusa, e aveva scelto lui come spettatore.
Richard Yates (Revolutionary Road)
Senti, sono poche le persone che incontrano la loro anima gemella a sei anni. E bisogna pur passare il tempo, in un modo o nell'altro. Ingrid era molto... paziente. Straordinariamente paziente. Disposta ad accettare comportamenti assurdi nella speranza che un giorno io mi dessi una regolata e sposassi la sua infelice persona. Quando qualcuno è così paziente tu sei obbligato a provare gratitudine nei suoi confronti e di conseguenza vorresti fargli del male per punirlo. Capisci cosa intendo?
Audrey Niffenegger (The Time Traveler’s Wife)
Non mi pento di quello che ho fatto,” continuò Marshell con un sospiro e rilassandosi un po’. “Sono certo che Lawson ti ha detto che anni fa siamo stati amanti, e quindi sapevo che la gelosia nei miei confronti ti avrebbe spinto verso di lui, facendoti smettere di fuggire. Gli voglio bene come a un fratello, Heller, e non potevo guardarti andar via da lui senza… fare qualcosa.” “Perciò mi hai costretto a combattere per lui.” “Sì, ti ho fatto combattere per lui. Lawson merita la felicità. Merita un compagno. Merita te, Heller.” “Io… pensavo non mi ritenessi alla sua altezza,” replicò Heller. “Oh, santo cielo,” gemetti, con il cuore che rischiava di andare in pezzi. “Mi dispiace, ma ho fatto quello che ho fatto proprio perché sapevo che eri alla sua altezza, e volevo che anche tu lo capissi.” Quindi gli diede una pacca sulla schiena. “Benvenuto in famiglia, fratellino.” “Merda!” Heller osservò quelle braccia massicce. “Fratellino?” Marshell fece un sorrisetto. “Fidati, in me non c’è niente di ino
M.A. Church (Behind the Eight Ball (Fur, Fangs, and Felines #2))
Sono invecchiato di colpo. Anche i ragazzini, quelli nati negli anni Novanta, li incontri in giro con il SUV, il borsello e il riporto e ti parlano con cognizione di causa di commercialisti, Euribor e miniclub. E' così che sono passato dall'eternità della giovinezza all'horror vacui della senilità perdendomi le tappe intermedie. E mi sento invecchiare e più all'orizzonte vedo stagliarsi la mia personale visione dell'orologio biologico: l'immagine di mio padre che vuole che io erediti il bar di famiglia
Dario Ferrari (La ricreazione è finita)
Era un gioco molto bello, questo della guerra. Io avevo diciott'anni e mi ci sono divertito assai. Era divertente mettersi lo Sten a tracolla e le bombe a mano alla cintola. E ancora più divertente sparare. Ma, vedete, non era un gioco la guerra. Ci siamo sbagliati. Guardate i miei occhi vitrei, la bava sanguigna che mi esce dalla bocca, e quest'orribile colore giallo sparso per tutto il mio corpo! Credevamo di giocare, ed era invece una cosa terribile, spaventosa! Smettete, ragazzi, voi che siete in tempo!
Carlo Cassola (Fausto e Anna)
E la nostra vita conta sì per il fatto che io sono prete, lei giudice, il commissario commissario, e il professore pittore: ma l'infanzia, l'adolescenza, i luoghi in cui siamo vissuti, le persone tra cui abbiamo passato l'infanzia, l'adolescenza, la giovinezza? E i libri che abbiamo letto, e gli amori, e gli inganni? E possiamo anche fare a meno dell'adolescenza e della giovinezza: ma un uomo è quale i primi dieci anni di vita lo hanno fatto; e nulla sappiamo di lui se nulla sappiamo di questi suoi dieci anni...
Leonardo Sciascia (Todo modo)
Mi si forma un groppo in gola. È strano come le conseguenze dei nostri atti ci appaiano solo dopo averli commessi. Perché dovrebbero farlo prima? Non sarebbe più divertente se nella testa di un assassino una vocina gli dicesse giusto prima di commettere il suo crimine: “Ehi, ragazzo, no, non uccidere questa bella ragazza. È bella, brillante e con un bell’avvenire, in confronto a te che sei uno psicopatico, che non sarebbe mai dovuto uscire dai coglioni di tuo padre. Non sai che uccidere non è una bella cosa e che ti porterà solo un sacco di casini?” Nemmeno quando mangiamo tre Big Mac sentiamo la vocina che ci dice: "Ehi, ragazzo, non sei una donna, ma te la prenderai comunque in quel posto e a quarant' anni, non somiglierai più a niente. Mangiare frutta, no?" Niente “Ehi ragazzo” neanche quando ci si imbatte in un uomo dallo sguardo freddo, dal brutto carattere e da quella cosa indescrivibile che ci attira verso di lui, no, neanche in questo caso sentiamo la vocina. Tuttavia io la aspettavo, mi aspettavo che mi dicesse: “Ehi, ragazzo, sei sicuro di non esserti spinto un po’ troppo lontano?
Amheliie (Road (French Edition))
La macchina comincia a fare marcia indietro e io guardo fuori dal finestrino. Dom è ancora dove l’ho lasciato. Premo la mano contro il vetro, il palmo piatto. Lui solleva la sua e anche se non può sentirmi, gli prometto che tornerò. Per lui. Per noi. È sciocco, lo so. Non è così che gira il mondo. Ma ho solo sedici anni, e anche se per certi versi sono diverso da tutti quelli della mia età, sono ancora abbastanza giovane da credere di poter fare tutto. Basta solo volerlo. E così glielo prometto. Ti amo, penso. E non credo che smetterò mai. Non lo vedo più, ora.
T.J. Klune (The Art of Breathing (Bear, Otter, and the Kid, #3))
Non so se avrò tempo di scrivere altre lettere, perché forse sarò troppo impegnato a cercare a partecipare. Quindi, se questa dovesse essere l’ultima lettera, voglio che tu sappia che non stavo per niente bene prima di cominciare il liceo e tu mi hai aiutato. Anche se non sapevi di cosa parlavo o non conoscevi nessuno che aveva questi problemi, non mi hai fatto sentire solo. Perché io so che ci sono persone che dicono che queste cose non esistono. Perché ci sono persone che quando compiono diciassette anni, dimenticano com’era averne sedici. So che queste un giorno diventeranno delle storie e che le nostre immagini diventeranno vecchie fotografie e noi diventeremo il padre o la madre di qualcuno. Ma qui, adesso, questi momenti non sono storie, questo sta succedendo. Io sono qui e sto guardando lei. Ed è bellissima. Ora lo vedo, il momento in cui sai di non essere una storia triste. Sei vivo. E ti alzi in piedi e vedi le luci sui palazzi e tutto quello che ti fa restare a bocca aperta. E senti quella canzone, su quella strada, con le persone a cui vuoi più bene al mondo. E in questo momento, te lo giuro, NOI SIAMO INFINITO.
Stephen Chbosky (The Perks of Being a Wallflower)
«Perché non mi hai dimenticato e basta?» Shane scrutò di nuovo il viso di Jesse. «Perché disturbarti tanto per fare tutto questo? Tu hai i Moonlight. Adesso hai tutto ciò che desideravi.» «Non sono riuscito a dimenticarti. Solo Dio lo sa, ma volevo dimenticarmi di te. Però non ci sono riuscito. Il dolore non è mai sparito. Quindi, quando ho visto che sia i Luck che i Moonlight avrebbero fatto uscire l’album più o meno nello stesso periodo, mi è sembrata l’opportunità perfetta. E l’ho presa al volo.» «Cristo, Jesse,» sbottò Shane senza pensare. «Nemmeno io ti ho mai dimenticato. Allora ti amavo. Solo… pensavo di aver preso la decisione migliore per proteggere Nicky, per portarlo via da nostro padre. Ma ho odiato farti del male. L’ho odiato ogni maledetto giorno. Se potessi tornare indietro, non lo rifarei. È stato il più grande errore della mia vita, e mi dispiace. Mi dispiace tanto. Non hai idea di come io…» la voce di Shane si incrinò e tremò. Deglutì a fatica. «Tutti questi anni con i Luck, non sono mai sembrati completi senza di te.» «Allora mi amavi,» disse Jesse piano, avvicinandosi di un altro passo. «E adesso?» «Io…» Shane esitò
Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
Sul serio, Taff. Mi ami? Voglio dire, mi ami davvero? Non solo perché siamo cresciuti insieme o stronzate del genere. Ma amore, nel senso di amore vero?” “Amore tipo 'ti-sposerei-se-solo-in-Colorado-fosse-legale', ecco che tipo di amore,” disse serio David. Si piegò in avanti e appoggiò la testa contro l'addome di Zach, passando le braccia attorno ai suoi fianchi e appoggiandole sul tavolo dietro di lui. “Sono innamorato di te da sette fottuti anni, Zach Tyler, da quando mi hai baciato, e non mi importa se hai delle cicatrici o i pidocchi o i nervi a fior di pelle, ti amo e voglio stare con te. Puoi scappare, nasconderti e fare finta di niente, se vuoi; non ti chiedo nulla. Ma voglio che tu sappia quello che provo. So che non sei ancora pronto per una relazione seria, e va bene. Posso aspettare.” Zach passò le mani tra i capelli arruffati di David, giocando con le ciocche screziate. “Sei completamente matto, lo sai, Taff? Proprio non riesco a capire perché diavolo tu voglia qualcuno come me. Sono del tutto fuori di testa; credo che tu te ne sia accorto, dopo ieri notte. Ma, Gesù, quanto lo voglio. Lo voglio davvero. Sono solo un po' spaventato.” “Lo so. Anch'io
Rowan Speedwell (Finding Zach (Finding Zach, #1))
«Però voi non mi abbandonerete, non mi lascerete solo, verrete a me o mi permetterete di venire a voi! Fuggiremo insieme, e se non potremo fuggire parleremo, voi delle persone che amate, io delle persone che amo. Dovete pur amare qualcuno!». «Sono solo al mondo». «Allora amerete me. Se siete giovane, sarò vostro compare. Se siete vecchio, sarò vostro figlio. Ho un padre che dovrebbe avere settant’anni, se è ancora in vita. Amavo solo lui e una fanciulla di nome Mercédès. Mio padre non mi ha dimenticato, ne sono sicuro. Ma lei, Iddio solo sa se mi pensa ancora. Amerò voi come amavo mio padre».
Alexandre Dumas (Il Conte di Montecristo)
E cosa fanno i batteri, vivendo? Niente di nulla. Nulla di niente. Esistono. Sono. Vivono. Punto. Basta. Immagina lo sterminato, immoto panorama. In confronto un dojo di monaci zen sprofondati nella meditazione è la festa di Pamploma in cui i tori scorrazzano per le strade, è la serata d'apertura del Carnevale di Rio. Io penso, a volte, ai musoni eternamente annoiati, agli snob terminali, a quelli secondo cui non c'è mai niente di interessante da vedere, nulla di eccitante da fare. Ecco, mi piacerebbe che un qualche moderno Virgilio li accompagnasse a fare un giro fin laggiù, nell'Archeano: tre miliardi di anni fa.
Roberto Mercadini (Storia perfetta dell'errore)
Gli venne una voglia matta di rivedere la ragazza, ma stabilì che, prima, avrebbe dovuto fare qualcosa che giustificasse la stima che la ragazza gli aveva dimostrato. Era un debito da pagare, insomma. Come succede a me quando qualcuno mi chiama "dottore" e io mi dico sempre: "Bisogna che mi decida a prendere questa stramaledetta laurea!". È inutile tentar d'andare controccorrente: quando hai sgobbato trent'anni per farti un nome, la gente ti premia dandoti il titolo più generico e meno meritato che ci possa essere e, allora, bisogna cercare di adeguarsi. Se Pancho Villa resuscitasse e venisse a fare un giro in Italia, la gente gli direbbe: <>.
Giovannino Guareschi (Baffo racconta)
Connell tace di nuovo. Si china a baciarla sulla fronte. Io non ti farei mai del male, ok? dice. Mai. Lei annuisce e non dice niente. Mi fai molto felice, dice lui. Le passa la mano sui capelli e aggiunge: Ti amo. Non lo dico per dire, ti amo davvero. A lei tornano a riempirsi gli occhi di lacrime e li chiude. Questo momento le sembrerà di unintensità insopportabile anche nei ricordi, ma ne è già consapevole fin d'ora, mentre sta accadendo. Non si è mai considerata degna di essere amata da qualcuno. Adesso però ha una nuova vita, di cui questo è il primo istante, e anche dopo tanti anni penserà ancor: Sì, proprio così, quello è stato l'inizio della mia vita.
Sally Rooney (Normal People)
Una delle cose che impari quando diventi padre, una specie d’illuminazione che parte dal primo giorno e poi metti a fuoco meglio negli anni, è che non è vera quella storia che raccogli quel che semini. Seminare non serve a nulla se non predisponi anche un impianto di irrigazione, tieni lontani i parassiti, levi le erbacce, metti dei sostegni fino a quando le piante non saranno abbastanza forti per reggersi da sole. Se non sei lì a tirarle su quando il vento le ha piegate a terra. Vale per qualunque tipo di amore, ma io l'ho capito davvero solo così. Non si raccoglie quel che si semina e basta, non è vero niente. Raccogliamo solo ciò di cui ci prendiamo cura, sempre.
Matteo Bussola (Notti in bianco, baci a colazione)
«Oliver era Oliver» dissi, come se questo riassumesse tutto. «Parce que c’était lui, parce que c’était moi» aggiunse mio padre, citando la spiegazione onnicomprensiva data da Montaigne della sua amicizia con Etienne de la Boétie. Io, invece, stavo pensando alle parole di Emily Brontë: perché «lui è me più di me stessa» […] alla fine capivamo entrambi che lui era più me di quanto non fossi mai stato io, perché tanti anni prima, quando a letto lui diventava me e io diventavo lui, Oliver era e sarebbe rimasto per sempre, anche molto dopo che ogni strada imboccata nella vita ci aveva cambiato, mio fratello, mio amico, mio padre, mio figlio, mio marito, il mio amante, me stesso.
André Aciman (Call Me By Your Name (Call Me By Your Name, #1))
«Te l'ho detto, sono fatto così. Amo incontrare le persone, imparare a conoscerle, sapere come vivono. Voglio vivere un'esperienza e ritornare a casa avendo avuto un'idea di quello che è la vita in generale, delle situazioni più improbabili, dell'inatteso. Vivrò una vita semplice quando ritornerò, avrò un lavoro, un appartamento, una routine di merda dove non avrò la possibilità di incontrare persone che non facciano parte del mio ambiente sociale. E poi francamente, Travis, l’essere umano è così appassionante. Vedo questo viaggio come una lunga esperienza per il mio lavoro. Penso che tutte le esperienze siano degne di essere vissute, che siano la delusione, l'amore, la gioia, o la pena. Vivere significa conoscere ogni tappa sentimentale. Per esempio tutto è da provare, qualunque sia l'ordine, dobbiamo vivere la vita che ci detta il nostro destino, senza riflettere. E per farlo, bisogna incontrare delle persone, avere delle esperienze insolite come prendere lo zaino, la carta di credito e dirsi: “me ne vado per approfittare della mia gioventù prima di avere quarant' anni e realizzare che non ho vissuto”. Ecco io sono così, mi interesso alle persone, non è una cosa che si può spiegare altrimenti, è prendere o lasciare.» «Okay.» Un’unica parola di risposta, per tutto un monologo. Quando dico che questo ragazzo ha un contatore dev’essere senza dubbio vero
Amheliie (Road (French Edition))
Allora pensai alle tue bombe a mano, alla tua baionetta, alle tue armi; ora vedo la tua donna, il tuo volto, e quanto ci somigliamo. Perdonami, compagno! Noi vediamo queste cose sempre troppo tardi. Perché non ci hanno mai detto che voi siete poveri cani al par di noi, che le vostre mamme sono in angoscia per voi, come per noi le nostre, e che abbiamo lo stesso terrore, e la stessa morte e lo stesso patire... Perdonami, compagno, come potevi tu essere mio nemico? Se gettiamo via queste armi e queste uniformi, potresti essere mio fratello, come Kat, come Alberto. Prenditi venti anni della mia vita, compagno, e alzati; prendine di più, perché io non so che cosa ne potrò mai fare".
Erich Maria Remarque (All Quiet on the Western Front)
«Perché credi che stia facendo questa cosa? Questo viaggio, intendo? Per incontrare il principe azzurro? So bene che non siamo a Disney. La vita non è una fiaba. E non sono certo uno stupido che vive appollaiato su una nuvola.» Sento una risata soffocata da parte di Travis. Beh, almeno ride. Sempre meglio dei sospiri e dell’aria annoiata. «Tu ti sei appollaiato lì invece, Mack,» insiste. «Non ho mai incontrato qualcuno capace di tenere una conversazione di un’ora sulla dieta vegetariana e dello scontro culturale. Tu sei rimasto appollaiato troppo a lungo su quella nuvola.» «E tu, tu non sei altro che un brontolone solitario e abitudinario, incapace di vivere il momento, senza farti milioni di domande!» lo accuso con un tono infastidito. È l'ora dei complimenti. Ci conosciamo solo da quattro giorni, e ci siamo già scornati due volte. Come una coppia, come due fratelli, o come individui di una stessa rete di conoscenze che trascorrono parecchio tempo insieme e che si conoscono molto bene. Credo che l’esperienza con me sconvolga l'equilibrio abitudinario che Travis si è creato, più di quanto non pensi. In ogni caso, io ne sono sconvolto. «Ho già incontrato un matto come te, e mi basta per i prossimi trent' anni. Ho già avuto la mia dose di esempi, Mack.» Viene da ridere anche a me, divertito dal vederlo così stupido, così asociale, non sa proprio come interagire con gli altri.
Amheliie (Road (French Edition))
[...] Però io non sono solo me stesso, né vivo solamente la mia vita. Se scavo più a fondo, sono anche l'umanità inera e quella si spera che continuerà a fiorire anche dopo di me. Questo è effettivamente il mio desiderio egoistico in proposito, visto che molta parte di quanto io penso, come me, è ancorata in qualcosa che sta al di fuori del mio corpo. Qui siamo in un certo senso d'accordo. Io non sono solamente questo mio corpo. Non tutto nasce e muore con esso. Al giorno d'oggi è diffusa la falsa idea che il nostro ego sia al centro dell'universo. Ma non ti sembra un modo faticoso di vivere, sapendo che al centro dell'universo restano solamente pochi anni o poche decine di anni di esistenza?
Jostein Gaarder
Abbiamo questo ritratto di famiglia, non quello appeso in corridoio, ma un altro in cui avrò sei o sette anni. Fu una giornata infernale. Muriel aveva appiccicato una gomma da masticare sul libro di David, io avevo il raffreddore e i miei non la piantarono di litigare finché non scattò il flash. Però, nell'immagine abbiamo tutti un'aria così...felice. Ricordo di averla guardata e di aver pensato che le foto erano una finzione. Così, senza contesto, ti illudono di essere il fotogramma di una vita, ma il fatto è che la vita è fluida, mica una sfilza di fermo immagini. Quindi le foto sono una messinscena. Il che è uno dei motivi per cui le amavo. Tutti credono che dicano la verità, invece sono solo una bugia molto convincente.
V.E. Schwab (The Invisible Life of Addie LaRue)
Quando guardo Travis, ho l'impressione di conoscerlo da anni, sono riuscito a decifrare ciascuna delle espressioni del suo viso, a capire ciascuno dei suoi silenzi, e a interpretare ogni reazione del suo corpo. Non è più un segreto per me. E tuttavia, io custodisco ancora le mie parti d’ombra, quelle che lo spaventano. Lo vedevo nei suoi occhi, quando mi guardava senza dire niente, ci vedevo le sue domande. Quelle che gli bruciavano sulle labbra, ma che non osava mai pronunciare. Ma Travis ha rispettato la mia scelta, il mio silenzio, malgrado quello che desiderava lui. E abbiamo trascorso un mese insieme, un mese meraviglioso, un mese che non dimenticherò mai. In trentotto giorni accanto a lui ho appreso più sulla vita, sulle persone, sul mondo di quanto abbia fatto nei quattro anni di frequenza alla facoltà di sociologia. Travis Hamilton è la più bella esperienza umana che la vita mi ha dato. Lo so, perché viaggiare attraverso tutto il paese, e innamorarmi erano le due cose più meravigliose che volevo fare da quando ero bambino. Non potrò dimenticarlo mai. Malgrado le scelte immense che si offrono a noi, abbiamo deciso, per il bene di ciascuno, che le nostre strade si sarebbero separate. Avremmo potuto ritornare sulla nostra decisione, tentare di darci una possibilità, ma il risultato sarebbe stato lo stesso; talvolta l'amore non basta. Talvolta amarsi non ci permette di vincere la realtà. Talvolta le differenze sono talmente gigantesche che qualunque cosa si faccia, non si verrà mai a capo delle cose. Io e Travis siamo troppo diversi, e lo sappiamo. Ma questo non ci ha impedito di innamorarci, perché l'amore se ne fotte di tutto.
Amheliie (Road (French Edition))
A sei anni i miei genitori mi raccontarono che dentro il mio cranio c’era una gemma piccola e scura, che imparava a essere me. Microscopici ragni avevano tessuto una ragnatela dorata nel mio cervello, perché l’istruttore contenuto nella gemma potesse udire il sussurro dei miei pensieri. La gemma origliava i miei sensi e interpretava i messaggi chimici trasportati dalla circolazione sanguigna: la gemma vedeva, udiva, odorava, gustava e toccava il mondo esattamente come me, mentre l’istruttore monitorava i suoi pensieri e li confrontava con i miei. Ogni qualvolta questi pensieri erano sbagliati, l’istruttore, più veloce del pensiero, dava una risistemata alla gemma, facendo una piccola modifica qua e là, apportando i cambiamenti necessari per correggere i suoi pensieri. Perché? Perché quando non avessi più potuto essere me, la gemma avrebbe potuto esserlo al posto mio. Io pensai: “Se ciò che sento mi fa sentire strano e mi dà le vertigini, cosa deve provare la gemma?”. Esattamente la stessa cosa, riflettei; non sa di essere la gemma e anch’essa si domanda cosa può provare la gemma, rispondendosi poi: “Esattamente la stessa cosa, non sa di essere la gemma, e anch’essa si domanda cosa può provare la gemma”. E anch’essa si chiede... (Ne ero certo, visto che io me lo domandavo.) ... anch’essa si interroga se è l’Io reale o se semplicemente è la gemma che sta imparando a essere me. Divenuto un dodicenne pieno di superbia e di scherno, mi presi gioco di quelle preoccupazioni infantili. Tutti avevano la gemma, salvo i membri di oscure sette religiose, e sprecare tempo su una banalità simile mi appariva una perdita di tempo. La gemma era la gemma, un fatto universale della vita, una cosa comune come una cacca. Io e i miei amici vi costruivamo battute stupide, come facevamo con le cose del sesso, per provare a noi stessi quanto eravamo saputi in quel campo. In realtà, però, non eravamo saputi e imperturbabili come pretendevamo di essere. Un giorno, mentre giocavamo nel parco chiacchierando del più e del meno, uno della banda, il suo nome l’ho dimenticato, ma lo ricordo come una persona troppo intelligente per il suo stesso bene, si mise a domandare a ciascuno di noi: — Chi sei tu? La gemma o l’essere umano? Noi tutti rispondemmo indignati, senza esitare: — L’essere umano! Quando tutti ebbero risposto, lui rise e affermò: — Bene, io no. Io sono la gemma. Siete degli stronzi perdenti e mangerete merda, perché voi tutti finirete spazzati via nel cesso cosmico, ma io, io vivrò per sempre. Lo picchiammo fino a fargli colare il sangue dal naso. Dal racconto Imparare a essere me.
Greg Egan (Axiomatic)
Non si può comprendere come sopra corpi così orribilmente lacerati siano ancora volti umani, sui quali la vita continua nel suo ritmo giornaliero. [...] Io sono giovane, ho vent'anni: ma della vita non conosco altro che la disperazione, la morte, il terrore, e la insensata superficialità congiunta con un abisso di sofferenze. Io vedo dei popoli spinti l'uno contro l'altro, e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una incolpevole obbedienza si uccidono a vicenda. Io vedo i più acuti intelletti del mondo inventare armi e parole perché tutto questo si perfezioni e duri più a lungo. [...] Che aspettano essi [i nostri padri] da noi, quando verrà il tempo in cui non vi sarà guerra? Per anni e anni la nostra occupazione è stata di uccidere, è stata la nostra prima professione nella vita. Il nostro sapere della vita si limita alla morte. Che accadrà, dopo? Che sarà di noi?
Erich Maria Remarque
«Volevo che vedessi che non mi avevi spezzato,» continuò Jesse. «È meschino, lo so, ma volevo sbatterti in faccia il mio successo. Non puoi nemmeno immaginare come mi sono sentito quel giorno, quando ti sei allontanato da me, come se noi due non avessimo significato nulla. Come se io non avessi significato nulla.» A Shane si ritorse lo stomaco nel sentire quelle parole, e fece ogni sforzo per mantenere un’espressione imperturbabile. Aveva ferito Jesse, lo sapeva. Non avrebbe mai dimenticato. Mai, ma Jesse aveva fatto molto di più. «Cazzo, e anch’io facevo parte del tuo giochetto?» Jesse abbassò lo sguardo. La vergogna sfrecciò attraverso i suoi lineamenti. «No. Non volevo che succedesse. Il piano era fare in modo che tu mi desiderassi, e ho persino cercato di resisterti quella notte. Ma quando mi hai baciato, io… io non sono riuscito a fermarmi. E così ho pensato che se fossi stato sopra, se fossi stato quello dominante, allora avrei avuto la situazione sotto controllo.» Alzò gli occhi e incrociò di nuovo lo sguardo di Shane, gli occhi grigi oscurati dal rimorso. «Mi dispiace. Sono stato uno stupido, e ho sbagliato. Il sesso non doveva farne parte, ma ho sempre avuto intenzione di rivelare chi ero a Chicago. All’inizio sembrava… giusto.» Shane fece un verso di scherno. «Già, scommetto. Farmi soffrire nello stesso posto in cui io ho fatto soffrire te.» Jesse diventò ancora più rosso dalla vergogna. «Sì,» ammise. «Il piano era quello. E ho continuato a pensare che fosse un buon piano finché non ho visto la tua reazione. Quando ho visto la tua faccia, quando ho visto che avevi capito, mi sono reso conto di quanto seriamente avessi rovinato le cose. Dopo tutti questi anni, dopo tutto il rancore che provavo per te, non pensavo che ferirti avrebbe fatto male anche a me.»
Piper Vaughn (Moonlight Becomes You (Lucky Moon, #1))
Cinque cicatrici (L’abitudine di restare). Ho cinque cicatrici. Una me la feci a tre anni ruzzolando per le scale. Sbattei forte col mento contro uno spigolo, il mento si aprí a metà. Ogni tanto Virginia mi dice: «Papà, mi fai vedere la cicatrice sotto la barba?», io alzo la testa e lei fruga fra i peli della barba e guarda la cicatrice, poi mi chiede se fa male. La seconda è sul torace, frutto di un lungo intervento chirurgico di quando mi esplose un polmone in una sera d’estate. Ci dormii su per tutta la notte pensando a un dolore intercostale, invece era un polmone che mi era collassato sul cuore. Sopravvissi per un misto d’intuizione e tempismo e perché il secondo medico mi prese sul serio, anziché rimandarmi a casa con due compresse di Voltaren come aveva fatto il primo. La terza cicatrice è sul medio della mano destra, che mi affettarono con un coltello quand’ero giovane e troppo stupido per capire che certe volte vinci proprio quando perdi. La quarta e la quinta non si vedono, ma sono le uniche cicatrici che fanno ancora male. Dalle prime tre non ho imparato niente, dalle altre invece sí. Ho imparato che quando le cose finiscono non è necessariamente colpa tua, ma che, se tieni distanti gli altri nel tentativo di proteggerti, allora non puoi pretendere di riprenderteli quando d’un tratto ti senti pronto tu. Che la vita è quel che accade, anche se è fatta di quel che scegli. E con quel che accade hai in genere solo due alternative: abbracciarlo con tutto te stesso oppure andare via. Ho a lungo creduto che la libertà che serve fosse quella di un marinaio sempre pronto a prendere il mare. Invece oggi so che la libertà che scelgo e la forza che conta, quell’orizzonte che sentivo di dover cercare ogni volta piú lontano, non si fondano sull’attitudine a partire. Ma sull’abitudine di restare.
Matteo Bussola (Notti in bianco, baci a colazione)
Voglio farle una domanda, disse il dottor Cardoso, lei conosce i médecins-philosophes? No, ammise Pereira, non li conosco, chi sono? I principali sono Théodule Ribot e Pierre Janet, disse il dottor Cardoso, è sui loro testi che ho studiato a Parigi, sono medici e psicologi, ma anche filosofi, sostengono una teoria che mi pare interessante, quella della confederazione delle anime. Mi racconti questa teoria, disse Pereira. Ebbene, disse il dottor Cardoso, credere di essere 'uno' che fa parte a sè, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perchè noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto sulla confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l'io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione. Forse, concluse il dottor Cardoso, dopo una paziente erosione c'è un io egemone che sta prendendo la testa della confederazione delle sue anime, dottor Pereira, e lei non può farci nulla, può solo eventualmente assecondarlo. Il dottor Cardoso finì di mangiare la sua macedonia e si asciugò la bocca con il tovagliolo. E dunque cosa mi resterebbe da fare?, chiese Pereira. Nulla, rispose il dottor Cardoso, semplicemente aspettare, forse c'è un io egemone che in lei, dopo una lenta erosione, dopo tutti questi anni passati nel giornalismo a fare la cronaca nera credendo che la letteratura fosse la cosa più importante del mondo, forse c'è un io egemone che sta prendendo la guida della confederazione delle sue anime, lei lo lasci venire alla superficie, tanto non può fare diversamente, non ci riuscirebbe e entrerebbe in conflitto con se stesso, e se vuole pentirsi della sua vita si penta pure, e anche se ha voglia di raccontarlo a un sacerdote glielo racconti, insomma, dottor Pereira, se lei comincia a pensare che quei ragazzi hanno ragione e che la sua vita finora è stata inutile, lo pensi pure, forse da ora in avanti la sua vita non le sembrerà più inutile, si lasci guidare dal suo nuovo io egemone e non compensi il suo tormento con il cibo e con le limonate piene di zucchero.
Antonio Tabucchi (Sostiene Pereira)
«Anni fa avrei voluto chiamarmi Allen di cognome» dico. «Alejo era troppo difficile, mentre nessun insegnante sbagliava mai a pronunciare Allen. Il mio maestro di seconda elementare ha continuato a chiamarmi “Alegio” finché non è intervenuta mia mamma.» Non so come spiegarlo, ma senza neanche guardare Arthur, sento una densità intorno a noi, come se lui si fosse reso conto di che cosa ha detto. «Non avere un aspetto da portoricano mi ha scombussolato. So di aver guadagnato qualche minimo privilegio per la mia pelle chiara, ma i portoricani non hanno tutti la pelle dello stesso colore.» «Mi dispiace...» «E non tutti i portoricani si fanno il quartiere di corsa per comprare i churros o parlano spagnolo. So che non intendevi dire niente di male, ma mi piaci e voglio credere che io ti piaccio anche per quello che sono. E che imparerai a conoscermi senza pensare di conoscermi già solo perché la società è stupida.»
Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
Ascolta bene, Wanda. So esattamente ciò che non vuoi essere. Ma noi siamo umani, ed egoisti, e non facciamo sempre la cosa giusta! Non ti lasceremo andare. Fattene una ragione «Viandante? Ti stiamo aspettando tutti, piccola. Apri gli occhi.»Questa voce, il respiro caldo che mi sfiorava l'orecchio, era ancora più familiare. Percepii una strana sensazione quando la sentii. Una sensazione mai provata prima. Mi mozzò il respiro e mi fece tremare le dita.Volevo vedere quel viso, quella voce.Un'ondata di colore invase la mia mente - un colore che mi chiamava da una vita lontana - un blu acceso, brillante. L'universo era blu e acceso. I miei occhi trovarono il blu che cercavo. Zaffiro, neve e mezzanotte.«Ian? Ian, dove sono?» Il suono della voce che mi uscì dalle labbra mi spaventò. Acuto e stridulo. Familiare, ma non mio. «Chi sono?»«Tu sei tu» rispose Ian. «E sei di nuovo a casa.» «Ti ho tenuta in mano, Viandante. Ed eri bellissima.» «No. È grossa abbastanza solo per te.»«Non voglio restare solo. Però...»Perché non me lo chiedeva? «Però cosa?»«Sei riuscita a pensarci un po' su? Non voglio metterti fretta. So che sei confusa... a proposito di Jared...»Impiegai un istante a capire cosa voleva dirmi, e reagii con un risolino soffocato. In genere, Melanie non si lasciava andare, Luna invece sì, e il suo corpo mi tradiva nei momenti meno opportuni.«Che c'è?» domandò Ian.«Ero io ad aspettare che ci pensassi su» bisbigliai. «Non volevo metterti fretta, perché so che sei confuso. A proposito di Melanie.»Un sobbalzo impercettibile, di sorpresa. «Pensavi...? Ma Melanie non sei tu, non mi sono mai sentito confuso.»Sorridevo nel buio. «E tu non sei Jared.»Rispose circospetto. «Resta pur sempre Jared. E tu lo ami.»Era ancora geloso? Non avrei dovuto lasciarmi lusingare da un'emozione negativa, ma dovevo ammettere che mi gratificava.«Jared è il passato, un'altra vita. Tu sei il mio presente.»Tacque per un momento. Quando riprese a parlare, la sua voce era gon-fia di emozione. «E il tuo futuro, se lo vuoi.»«Sì, te ne prego.»Mi baciò nella maniera meno platonica possibile, in mezzo alla calca, mentre ripensavo con eccitazione alla mossa smaliziata e spontanea con cui avevo aggiunto un anno alla mia età.Terminata la stagione delle piogge, Ian sarebbe diventato il mio compa-gno, nel vero senso della parola. Era una promessa, un impegno al quale non mi ero mai sottoposta, in tutte le mie vite. Ripensarci mi riempiva di gioia, di ansia, di timidezza e di impazienza... mi faceva sentire umana. «Il diciottesimo!» Avevo mentito, aggiungendo un anno.Con la coda dell'occhio, vidi Melanie e Ian sobbalzare di sorpresa. Il mio corpo non dimostrava affatto i suoi quasi diciassette anni.Fu quel piccolo imbroglio, quella rivendicazione preventiva del mio compagno, a farmi capire che sarei rimasta con loro. Con Ian e il resto del-la mia famiglia. Sentii un gonfiore strano chiudermi la gola. «Melanie sarà mia per sempre. E io sarò per sempre suo.»
Stephenie Meyer (The Host (The Host, #1))
Dopo l’incendio, in ogni nuova scuola, ce l’avevo messa tutta, ma in me c’era qualcosa che non riusciva a adattarsi. A quanto pareva, non esisteva uno spazio sociale a forma di Eleanor in cui potermi infilare. Non ero brava a fingere, ecco qual era il punto. Dopo quello che era successo durante l’incendio della casa, considerato ciò che era accaduto, non vedevo l’utilità di essere altro che sincera con il resto del mondo. Non mi era rimasto, letteralmente, nulla da perdere. Però, attraverso l’attenta osservazione dai margini, avevo scoperto che spesso il successo sociale si basa su un minimo di finzione. A volte le persone popolari devono ridere di cose che non trovano molto divertenti, devono fare cose cui non tengono particolarmente, con gente di cui non apprezzano particolarmente la compagnia. Io no. Anni prima avevo deciso che se la scelta fosse stata tra fare così o volare in solitaria, allora avrei volato in solitaria. Era più sicuro. Il dolore è il prezzo che paghiamo per l’amore, dicono. E questo prezzo è troppo alto.
Gail Honeyman (Eleanor Oliphant Is Completely Fine)
Io attaccai discorso con una splendida ragazza di campagna che portava una camicetta di cotone molto scollata e rivelava la sommità abbronzata del suo bel seno. Era ottusa. Parlò di serate in campagna passate a fare il popcorn sotto il portico. Un tempo ciò mi avrebbe rallegrato il cuore ma poiché il cuore di lei non se ne rallegrava mentre lo diceva, capii che in esso non c'era altro che l'idea di ciò che si dovrebbe fare. «E in quale altro modo si diverte?» Cercai di tirar nel discorso le amicizie maschili e il sesso. I suoi grandi occhi scuri mi scrutarono vacui e con una specie di dolore nel sangue che risaliva a generazioni addietro per non aver fatto ciò che urgeva venisse fatto... qualsiasi cosa fosse, e tutti sanno cosa sia. «Cos'è che esige dalla vita?» Volevo prenderla e spremere da lei la risposta. Non aveva la minima idea di quel che volesse. Farfugliò di impieghi, di film, di andare da sua nonna durante l'estate, del desiderio di recarsi a New York a vedere il Roxy, di che specie di completo avrebbe indossato: qualcosa di simile a quello che portava la Pasqua scorsa, cappellino bianco, rose, scarpine pure rosa, e un soprabito di gabardine color lavanda. «Cosa fa la domenica pomeriggio?» domandai. Stava seduta sotto il portico. I suoi amici passavano in bicicletta e si fermavano a chiacchierare. Leggeva giornaletti umoristici, si sdraiava nell'amaca. «Cosa fa in una calda notte d'estate?» Sedeva sotto il portico guardava le macchine sulla strada. Lei e sua madre facevano il popcorn. «Cosa fa suo padre in una notte d'estate?» Lavora, fa il turno di notte in una fabbrica di caldaie, ha passato la sua vita intera a mantenere una donna e i suoi rampolli e senza credito né adorazione. «Cosa fa suo fratello in una notte d'estate?» Va in giro in bicicletta e passeggia davanti al chiosco delle bibite. «Cos'è che egli muore dalla voglia di fare? Cos'è che tutti noi moriamo dalla voglia di fare? Cosa vogliamo?» Non lo sapeva. Sbadigliò. Aveva sonno. Era troppo. Nessuno poteva dirlo. Nessuno avrebbe potuto dirlo mai. Tutto era finito. Aveva diciott'anni ed era estremamente adorabile, e mancata.
Jack Kerouac (On the Road)
Voi dovreste insegnarmi un poco di quanto sapete” disse Dantès, “non fosse altro che per non annoiarvi con me. Mi sembra che dobbiate preferire la solitudine ad un compagno senza educazione e senza cultura come sono io. Se acconsentite, vi prometto di non parlarvi più di fuga.” Faria sorrise. “Ahimè, figlio mio” disse, “la scienza umana è molto limitata, e quando vi avessi insegnato le matematiche, la fisica, la storia e le tre o quattro lingue vive che io parlo, voi sapreste quello che so io. Tutta questa scienza potrei farla passare dal mio spirito nel vostro in due anni.” “Due anni!” disse Dantès. “Credete che io possa imparare tutte queste cose in due anni?” “Nella loro applicazione no; nei loro principi sì. L’imparare non è lo stesso che sapere: vi sono gli eruditi e gli scienziati, la memoria forma i primi, la filosofia i secondi.” “Ma la filosofia non si può imparare?” “La filosofia non s’impara, la filosofia è la riunione delle scienze imparate nel genio che le applica.” “Vediamo” disse Dantès. “Che cosa m’insegnerete per primo? Ho smania di cominciare, ho sete di scienza.” “Tutto!” disse Faria.
Alexandre Dumas (The Count of Monte Cristo)
Le cose non stanno andando come avrei voluto. Non stanno andando come io avevo programmato. Ma lo fanno mai? C’è mai qualcosa che veramente funzioni? E per di più questa cosa tra tutte le altre? Un giorno, appena quindicenne, decido all’improvviso di essere innamorato di un uomo che ha sette anni più di me. Pensavo ci fosse qualcosa tra noi. Lo pensavo anche se non sapevo darle un nome. E allora? Bear mi ha dato una possibilità di sfuggire alla mia stessa codardia e io l’ho abbracciata con il trasporto di un bambino incapace di prendere da solo le proprie decisioni, incapace di scegliere da solo il proprio futuro. Ed è dolore questo? Penso davvero che questo sia dolore? Sono sopravvissuto all’abbandono da parte di mia madre quando avevo cinque anni. Sono sopravvissuto alla morte della donna che ne aveva preso il posto quando ne avevo nove. Dopo tutto quello che mi è successo, dopo tutto quello che ho passato, deve essere questa la cosa che mi fa crollare? È questo ciò che mi metterà in ginocchio? Allora me lo merito. Me lo merito perché, se non riesco a sopravvivere a questo, allora non sarò capace di sopravvivere a niente.
T.J. Klune (The Art of Breathing (Bear, Otter, and the Kid, #3))
Se potessi vivere di nuovo la mia vita nella prossima cercherei di commettere più errori. Non cercherei di essere così perfetto, mi rilasserei di più. Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato, di fatto prenderei ben poche cose sul serio. Sarei meno igienico. Correrei più rischi, farei più viaggi, contemplerei più tramonti, salirei più montagne, nuoterei in più fiumi. Andrei in più luoghi dove mai sono stato, mangerei più gelati e meno fave, avrei più problemi reali e meno immaginari. Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto della loro vita sensati e con profitto; certo mi sono preso qualche momento di allegria. ma se potessi tornare indietro, cercherei di avere soltanto momenti buoni. Che, se non lo sapete, di questo è fatta la vita, di momenti: non perdere l'adesso. Io ero uno di quelli che mai andavano da nessuna parte senza un termometro, una borsa dell'acqua calda, un ombrello e un paracadute; se potessi tornare a vivere, vivrei più leggero. Se potessi tornare a vivere comincerei ad andare scalzo all'inizio della primavera e resterei scalzo sino alla fine dell'autunno. Farei più giri in calesse, guarderei più albe e giocherei con più bambini, se mi trovassi di nuovo la vita davanti. Ma vedete, ho 85 anni e so che sto morendo
Don Herold
Non posso più ascoltare in silenzio. Devo parlarle usando i mezzi a disposizione che ho in questo momento. Lei strazia la mia anima. Provo a un tempo agonia e speranza. Non mi dica che è troppo tardi, che quei preziosi sentimenti son per sempre svaniti. Mi offro nuovamente a lei col cuore che è suo ancor più di quando lo ha quasi spezzato otto anni e mezzo fa. Non osi più dire che gli uomini dimenticano prima delle donne, che l'amore di un uomo muore più rapidamente. Ho amato solo lei. Posso essere stato ingiusto, debole, schiavo di risentimenti, ma mai incostante. Lei sola mi ha indotto a venire a Bath. Penso solo a lei, per lei sola faccio progetti per l'avvenire. Non se n'è accorta? È possibile che non abbia compreso i miei desideri? Non avrei atteso neppure questi dieci giorni se solo avessi potuto leggere nei suoi sentimenti, come lei, penso abbia visto in fondo ai miei. Quasi non riesco a scrivere. Ogni istante sento qualcosa che mi soggioga. Lei abbassa la voce, ma io so distinguerne toni che altri non saprebbero cogliere. Creatura troppo buona, troppo eccelsa! Lei ci rende davvero giustizia. Lei crede veramente che gli uomini possano provare vero amore ed essere costanti. Mi creda, in me questi sentimenti sono i più fervidi, i più incrollabili.
Jane Austen (Persuasion)
Non capisco perché Liliana si opponesse così fermamente al piano di Miriam" disse Luz; "in quella circostanza, mi sembra che...". "Io invece lo capisco perfettamente. Lei,come tutti noi, era molto rigida in materia di morale. Per questo mi ha stupito che potesse confidarsi con una puttana. Noi disprezzavamo la liberalità della mentalità borghese che...". "Se eravate tanto rigidi," disse Luz sprezzante, "tanto puri, avreste potuto pensare che magari non eravate nelle condizioni di avere un figlio." "Lo desideravamo." "Non ti sembra che se eravate così impegnati a giocare alla rivoluzione avreste potuto chiedervi se avevate il diritto di esporre il figlio che desideravate a simili situazioni, a sparire, come è successo a voi, a farsi rubare la propria identità? Quei bambini non hanno avuto l'opportunità di scegliere in funzione di quale ideologia correre un simile rischio, come hanno fatto i loro genitori. Siete stati voi a imporglielo" e il rancore scintillò nello sguardo di Luz. "Questo rispondeva forse alla morale rivoluzionaria o piuttosto al più puro egoismo?" "Quando ti parlo di morale, Luz...e poi noi non potevamo immaginare, come potevamo immaginare..." "Fatto sta che uno di questi bambini" lo interruppe Luz, "oggi potrebbe dire: sono stati loro, gli assassini, a farmi sparire, ma i miei genitori per primi mi hanno esposto al terribile destino di essere un desaparecido...vivo.
Elsa Osorio (I vent'anni di Luz)
- Ora giudico più di quanto non fossi solita un tempo - diceva a Isabel - e mi sembra anche di essermene guadagnata il diritto. Non si può giudicare fino a quarant’anni; fino ad allora si è troppo impazienti, troppo duri, troppo crudeli, e per giunta davvero troppo ignoranti. Mi dispiace per voi; dovrà passare molto tempo prima che abbiate quarant’anni. Ma ogni guadagno è anche una perdita; penso sovente che dopo i quaranta non si sa più sentire davvero. Freschezza, immediatezza non ci sono più. Voi le conserverete più a lungo di molti altri; sarà una grande soddisfazione per me vedervi di qui a qualche anno. Voglio vedere che farà di voi la vita. Una cosa è certa: non vi potrà guastare. Potrà sbattervi orrendamente qua e là, ma la sfido a distruggervi. Isabel prese questa dichiarazione così come un giovane soldato, ansimante ancora dopo una leggera scaramuccia dalla quale è uscito con onore, potrebbe prendersi dal suo colonnello una manata sulla spalla. Proprio come un riconoscimento di questo genere, essa sembrava provenire da persona d’autorità. Come poteva anche una parolina sola non fare questo effetto, venendo da una persona che, quasi a tutto quel che Isabel le diceva, era pronta a dire: «Oh, l’ho provato anch’io, mia cara; passa, come ogni altra cosa»? Su molti dei suoi interlocutori Madame Merle avrebbe potuto produrre un effetto irritante; farla stupire era di una difficoltà sconcertante. Ma Isabel, benché fosse tutt’altro che incapace di desiderare di far effetto, non aveva questa voglia per il momento. Era troppo sincera, troppo interessata alla sua sagace compagna. E inoltre Madame Merle non diceva mai tali cose in tono di trionfo o di millanteria; se le lasciava cadere dalle labbra come fredde confessioni.
Henry James (The Portrait of a Lady)
Senti, sono poche le persone che incontrano la loro anima gemella a sei anni. E bisogna pur passare il tempo, in un modo o nell'altro. Ingrid era molto... paziente. Straordinariamente paziente. Disposta ad accettare comportamenti assurdi nella speranza che un giorno io mi dessi una regolata e sposassi la sua infelice persona. Quando qualcuno è così paziente tu sei obbligato a provare gratitudine nei suoi confronti e di conseguenza vorresti fargli del male per punirlo. Capisci cosa intendo?" "Penso di sì. Cioè no, per me non è così, io non penso in questa maniera." Henry sospira. "È molto affascinante da parte tua ignorare la contorta logica che sta alla base della maggior parte delle relazioni. Va così, fidati. Quando ci siamo incontrati ero un rottame, un uomo disperato, mi sto riprendendo piano piano perché vedo che tu sei un essere umano e vorrei essere un essere umano anch'io. Ho cercato di farlo senza che tu te ne accorgessi, perché non ho ancora capito che fra di noi tutte le finzioni sono inutili. Comunque c'è una grande distanza tra la persona che hai incontrato nel 1991 e quella che viene dal 1996 con cui stai parlando ora. Devi lavorare su di me, non riuscirò ad arrivare fin qui da solo." "Sì. È difficile, però. Non sono abituata a fare la maestra." "Allora tutte le volte che ti sentirai scoraggiata pensa ai pomeriggi che ho passato, e che sto passando ancora, con te bambina. Matematica e botanica, grammatica e storia. Pensa che se puoi dirmi delle parolacce in francese è perché io sono stato con te a farti ripassare le lezioni." "È vero. Il a les défaults de ses qualités. Scommetto che è più facile insegnare tutte quelle materie che insegnare a essere... felici." "Tu mi rendi felice. La parte difficile è rispondere alle tue aspettative.
Audrey Niffenegger (The Time Traveler’s Wife)
Narciso gli disse: "Sono così contento che tu sia ritornato! Mi sei mancato tanto, ho pensato a te ogni giorno e spesso avevo paura che tu non volessi ritornare più." Boccadoro scosse la testa: "Via, la perdita non sarebbe stata grande". Narciso, a cui bruciava il cuore di dolore e di affetto, si chinò lentamente verso di lui e fece quello che in tanti anni della loro amicizia non aveva mai fatto, sfiorò con le sue labbra i capelli e la fronte di Boccadoro. Questi s'accorse di ciò che accadeva, prima con stupore, poi con commozione. "Boccadoro", gli sussurrò l'amico all'orecchio, "perdonami di non avertelo saputo dire prima. Avrei dovuto dirtelo allora, quando venni a cercarti nella tua prigione, nella residenza del vescovo, o quando vidi le tue prime figure, o qualche altra volta. Lascia che te lo dica oggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei sempre per me, come hai arricchito la mia vita. Per te non avrà molta importanza. Tu sei abituato all'amore, esso non è nulla di strano per te, sei stato amato e viziato da tante donne. Per me è un'altra cosa. La mia vita è stata povera d'amore, mi è mancato il meglio. Il nostro abate Daniele mi diceva un giorno ch'io gli sembravo orgoglioso: forse aveva ragione. Io non sono ingiusto verso gli uomini, mi sforzo di essere giusto e paziente con loro, ma non gli ho mai amati. Di due eruditi che ci siano nel convento, il più erudito mi è più caro; a un debole scienziato non ho mai potuto voler bene, passando sopra alla sua debolezza. Se tuttavia so cos'è l'amore, è per merito tuo. Te ho potuto amare, te solo fra gli uomini. Tu non puoi misurare ciò che significhi. Significa la sorgente in un deserto, l'albero fiorito in un terreno selvaggio. A te solo debbo che il mio cuore non sia inaridito, che sia rimasto in me un punto accessibile alla grazia.
Hermann Hesse (Narcissus and Goldmund)
Non credo che la pratica della scienza possa andar disgiunta dal coraggio. Essa tratta il sapere, che è un pro¬dotto del dubbio; e col procacciare sapere a tutti su ogni cosa, tende a destare il dubbio in tutti. […] I moti dei corpi celesti ci sono divenuti più chiari; ma i moti dei potenti restano pur sempre imperscruta-¬bili ai popoli. […] Finché l'umanità continuerà a brancolare nella sua nebbia millenaria di superstizioni e di venerande sentenze, finché sarà troppo ignorante per sviluppare le sue proprie energie, non sarà nemmeno capace di svilup¬pare le energie della natura che le vengono svelate. […] Se gli uomini di scienza non reagiscono all'intimidazione dei potenti egoisti e si li¬mitano ad accumulare sapere per sapere, la scienza può rimanere fiaccata per sempre, ed ogni nuova macchina non sarà fonte che di nuovi triboli per l'uomo. E quan¬do, coll'andar del tempo, avrete scoperto tutto lo scopribile, il vostro progresso non sarà che un progressivo allontanamento dall'umanità. Tra voi e l'umanità può scavarsi un abisso così grande, che ad ogni vostro eureka rischierebbe di rispondere un grido di dolore universa¬le... […] Se io avessi resistito, i naturalisti avrebbero po¬tuto sviluppare qualcosa di simile a ciò che per i medici è il giuramento d'Ippocrate: il voto solenne di far uso della scienza ad esclusivo vantaggio dell'umanità. Così stando le cose, il massimo in cui si può sperare è una progenie di gnomi inventivi, pronti a farsi assoldare per qualsiasi scopo. […] Per alcuni anni ebbi la forza di una pubblica autorità; e misi la mia sapienza a disposizione dei potenti perché la usassero, o non la usassero, o ne abusassero, a seconda dei loro fini.. Ho tradito la mia professione; e quando un uomo ha fatto ciò che ho fatto io, la sua presenza non può es-sere tollerata nei ranghi della scienza
Bertolt Brecht (Galileo)
Se il mio passaporto austriaco era mio di diritto, questo documento consegnatomi dalle autorità inglesi era l'oggetto di una mia richiesta, un favore che ero andato a chiedere e che, per di più, poteva essermi negato in qualunque momento. Da un giorno all'altro ero sceso ancora di un gradino: da ospite straniero e in un certo senso gentlemanche lì spendeva i suoi guadagni internazionali e pagava le tasse da emigrante, a refugee. Inoltre, da quel momento avrei dovuto fare richiesta per ogni visto straniero da apporre su quel documento bianco perchè tutti i paesi si dimostravano sospettosi nei confronti di quel "genere" di persone al quale all'improvviso appartenevo anche io, quello delle persone senza diritti nè patria, che non si potevano scacciare e rispedire a casa loro come gli altri. Non facevo che pensare a quello che un esiliato russo mi aveva detto molti anni addietro: "Un tempo l'uomo non era che anima e corpo. Oggi, se vuole essere trattato da essere umano, gli serve anche un passaporto". E forse non c'è nulla che renda più esplicito l'incredibile passo indietro compiuto dal mondo nel periodo postbellico delle restrizioni imposte alla libertà di spostamento degli individui e più in generale ai loro diritti. Prima del 1914 la terra era di tutti gli uomini, ognuno andava dove credeva e vi restava per tutto il tempo che desiderava. (...) Soltanto dopo la guerra il nazionalsocialismo cominciò a sconvolgere il mondo e il primo sintomo attraverso il quale si manifestò l'epidemia morale del nostro secolo fu la xenofobia - l'odio o perlomeno il timore dell'altro. Dovunque ci si proteggeva contro lo straniero, dovunque lo si evitava. (...) Tuttavia è solo registrando questi piccoli sintomi che l'epoca futura potrà stabilire con esattezza il quadro clinico delle condizioni spirituali e degli sconvolgimenti intellettuali che hanno colpito il nostro mondo tra le due guerre.
Stefan Zweig (Stefan Zweig. Das Gesamtwerk.: In chronologischer Auflage. Neu bearbeitet. (Gesamtwerke der Weltliteratur 4) (German Edition))
Meravigliosa fu in realtà la mia vita, pensava, meravigliose vie ha seguito. Ragazzo, non ho avuto a che fare se non con dei e sacrifici. Giovane, non ho avuto a che fare se non con ascesi, meditazione e contemplazione, sempre in cerca di Brahma, sempre intento a venerare l'eterno nello Atman. Ma quando fui giovanotto mi riunii ai penitenti, vissi nella foresta, soffersi il caldo e il gelo, appresi a sopportare la fame, appresi a far morire il mio corpo. Meravigliosa mi giunse allora la rivelazione attraverso la dottrina del grande Buddha, e sentii la conoscenza dell'unità del mondo circolare in me come il mio stesso sangue. Ma anche da Buddha e dalla grande conoscenza mi dovetti staccare. Me n'andai, e appresi da Kamala la gioia d'amore, appresi da Kamaswami il commercio, accumulai denaro, dissipai denaro, appresi ad amare il mio stomaco, a lusingare i miei sensi. Molti anni dovetti impiegare per perdere lo spirito, disapprendere il pensiero, dimenticare l'unità. Non è forse come se lentamente e per grandi traviamenti io mi fossi rifatto, d'uomo, bambino, di saggio che ero, un uomo puerile? Eppure è stata buona questa via, e l'usignolo non è ancor morto nel mio petto. Ma che via fu questa! Son dovuto passare attraverso tanta sciocchezza, tanta bruttura, tanto errore, tanto disgusto e delusione e dolore, solo per ridiventare bambino e poter ricominciare da capo. Ma è stato giusto, il mio cuore lo approva, gli occhi miei ne ridono. Ho dovuto provare la disperazione, ho dovuto abbassarmi fino al più stolto di tutti i pensieri, al pensiero del suicidio, per poter rivivere la grazia, per riapprendere l'Om, per poter di nuovo dormire tranquillo e risvegliarmi sereno. Ho dovuto essere un pazzo, per sentire di nuovo l'Atman. Ho dovuto peccare per poter rivivere. Dove può ancora condurmi il mio cammino? Stolto è questo cammino, va strisciando obliquamente, forse va in cerchio. Ma vada come vuole, io son contento di seguirlo.
Hermann Hesse (Siddhartha)
«Siete fortunati che non mi va di menarvi davanti a mio figlio.» Arthur cerca di trascinarmi via e io indietreggio solo perché lui mi sta implorando e mi chiama con voce strozzata; sta piangendo e probabilmente ha più paura di quel bambino di cinque anni. Un tizio con una borsa da palestra si piazza davanti all’uomo e gli dice di andare per la sua strada, che è finita. Se non che non è finita, perché io e Arthur quello che è successo ce lo porteremo dietro. Scendiamo alla fermata successiva e Arthur scoppia a piangere. Lo prendo per le spalle, come mi ha chiesto di fare Dylan quando gli vengono gli attacchi di panico, ma Arthur mi scrolla via e si guarda intorno sulla banchina. «Pensavo che a New York non ci fossero problemi con...» Fa un respiro profondo e si asciuga le lacrime sulle guance. «Locali gay, gay pride, coppie dello stesso sesso che si tengono per mano. Che diavolo. Pensavo che New York fosse tollerante.» «Per lo più lo è, credo. Ma ogni città ha la sua percentuale di stronzi.» Vorrei abbracciarlo, ma in questo momento non vuole essere toccato. Come se ogni gesto d’affetto potesse trasformarsi in un bersaglio appeso alle nostre schiene. Come se potessimo essere puniti perché i nostri cuori sono diversi. «Stai bene?» «No. Non ero mai stato minacciato. E ho avuto tanta paura per te. Perché non te ne sei stato zitto?» Avrei dovuto. Non avrei dovuto mettere in pericolo Arthur solo perché volevo difendere noi e tutti quelli come noi. «Mi dispiace. Ho avuto paura anch’io.» Rimaniamo lì per qualche minuto e quando arriva il treno successivo, Arthur non vuole salirci. È lo stesso con il treno dopo ancora. Quando arriva il terzo treno si è ripreso, per quanto umanamente possibile, e accetta di salirci solo perché è così affollato che ci sarà più gente a proteggerci se dovesse succedere di nuovo qualcosa. Non mi piace che lo stesso mondo che ci ha fatto incontrare lo stia anche spaventando. «Non ti lascio solo finché non sarai a casa» dico. Arthur si guarda intorno e poi solleva su di me i suoi stanchi occhi azzurri. La sua mano si allaccia alla mia e non lascia la presa per tutto il viaggio
Becky Albertalli (What If It's Us (What If It's Us, #1))
SAINT-ANGE: Ascoltami dunque, Eugénie. È assurdo affermare che appena una figlia esce dal ventre di sua madre deve, da quel momento, diventare vittima della volontà dei suoi genitori, per vivere così fino all’ultimo respiro. Non è certo in un secolo come l’attuale, con la personalità e i diritti dell’uomo approfonditi da poco con tanta cura, che le ragazze debbano continuare a credersi schiave delle loro famiglie, quando è risaputo che i poteri di queste famiglie su di loro sono assolutamente chimerici. Ora io mi domando se è giusto che una ragazza che comincia a capire e ragionare si sottometta a tali imposizioni. Non è insomma soltanto un pregiudizio che rinnova queste catene? Esiste nulla di più ridicolo del vedere una ragazza di quindici o sedici anni, bruciata dai desideri che è obbligata a dominare, tra tormenti peggiori di quelli dell’inferno, attendere che i suoi genitori, dopo aver reso la sua giovinezza disgraziata, si compiacciono di sacrificare anche la sua età matura, immolandola alla loro perfida cupidità e dandola sposa, suo malgrado, a uno che o non ha nulla per meritarsi il suo amore o ha tutto per meritarsi il suo odio? E no, no Eugénie! certe catene saranno presto spezzate! Una volta raggiunta l’età della ragione, una ragazza deve essere libera di andar via di casa, dove avrà ricevuto un’educazione razionale, ed essere padrona, a quindici anni, di divenire quello che vuole! Si darà al vizio? E che importa? I servizi resi da una ragazza che acconsenta a fare la felicità di tutti quelli che si rivolgano a lei, non sono infinitamente più importanti di quelli che offre al suo sposo stando segregata? Il destino d’una donna è essere come una cagna o una lupa; deve appartenere a tutti quelli che la vogliono. Unirla a un solo uomo con l’assurda schiavitù d’un matrimonio significa andare chiaramente contro il destino che la natura le impone. Speriamo che si aprano bene gli occhi e che, assicurando la libertà a tutti gli individui, non venga dimenticata quella delle infelici ragazze; ma se saranno tanto sfortunate da essere dimenticate, si mettano esse stesse al di sopra di ogni usanza e pregiudizio e spezzino coraggiosamente le ignominiose catene con cui si pretende di tenerle schiave! Allora sì che trionferanno sui costumi e le opinioni!
Marquis de Sade (La Philosophie dans le boudoir)
XVIII ALLA SUA DONNA                Cara beltà che amore             Lunge m’inspiri o nascondendo il viso,             Fuor se nel sonno il core             Ombra diva mi scuoti,         5  O ne’ campi ove splenda             Più vago il giorno e di natura il riso;             Forse tu l’innocente             Secol beasti che dall’oro ha nome,             Or leve intra la gente       10  Anima voli? o te la sorte avara             Ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?                Viva mirarti omai             Nulla spene m’avanza;             S’allor non fosse, allor che ignudo e solo       15  Per novo calle a peregrina stanza             Verrà lo spirto mio. Già sul novello             Aprir di mia giornata incerta e bruna,             Te viatrice in questo arido suolo             Io mi pensai. Ma non è cosa in terra       20  Che ti somigli; e s’anco pari alcuna             Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,             Saria, così conforme, assai men bella.                Fra cotanto dolore             Quanto all’umana età propose il fato,       25  Se vera e quale il mio pensier ti pinge,             Alcun t’amasse in terra, a lui pur fora             Questo viver beato:             E ben chiaro vegg’io siccome ancora             Seguir loda e virtù qual ne’ prim’anni       30  L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse             Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;             E teco la mortal vita saria             Simile a quella che nel cielo india.                Per le valli, ove suona       35  Del faticoso agricoltore il canto,             Ed io seggo e mi lagno             Del giovanile error che m’abbandona;             E per li poggi, ov’io rimembro e piagno             I perduti desiri, e la perduta       40  Speme de’ giorni miei; di te pensando,             A palpitar mi sveglio. E potess’io,             Nel secol tetro e in questo aer nefando,             L’alta specie serbar; che dell’imago,             Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.       45     Se dell’eterne idee             L’una sei tu, cui di sensibil forma             Sdegni l’eterno senno esser vestita,             E fra caduche spoglie             Provar gli affanni di funerea vita;       50  O s’altra terra ne’ superni giri             Fra’ mondi innumerabili t’accoglie,             E più vaga del Sol prossima stella             T’irraggia, e più benigno etere spiri;             Di qua dove son gli anni infausti e brevi,       55  Questo d’ignoto amante inno ricevi.
Giacomo Leopardi (Canti: Poems / A Bilingual Edition (Italian Edition))
Sì, ero stupida. I canali dei sensi si erano chiusi, non vi scorreva più il flusso della vita chissà da quando. Che errore era stato chiudere il significato della mia esistenza nei riti che Mario mi offriva con prudente trasporto coniugale. Che errore era stato affidare il senso di me alle sue gratificazioni, ai suoi entusiasmi, al percorso sempre più fruttuoso della sua vita. Che errore, soprattutto, era stato credere di non poter vivere senza di lui, quando da tempo non ero affatto certa che con lui fossi viva. Dov'era la sua pelle sotto le dita, per esempio, dove il calore della bocca. Se mi fossi interrogata a fondo - e avevo sempre evitato di farlo - avrei dovuto ammettere che il mio corpo, negli ultimi anni, era stato davvero ricettivo, davvero accogliente, solo in occasioni oscure, pure eventualità: il piacere di vedere e rivedere una conoscenza occasionale che mi aveva prestato attenzione, aveva lodato la mia intelligenza, il talento, mi aveva sfiorato una mano con ammirazione; un sussulto di gioia improvvisa per un incontro inatteso per strada, un compagno di lavoro di altri tempi; le schermaglie verbali, o i silenzi, con un amico di Mario che mi aveva fatto capire che avrebbe voluto essere soprattutto amico mio; il compiacimento per certe attenzioni di ambiguo segno che mi venivano rivolte in tante occasioni, forse sì forse no, più sì che no se solo avessi voluto, se avessi fatto un numero di telefono con una scusa giusta al momento giusto, accade non accade, il batticuore degli eventi dagli sbocchi imprevedibili. Forse di lì sarei dovuta partire, quando Mario mi aveva detto che voleva lasciarmi. Avrei dovuto muovere dal fatto che la figura accattivante di un uomo quasi estraneo, un uomo del caso, un "forse" tutto da sbrogliare ma gratificante, era capace di dar senso, mettiamo, a un odore fugace di benzina, al tronco grigio di un platano di città, e fissare per sempre in quel luogo fortuito di incontro un sentimento intenso di letizia, un'attesa; mentre niente, niente di Mario possedeva più lo stesso movimento terremotizio, e ogni gesto aveva solo il potere di essere collocato sempre al posto giusto, nella stessa rete sicura, senza scarti, senza dismisure. Se fossi partita da lì, da quelle mie emozioni segrete, forse avrei capito meglio perché lui se ne era andato e perché io, che al disordine occasionale del sangue avevo sempre opposto la stabilità del nostro ordine di affetti, ora provavo così violentemente il rammarico della perdita, un dolore intollerabile, l'ansia di precipitare fuori dalla tessitura di certezze e dover reimparare la vita senza la sicurezza di saperlo fare.
Elena Ferrante (The Days of Abandonment)
- Che cosa non darei per tornare alla vostra età - proruppe ella una volta, con un’amarezza che, per quanto diluita nella vastità consueta del suo garbo, non riusciva così a celarsi del tutto. - Se soltanto potessi ricominciare... se potessi aver la vita davanti! - La vita è ancora davanti a voi - rispose Isabel in tono gentile, perché era vagamente sbigottita. - No; la parte migliore se n’è andata, e se n’è andata per niente. - Non per niente, ne sono certa - disse Isabel. - Perché no... che mi resta? Né marito, né figli, né fortuna, né posizione, né le tracce di una bellezza che non ho mai avuto. - Avete molti amici, mia cara. - Non ne sono sicura! - esclamò Madame Merle. - Oh, vi sbagliate. Avete ricordi, pregi, talento...Ma Madame Merle la interruppe. - Che cosa mi ha fruttato il mio talento? Niente, se non la necessità di farne un uso continuo per trascorrere le ore, gli anni, per ingannare me stessa con qualche pretesto di varietà, di oblìo. In quanto ai miei pregi e ai miei ricordi, meno se ne parla e meglio è. Sarete amica mia finché non troverete da fare un uso migliore della vostra amicizia. - Starà a voi badare che non lo faccia - disse Isabel. - Sì; vorrei tentare di non perdervi. - E la sua compagna la fissò gravemente. - Quando dico che mi piacerebbe avere i vostri anni, intendo dire con le vostre qualità: franca, generosa, sincera come voi. In tal caso avrei fatto qualcosa di meglio della mia vita. - Che cosa vi sarebbe piaciuto fare e non avete fatto?[...] - Sono molto ambiziosa! - rispose alla fine. - E le vostre ambizioni non sono state appagate? Dovevano essere grandi. - Erano grandi. Parlandone mi renderei ridicola. Isabel si chiedeva quali mai avessero potuto essere... se Madame Merle avesse aspirato a portare una corona. - Non so quale possa essere la vostra idea del successo, ma a me sembra che lo abbiate avuto. Per me siete proprio una splendida immagine del successo. Madame Merle lasciò cadere la musica con un sorriso. - Qual è la vostra idea del successo? - Ritenete evidentemente che debba essere un’idea molto banale. E di vedere avverarsi qualche sogno di gioventù. - Oh - esclamò Madame Merle - e io non l’ho mai capito! Ma i miei sogni erano così grandi... così assurdi. Il cielo mi perdoni, sto sognando ancora! - E si voltò verso il piano e cominciò a suonare con trasporto. L’indomani disse a Isabel che aveva dato una definizione molto bella ma spaventosamente triste del successo. A misurare con tale metro, chi mai aveva avuto successo? I sogni di gioventù, che cose incantevoli, divine! Chi mai li aveva veduti farsi realtà? - Io stessa... qualcuno l’ho visto avverarsi - si arrischiò a rispondere Isabel. - Di già? Dovevano essere sogni del giorno prima. - Ho cominciato molto presto a sognare - sorrise Isabel. - Oh, se intendete le aspirazioni della fanciullezza... di avere una sciarpa rosa e una bambola che chiude gli occhi... - No, non voglio dir questo. - O un giovane con splendidi baffi che vi cade in ginocchio dinanzi. - No, nemmeno questo - dichiarò Isabel con foga ancor più grande. Madame Merle parve notare il suo ardore. - Sospetto che intendiate proprio questo. Tutte noi abbiamo avuto un giovane coi baffi. È il giovane inevitabile; non conta.
Henry James (The Portrait of a Lady)
Variante. Tu sei un autore, non sai ancora quanto grande, colei che amavi ti ha tradito, la vita per te non ha più senso e un giorno, per dimenticare, fai un viaggio sul Titanic e naufraghi nei mari del sud, ti raccoglie (unico superstite) una piroga di indigeni e passi lunghi anni ignorato da tutti, su di un'isola abitata solo da papuasi, con le ragazze che ti cantano canzoni di intenso languore, agitando i seni appena coperti dalla collana di fiori di pua. Cominci ad abituarti, ti chiamano Jim, come fanno coi bianchi, una ragazza dalla pelle ambrata ti si introduce una sera nella capanna e ti dice: "Io tua, io con te." In fondo è bello, la sera, stare sdraiato sulla veranda a guardare la Croce del Sud mentre lei ti accarezza la fronte. Vivi secondo il ciclo delle albe e dei tramonti, e non sai d'altro. Un giorno arriva una barca a motore con degli olandesi, apprendi che sono passati dieci anni, potresti andare via con loro, ma esiti, preferisci scambiare noci di cocco con derrate, prometti che potresti occuparti della raccolta della canapa, gli indigeni lavorano per te, tu cominci a navigare da isolotto a isolotto, sei diventato per tutti Jim della Canapa. Un avventuriero portoghese rovinato dall'alcool viene a lavorare con te e si redime, tutti parlano ormai di te in quei mari della Sonda, dai consigli al marajà di Brunei per una campagna contro i dajaki del fiume, riesci a riattivare un vecchio cannone dei tempi di Tippo Sahib, caricato a chiodaglia, alleni una squadra di malesi devoti, coi denti anneriti dal betel in uno scontro presso la Barriera Corallina il vecchio Sampan, i denti anneriti dal betel, ti fa scudo col proprio corpo - Sono contento di morire per te, Jim della Canapa. - Vecchio, vecchio Sampan, amico mio. Ormai sei famoso in tutto l'arcipelago tra Sumatra e Port-au-Prince, tratti con gli inglesi, alla capitaneria del di Darwin sei registrato come Kurtz, e ormai sei Kurtz per tutti - Jim della Canapa per gli indigeni. Ma una sera, mentre la ragazza ti accarezza sulla veranda e la Croce del Sud sfavilla come non mai, ahi quanto, diversa dall'Orsa, tu capisci: vorresti tornare. Solo per poco, per vedere che cosa sia rimasto di te, laggiù. Prendi la barca a motore, raggiungi Manila, di là un aereo a elica ti porta a Bali. Poi Samoa, Isole dell'Ammiragliato, Singapore, Tananarive, Timbuctu, Aleppo, Samarcanda, Bassora, Malta e sei a casa. Sono passati diciott'anni, la vita ti ha segnato, il viso è abbronzato dagli alisei, sei più vecchio, forse più bello. Ed ecco che appena arrivato scopri che le librerie ostentano tutti i tuoi libri, in riedizioni critiche, c'è il tuo nome sul frontone della vecchia scuola dove hai imparato a leggere e a scrivere. Sei il Grande Poeta Scomparso, la coscienza della generazione. Fanciulle romantiche si uccidono sulla tua tomba vuota. E poi incontro te, amore, con tante rughe intorno agli occhi, e il volto ancora bello che si strugge di ricordo, e tenero rimorso. Quasi ti ho sfiorata sul marciapiede, sono là a due passi, e tu mi hai guardato come guardi tutti, cercando un altro oltre la loro ombra. Potrei parlare, cancellare il tempo. Ma a che scopo? Non ho già avuto quello che volevo? Io sono Dio, la stessa solitudine, la stessa vanagloria, la stessa disperazione per non essere una delle mie creature come tutti. Tutti che vivono nella mia luce e io che vivo nello scintillio insopportabile della mia tenebra.
Umberto Eco (Foucault’s Pendulum)