Eric Remarque Quotes

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„Неприятните спомени имаха и нещо положително: те ни убеждаваха, че сме щастливи, докато само преди секунда сме мислили обратното. Щастието е въпрос на степенуване. Който владее това изкуство, рядко е изцяло нещастен.
Erich Maria Remarque
Một cuộc sống giản dị ngày nay là cuộc phiêu lưu dị thường nhất.
Erich Maria Remarque
Bisogna venir qui per vedere in quante parti un uomo può esser ferito.
Erich Maria Remarque
„Никога не се е вярвало тъй много в чудеса, както в наше време, когато вече ги няма.
Erich Maria Remarque
Но всяко негово вдишване оголва сърцето ми. Този умиращ е господар на часовете. Той има невидим нож, с който ме пронизва - времето и моите мисли.
Erich Maria Remarque
Вече съм го забелязал: ужасът е поносим, докато се свиваш и не го гледаш в очите - почнеш ли да размишляваш върху него, убива.
Erich Maria Remarque
Години наред наше задължение беше да убиваме - то бе първата ни професия в живота. Това, което знаем за живота се свежда до смъртта.
Erich Maria Remarque
Не губим ли постоянно онова, което е в ръцете ни именно защото е в движение ? И не застава ли в покой едва когато липсва и вече няма как да се променя ? Не ни ли принадлежи едва тогава ?
Erich Maria Remarque
Алберт го изразява: - Войната ни поквари за всичко. И е прав. Ние не сме вече никаква младеж. Не искаме вече да завоюваме света. Ние сме бегълци. Бягаме от себе си, от собствения си живот.
Erich Maria Remarque
La vita qui sui confini della morte ha una linea straordinariamente semplice, si limita all'indispensabile: tutto il resto è addormentato e sordo: in ciò sta la nostra primitività, e in pari tempo la nostra salvezza. Se fossimo più evoluti, da un pezzo saremmo pazzi, o disertori, o morti. È come in una spedizione sui ghiacci del polo; ogni manifestazione di vita deve tendere soltanto a conservar la vita, e necessariamente è a ciò preordinata. Tutto il resto è bandito, perché sarebbe un inutile consumo d'energia.
Erich Maria Remarque
Non si può comprendere come sopra corpi così orribilmente lacerati siano ancora volti umani, sui quali la vita continua nel suo ritmo giornaliero. [...] Io sono giovane, ho vent'anni: ma della vita non conosco altro che la disperazione, la morte, il terrore, e la insensata superficialità congiunta con un abisso di sofferenze. Io vedo dei popoli spinti l'uno contro l'altro, e che senza una parola, inconsciamente, stupidamente, in una incolpevole obbedienza si uccidono a vicenda. Io vedo i più acuti intelletti del mondo inventare armi e parole perché tutto questo si perfezioni e duri più a lungo. [...] Che aspettano essi [i nostri padri] da noi, quando verrà il tempo in cui non vi sarà guerra? Per anni e anni la nostra occupazione è stata di uccidere, è stata la nostra prima professione nella vita. Il nostro sapere della vita si limita alla morte. Che accadrà, dopo? Che sarà di noi?
Erich Maria Remarque
La guerra è causa di morte come ce n'è tante, come il cancro e la tubercolosi, come la spagnola e la dissenteria. Solo che i casi di morte qui sono più frequenti, più svariati e più crudeli. [...] Tutti siamo a questo modo, non soltanto noi qui; ciò che fummo un tempo non conta, quasi non lo sappiamo più. Le differenze create dalla cultura e dalla educazione sono quasi cancellate, appena riconoscibili. Talvolta rappresentano un vantaggio, nello sfruttare una situazione; ma portano seco anche qualche svantaggio, perché creano degli impacci che bisogna poi superare. È come se in passato fossimo stati monete di vari paesi: fuse poi nel medesimo crogiuolo, e che ormai portano tutte la stessa impronta. Per riscontrare ancora le differenze fra noi, bisognerebbe analizzare accuratamente il metallo. Siamo soldati anzitutto, e solo in linea secondaria e in una forma strana e quasi vergognosa siamo individui. S'è creata una vasta fraternità, in cui si fonde stranamente qualcosa del cameratismo delle canzoni popolari, col senso di solidarietà dei galeotti e col disperato attaccamento tra condannati a morte. È una vita che ha per ambiente e per sfondo il pericolo, la tensione morale, il mortale abbandono, e che diventa un fuggevole godimento in comune delle poche ore di tregua, nel modo più semplice e senza sentimentalismo.
Erich Maria Remarque
”(…) spesso sto davanti a me stesso come davanti a un estraneo, quando in ore tranquille un enigmatico riflesso del passato mi mostra, come in uno specchio appannato, i contorni del mio essere attuale: e allora mi stupisco come quell’elemento misteriosamente attivo, che si chiama vita, abbia potuto adattarsi anche ad una forma siffatta. Tutte le altre manifestazioni sono come in letargo, la nostra esistenza è soltanto un ininterrotto vigilare contro la minaccia della morte. Questa vita ci ha ridotti ad animali appena pensanti, per darci l’arma dell’istinto; ci ha impastati di insensibilità, per farci resistere all’orrore che ci schiaccerebbe se avessimo ancora una ragione limpida e ragionante; ha svegliato in noi il senso del cameratismo, per strapparci all’abisso del disperato abbandono; ci ha dato l’indifferenza dei selvaggi per farci sentire, ad onta di tutto, ogni momento della realtà, e per farcene come una riserva contro gli assalti del nulla. Così meniamo un’esistenza chiusa e dura, tutta in superficie, e soltanto di rado un avvenimento accende qualche scintilla. Ma allora divampa in modo inatteso una fiammata di passione aspra e terribile. Sono questi i momenti pericolosi, che ci rivelano come il nostro adattamento sia tutto artificiale; come esso non sia affatto la calma, ma uno sforzo terribile per mantenere la calma.”
Erich Maria Remarque