Donna Forte Quotes

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Tutta quella città… non se ne vedeva la fine… / La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? / E il rumore / Su quella maledettissima scaletta… era molto bello, tutto… e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problema / Col mio cappello blu / Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino / Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino / Primo gradino, secondo / Non è quel che vidi che mi fermò / È quel che non vidi / Puoi capirlo, fratello?, è quel che non vidi… lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne / C’era tutto / Ma non c’era una fine. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo / Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito. Questo a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu / Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me / Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi / Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita / Se quella tastiera è infinita, allora / Su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio / Cristo, ma le vedevi le strade? / Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una / A scegliere una donna / Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire / Tutto quel mondo / Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce / E quanto ce n’è / Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… / Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.
Alessandro Baricco (Novecento. Un monologo)
figlio mio ama la tua donna amala forte amatevi forti e lasciatevi infiniti, liberi ma insieme, così che non avrete mai bisogno di cercare altro perché siete voi tutto l’altro che andate cercando.
Gio Evan (Ormai tra noi è tutto infinito)
E la donna è così felice e così bella nelle ore in cui è forte, che preferisce a tutti gli uomini quello che ha una forza enorme, a costo d'essere spezzata da lui.
Honoré de Balzac
Le vent sur la falaise n'était pas fort mais très froid. Hortense donna un tour supplémentaire à son écharpe bleu rose vert. Elle ne détestait pas le froid sur ses joues, la peau qui tirait, les larmes qui sortaient. Elle tapota son crayon contre son incisive en fixant le large.
Malika Ferdjoukh (Hortense (Quatre soeurs, #2))
D'où vient la faiblesse de l'homme ? De l'inégalité qui se trouve entre sa force et ses désirs. Ce sont nos passions qui nous rendent faibles, parce qu'il faudrait pour les contenter plus de forces que ne nous en donna la nature. Diminuez donc les désirs, c'est comme si vous augmentiez les forces : celui qui peut plus qu'il ne désire en a de reste ; il est certainement un être très fort.
Jean-Jacques Rousseau (Emile, or On Education)
«Mi dispiace di aver rovinato questo momento, ma non posso starmene zitto mentre fai il più grande sbaglio della tua vita.» Il sudore iniziò a scorrermi lungo la schiena. Nicola Guidoni voleva rovinare la mia vita, voleva dire a tutti che era stato il mio amante e io avrei perso anche quel poco di felicità che avrei potuto avere al fianco di Christian. «Non ho mai conosciuto una donna come te. Tu mi provochi, mi sfidi, mi tieni testa. Sei forte e delicata al tempo stesso. Mi fai desiderare di essere un uomo migliore. Non ho intenzione di rinunciare a te senza lottare perché tu hai paura di te stessa e della splendida donna selvaggia che sei. Smetti di fingere di essere un’altra e vieni via con me.» Il respiro si bloccò ed ebbi voglia di piangere. Perché non mi aveva detto quelle cose quando ancora poteva?
Eilan Moon (Il mio lieto fine)
Cristo, ma le vedete le strade? Anche solo le strade! Ce n’era a migliaia! Come fate voi laggiù a sceglierne una? A scegliere una donna. Una casa, una terra che sia vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire. Tutto quel mondo… Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce… e quanto ce n’è. Non avete voi paura di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità… solo a pensarla? A viverla… Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò da questa nave… al massimo, posso scendere dalla mia vita.” A.Baricco da "Novecento - un monologo
Alessandro Baricco
[Stanza] Sì lungiamente m’ha tenuto Amore e costumato a la sua segnoria, che sì com’elli m’era forte in pria, così mi era soave ora nel core. Però quando mi tolle sì ’l valore, che li spiriti par che fuggan via, allor sente la frale anima mia tanta dolcezza, che ’l viso ne smore, poi prende Amore in me tanta vertute, che fa li miei spiriti gir parlando, ed escon for chiamando la donna mia, per darmi più salute. Questo m’avvene ovunque ella mi vede, e sì è cosa umil, che nol si crede.
Dante Alighieri
[Sonetto XXI] "L’amaro lagrimar che voi faceste, oi occhi miei, così lunga stagione, facea lagrimar l’altre persone de la pietate, come voi vedeste. Ora mi par che voi l’obliereste, s’io fosse dal mio lato sì fellone, ch’i’ non ven disturbasse ogne cagione, membrandovi colei cui voi piangeste. La vostra vanità mi fa pensare, e spaventami sì, ch’io temo forte del viso d’una donna che vi mira. Voi non dovreste mai, se non per morte, la vostra donna, ch’è morta, obliare". Così dice ’l meo core, e poi sospira.
Dante Alighieri
La gente rideva forte; i banditori gridavano a squarciagola; i negozianti, che avevano occupato i banchi davanti ai tavoli di vendita, cercavano invano d'imporre silenzio, per fare in pace i loro affari. Raramente una riunione era stata così promiscua, e così chiassosa. Scivolai silenziosamente in quel tumulto che mi rattristava, e mi resi conto che eravamo proprio vicino alla camera dove era spirata la povera creatura di cui si vendevano i mobili per pagare i debiti. Venuto per osservare più che per comprare, guardavo le facce degli organizzatori della vendita, i cui tratti s'illuminavano ogni volta che un oggetto raggiungeva un prezzo che non avrebbero osato sperare. Persone perbene, che avevano speculato sulla prostituzione di quella donna, che avevano guadagnato il cento per cento su di lei, che avevano perseguitato con carte bollate gli ultimi momenti della sua vita, e che venivano, dopo la sua morte, a raccogliere il frutto dei loro onorevoli calcoli, insieme agli interessi del loro vergognoso credito. Come avevano ragione gli antichi, inventando lo stesso Dio per i mercanti e per i ladri!
Alexandre Dumas fils (La signora delle camelie)
Le Sirien reprit les petites mites, il leur parla encore avec beaucoup de bonté, quoiqu’il fût un peu fâché dans le fond du cœur de voir que les infiniment petits eussent un orgueil presque infiniment grand. Il leur promit de leur faire un beau livre de philosophie, écrit fort menu pour leur usage, et que, dans ce livre, ils verraient le bout des choses. Effectivement, il leur donna ce volume avant son départ : on le porta à Paris à l’académie des sciences ; mais, quand le vieux secrétaire l’eut ouvert, il ne vit rien qu’un livre tout blanc : « Ah ! dit-il, je m’en étais bien douté. »
Voltaire (Micromegas)
Sam era sempre stato diverso dalle altre ragazze, ma fu solo in terza elementare che passò da sentirsi diverso ad avvertire che c’era qualcosa di profondamente sbagliato. Per la prima volta lui e i suoi compagni di classe non erano più soltanto alunni, ma vennero divisi in due gruppi: maschi e femmine. La separazione sembrò portare con sé una nuova serie di regole, divieti e aspettative invisibili che lui non aveva mai imposto a se stesso. Tutto ciò lo metteva a disagio, ma non riusciva a capire il perché. Sapeva di essere una femmina, era ovvio, ma perché non si sentiva donna? Perché dentro di sé sentiva di essere un maschio? Perché voleva essere trattato come un ragazzo? Era confuso, frustrato e si sentiva sbagliato, e quel sentimento diventò sempre più forte col passare del tempo. L’infanzia di Sam fu tormentata da domande cui non riusciva a trovare risposta. Era uno scherzo della natura? C’era qualcosa di guasto dentro di lui? Dio aveva fatto un errore? Era andato a catechismo con il suo amico Joey, e sapeva di poter imparare come pregare e chiedere a Dio di aggiustarlo. Tutte le sere Sam pregava di svegliarsi il giorno dopo nel corpo giusto, ma le sue preghiere non vennero mai esaudite. Qualche anno più tardi, le prime fasi della pubertà gli sembrarono più un dirottamento che una naturale evoluzione. Il suo corpo stava crescendo, ma sembrava tradirlo ogni giorno di più. Stava diventando qualcosa che non andava d’accordo con quello che provava. Non importava quanti video sull’argomento guardasse, l’idea di emergere dai suoi anni da teenager come donna sembrava estranea e innaturale, come un bruco che da crisalide si trasforma in ragno. Sam pensò che se avesse ignorato i cambiamenti, il suo corpo avrebbe potuto respingerli o invertirli. Invece di procurarsi un reggiseno, Sam si avvolse intorno al seno una benda elastica, in modo che il torace apparisse piatto. Più i seni crescevano più stringeva la benda, tanto che finì per ferirsi. A un certo punto comprò un reggiseno sportivo che aveva lo stesso effetto, ma fu per lui un momento di sconfitta: stava perdendo la battaglia con il proprio corpo
Chris Colfer (Stranger Than Fanfiction)
[Canzone IV] Quantunque volte, lasso!, mi rimembra ch’io non debbo già mai veder la donna ond’io vo sì dolente, tanto dolore intorno ’l cor m’assembra la dolorosa mente, ch’io dico: "Anima mia, ché non ten vai? ché li tormenti che tu porterai nel secol, che t’è già tanto noioso, mi fan pensoso di paura forte". Ond’io chiamo la Morte, come soave e dolce mio riposo; e dico: "Vieni a me " con tanto amore, che sono astioso di chiunque more. E’ si raccoglie ne li miei sospiri un sono di pietate, che va chiamando Morte tuttavia: a lei si volser tutti i miei disiri, quando la donna mia fu giunta da la sua crudelitate; perché ’l piacere de la sua bieltate, partendo sé da la nostra veduta, divenne spirital bellezza grande, che per lo ciclo spande luce d’amor, che li angeli saluta, e lo intelletto loro alto, sottile face maravigliar, sì v’è gentile.
Dante Alighieri
Et Aldous ouvrit le bal. Il leva bien haut sa batte, comme un chef d’orchestre sa baguette. Un grand silence suivit l’échauffement cacophonique des instruments. Chacun retint son souffle. Et musique, maestro ! Aldous abattit son arme, au hasard. A son signal, toutes les cordes vocales se mirent à vibrer et toutes les belles à tourner, tourner, et encore tourner. Réglé comme du papier à musique. Soulevés par un vent de terreur, les tissus se mêlèrent, se rapprochèrent, se croisèrent par vagues successives. Ce fut un ballet magnifique de voiles, un spectacle de derviches revisité par Pina Bausch. Aldous donna la cadence de la chorégraphie. Jason rythma la symphonie des hurlements, staccato, andante, mezzo forte, forte, fortissimo… Du Beethoven. Au blanc et noir de cette volière d’hirondelles secouée se mêla bientôt le rouge, d’abord par traces impressionnistes, puis par nappes fauves.
Antoine Buéno (Le Soupir de l'immortel)
Porque- já não é incutido em nós constantemente, desde a infância, um lugar-comum não questionado na cultura? De William Blake a Lady Gaga, de Rousseau a Rumi, passando pela Tosca e pelo Sr. Rogers, é uma mensagem curiosamente uniforme, aceita de alto a baixo - quando em dúvida, o que fazer? Como sabemos qual é a coisa certa para nós? Qualquer psiquiatra, qualquer orientador vocacional, qualquer princesa da Disney sabe a resposta: "seja você mesmo". "Siga seu coração." Mas aí está o que eu realmente, realmente queria que alguém me explicasse. E se alguém por acao tem um coração que não é confiável? E se o coração, por seus próprios motivos insondáveis, afasta deliberadamente a pessoa, e numa nuvem de esplendor indescritível, da saúde, da vida doméstica, da responsabilidade cívica, dos fortes vínculos sociais e de todas as virtudes comuns agradavelmente mantidas a leva em vez disso bem na direção de uma bela labareda de ruína, autoimolação desastre?
Donna Tartt (The Goldfinch)
E nel fine del mio proponimento parvemi sentire uno mirabile tremore incomminciare nel mio petto da la sinistra parte, e distendersi di subito per tutte le parti del mio corpo. Allora dico ched io poggiai la mia persona simulatamente ad una pintura, la cual circundava questa magione: e tenendo che altri non fosse accorto del mio tremare, levai gli occhi, e, mirando le donne, vidi tra loro la gentilissima Beatrice. Allora fuoro sí distrutti li miei spiriti per la forza ch'Amore prese veggendosi in tanta propinquitade a la gentillisima donna, che non ne rimasero in vita piú che li spiriti del viso; ed ancora questi rimasero fuoti de li loro strumenti, pero che Amore volea stare nel loro nobilissimo luogo per vedere la mirabile donna: e avvegna ched io fossi altro che prima, molto mi dolea di questi spiritelli, que si lamentavano forte, e diceano: "se questi non ci infolgorasse cosí fuori del nostro luogo, noi protremmo stare a vedere la maraviglia di questa donna, cosi come stanno gli altri nostri pari".
Dante Alighieri
[Canzone III] Li occhi dolenti per pietà del core hanno di lagrimar sofferta pena, sì che per vinti son remasi omai. Ora, s’i’ voglio sfogar lo dolore, che a poco a poco a la morte mi mena, convenemi parlar traendo guai. E perché me ricorda ch’io parlai de la mia donna, mentre che vivia, donne gentili, volentier con vui, non voi parlare altrui, se non a cor gentil che in donna sia; e dicerò di lei piangendo, pui che si n’è gita in ciel subitamente, e ha lasciato Amor meco dolente. Ita n’è Beatrice in alto cielo, nel reame ove li angeli hanno pace, e sta con loro, e voi, donne, ha lassate: no la ci tolse qualità di gelo né di calore, come l’altre face, ma solo fue sua gran benignitate; ché luce de la sua umilitate passò li cieli con tanta vertute, che fé maravigliar l’etterno sire, sì che dolce disire lo giunse di chiamar tanta salute; e fella di qua giù a sé venire, perché vedea ch’esta vita noiosa non era degna di sì gentil cosa. Partissi de la sua bella persona piena di grazia l’anima gentile, ed èssi gloriosa in loco degno. Chi no la piange, quando ne ragiona, core ha di pietra sì malvagio e vile, ch’entrar no i puote spirito benegno. Non è di cor villan sì alto ingegno, che possa imaginar di lei alquanto, e però no li ven di pianger doglia: ma ven tristizia e voglia di sospirare e di morir di pianto, e d’onne consolar l’anima spoglia chi vede nel pensero alcuna volta quale ella fue, e com’ella n’è tolta. Dannomi angoscia li sospiri forte, quando ’l pensero ne la mente grave mi reca quella che m’ha ’l cor diviso: e spesse fiate pensando a la morte, venemene un disio tanto soave, che mi tramuta lo color nel viso. E quando ’l maginar mi ven ben fiso, giugnemi tanta pena d’ogne parte, ch’io mi riscuoto per dolor ch’i’ sento; e sì fatto divento, che da le genti vergogna mi parte. Poscia piangendo, sol nel mio lamento chiamo Beatrice, e dico: "Or se’ tu morta?"; e mentre ch’io la chiamo, me conforta. Piange di doglia e sospirar d’angoscia mi strugge ’l core ovunque sol mi trovo, sì che ne ’ncrescerebbe a chi m’audesse: e quale è stata la mia vita, poscia che la mia donna andò nel secol novo, lingua non è che dicer lo sapesse: e però, donne mie, pur ch’io volesse, non vi saprei io dir ben quel ch’io sono, sì mi fa travagliar l’acerba vita; la quale è sì ’nvilita, che ogn’om par che mi dica: "Io t’abbandono", veggendo la mia labbia tramortita. Ma quel ch’io sia la mia donna il si vede, e io ne spero ancor da lei merzede. Pietosa mia canzone, or va piangendo; e ritrova le donne e le donzelle a cui le tue sorelle erano usate di portar letizia; e tu, che se’ figliuola di tristizia, vatten disconsolata a star con elle.
Dante Alighieri
Donna pietosa e di novella etate, adorna assai di gentilezze umane, ch’era là ’v’io chiamava spesso morte, veggendo li occhi miei pien di pietate, e ascoltando le parole vane, si mosse con paura a pianger forte. e altre donne, che si fuoro accorte di me per quella che meco piangía, fecer lei partir via, e approssimâsi per farmi sentire. Qual dicea: "Non dormire", e qual dicea: "Perché sì ti sconforte?" Allor lassai la nova fantasia, chiamando il nome de la donna mia. Era la voce mia sì dolorosa e rotta sì da l’angoscia del pianto, ch’io solo intesi il nome nel mio core; e con tutta la vista vergognosa ch’era nel viso mio giunta cotanto, mi fece verso lor volgere Amore. Elli era tale a veder mio colore, che facea ragionar di morte altrui: "Deh, consoliam costui" pregava l’una l’altra umilemente; e dicevan sovente: "Che vedestù, che tu non hai valore?" E quando un poco confortato fui, io dissi: "Donne, dicerollo a vui. Mentr’io pensava la mia frale vita, e vedea ’l suo durar com’è leggiero, piansemi Amor nel core, ove dimora; per che l’anima mia fu sì smarrita, che sospirando dicea nel pensero: - Ben converrà che la mia donna mora -. Io presi tanto smarrimento allora, ch’io chiusi li occhi vilmente gravati, e furon sì smagati li spirti miei, che ciascun giva errando; e poscia imaginando, di caunoscenza e di verità fora, visi di donne m’apparver crucciati, che mi dicean: - pur morràti, morràti -. Poi vidi cose dubitose molte, nel vano imaginare ov’io entrai; ed esser mi parea non so in qual loco, e veder donne andar per via disciolte, qual lagrimando, e qual traendo guai, che di tristizia saettavan foco. Poi mi parve vedere a poco a poco turbar lo sole e apparir la stella, e pianger elli ed ella; cader li augelli volando per l’âre, e la terra tremare; ed omo apparve scolorito e fioco, dicendomi: - Che fai? non sai novella? Morta è la donna tua, ch’era sì bella -. Levava li occhi miei bagnati in pianti, e vedea (che parean pioggia di manna), li angeli che tornavan suso in cielo, e una nuvoletta avean davanti, dopo la qual gridavan tutti: -"Osanna"- e s’altro avesser detto, a voi dirèlo. Allor diceva Amor: - Più nol ti celo; vieni a veder nostra donna che giace -. Lo imaginar fallace mi condusse a veder madonna morta; e quand’io l’ebbi scorta, vedea che donne la covrían d’un velo; ed avea seco umiltà verace, che parea che dicesse: - Io sono in pace -. Io divenia nel dolor sì umile, veggendo in lei tanta umiltà formata, ch’io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno; tu dei omai esser cosa gentile, poi che tu se’ ne la mia donna stata, e dèi aver pietate e non disdegno. Vedi che sì desideroso vegno d’esser de’ tuoi, ch’io ti somiglio in fede. Vieni, ché ’l cor te chiede -. Poi mi partia, consumato ogne duolo; e quand’io era solo, dicea, guardando verso l’alto regno: - Beato, anima bella, chi te vede! - Voi mi chiamaste allor, vostra mercede".
Dante Alighieri
[Canzone II] Donna pietosa e di novella etate, adorna assai di gentilezze umane, ch’era là ’v’io chiamava spesso morte, veggendo li occhi miei pien di pietate, e ascoltando le parole vane, si mosse con paura a pianger forte. e altre donne, che si fuoro accorte di me per quella che meco piangía, fecer lei partir via, e approssimâsi per farmi sentire. Qual dicea: "Non dormire", e qual dicea: "Perché sì ti sconforte?" Allor lassai la nova fantasia, chiamando il nome de la donna mia. Era la voce mia sì dolorosa e rotta sì da l’angoscia del pianto, ch’io solo intesi il nome nel mio core; e con tutta la vista vergognosa ch’era nel viso mio giunta cotanto, mi fece verso lor volgere Amore. Elli era tale a veder mio colore, che facea ragionar di morte altrui: "Deh, consoliam costui" pregava l’una l’altra umilemente; e dicevan sovente: "Che vedestù, che tu non hai valore?" E quando un poco confortato fui, io dissi: "Donne, dicerollo a vui. Mentr’io pensava la mia frale vita, e vedea ’l suo durar com’è leggiero, piansemi Amor nel core, ove dimora; per che l’anima mia fu sì smarrita, che sospirando dicea nel pensero: - Ben converrà che la mia donna mora -. Io presi tanto smarrimento allora, ch’io chiusi li occhi vilmente gravati, e furon sì smagati li spirti miei, che ciascun giva errando; e poscia imaginando, di caunoscenza e di verità fora, visi di donne m’apparver crucciati, che mi dicean: - pur morràti, morràti -. Poi vidi cose dubitose molte, nel vano imaginare ov’io entrai; ed esser mi parea non so in qual loco, e veder donne andar per via disciolte, qual lagrimando, e qual traendo guai, che di tristizia saettavan foco. Poi mi parve vedere a poco a poco turbar lo sole e apparir la stella, e pianger elli ed ella; cader li augelli volando per l’âre, e la terra tremare; ed omo apparve scolorito e fioco, dicendomi: - Che fai? non sai novella? Morta è la donna tua, ch’era sì bella -. Levava li occhi miei bagnati in pianti, e vedea (che parean pioggia di manna), li angeli che tornavan suso in cielo, e una nuvoletta avean davanti, dopo la qual gridavan tutti: -"Osanna"- e s’altro avesser detto, a voi dirèlo. Allor diceva Amor: - Più nol ti celo; vieni a veder nostra donna che giace -. Lo imaginar fallace mi condusse a veder madonna morta; e quand’io l’ebbi scorta, vedea che donne la covrían d’un velo; ed avea seco umiltà verace, che parea che dicesse: - Io sono in pace -. Io divenia nel dolor sì umile, veggendo in lei tanta umiltà formata, ch’io dicea: - Morte, assai dolce ti tegno; tu dei omai esser cosa gentile, poi che tu se’ ne la mia donna stata, e dèi aver pietate e non disdegno. Vedi che sì desideroso vegno d’esser de’ tuoi, ch’io ti somiglio in fede. Vieni, ché ’l cor te chiede -. Poi mi partia, consumato ogne duolo; e quand’io era solo, dicea, guardando verso l’alto regno: - Beato, anima bella, chi te vede! - Voi mi chiamaste allor, vostra mercede".
Dante Alighieri
L'amicizia di due uomini è più forte di una preghiera, sì, ma quando compare Anna e sorride nel sole, allora già in quell'amicizia qualcosa si è incrinata, perché io sono di Anna e Carlone sente che già nel pensiero io lo tradisco, perché un amico vero non sarà mai di una donna, una donna è sporca e insudicia persino le preghiere e Carlone sa che domani Anna sarà più forte di lui. Cupo ci segue giù per la strada e io so che per lui questo raro sole di domenica non brilla più, che in testa gli si è aperto un buco di buio, e così come a rinforzo chiama Ettorino, chiama un altro, perché il pugno di uomini amici sia più forte di quest'altra forza ora intervenuta, Anna bionda nel sole e grande e chiara.
Luciano Bianciardi (La vita agra)
Vi dirò come mi sono trasformata in un uomo. Prima ho dovuto trasformarmi in una donna. Ero stata neutra molto tempo, voglio dire che non ero affatto una donna ma uno-dei-ragazzi, perché se entri in una riunione di uomini, per motivi professionali o di altro genere, tanto vale mettersi un cartellone pubblicitario con la scritta: GUARDATE! HO LE TETTE! Ci sono sogghigni e risolini, rossori, contorsioni ipocrite, giochini con la cravatta, bottoni che vengono sistemati, allusioni, citazioni cortesi e una galanteria molto consapevole, sommata a un’insistenza compiaciuta sul mio fisico. Tutta questa robaccia solo per farmi piacere. Se diventi brava a essere uno-dei-ragazzi, il problema scompare. Naturalmente ciò comporta una certa spersonalizzazione, ma il cartellone pubblicitario svanisce; ribattei a tono e risi alle battute scherzose, specialmente quelle di natura ostile. Sotto sotto continui a ripetere in maniera gradevole ma risoluta: No, no, no, no, no, no. Ma è vitale per il mio lavoro e a me piace il mio lavoro. Ritengo abbiano deciso che le mie tette non erano autentiche, o che appartenessero a qualcun’altra (alla mia sorella gemella), così mi hanno diviso dal collo in su; come dicevo, questo richiede una certa spersonalizzazione. Ero certa che una volta ottenuto il dottorato di ricerca, la cattedra universitaria, la medaglia al torneo di tennis, il contratto da ingegnere, uno stipendio da diecimila dollari l’anno, una domestica a tempo pieno, la fama e il rispetto dei colleghi, una volta divenuta forte, alta e bella, una volta che il mio quoziente di intelligenza avesse superato la quota 200, e una volta divenuta un genio, solo allora avrei potuto togliermi il cartellone pubblicitario. Lasciai a casa sorrisi e risate allegre. Non sono una donna; sono un uomo. Sono una donna con la mente d’un uomo. Lo dicono tutti.
Joanna Russ (The Female Man)
Io amo una donna sola, te lo giuro." Lysa Arryn tentò un sorriso tremulo. "Una donna sola? Oh, Petyr, me lo giuri? Una soltanto?" "Solo Catelyn." Petyr Baelish le diede uno spintone, forte, definitivo. Lysa Arryn barcollò all'indietro, i piedi scivolarono sul marmo bagnato, fino alla soglia. Oltre la soglia. E poi Lysa Arryn non ci fu più. Svanita. Inghiottita. Non aveva lanciato neppure un grido. Per un tempo lunghissimo l'unico suono fu l'ululare del vento.
George R.R. Martin (A Storm of Swords (A Song of Ice and Fire, #3))
Probabilmente, non ti avremmo mai visto se non fosse stato per la tua dolce sorella" riprese il dorniano. "Non venivi mai portato al desco, ne' nella sale. Ma di notte, a volte, udivamo le grida di un neonato provenire dalle profondita' della rocca. Avevi una voce mostruosamente forte, questo te lo riconosco. Continuavi a urlare per ore, e nulla poteva acquietarti eccetto la tetta di una donna." [...] "Cersei arrivo' addiruttura a sciogliere i nodi dei tuoi pannolini per consentirci di vedere bene" continuo' il principe di Dorne. "In effetti, avevi un occhio malefico e la peluria nera sul capo. Forse la tua testa era piu' grande del normale... ma non c'era nessuna coda, nessuna barba, niente artigli ne' zanne, e niente tra le tue gambe tranne un piccolo cazzo rosa. Dopo tutti quei meravigliosi bisbigli, il Flagello di lord Tywin si era rivelato nient'altro che un orribile neonato, rosso e con le gambe leggermente tozze. Elia emise il tipico suono che le ragazze emettono di fronte a un infante, sono certo che sai di che cosa sto parlando. Quel verso che fanno anche davanti ai cuccioli di cane e ai gattini appena nati. Credo lei stessa, a dispetto della tua bruttezza, sia stata tentata di allattarti. Al mio commento che come creatura mostruosa tutto sommato valevi poco, tua sorella disse: 'Ha ucciso mia madre', dopo di che afferro' quel tuo piccolo cazzo e lo torse talmente forte da farmi temere che te lo avrebbe strappato via. Tu urlasti, ma Cersei abbandono' la presa solo dopo che tuo fratello Jaime disse: 'Lascialo stare, gli stai facendo male'. 'Tanto non importa" ci disse "lo sanno tutti che morira' presto. Non avrebbe neppure dovuto vivere cosi' a lungo.
George R.R. Martin (A Storm of Swords (A Song of Ice and Fire, #3))
«So che cosa provi, e so perché credi di essere qui, cosa speravi di ottenere. In un’altra fase della mia vita avrei anche potuto darti quello che cerchi, forse. Forse starei meglio se lo facessi. Una scopata fine a se stessa con un uomo più giovane e attraente può essere il modo perfetto per riequilibrare i rapporti di una relazione disfunzionale come quella che lega me e David: lo so per esperienza,» aggiunse; quel termine scurrile, l’incurvarsi improvviso della voce su tonalità più aspre, gli strappò un sussulto. Di colpo, come era già accaduto altre volte in passato, il filtro che senza neanche accorgersene sovrapponeva a quella donna – composto di tutti i suoi ruoli, quello della donna del capo, della moglie tradita, della madre modello e dell’amante vendicativa – scomparve e Carlos la vide per quello che era: una persona un po’ ammaccata, sofferente, abituata a patti continui con l’orgoglio, che conosceva bene il proprio abisso e aveva ormai imparato a bilanciarsi sull’orlo del dirupo. «Se sai che potrebbe essere utile, perché non lo fai?» chiese lentamente, e non sapeva neanche lui che cosa stesse chiedendo davvero: di usarlo per la sua vendetta – offrendogli intanto il modo di prendersi anche la propria – o solo di spiegargli il motivo di quel rifiuto.La vide sorridere, un sorriso triste, del tutto consapevole.«Perché tu non sei il tipo di uomo a cui piace fare sesso con rabbia,» disse, quasi con tenerezza. «E non voglio che domattina ti svegli con una ragione in più per odiare te stesso. O il ragazzo che ti ha portato a questo.»Fu come se avesse allungato una mano a sciogliere il nodo che gli impediva di respirare da ore; Carlos espirò di getto, si riempì di nuovo i polmoni di ossigeno. Sentì gli occhi bagnarsi, come un contrappeso istintivo, e alzò le mani a premersi le nocche contro le palpebre il più forte possibile. Di fronte a lui, Megan non disse niente.«Non sono neanche sicuro di odiarlo,» ammise Carlos infine, in un soffio. «È tutto un tale casino. Riesco soltanto a immaginarli insieme, e non capisco se sono più incazzato o preoccupato o ferito. Vorrei soltanto strapparglielo di mano. Cancellare tutto.»
Micol Mian (In luce fredda (Rosa dei venti Vol. 1))
<>Sollevò gli occhi al cielo. <> Sorrise, poi attivò la fiamma e arroventò la punta di carta. <> Il giovane Guzman prese la spilla da balia e, reggendola con due dita, si portò la sigaretta alle labbra. Aspirò. Tossì forte, poiché non era abituato. <>, lo esortò il padre. E lui ripeté il gesto, stavolta socchiudendo gli occhi. Improvvisamente , gli tornarono alla memoria tutti gli effluvi di biancheria femminile che aveva annusato nella lavanderia di Madame Li. Gli odori adesso avevano anche un sapore, perché quel tabacco sapeva di donna, di lussuria e di bordello. <> Guzman aveva sgranato gli occhi come davanti ad una rivelazione. Il padre non riuscì a trattenere una risata. Lui ci stava quasi rimanendo male. <> lo rassicurò. <> Il padre lo accarezzò. <> Guzman lo fece. <>
Donato Carrisi (La donna dei fiori di carta)
Perché nella maternità adoriamo il sacrificio? Donde è scesa a noi questa inumana idea dell’immolazione materna? Di madre in figlia, da secoli, si tramanda il servaggio. È una mostruosa catena. Tutte abbiamo, a un certo punto della vita, la coscienza di quel che fece pel nostro bene chi ci generò; e con la coscienza il rimorso di non aver compensato adeguatamente l’olocausto della persona diletta. Allora riversiamo sui nostri figli quanto non demmo alle madri, rinnegando noi stesse e offrendo un nuovo esempio di mortificazione, di annientamento. Se una buona volta la fatale catena si spezzasse, e una madre non sopprimesse in sé la donna, e un figlio apprendesse dalla vita di lei un esempio di dignità? Allora si incomincerebbe a comprendere che il dovere dei genitori s’inizia ben prima della nascita dei figli, e che la loro responsabilità va sentita innanzi, appunto allora che più la vita egoistica urge imperiosa, seduttrice. Quando nella coppia umana fosse la umile certezza di possedere tutti gli elementi necessari alla creazione d’un nuovo essere integro, forte, degno di vivere, da quel momento, se un debitore v’ha da essere, non sarebbe questi il figlio? Per quello che siamo, per la volontà di tramandare più nobile e più bella in essi la vita, devono esserci grati i figli, non perché, dopo averli ciecamente suscitati dal nulla, rinunziamo all’essere noi stessi…
Sibilla Aleramo (A Woman)
It was true that common sense wasn’t her forte. It wasn’t that she was silly or stupid, but she heard so many more voices than the common-sense voice. That complicates matters. And sometimes the other voices were much more interesting and pressing than the common common-sense voice.
Donna Goddard (Purnima (Waldmeer, #7))
L’uomo forte." La categoria dell’uomo forte, oltre a evocare i truci ricordi novecenteschi e la loro eco attuale, nella quotidianità rende molto difficile la vita agli uomini, costretti a negare di avere fragilità e a nascondere tutti quegli aspetti della loro personalità che per qualche ragione non collimano con la proiezione della forza virile machista. La donna che osserva questa dinamica trae inevitabilmente indicazioni di modo per guidare la sua parabola di riuscita personale. All’aumentare delle responsabilità, la donna che vede crescere il proprio potere sente di essere costretta a imporsi lo stesso tipo di amputazione: fragilità emotiva, stanchezza, paura, nostalgia o compassione diventano zavorre da scaricare o celare
Michela Murgia (Stai zitta e altre nove frasi che non vogliamo sentire più)
Quand Ts'in (Qin n.n.) eut dispersé les royaumes combattants et qu’il régna sur l’empire, sa conduite ne changea pas, son gouvernement ne se modifia pas ; c’est pourquoi il obtint des résultats différents lorsqu’il fit des conquêtes et lorsqu’il les conserva ; il était isolé en possession (de l'empire), et c’est pourquoi on pouvait attendre sa perte imminente. Supposez que le roi de Ts’in eût administré les affaires suivant les principes des générations anciennes et qu’il eût suivi les traces des Yn (Shang n.n.) et des Tcheou (Zhou n.n.) dans la direction qu’il donna à son gouvernement ; quand bien même dans la suite il y aurait eu un souverain dissolu et arrogant, la calamité de la ruine et du péril ne se serait point produite. C’est pourquoi quand les trois dynasties fondèrent leur empire, leur renommée fut éclatante et leur œuvre dura longtemps. Maintenant, lorsque Eul-che (Qin Er Shi n.n.) (de la dynastie) Ts'in prit le pouvoir, dans l'empire il n'y eut personne qui ne tendit le cou pour observer comment il gouvernerait; en effet, celui qui a froid apprécie fort des vêtements grossiers, celui qui a faim trouve agréable au goût la lie du vin et l'enveloppe du grain; l'empire retentissait de plaintes, c'était une ressource pour le nouveau souverain: cela signifie qu'auprès d'un peuple accablé il est aisé de passer pour bon.
Sima Qian (Mémoires historiques - Deuxième Section (French Edition))
- Non mi hai detto che l'amore si può sfuggire? - Mi piace come pensi, Modesta. Ma questo che m'hai detto non è da te. Questi pensieri di femminuccia locca sono, e non di donna forte come sei tu. Tutto si può sfuggire se impari a discernere quello ca solo male ti può fare. - E il destino, allora? - Parola per acquietare i miserabili è! Il destino te lo puoi maneggiare come vuoi, se valente sei.
Goliarda Sapienza (L'arte della gioia)
«Sei stata bravissima.» Allunga una mano verso di me e mi fa una carezza. «Il pensiero di averli tra le braccia mi ha fatto stringere i denti per il dolore del parto, perché sapevo che la felicità sarebbe stata superiore a questo momento di temporaneo dolore.» Faith è davvero qualcosa di speciale, qualcosa di prezioso, che terrò al sicuro da ogni pericolo. «Sei la donna più forte che abbia mai conosciuto e sei anche quella più bella.» Si mette a ridere divertita. «Anche in questo momento con i capelli sudati?» A me non interessano queste cose. Ha messo al mondo i miei figli, ha stretto i denti durante il parto, non si è mai lamentata durante questi mesi della gravidanza. Per me lei è un’eroina dal cuore enorme. «Certo, sei sempre meravigliosa in ogni istante della tua esistenza. Anche quando non credi di esserlo, ed è questa la vera bellezza.» Mi guarda con lo sguardo malizioso, ma so che è molto contenta delle mie parole. Mi parla con un sorriso deciso. «Sei diventato davvero troppo romantico, mio signore.»
Barbara Pedrollo (Il bacio del lupo (Italian Edition))
«Winston, come fa un uomo a esercitare il potere su un altro uomo?». Winston rifletté. «Facendolo soffrire» rispose. «Bravo, facendolo soffrire. Non è sufficiente che ci obbedisca. Se non soffre, come facciamo a essere certi che non obbedisca alla nostra volontà ma alla sua? Potere vuol dire infliggere dolore e umiliazione. Potere vuol dire ridurre la mente altrui in pezzi che poi rimetteremo insieme nella for- ma che più ci parrà opportuna. Cominci a intravedere, adesso, il mondo che stiamo costruendo? È esattamente l'opposto di quelle stupide utopie edonistiche immaginate dai riformatori del passato. Un mondo fatto di paura e tradimento, di tormento, un mondo nel quale si calpesta e si viene calpestati, un mondo che nel perfezionarsi diventerà sempre più spietato. Progresso, nel nostro mondo, significherà progredire verso una sofferenza più grande. Le antiche civiltà sostenevano di essere fondate sull'amore o sulla giustizia, la nostra è fondata sull'odio. Le sole emozioni destinate a esistere nel nostro mondo saranno la paura, la collera, l'esaltazione e l'umi- liazione. Tutto il resto lo distruggeremo. Tutto. Già stiamo smantellando quelle abitudini mentali che erano un retaggio della Rivoluzione. Abbiamo infranto ogni legame fra genitori e figli, uomo e uomo, uomo e donna. Og- gi nessuno più ha il coraggio di fidarsi di una moglie, di un bambino o di un amico, ma in futuro non ci saranno più né mogli né amici. I bambini sa- ranno tolti alle madri all'atto della nascita, così come si tolgono le uova a una gallina. L'istinto sessuale verrà sradicato. La procreazione sarà una formalità annuale, come il rinnovo di una tessera per il razionamento. Aboliremo l'orgasmo. I nostri neurologi ci stanno già lavorando. Non ci sa- rà forma alcuna di lealtà, a eccezione della lealtà verso il Partito. Non ci sarà forma alcuna di amore, a eccezione dell'amore per il Grande Fratello. Non ci sarà forma alcuna di riso, a eccezione della risata di trionfo sul ne- mico sconfitto. Non ci sarà forma alcuna di arte, di letteratura, di scienza. Quando avremo raggiunto l'onnipotenza, non avremo più bisogno della scienza. Non ci sarà differenza fra il bello e il brutto. Non ci sarà curiosità, né la gioia del processo vitale. Tutti gli altri piaceri che potrebbero mettere a repentaglio un simile progetto saranno distrutti. Ma ci sarà sempre, sem- pre — e tu non lo dimenticare, Winston — l'ebbrezza del potere, che di- venterà sempre più forte e raffinata. Ci sarà sempre, in ogni momento, il fremito della vittoria, la sensazione di calpestare un nemico inerme. Se vuoi un'immagine del futuro, pensa a uno stivale che calpesti un volto u- mano in eterno.»
George Orwell (1984)
Ken fece un respiro di sollievo ricordandosi all’improvviso dei libri che aveva richiesto. Mai come in quel momento si era sentito tanto attratto dalla pace di una lettura solitaria. Jim aprì la porta e lui, rincuorato da quel pensiero, nel medesimo istante saltò fuori dal suo nascondiglio come un fauno dal bosco. La donna, che se lo vide apparire davanti all’improvviso, ancora tutto scompigliato e rosso in viso a causa dell’esercizio fisico, dovette spaventarsi, perché prima lanciò un urletto sorpreso – e molto aggraziato, per la verità – poi i libri, che finirono in aria e quindi sul pavimento. Anche Ken sussultò a quella reazione esagerata, lasciando al solo Jim l’onore di mantenere i nervi saldi. Col cuore che gli batteva troppo forte nel petto, fissò la donna sbigottito. Chi diavolo aveva mandato quel Jenkins a consegnargli i libri? Una pazza? La giovane donna, mormorando delle scuse imbarazzate, si era nel frattempo inginocchiata a terra ed era impegnatissima a raccogliere i volumi caduti, la gonna blu aperta intorno a lei come una corolla. Ken non poteva vederle il viso, ma il collo sottile di lei e i suoi capelli neri come la notte, per quanto raccolti in uno severo chignon, lo indussero a domandarsi se il volto fosse altrettanto perfetto. E, senza esitare, fece qualcosa che il vecchio Ken non avrebbe mai osato fare: si chinò, afferrò la donna per le braccia, la sollevò e, senza delicatezza e con molta curiosità, scrutò negli occhi di lei. Occhi così blu che mai prima in vita sua ne aveva visto di uguali.
Viviana Giorgi (Un amore di inizio secolo: La traversata)
Dopo che V. pronunciò le ultime parole, la percezione del mondo di B. ruotò su se stessa. Le loro ombre si tramutarono in due corpi di carne viva che si affrontavano in due dimensioni sulle piastrelle livide della terrazza. L'immagine di lei che aveva davanti si trasformò invece in un'ombra dai contorni netti, anzi piuttosto una falla, un buco a forma di donna nello spazio-tempo che lasciava trapelare il nulla assoluto che stava al di là. La mano di B. si alzò come se possedesse una volontà propria e indipendente, nera si confondeva con l'assenza di lei, così fece anche l'altra mano, si portò lentamente all'altezza dove prima stavano gli occhi e sentì, senza vederlo, che le punte delle dita si stavano sfiorando nel buio. La scintilla della coscienza di B. ardeva di una fiamma nera, incontrollabile, silenziosa, che bruciava lo sbocciare di un fiore ai limiti dell'alba, il palpitare di un cuore caldo sotto la mano, il bacio umido di una notte d'estasi, senza fumo e cenere, lasciando solo un vuoto privo di alcun ricordo. La morte scese, dolce come la primavera dell'infanzia, un lieve accenno di sorriso a un angolo della bocca, timida, pietosa come mai era stata una madre, lo strinse a sé calda come zucchero, gli sussurrò parole inudibili dietro l'orecchio che lo fecero rabbrividire come mai un'amante aveva mai fatto. Lo strinse così forte che diventò lui stesso, B. ricambiò la stretta così disperatamente che divenne lei stessa, il due diventò uno, l'amore impossibile diventò vero, ed amaro come il frutto delizioso della conoscenza. Le mani che non poteva vedere, le sue mani, si avvicinarono in una lenta danza, si strinsero una contro l'altra sempre più forte, per afferrare l'ineffabile, stringere l'amore prima che scappasse via, cogliere quell'attimo che non sarebbe mai più ritornato, la verità nella sua inconcepibile bellezza che palpitava viva tra le dita come carne viva, urlo, sudore, liscia pelle, calore bruciante, ruotare della terra nel nero assoluto del cosmo. Fu un attimo, e la percezione del mondo ruotò nuovamente su se stessa, ritornando là dove doveva stare. B. guardò le sue mani che tremavano sospese nell'aria e poi abbassò lo sguardo verso terra e lì, la vide, abbandonata sulla superficie fredda, un corpo gelido ed immobile che non respirava più, il torace che non si alzava né si abbassava, gli occhi fissi ed immobili che non lo vedevano più, una bambola di una bellezza indescrivibile abbandonata da lui stesso e dal mondo.
Piero Olmeda (Fata Morgana)
L'idea del desiderio maschile come elemento di nascosta minaccia per la donna non è del tutto priva di fondamento: le cronache sono piene di casi in cui questa minaccia si trasforma effettivamente in dramma per molte donne. Ma assolutizzare questa prospettiva fino a normalizzarla o volerla vedere anche dove forse non c'è tradisce una visione distorta del rapporto sessuale tra uomo e donna, che appare solo come una lotta tra un sì e un no radicalizzati, tra un desiderio che si suppone ossessivo e una resistenza altrettanto radicale, disposta a soccombere piuttosto che essere sopraffatta. Questo schema affida all'uomo e alla donna i ruoli di cacciatore e di preda, una similitudine che implicitamente legittima l'uso di un metodo violento tra il soggetto forte e quello debole.
Michela Murgia
Hai nominato Jill Valentine. Chi è?" "La prima donna che abbia mai amato" risponde lui, serio Ah. Perché gli ricordo la prima donna che ha amato? Somiglio a qualche sua ex? Era una sua ex, almeno? "È di New Rome, questa Jill Valentine?" Lui mi guarda con gli occhi sgranati... e poi scoppia a ridere. Forte, di gusto. Con le lacrime agli occhi.
Arianna Di Luna (Amore, malintesi e... zombie!)