Cosa Vuol Dire Quotes

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Cosa vuol dire amare, figlia mia? Tu lo sai? Amare per me fu tenere il respiro di Italia nelle braccia e accorgermi che ogni altro rumore si era spento. Sono un medico, so riconoscere le pulsazioni del mio cuore, sempre, anche quando non voglio. Te lo giuro, Angela, era di Italia il cuore che batteva dentro di me.
Margaret Mazzantini (Don't Move)
... dove trovare il tempo per leggere? grave problema. che non esiste. nel momento in cui mi pongo il problema del tempo per leggere, vuol dire che quel che manca è la voglia. poiché, a ben vedere, nessuno ha mai tempo per leggere. né i piccoli, né gli adolescenti, né i grandi. la vita è un perenne ostacolo alla lettura. "leggere? vorrei tanto, ma il lavoro, i bambini, la casa, non ho più tempo..." "come la invidio, lei, che ha tempo per leggere!" e perché questa donna, che lavora, fa la spesa, si occupa dei bambini, guida la macchina, ama tre uomini, frequenta il dentista, trasloca la settimana prossima, trova il tempo per leggere, e quel casto scapolo che vive di rendita, no? il tempo per leggere è sempre tempo rubato. (come il tempo per scrivere, d'altronde, o il tempo per amare.) rubato a cosa? diciamo, al dovere di vivere. [...] il tempo per leggere, come il tempo per amare, dilata il tempo per vivere.
Daniel Pennac
E cosa c'è di bello nella coppia scusa?" "La complicità, il senso di appartenenza. A me, per esempio, piace conoscere una persona a memoria" "Come ti piace conoscere una persona a memoria? E la routine? La monotonia? Che cos'hanno de bello?" "No, non parlo di routine o monotonia, ma di sapere a memoria una persona. Non so come spiegartelo, è come quando studi le poesie a scuola, in quel senso intendo a memoria" "Questa non l'ho capita" "Ma si dai, come una poesia. Sai come si dice in inglese studiare a memoria? By heart, col cuore. Anche in francese si dice par coeur... ecco, in questo senso intendo. Conoscere una persona a memoria, significa, come quando ripeti una poesia, prendere anche un po' di quel ritmo che le appartiene. Una poesia, come una persona, ha dei tempi suoi. Per cui conoscere una persona a memoria significa sincronizzare i battiti del proprio cuore con i suoi, farsi penetrare dal suo ritmo. Ecco, questo mi piace. Mi piace stare con una persona intimamente perché vuol dire correre il rischio di diventare leggermente diversi da se stessi. Alterarsi un po'. Perché non è essere se stessi che mi affascina in un rapporto a due, ma avere il coraggio di essere anche altro da sé. Che poi è quel te stesso che non conoscerai mai. A me piace amare una persona e conoscerla a memoria come una poesia, perché come una poesia non la si può comprendere mai fino in fondo. Infatti ho capito che amando non conoscerai altro che te stesso. Il massimo che puoi capire dell'altro è il massimo che puoi capire di te stesso. Per questo entrare intimamente in relazione con una persona è importante, perché diventa un viaggio conoscitivo esistenziale".
Fabio Volo (Il giorno in più)
Io so cosa vuol dire essere felice nella vita e la bontà dell'esistenza, il gusto dell'ora che passa e delle cose che si hanno intorno, pur senza muoversi, la bontà di amarle, le cose, fumando, e una donna in esse. Conosco la gioia di un pomeriggio d'estate a leggere un libro d'avventure cannibalesche seminudo in una chaiselongue davanti a una casa di collina che guardi il mare. E molte altre gioie insieme; di stare in un giardino in agguato e ascoltare che il vento muove le foglie appena (le più alte) di un albero; o in una sabbia sentirsi screpolate e crollare infinita esistenza di sabbia; o nel mondo popolato di galli levarsi prima dell'alba e nuotare, solo in tutta l'acqua del mondo, presso a una spiaggia rosa. E io non so cosa passa sul mio volto in quelle mie felicità, quando sento che si sta così bene a vivere: non so se una dolcezza assonnata o piuttosto sorriso. Ma quanto desiderio d'avere cose! Non soltanto mare o soltanto sole e non soltanto una donna e il cuore di lei sotto le labbra. Terre anche! Isole! Ecco: io posso trovarmi nella mia calma, al sicuro, nella mia stanza dove la finestra è rimasta tutta la notte spalancata e d'improvviso svegliarmi al rumore del primo tram mattutino; è nulla un tram: un carrozzone che rotola, ma il mondo è deserto attorno e in quell'aria creata appena, tutto è diverso da ieri, ignoto a me, e una nuova terra m'assale.
Elio Vittorini
Cambiare posto al cuore con il cervello. Impara a pensare con il cuore e ad amare con la testa. Pensare con il cuore ti costringe ad agire con amore. E ogni cosa da amare facendolo con la testa,... ti costringe ad amare nel modo giusto. Amare con la testa non vuol dire essere razionali, ma vuol dire coltivare un'educazione al sentimento che non satà mai distruttivo.
Fabio Volo
Orfeo: Io cercavo, piangendo, non più lei ma me stesso. Un destino, se vuoi. Mi ascoltavo. [...] Il mio destino non tradisce. Ho cercato me stesso. Non si cerca che questo. [...] Visto dal lato della vita tutto è bello. Ma credi a chi è stato tra i morti... Non vale la pena. [...] E voi godetela la festa. Tutto è lecito a chi non sa ancora. È necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno. L'origine del mio destino è finita nell'Ade, finita cantando secondo i miei modi la vita e la morte. Bacca: E che vuol dire che un destino non tradisce? Orfeo: Vuol dire che è dentro di te, cosa tua; più profondo del sangue, di là da ogni ebbrezza. nessun dio può toccarlo.
Cesare Pavese
Lui diceva: «Il futuro sarà migliore, in futuro saremo liberi». E io allora non capivo, gli dicevo: «Nonno che vuol dire liberi, che cos’è la libertà?» E lui abbassava la testa e diventava triste e poi diceva: «È una cosa dei grandi, la libertà».
Francesca Mannocchi (Io Khaled vendo uomini e sono innocente)
Che differenza c'è fra occhi che possiedono uno sguardo e occhi che ne sono sprovvisti? Questa differenza ha un nome: si chiama vita. La vita inizia laddove inizia lo sguardo. [...] Lo sguardo è una scelta. Chi guarda decide di soffermarsi su una determinata cosa e di escludere dunque all'attenzione il resto del proprio campo visivo. In questo senso lo sguardo, che è l'essenza della vita, è prima di tutto un rifiuto. Vivere vuol dire rifiutare. Chi accetta ogni cosa non è più vivo dell'orifizio di un lavandino. Per vivere bisogna essere capaci di non mettere sullo stesso piano, al di sopra di se stessi, la mamma e il soffitto. Bisogna rinunciare a uno dei due e decidersi di interessarsi o alla mamma o al soffitto. L'unica scelta sbagliata è quella di non fare una scelta.
Amélie Nothomb (Métaphysique des tubes)
Quello che voglio dire è che una condizione del genere dopo un po' diventa cronica. La ferita è riassorbita nella quotidianità e non ci si ricorda più dov'è. Ma rimane. Non è una cosa che si può tirare fuori e mostrare. Se si può, vuol dire che è una ferita da poco.
Haruki Murakami
La prima cosa che due persone si offrono stando insieme dovrebbe essere un sentimento d'amore verso se stessi. Se non ti ami tu, perché dovrei amarti io? E poi amando se stessi si dà molta importanza alla persona con cui si decide di vivere un'intimità. Vuol dire avere una grande considerazione di quella persona. Chi non si ama può darsi a chiunque. L'amore per sé è il ponte necessario per arrivare all'altro.
Fabio Volo (Un posto nel mondo)
-Potresti avere ragione. E' difficile amare qualcuno nel modo giusto. -Se vuoi sapere quant'è difficile, prova ad immaginare cosa vuol dire essere omosessuale. John ed io non possiamo nemmeno tenerci la mano, senza che la gente vada fuori di testa. Tu puoi tenere la mano di una donna per strada e, nessuno lo trova strano. Ci provo io con John e, la gente si ferma e ci fissa. -Però ti ho visto farlo, in pubblico. -Certo, non ho detto che non ci provo, ma non è piacevole. Quando la gente non accetta il tuo amore, quello stesso amore è ridicolizzato. Che male gli fa, vorrei sapere?
Joe R. Lansdale (Captains Outrageous (Hap and Leonard, #6))
Allora il mio papà merita di stare nell'archivio' 'Cosa ti fa pensare che sia un bene starci?' 'Pechè vuol dire che uno è biograficamente significativo' 'E perché, questo è un bene?' 'Io voglio essere significativo.' 'Nove persone significative su dieci hanno a che fare coi soldi o con la guerra
Jonathan Safran Foer (Extremely Loud & Incredibly Close)
Non capiscono cos'è l'amore", rispose Adalana, "cosa vuol dire essere tenuti stretti e avere qualcuno a cui importa di te. Ho rubato io quel tempo. Sentivo l'alcol e le pillole di Ragen. Oh, fa male parlarne..." "Sì, ma dobbiamo parlarne", disse il dottor George, "ci aiuta a capire". "Sono stata io. E' un po' troppo tardi adesso per dire che mi dispiace, vero? Ho rovinato la vita dei ragazzi... Ma loro proprio non capivano..." "Non capivano che cosa?" chiese la Turner. "Cos'è l'amore. Il bisogno di amore. Essere tenuti stretti da qualcuno. Semplicemente sentirsi caldi e protetti. Non so cosa mi ha spinto a farlo
Daniel Keyes (The Minds of Billy Milligan)
Vivere vuol dire rifiutare. Chi accetta ogni cosa non è più vivo dell'orifizio di un lavandino.
Amélie Nothomb (Métaphysique des tubes)
Non so cosa dirle: so soltanto che non glielo dico. E so che neanche lei dice quello che vuole dire, ed è strano perché nessuno dice niente, eppure è come se ci parlassimo lo stesso.
Kathryn Stockett (The Help)
Invece io penso che una cosa che piace molto alla donna è qualcuno che le chieda: come stai? Tutto lì. A me quello che manca di più al mondo è proprio uno che mi chieda come sto. Perché sono sempre io a chiederlo agli altri e a occuparmi del loro benessere. Sarò banale, una femminuccia vanitosa, ma mi piacciono anche i complimenti piccoli, tipo, non so: stai bene pettinata così o come sei carina oggi. Quelle robe facili, che sembrano sciocche, ma in realtà fanno. Perché vuol dire che la persona con cui stai ti guarda ancora. Invece quando stai con degli uomini per tanto tempo, puoi anche arrivare a casa con la testa rasata come Demi Moore in Soldato Jane e lui manco se ne accorge. Non lo fa per cattiveria, solo che non vede più niente di quello che ti succede. Tante volte a me capita che mi taglio i capelli, arrivo a casa e lui non dice nulla. Né nel bene né nel male. Devo prendere a testate il citofono perché si accorga di qualcosa. Ma a questo punto il corteggiamento è un lontano ricordo.
Luciana Littizzetto (L'educazione delle fanciulle)
La sola risposta al nulla sta nell'illusione. E' quasi un fatto biologico. È la nostra sostanza stessa. Non è illusione, è qualcosa di più. Ma ciò vuole anche dire che il pericolo della vita consiste nell'esagerare col rigore, nello spingersi troppo oltre. Questione di temperamento. Un'altra cosa spiacevole nella vita è l'astio. L'astioso è un incattivito che si attribuisce una sorta di superiorità.
Emil M. Cioran
[…] per capire cosa vuol dire che la verità si concede solo all’orrore, e che per raggiungerla abbiamo dovuto passare da questo inferno, per vederla abbiamo dovuto distruggerci l’un l’altro, per averla abbiamo dovuto diventare belve feroci, per stanarla abbiamo dovuto spezzarci di dolore. E per essere veri abbiamo dovuto morire. Perché? Perché le cose diventano vere solo nella morsa della disperazione?
Alessandro Baricco (Ocean Sea)
«Sentirsi dire che l’amore è vietato non lo uccide. Lo rafforza.» «Di cosa state parlando?» Tessa li guardò sorridendo dai piedi dei gradini. «Dell’amore. E di come smettere di amare, credo» disse Jem. «Ah, se si potesse smettere di amare solo perché lo si vuole, la vita sarebbe molto diversa!» esclamò Tessa ridendo. «È più facile far smettere un altro di amarti che smettere tu di amarlo. Convincerlo che non lo ami, o che sei una persona che non potrebbe rispettare… Tutte e due le cose, meglio ancora.» Aveva gli occhi grandi, grigi e giovani: era difficile credere che avesse più di diciannove anni. «Cambiare il proprio cuore… quello è quasi impossibile.»
Cassandra Clare (Lady Midnight (The Dark Artifices, #1))
331 «Finita», dissi. Gli occhi di Bertie non registrarono nulla. «Che cosa vuol dire?» chiese Angus. «Significa che ha terminato.» «Che lingua è?» «Esperanto.» «Mai sentito.» «È inventata, in un certo senso. Dovrebbe essere abbastanza semplice perché la impari chiunque. È stata creata per promuovere la pace tra le nazioni.» «E come sta andando, signora?» Sorrisi fiaccamente posando lo sguardo sul fondo del letto di Angus: non c’erano i piedi sotto le lenzuola.
Pip Williams (The Dictionary of Lost Words)
«...Che cosa vuol dire "addomesticare"?» «È una cosa da molti dimenticata. Vuol dire "creare dei legami"...» «Creare dei legami?» «Certo», disse la volpe. «Tu, fino a ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo».
Antoine de Saint-Exupéry (Il Piccolo Principe)
Ma è possibile che ogni volta che parlo di un sogno o di un'ambizione ci deve essere sempre qualcuno che ti guarda e sembra che dica: "diventa grande". E per gli altri diventare grandi vuol dire non credere più di essere una ballerina, un poeta, un musicista, un sognatore, un fiore. Non li sopporto. Una mattina sono uscito di casa, il cielo era azzurro e limpido, ho continuato a guardarlo mentre camminavo, stavo bene, respiravo a pieni polmoni, al terzo passo ho pestato una merda. Cosa devo fare? Rinunciare al cielo per paura delle merde? No, io no Porcaputtana!
Fabio Volo (Esco a fare due passi)
Questo operaio analfabeta, che quando scriveva spezzava le penne con la sua foga impaziente, era sopraffatto, come i primi uomini sottrattisi alla condizione di scimmia, o come i grandi filosofi, dai problemi fondamentali della vita, e li viveva come necessità immediate e urgenti. Come un bambino, vedeva anche lui tutte le cose per la prima volta, e si stupiva continuamente, e faceva domande, e tutto gli sembrava un miracolo, e ogni mattina quando apriva gli occhi e vedeva gli alberi, il mare, le pietre, un uccello, rimaneva a bocca spalancata. Cos'è questo miracolo? gridava. Che cosa vuol dire albero, mare, pietra, uccello?
Nikos Kazantzakis (Zorba the Greek)
Di carattere era più silenzioso che loquace; aveva anche una nobile inclinazione all’istruzione, vale a dire alla lettura di libri, del contenuto dei quali non si occupava; per lui era perfettamente indifferente che si trattasse delle avventure di un eroe innamorato, di un semplice abbecedario o di un libro di preghiere: leggeva tutto con uguale attenzione; se gli avessero allungato delle formule chimiche, non avrebbe rifiutato neanche quelle. Non che gli piacesse quel che leggeva, ma piuttosto il leggere stesso, o, meglio, il processo stesso della lettura, il fatto che, guarda, da delle lettere vien sempre fuori qualche parola, che, delle volte, il diavolo lo sa, cosa vuol dire.
Nikolai Gogol (Dead Souls)
Di solito non parlo con gli sconosciuti. Non mi piace parlare con chi non conosco. E non per via della famosa frasa Non Dare Confidenza Agli Sconosciuti che ci ripetono continuamente a scuola, che tradotto vuol dire non accettare caramelle o un passaggio da uno sconosciuto perché vuole fare sesso con te. Non è questo che mi preoccupa. Se un estraneo mi toccassse lo colpirei immediatamente, e io so colpire molto forte. Come per esempio quella volta che ho preso a pugni Sarah perché mi aveva tirato i capelli e l’ho fatta svenire e le è venuta una commozione cerebrale e avevano dovuto portarla al pronto soccorso. E poi ho sempre con me il mio coltellino svizzero che ha una lama a seghetto in grado di tranciare le dita a un uomo. Non mi piacciono gli estranei perché non mi piacciono le persone che non conosco. Sono difficili da capire. È come essere in Francia, dove andavamo qualche volta in campeggio quando mio madre era ancora viva. E io odiavo la Francia perché se entravo in un negozio o in un ristorante o andavo in spiaggia non capivo quel che dicevano, e la cosa mi terrorizzava. Ci metto un sacco di tempo per abituarmi alle persone che non conosco. Per esempio, quando c’è una persona nuova che viene a lavorare a scuola non le parlo per settimane e settimane. Rimango a osservarla finché non sono certo di potermi fidare. Poi le faccio delle domande su di lei, sulla sua vita, del tipo se ha degli animali e qual è il suo colore preferito e cosa sa dell’Apollo e le chiedo di disegnarmi una piantina della sua casa e voglio sapere che macchina ha, così imparo a conoscerla. Da quel momento in poi non mi preoccupo più se mi capita di trovarmi nella stessa stanza con questa persona e non sono più obbligato a stare all’erta.
Mark Haddon (The Curious Incident of the Dog in the Night-Time)
Volevo anche informarmi un po’ sul loro ethos, ma naturalmente c’è lo svantaggio che in dialetto un termine così è sconosciuto. Non si può domandare: «Ciò, che ethos gavìo vialtri?». Non è che manchi la parola per caso, per una svista dei nostri progenitori che hanno fabbricato il dialetto. Tu puoi voltarlo e girarlo, quel concetto lì, volendolo dire in dialetto, non troverai mai un modo di dirlo che non significhi qualcosa di tutto diverso; anzi mi viene in mente che la deficienza non sta nel dialetto ma proprio nell’ethos, che è una gran bella parola per fare discorsi profondi, ma cosa voglia dire di preciso non si sa, e forse la sua funzione è proprio questa, di non dir niente ma in modo profondo. Ce ne sono tante altre di questo tipo; la più frequente all’università, presso studenti e professori, era istanze. Adesso che ci penso anche istanze in fondo vuol dire ethos, cioè niente.
Luigi Meneghello (I piccoli maestri)
Eravate presenti quando ciondolo e anello vennero gettati nel fiume e anzi, agli occhi della legge siete il più colpevole dei due, in quanto si presume che la moglie faccia quanto dispone il marito." "Se la legge presume questo" dichiarò il signor Bumble, schiacciando con furente energia il cappello che aveva nelle mani "la legge è stupida...è idiota. Se il codice vede le cose in questo modo, vuol dire che è scapolo; e la cosa peggiore che possa augurargli è di imparare...facendo l'esperienza! Sì, l'esperienza.
Charles Dickens (Oliver Twist)
Decisi che avrei scoperto chi aveva ucciso Wellington, anche se mio padre mi aveva ordinato di non ficcare il naso negli affari degli altri. Perché non faccio sempre quello che mi dicono di fare. Perché quando qualcuno mi dà degli ordini, di solito sono cose che mi confondono e che non hanno nessun senso. Per esempio quando dicono “Sta’ zitto”, ma non specificano per quanto tempo devi stare zitto. Oppure se su un cartello vedi NON CALPESTARE IL PRATO, in realtà dovrebbe esserci scritto NON CALPESTARE IL PRATO INTORNO A QUESTO CARTELLO oppure NON CALPESTARE IL PRATO DI QUESTO PARCO, perché invece ci sono molti prati su cui si può camminare. La gente non rispetta mai le regole. Mio padre per esempio va a più di 90 chilometri all’ora nelle strade dove non si devono superare i 90 chilometri all’ora, e qualche volta guida dopo aver bevuto e spesso non si mette la cintura di sicurezza quando prende il furgone. E nella Bibbia si legge Non uccidere, ma ci sono state le Crociate e due Guerre Mondiali e la Guerra del Golfo e in ognuna di queste guerre dei Cristiani hanno ucciso dei loro simili. E poi non lo capisco, quando dice “Non ficcare il naso negli affari degli altri”, perché non so cosa sono gli “affari degli altri”; io faccio un mucchio di cose con “gli altri”, a scuola, nel negozio e sul pulmino, e il suo lavoro consiste nell’andare a casa di altre persone e riparare i loro scaldabagni e l’impianto di riscaldamento. Anche questo vuol dire farsi gli affari degli altri. Siobhan mi capisce. Quando mi ordina di non fare una cosa mi dice esattamente cos’è che non devo fare. Così mi piace. Per esempio una volta mi ha detto: - Non devi mai prendere a pugni Sarah o picchiarla in nessun modo, Christopher. Anche se è lei a colpirti per prima. Se succede di nuovo, allontanati, rimani immobile e conta da 1 a 50, poi vieni da me a raccontarmi cosa ha fatto o parlane con qualche altro insegnante. Un’altra volta mi ha detto: - Se vuoi andare sull’altalena e c’è sempre qualcuno sopra, non spingerlo via. Chiedi se puoi fare un giro anche tu. E poi aspetta fino a quando non ha finito. Gli altri però quando ti danno un ordine non si comportano in questo modo. E allora sono io a decidere cosa fare e cosa non fare.
Mark Haddon (The Curious Incident of the Dog in the Night-Time)
Ci deve esser gente a cui la guerra giova". [...] "Be', io non sono del numero" [...] "Né tu, né altri qui" "E allora chi?" insiste Tjaden. "Neanche all'Imperatore la guerra giova: lui ha già tutto quello che gli occorre." "Non dire questo" interrompe Kat; "finora una guerra non l'aveva avuta. E si sa che ogni imperatore di una certa grandezza deve avere almeno una guerra, altrimenti non diventa famoso. Guarda un po' nei tuoi libri di scuola, se non è così." [...] "Credo piuttosto che si tratti di una specie di febbre" dice Alberto. "in fondo non la vuole nessuno, e poi, a un dato momento, ecco che la guerra scoppia. Noi non l'abbiamo voluta, gli altri sostengono la stessa cosa; e intanto una metà del mondo la fa, e come!".
Erich Maria Remarque (All Quiet on the Western Front)
Ho imparato da piccola che darsi da fare porta al successo. Che lo studio è ricompensato dalla conoscenza. Che vedere dona la vista. Che se non alimenti la rabbia non ne proverai. La tristezza e la frustrazione, perfino la tragedia, sono inevitabili; ma questo non vuol dire che la felicità non sia alla portata di ciascuno di noi. Il mio segreto è che scelgo di essere la persona che voglio essere. Non credo nel fato o nella predestinazione, ma nella scelta, e credo che ciascuno di noi scelga di essere la persona che è. Qualsiasi cosa vogliate essere, potete esserla; qualsiasi cosa vogliate fare, potete farla; potete andare ovunque desideriate. Il mondo e la vita aspettano solo che ci facciamo avanti per conquistarli. Il futuro non è scritto, e potete costruirlo come volete.
James Frey
Vedeva dentro chiunque, appunto perché per prima cosa cercava nelle persone quello che aveva visto in se stesso e forse non voleva che altri vedessero. [...] Sfrutta il suo senso dell’umorismo per conquistare le persone che altrimenti non riuscirebbe a convincere. «Se lo osservi mentre parli, vedrai che guarda sempre da un’altra parte, non ti ascolta, non vede l’ora di dire la sua, che ha provato e riprovato mentre tu stavi parlando e vuole comunicarti prima di dimenticarsene.» Come poteva intuire le modalità di pensiero di una persona, se non gli erano familiari? Come poteva percepire tanti risvolti ambigui negli altri, se non li aveva lui stesso? [...] Mi colpiva non solo il suo incredibile dono di saper leggere dentro le persone, di esaminarle minuziosamente nel profondo ed estrapolare l’esatta configurazione della loro personalità.
André Aciman (Call Me By Your Name (Call Me By Your Name, #1))
A scuola la signora Forbes mi disse che quando mia madre era morta era volata in cielo. Mi aveva raccontato questa cosa perché la signora Forbes è molto vecchia e crede nell’aldilà. Porta sempre i pantaloni della tuta perché sostiene che sono molto più comodi dei pantaloni normali. E ha una gamba leggermente più corta dell’altra a causa di un incidente in moto. Quando mia madre è morta, però, non è andata in cielo perché il cielo non esiste. Il marito della signora Peters è un prete che tutti chiamano il Reverendo Peters, e ogni tanto viene a trovarci a scuola per parlare un po’ con noi; un giorni gli chiesi dove fosse il cielo. - Non è nella nostra galassia. È un luogo a sè, - rispose. Qualche volta il Reverendo Peters emette uno strano verso mentre pensa, una specie di ticchettio con la lingua. E fuma e si sente l’odore delle sigarette mentre tespira e a me dà fastidio. Dissi che non c’era niente fuori dall’universo e che non poteva esistere un luogo a sè. A meno che non si attraversi un buco nero, ma un buco nero è ciò che si definisce una Singolarità, che significa che è impossibile scoprire cosa c’è dall’altra parte perché la forza di gravità di un buco nero è talmente potente che persino le onde elettromagnetiche come la luce non riescono a sfuggirle, e le onde elettromagnetiche sono il mezzo attraverso il quale riceviamo le informazioni su tutto ciò che è lontano da noi. Se il cielo si trovasse dall’altro lato di un buco nero i morti dovrebbero essere scaraventati nello spazio su dei razzi per arrivare fin lassù e così non è, altrimenti la gente se ne accorgerebbe. Penso che le persone credano nell’aldilà perché detestano l’idea di morire, perché vogliono continuare a vivere e odiano pensare che altri loro simili possano trasferirsi in casa loro e buttare tutte le loro cose nel bidone della spazzatura. Il Reverendo Peters spiegò: - Be’, quando dico che il cielo è fuori dall’universo è solo un modo di dire. Immagino che ciò che significa veramente è che i defunti sono con Dio. - Ma Dio dov’è? Allora il Reverendo Peters tagliò corto dicendo che avremmo fatto meglio a discuterne in un altro momento, quando avessimo avuto più tempo a disposizione. Ciò che di fatto avviene quando una persona muore è che il cervello smette di funzionare e il corpo si decompone, come quando morí Coniglio e noi lo seppellimmo in fondo al giardino. E tutte le sue molecole si frantumarono in altre molecole e si sparsero nella terra e vennero mangiate dai vermi e defluirono nelle piante, e se tra 10 anni andremo a scavare nello stesso punto non troveremo altro che il suo scheletro. E tra 1000 anni anche il suo scheletro sarà scomparso. Ma va bene ugualmente perché adesso lui è parte dei fiori e del melo e del cespuglio di biancospino. Quando una persona muore qualche volta viene messa in una bara, che significa che il suo corpo non si unirà alla terra per moltissimo tempo, finché anche il legno della bara non marcirà. Mia madre però fu cremata. Questo vuol dire che è stata messa in una bara e bruciata e polverizzata per poi trasformarsi in cenere e fumo. Non so cosa capiti alla cenere e non potei fare domande al cimitero perché non andai al funerale. Però so che il fumo esce da lcamino e si disperde nell’aria e allora qualche volta guardo il cielo e penso che ci siano delle molecole di mia madre lassù, o nelle nuvole sopra l’Africa o l’Antartico, oppure che scendano sotto forma di pioggia nelle foreste pluviali del Brasile, o si trasformino in neve da qualche parte, nel mondo.
Mark Haddon (The Curious Incident of the Dog in the Night-Time)
Chi tu sia, Lettore, quale sia la tua età, lo stato civile, la professione, il reddito, sarebbe indiscreto chiederti. Fatti tuoi, veditela un po’ tu. Quello che conta è lo stato d’animo con cui ora, nell’intimità della tua casa, cerchi di ristabilire la calma perfetta per immergerti nel libro, allunghi le gambe, le ritrai, le riallunghi. Ma qualcosa è cambiato, da ieri. La tua lettura non è più solitaria: pensi alla Lettrice che in questo momento sta aprendo anche lei il libro, ed ecco che al romanzo da leggere si sovrappone un possibile romanzo da vivere, il seguito della tua storia con lei, o meglio: l’inizio di una possibile storia. Ecco come sei già cambiato da ieri, tu che sostenevi di preferire un libro, cosa solida, che sta lì, ben definita, fruibile senza rischi, in confronto all’esperienza vissuta, sempre sfuggente, discontinua, controversa. Vuol dire che il libro è diventato uno strumento, un canale di comunicazione, un luogo d’incontro? Non per ciò la lettura avrà meno presa su di te: anzi, qualcosa s’aggiunge ai suoi poteri.
Italo Calvino (If on a Winter’s Night a Traveler)
«Le strade di Fantàsia», disse Graogramàn, «le puoi trovare solo grazie ai tuoi desideri. E ogni volta puoi procedere soltanto da un desiderio al successivo. Quello che non desideri ti rimane inaccessibile. Questo è ciò che qui significano le parole 'vicino' e 'lontano'. E non basta volere soltanto andar via da un luogo. Devi desiderarne un altro. Devi lasciarti guidare dai tuoi desideri.» «Ma io non desidero affatto andarmene da qui», ribatté Bastiano. «Dovrai trovare il tuo prossimo desiderio», replicò Graogramàn in tono quasi severo. «E quando l'avrò trovato», fece Bastiano di rimando, «come potrò andarmene da qui?» «Ascolta, mio signore», disse Graogramàn a voce bassa, «in Fantàsia c'è un luogo che conduce ovunque e al quale si può giungere da ogni parte. Viene chiamato il Tempio delle Mille Porte. Nessuno lo ha visto dall'esterno, perché non ha un esterno. Il suo interno consiste in un labirinto di porte. Chi lo vuole conoscere deve avere il coraggio di inoltrarsi in quel labirinto.» «Ma come è possibile, se non ci si può avvicinare dall'esterno?» «Ogni porta», continuò il leone, «ogni porta in tutta Fantàsia, persino una comunissima porta di cucina o di stalla, sicuro, persino l'anta di un armadio, può in un determinato momento diventare la porta d'ingresso al Tempio delle Mille Porte. Passato quell'attimo, torna a essere quello che era, una porta qualsiasi. Perciò nessuno può passare per più di una volta dalla stessa porta. E nessuna delle mille porte riconduce là da dove si è venuti. Non esiste ritorno.» «Ma una volta che si è dentro», domandò Bastiano, «si può uscirne?» «Sicuro», rispose il leone, «però non è così facile come nei soliti edifici. Perché attraverso il labirinto delle Mille Porte ti può guidare solo un vero desiderio. Chi non lo ha è costretto a continuare a vagarci dentro fino a quando sa esattamente che cosa desidera. E questo talvolta richiede molto tempo.» «E come si fa a trovare la porta d'ingresso?» «Bisogna desiderarlo.» Bastiano rifletté a lungo e poi disse: «È strano che non si possa semplicemente desiderare quello che si vuole. Ma, per la verità, da dove ci vengono i desideri? E che cos'è un desiderio?» Graogramàn guardò il ragazzo a occhi spalancati, ma non rispose. Qualche giorno più tardi ebbero un altro colloquio molto importante. Bastiano aveva mostrato al leone la scritta sul rovescio dell'amuleto. «Che cosa può significare?» domandò. «FA' CIO' CHE VUOI, questo vuol dire che posso fare tutto quello che mi pare, non credi?» Il volto di Graogramàn assunse d'improvviso un'espressione di terribile serietà e i suoi occhi divennero fiammanti. «No», esclamò con quella sua voce profonda e tonante, «vuol dire che devi fare quel che è la tua vera volontà. E nulla è più difficile.» «La mia vera volontà?» ripeté Bastiano impressionato. «E che cosa sarebbe?» «È il tuo più profondo segreto, quello che tu non conosci.» «E come posso arrivare a conoscerlo?» «Camminando nella strada dei desideri, dall'uno all'altro, e fino all'ultimo. L'ultimo ti condurrà alla tua vera volontà.» «Ma questo non mi pare tanto difficile.» «Di tutte le strade è la più pericolosa», replicò il leone. «Perché?» domandò Bastiano. «Io non ho paura.» «Non è di questo che si tratta», ruggì Graogramàn, «ciò richiede la massima sincerità e attenzione, perché non c'è altra strada su cui sia tanto facile perdersi definitivamente.»
Michael Ende
«Ho qualcosa da discutere con voi due» disse Hagrid, sedendosi tra loro con aria insolitamente seria. «Cosa?» chiese Harry. «Hermione» disse Hagrid. «Perché?» disse Ron. «Perché non sta bene, ecco perché. È venuta qui a trovarmi tante volte da Natale. Si sente sola. Prima non ci parlavate, con lei, per via della Firebolt, adesso non ci parlate perché il suo gatto...» «...ha mangiato Crosta!» lo interruppe Ron furioso. «Perché il suo gatto ha fatto come fanno tutti i gatti» continuò Hagrid ostinato. «Ha pianto tante volte, sapete. È un brutto momento per lei. Troppi impegni, se volete saperlo, con tutto il lavoro che sta cercando di fare. Ma ha trovato lo stesso il tempo di aiutarmi con il caso di Fierobecco, sapete... ha trovato della roba davvero buona... credo che lui ha qualche possibilità adesso...» «Hagrid, avremmo dovuto aiutarti anche noi... scusa...» esordì Harry imbarazzato. «Non ti rimprovero mica!» disse Hagrid, respingendo le scuse di Harry. «Con tutto quello che c’hai avuto per la testa, ti ho visto che ti allenavi a Quidditch a tutte le ore del giorno e della notte... ma ve lo devo dire, credevo che a voi due vi importava di più della vostra amica che di una scopa o di un topo. Ecco». Harry e Ron si guardarono, entrambi a disagio. «Era davvero sconvolta, poverina, quando Black ti ha aggredito, Ron. Lei sì che ha il cuore al posto giusto, lei, e voi due che non ci parlate nemmeno...» «Se solo si sbarazzasse di quel gatto, io le parlerei ancora!» disse Ron arrabbiato, «ma lo difende sempre! È un criminale, e lei non vuole nemmeno sentirselo dire!» «Ah, be’, la gente a volte è un po’ stupida quando ci parli dei suoi animali» disse Hagrid saggiamente. Alle sue spalle, Fierobecco sputò qualche osso di furetto sul cuscino.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Prisoner of Azkaban (Harry Potter, #3))
Il Ka-Be è il Lager a meno del disagio fisico. Perciò, chi ancora ha seme di coscienza, vi riprende coscienza; perciò, nelle lunghissime giornate vuote, vi si parla di altro che di fame e di lavoro, e ci accade di considerare che cosa ci hanno fatti diventare, quanto ci è stato tolto, che cosa è questa vita. In questo Ka-Be, parentesi di relativa pace, abbiamo imparato che la nostra personalità è fragile, è molto più in pericolo che non la nostra vita; e i savi antichi, invece di ammonirci «Ricordati che devi morire», meglio avrebbero fatto a ricordarci questo maggior pericolo che ci minaccia. Se dall'interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui. Quando si lavora, si soffre e non si ha tempo di pensare: le nostre case sono meno di un ricordo. Ma qui il tempo è per noi: da cuccetta a cuccetta, nonostante il divieto, ci scambiamo visite, e parliamo e parliamo. La baracca di legno, stipata di umanità dolente, è piena di parole, di ricordi e di un altro dolore. «Heimweh» si chiama in tedesco questo dolore; è una bella parola, vuol dire «dolore della casa». Sappiamo donde veniamo: i ricordi del mondo di fuori popolano i nostri sonni e le nostre veglie, ci accorgiamo con stupore che nulla abbiamo dimenticato, ogni memoria evocata ci sorge davanti dolorosamente nitida. Ma dove andiamo non sappiamo. Potremo forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla fame che ci consumano: e dopo? Qui, lontani momentaneamente dalle bestemmie e dai colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non ritorneremo. Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato cento volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell'anima prima che dalla morte anonima. Noi non ritorneremo. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto, ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare dell'uomo.
Primo Levi (Survival in Auschwitz)
Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa e per i bambini le cose non stanno diversamente che per i grandi. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare, e coloro che non hanno mai provato nulla di simile non le possono comprendere. Ci sono persone che mettono in gioco la loro esistenza per raggiungere la vetta di una montagna. A nessuno, neppure a se stessi, potrebbero realmente spiegare perché lo fanno. Altri si rovinano per conquistare il cuore di una persona che non ne vuole sapere di loro. E altri ancora vanno in rovina perché non sanno resistere ai piaceri della gola, o a quelli della bottiglia. Alcuni buttano tutti i loro beni nel gioco, oppure sacrificano ogni cosa per un'idea fissa, che mai potrà diventare realtà. Altri credono di poter essere felici soltanto in un luogo diverso da quello dove si trovano e così passano la vita girando il mondo. E altri ancora non trovano pace fino a quando non hanno ottenuto il potere. Insomma, ci sono tante e diverse passioni, quante e diverse sono le persone. Per Bastiano Baldassarre Bucci la passione erano i libri. Chi non ha mai passato interi pomeriggi con le orecchie in fiamme e i capelli ritti in testa chino su un libro, dimenticando tutto il resto del mondo intorno a sé, senza più accorgersi di aver fame o freddo; chi non ha mai letto sotto le coperte, al debole bagliore di una minuscola lampadina tascabile, perché altrimenti il papà o la mamma o qualche altra persona si sarebbero preoccupati di spegnere il lume per la buona ragione ch'era ora di dormire, dal momento che l'indomani mattina bisognava alzarsi presto; chi non ha mai versato, apertamente o in segreto, amare lacrime perché una storia meravigliosa era finita ed era venuto il momento di dire addio a tanti personaggi con i quali si erano vissute tante straordinarie avventure, a creature che si era imparato ad amare e ammirare, per le quali si era temuto e sperato e senza le quali d'improvviso la vita pareva così vuota e priva di interesse; chi non conosce questo per sua personale esperienza, costui molto probabilmente non potrà comprendere ciò che fece allora Bastiano. Fissava il titolo del libro e si sentiva percorrere da vampate di caldo e di freddo. Questo, ecco, proprio questo era ciò che lui aveva sognato tanto spesso e che sempre aveva desiderato da quando era caduto in preda alla sua passione: una storia che non dovesse mai aver fine. Il libro di tutti i libri.
Michael Ende (The Neverending Story)
- Chissà se voi sapete quel che è bene per me... o se ve ne importa. - Se lo so state sicura che me ne importa. E devo dirvelo, che cos’è? Che non vi tormentiate. - Che non tormenti voi, suppongo vogliate dire. - Questo non potete farlo; sono a tutta prova. Prendetevela meno. Non state tanto a chiedervi se questo o quello va bene per voi. Non interrogate tanto la vostra coscienza... si scorderà come un pianoforte strimpellato. Tenetela in serbo per le grandi occasioni. Non sforzatevi tanto di formarvi il carattere... sarebbe come aprire a forza una tenera rosellina chiusa. Vivete come meglio vi piace, e il carattere ci penserà da sé a formarsi. Quasi tutto va bene per voi, con rarissime eccezioni, e una buona rendita non è fra queste. - Ralph tacque e sorrise; Isabel l’aveva ascoltato con viva attenzione. - Avete troppa facoltà di pensare, troppa coscienza soprattutto - aggiunse Ralph. - È irragionevole, il numero delle cose che non ritenete giuste. Mettete indietro l’orologio. Frenate la vostra febbre. Aprite le ali; libratevi sulla terra. Far questo non è mai sbagliato. Ella aveva ascoltato avidamente, come ho detto; e per natura era pronta a capire. - Mi domando se vi rendete conto di quello che dite. Se sì, vi prendete una bella responsabilità. - Mi spaventate un po’, ma penso di aver ragione - disse Ralph, continuando a sorridere. - Tuttavia quello che dite è verissimo - proseguì Isabel. - Non potreste dire niente di più vero. Sono assorbita in me stessa, considero troppo la vita come una prescrizione medica. E in realtà, perché star sempre a pensare se le cose vanno bene per noi, come se fossimo degenti di un ospedale? E perché dovrei aver sempre tanta paura di non agire bene? Come se al mondo importasse molto che io agisca bene o male! - Siete un tipo adatto a prender consigli - disse Ralph; - togliete il vento dalle mie vele! Lei lo fissò come se non l’avesse udito, benché stesse seguendo il filo di pensiero che proprio lui aveva suscitato. Mi sforzo di occuparmi del mondo più che di me, ma finisco sempre col tornare a me stessa. Perché ho paura. - S’interruppe; la sua voce aveva tremato un poco. - Sì, ho paura; non so spiegarlo. Un gran patrimonio vuol dire libertà, e di questo ho paura. È una cosa così bella, e bisognerebbe farne così buon uso. Altrimenti ci sarebbe da vergognarsi. E bisogna pensare e pensare; è uno sforzo continuo. Non so se non sia una felicità più grande non avere questo potere. Per chi è debole non ho dubbi che sia una felicità più grande. I deboli debbono fare un grande sforzo per non essere vili. E come fate a sapere che non sono debole? - chiese Isabel. - Oh - rispose Ralph, e Isabel vide un rossore affluirgli al viso - se lo siete, sono proprio spacciato!
Henry James (The Portrait of a Lady)
Una recente statistica diceva che le donne forniscono 45 miliardi di ore di lavoro domestico contro i 43 miliardi di ore di lavoro salariato. Il volume del lavoro domestico supera dunque di gran lunga il lavoro salariato. Se la società dovesse pagare quel lavoro è evidente che ciò aumenterebbe enormemente tutte le sue spese. È un grandissimo vantaggio per la società avere donne che fanno questo enorme lavoro per niente. Come ottenere allora che la donna faccia questo lavoro? Bisogna condizionarla. Dato che è difficile convincerla che essa ha la vocazione di lavare i patti, si è trovato qualcosa di meglio. Si esalta la maternità, perché la maternità offre il modo di tenere la donna in casa e di farle fare le faccende domestiche. Invece di dire alla bambina di due, tre o quattro anni: «Sei destinata a lavare i piatti» le si dice «Sei destinata ad essere madre»; le regalano bambole, si esalta la maternità, in modo che quando diventa una ragazza non pensa ad altro, pensa soltanto a sposarsi e ad avere bambini. La si è convinta che non sarà una donna completa se non avrà bambini. Quando una donna non ha figli, si dice: «Non è una vera donna», ma quando un uomo non ha figli non si dice: «Non è un vero uomo». Bisogna dunque che la donna sia asservita alla maternità. Se almeno avesse la libertà di essere madre quando vuole, nella misura in cui lo vuole, pianificando le nascite dei figli, avrebbe molta piú libertà in tutti i campi. Potrebbe rivaleggiare con l’uomo sul piano professionale, non sarebbe per tutta la vita inchiodata in casa; e cosí si porrebbe il problema di perché non debba essere l’uomo a lavare i piatti. Per evitare che ciò avvenga, bisogna dunque imporre la maternità alla donna e imporgliela suo malgrado. Per questa ragione da quando esiste la possibilità di controllare le nascite, non si è mai cercato di facilitarne la messa in pratica, al punto che in Francia attualmente c’è solo il 7 per cento di donne che si servono di metodi anticoncezionali. È anche per questo che il governo, in questo momento, sta ritirando tutte le sovvenzioni alla Pianificazione familiare, la sola organizzazione che si è occupata di informare le donne. Il governo, tuttavia, riconosce di non avere alcuna soluzione di ricambio; ed è una cosa molto grave. Non solo si sopprime la Pianificazione familiare e le si tolgono le possibilità di agire, ma non si prevede niente al suo posto. Si impedisce dunque alle donne di difendersi dal concepimento quando non lo desiderano. E cosí rimangono incinte loro malgrado. Non resta allora altro che procurarsi l’aborto, e cosí fanno un milione di donne francesi ogni anno, malgrado questa legge che di fatto non impedisce niente e che quindi non ha alcun senso. Ogni tanto si dà ad essa un’apparenza di esistenza, accusando qualche donna, sempre scelta tra le piú diseredate, perché non si è mai vista la moglie di un magistrato, di un ministro o di un grande industriale seduta al posto in cui stanno le accusate di oggi. Eppure si può essere sicuri che ci sono altrettanti aborti in quegli ambienti come negli altri. La legge opprime tutte le donne, anche quelle che sono privilegiate. Nella mia vita ho visto arrivare a casa mia in lacrime non solo operaie o impiegate, ma donne borghesi che avevano denaro; una volta ho perfino aiutato la moglie di un grande direttore di banca. Nonostante tutto, le donne sono isolate; anche col denaro, non si hanno sempre gli indirizzi che occorrono e non si sa a chi rivolgersi. Come dicevo in principio, si è inculcato nell’animo delle donne un tale senso di colpa, che l’aborto diviene per loro qualcosa di traumatizzante, mentre non lo sarebbe affatto se avvenisse in condizioni legali.
Simone de Beauvoir (Quando tutte le donne del mondo...)
Frustrato, Doug tentò un’altra strada. “Ascolta, supponiamo che la maggioranza voti per la Brexit e noi...” “Scusami se ti interrompo,” disse Nigel. “Supponiamo che la maggioranza voti per cosa?” “Brexit.” Nigel lo guardò sbalordito. “Come mai salti fuori con questa parola?” “Non è così che la chiamano tutti?” “Credevo che si dicesse Brixit.” “Cosa? Brixit?” “Noi diciamo così.” “Noi... chi?” “Dave e tutto il gruppo.” “Tutti dicono Brexit. Da dove viene Brixit?” “Non lo so. Pensavo che si dicesse così.” Di nuovo prese un appunto sul taccuino. “Brexit? Sei sicuro?” “Sicurissimo. È una parola composta. British exit.” “British exit... Allora dovrebbe essere Brixit?” “Be’, i greci l’hanno chiamata Grexit.” “I greci? Non sono usciti dall’Unione europea.” “No, ma hanno valutato la possibilità di farlo.” “Noi non siamo i greci. Dovremmo avere una parola che sia unicamente nostra?” “Ce l’abbiamo. Brexit.” “Ma noi continuiamo a dire Brixit.” Scuotendo la testa, Nigel continuò a scrivere. “Sarà una notizia bomba nel prossimo consiglio dei ministri. Spero che non tocchi a me comunicarlo.” “A che ti serve avere una definizione se sei sicuro che la cosa non succederà?” gli domandò Doug. Nigel sorrise felice. “Naturale... hai ragione da vendere. Non succederà e quindi non ci serve definirla.” “Ecco, vedi.” “Dopotutto, tra un anno, nessuno si ricorderà più di questa stupida faccenda.” “Esattamente.” “Nessuno si ricorderà che qualcuno voleva la Brixit.” “Proprio così. Però, sai, alcuni di loro...” Si chiese come dovesse metterla. “Sono personaggi da prendere sul serio, no? Boris Johnson, per esempio. Un vero peso massimo.” “Non infierire sul suo aspetto fisico,” disse Nigel. “Anche se Dave è molto arrabbiato con lui.” “Non si aspettava che si pronunciasse a favore dell’uscita?” “No, non se l’aspettava.” “Gira voce che la sera prima che il ‘Telegraph’ andasse in stampa, Boris avesse preparato due articoli – uno in cui sosteneva l’uscita e l’altro in cui si dichiarava favorevole a restare nell’Unione europea.” “Non ci credo per niente,” disse Nigel. “Boris avrebbe preparato tre articoli: uno per uscire, l’altro per restare e il terzo perché non riusciva a decidere. Gli piace essere sempre pronto.”“E poi c’è Michael Gove. Un altro attaccante che si è pronunciato a favore dell’uscita.” “Lo so. Dave è arrabbiatissimo con Michael. Per fortuna rimangono molti conservatori leali e di buon senso che apprezzano i benefici di restare membri della UE. Credo che tu vada a letto con una di loro. Ma prova a immaginare cosa pensa Dave di Michael e di alcuni altri. Insomma, è andato a Bruxelles, è tornato con un accordo assai vantaggioso, e questi non sono ancora contenti.” “Semplice: a molti non va giù la UE,” disse Doug. “Pensano che non sia democratica.” “Sì, ma uscirne sarebbe un male per l’economia.” “Pensano che la Germania comandi a bacchetta su tutti.” “Sì, ma uscirne sarebbe un male per l’economia.” “Pensano che dalla Polonia e dalla Romania siano arrivati troppi immigrati che spingono i salari al ribasso.” “Sì, ma uscirne sarebbe un male per l’economia.” “D’accordo,” disse Doug. “Credo di avere appena capito quali saranno i tre punti strategici della campagna di Dave.” Adesso era il suo turno di prendere appunti. “E come la mettiamo con Jeremy Corbyn?” Nigel inspirò con un lungo sibilo e sobbalzò visibilmente. “Jeremy Corbyn?” “Se il quadro è questo, lui dove si colloca?” “Preferisco non parlarne.” “Perché no?” “Perché no? Perché è un marxista. Marxista, leninista, trotzkista, comunista. Maoista, bolscevico, anarchico, di sinistra. Un socialista fondamentalista, anticapitalista, antimonarchico, pro-terrorismo.” “Ma è anche uno che vuole rimanere nella UE.” “Davvero?” “Così dice.” “Allora, naturalmente, saremo felici di averlo a bordo. Ma non credo che Dave sarebbe pronto a condividere alcunché sul piano politico.” “Non sarà necessario. È Jeremy il primo a respingere un accordo di questo tipo.” “Bene.
Jonathan Coe (Middle England (Rotters' Club, #3))
Bisogna capire la cosa che si vuol far crescere, capirla nel vero senso della parola. “Avere il pollice verde” non è un semplice modo di dire, è un fatto che rimane incomprensibile solo a chi è inesperto. Per “avere un pollice verde”, tuttavia, è necessario avere anche “un cuore verde”.
Russell Page (Education of a Gardener, The)
Vivere vuol dire rifiutare. Chi accetta ogni cosa non è più vivo dell’orifizio di un lavandino.
Amélie Nothomb (Métaphysique des tubes)
Un bicchiere di birra alle sei del mattino è male. Un piatto di farinata è orribile alle otto di sera. Ai miei occhi, lo spettacolo dei demagoghi che mandano a morire milioni di persone, condannando il mondo alla deriva tra guerre sante e spargimenti di sangue, distruggendo intere nazioni in virtù di una "verità" religiosa o politica è…» scrollò le spalle. «Osceno. Schifoso. Comunismo, fascismo, sionismo opinioni di individui assolutisti inculcate a interi continenti. Senza che questo abbia niente a che fare con l'onestà del condottiero. O dei seguaci. Il fatto che ci credano rende la cosa ancor più oscena. Il fatto che possano uccidersi a vicenda o morire volontariamente per discorsi insensati…» Si interruppe. «Le vedi le squadre di ricostruzione; sai che potremo dirci fortunati se riusciremo mai a riedificare.» «Ma la polizia segreta… sembra talmente spietata e… be', cinica.» Lui annuì. «Suppongo che il Relativismo sia cinico. Sicuramente non è idealista. È il punto d'arrivo di chi è stato ucciso, ferito, ridotto in miseria e a lavorare duramente per le vuote parole. È il prodotto delle generazioni che gridavano slogan, marciavano con le vanghe e le armi, cantavano e scandivano inni patriottici, rendevano omaggio alle bandiere.» «Ma voi le sbattete in prigione. Queste persone che non sono d'accordo con voi - non permettete loro di dissentire… guarda il ministro Jones.» «Jones può benissimo dissentire. Può credere a quello che vuole; può credere che la terra è piatta, che Dio è una cipolla, che i bambini nascono nelle buste di plastica. Può avere l'opinione che preferisce; ma quando comincia a spacciarla per Verità Assoluta…» «Lo sbattete in prigione» disse Nina rigida. «No» la corresse Cussick. «Tendiamo la mano, diciamo semplicemente: dimostra o stai zitto. Conforta i fatti quello che vai dicendo. Se vuoi dire che gli ebrei sono la radice di tutti i mali - devi provarlo. Lo puoi dire, se riesci a dimostrarlo. Altrimenti, fila ai lavori forzati.»
Philip K. Dick (The World Jones Made)
Un giorno dirai a te stesso. Sono stanco, vado a sedermi, e andrai a sederti. Poi dirai a te stesso, Ho fame, ora mi alzo e mi preparo da mangiare. Ma non ti alzerai. Dirai a te stesso. Ho fatto male a sedermi, ma visto che mi sono seduto resterò seduto ancora un poco, poi mi alzerò e mi preparerò da mangiare. Ma non ti alzerai e non ti preparerai da mangiare. / Guarderai il muro per un poco, poi dirai a te stesso, Ora chiuderò gli occhi, forse dormirò un poco, dopo andrà meglio, e li chiuderai. E quando li riaprirai il muro non ci sarà più. Intorno a te ci sarà il vuoto infinito, tutti i morti di tutti i tempi non basterebbero, risuscitando, a colmarlo, e sarai come un sassolino in mezzo alla steppa. / Sì, un giorno saprai cosa vuol dire, sarai come me, solo che tu non avrai nessuno, perchè tu non avrai avuto pietà di nessuno e non ci sarà più nessuno di cui aver pietà.
Samuel Beckett (Endgame)
«Contro questa esigenza del perfezionamento per sforzo proprio, la ragione, naturalmente restìa alla preparazione morale, invoca, col pretesto della sua incapacità naturale, ogni sorta di idee religiose impure.»39 Questo è proprio il contrario del vero, perché uno verifica che non è così. Cosa vuol dire il contrario del vero? Il problema è la concezione di ragione La ragione cerca di farcela da sola e invece scopre che veramente non ce la fa. No, il punto è il metodo da cui parte l’osservazione! Per noi l’osservazione parte da un dato di fatto, dal fatto; per lui parte da un a priori. Il danno è proprio dimenticare le tre premesse de Il senso religioso, e innanzitutto la prima: il realismo.
Luigi Giussani (L'autocoscienza del cosmo - Quasi Tischreden - Volume 4 (Italian Edition))
«Poi è arrivata lei. La Regina della Terra Oscura ha catturato mio fratello e lui ha scritto il suo nome sulle sue labbra, legandoli per la vita. La donna di cui parlo non è con noi oggi. Non oso pensare cosa vuol dire perdere la persona che ti completa, ma ho visto il dolore, quello vero, e non lo auguro a nessuno.»
Chiara Cilli (L'ultimo respiro (La Regina degli Inferi, #3))
In giro per la città si trasforma nell'instancabile doppio della grande epistola pubblicitaria... FORD, BANCA POPOLARE, COCA-COLA, le parole gli cadono dal cielo, le loro sillabe colorate gli esplodono in bocca. Non una sola marca di detersivo resiste alla sua passione per la decifrazione. «'La-va-più-bian-co', cosa vuol dire 'lavapiùbianco?» Poiché è giunta l'ora delle domande cruciali.
Daniel Pennac (Comme un roman)
Sapevo da un pezzo che c'era qualcosa che non andava in lui, ed era questo che aveva, la crudeltà. Le assicuro che aveva una faccia normale, senza narici frementi. Anzi, era un bel ragazzo, ma trasudava crudeltà. Non mi chieda di più, non so altro, tranne che otto anni dopo ha schiacciato una vecchietta sotto un orologio a pendolo. E che la maggior parte degli omicidi premeditati richiedono, oltre al dolore, oltre all'umiliazione, oltre alla nevrosi, oltre a tutto quello che vuole, anche della crudeltà, il piacere tratto dalla sofferenza, dalle suppliche e dall'agonia dell'altro, il piacere tratto dallo strazio. E' vero, non sempre si nota subito nelle persone, ma senti comunque qualcosa che non va, senti che quell'individuo produce qualcosa di troppo, un'escrescenza. E talvolta è la crudeltà, capisce cosa voglio dire? Un'escrescenza.
Fred Vargas (L'homme aux cercles bleus (Commissaire Adamsberg, #1))
Ragione, affezione e libertà Don Gius, su questo io ho una domanda. La separazione tra affezione e ragione che c’è in noi rispecchia quella separazione tra astratto e concreto di cui stai parlando?2 Scusami, forse è più preciso dire: separazione non tra ragione e affezione, ma tra ragione e libertà. Perché l’affezione appartiene anche alla ragione! Se una cosa non ti attira, non la sai. Se tu non la guardi in tutto lo svolgimento del suo programma, non la sai. Che una cosa sia bella è la ragione che lo coglie; l’estetica non dipende dalla morale, ma dipende dalla ratio, dalla ragione. L’estetica non dipende dall’ethos, dall’etica, ma dalla ragione, dalla ratio. La ragione, se è la capacità di cogliere la realtà (cogliere la realtà vuol dire aderire alla realtà), è un affectus. Non si può separare la ratio dall’affectus. È la libertà che può intervenire a strappare l’affectus dalla ratio! Signorina, non mi spiego? La ragione ti mostra una cosa bella o buona. E tu non la vuoi, perciò dici: «Non è bella». Rinnegando la ragione, per un altro motivo, devi dire una bugia e introdurre un nulla come opposto. Secondo me, capire questo punto è fare un passo enorme verso la propria maturità mentale e affettiva, è essere in grado di capire perché si deve scegliere e che cosa si deve scegliere. La ragione, cogliendo la realtà, dice: «È una realtà bella» e questo desta l’affezione, è destinato a destare affezione. Anzi, per poter dire: «Questa realtà. è bella», la ragione ha bisogno di affezione. Ma il problema non è risolto qui: è a questo punto che entra la libertà come possibilità di scelta. La libertà ha la capacità di rinnegare quello che per la ragione sarebbe evidente. Alessia, sei d’accordo o no?
Luigi Giussani (L'autocoscienza del cosmo - Quasi Tischreden - Volume 4 (Italian Edition))
è qualcosa di bello, la distruzione delle parole. Naturalmente, c'è una strage di verbi e aggettivi, ma non mancano centinaia e centinaia di nomi di cui si può fare tranquillamente a meno. E non mi riferisco solo ai sinonimi, sto parlando anche dei contrari. Che bisogno c'è di una parola che è solo l'opposto di un'altra? Ogni parole già contiene in se stessa il suo opposto. Prendiamo "buono", che bisogno c'è di avere anche "cattivo"? "Sbuono" andrà altrettanto bene, anzi meglio, perché, a differenza dell'altra, costituisce l'opposto esatto di "buono". Anche se desideri un'accezione più forte di "buono", che senso hanno tutte quelle varianti vaghe e inutili : "eccellente", "splendido", e via dicendo? "Plusbuono" rende perfettamente il senso [...]. Non capisci che lo scopo principale a cui tende la neolingua è quello di restringere al massimo la sfera di azione del pensiero? Alla fine renderemo lo psicoreato letteralmente impossibile, perché non ci saranno parole con cui poterlo esprimere [...]. Tutta le letteratura del passato sarà distrutta: Chaucer, Shakespeare, Milton, Byron, esisteranno solo nella loro versione in neolingua [...]. Anche la letteratura del partito cambierà, anche gli slogan cambieranno. Si potrà mai avere uno slogan come "La libertà è schiavitù", quando il concetto stesso di libertà sarà stato abolito? [...]. Il pensiero non esisterà più, almeno non come lo intendiamo ora. Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa.
George Orwell (1984)
Se si vuole risolvere una disputa o uscire da un conflitto, la primissima cosa da fare è dire la verità. Perché se hai mal di testa e al medico dici di avere mal di stomaco, come potrà aiutarti? Bisogna sempre dire la verità. Perché la verità elimina la paura.
Ziauddin Yousafzai
E, con tutta la sua paternità, don Giussani ci avverte: «Stiamo attenti che questa correzione − perché tale è la definizione del lavoro che stiamo conducendo − non ci trovi “in difesa”: “Il processo educativo incomincia là dove viene perso lo spazio per l’autodifesa”. La cosa più bella al mondo è imparare. E la cosa che tutti devono imparare da chi guida è la sua capacità di imparare. “Vivere vuol dire che attraverso la tua esperienza altri vivano”».58
Anonymous
«Alex, non ti capita mai di pensare come la nostra storia sia assolutamente folle e fuori da tutti i canoni, e di come la gente non la capisca e di come nessuno la potrà mai capire?» «Se è per questo, ci penso praticamente tutti i giorni. Anzi, spesso mi domando quanto ne capisco io» «Un sacco di gente mi chiede perché non stiamo insieme e… non so, è strano, a pensarci bene. Effettivamente, visti dal di fuori dobbiamo dare l'idea di due che stanno insieme.» «Io non sto con te perché… perché va bene così, perché giugno è fantastico, e sapere che c'è l'America che arriva, e allora dirsi tutto perché tra una settimana è troppo tardi, è magnifico. Qualcosa mi manca, e lo sai. Io vorrei baciarti e tutto il resto, ma non tanto per il gesto in sé… Davvero. E’ difficile… E’ come mettere le basi per addomesticarti un po’ di più. Farai più fatica a dimenticarti di me, così. Resteremo più attaccati ogni cosa in più che faremo. Io ho paura, per l'anno prossimo. Bacerò cento ragazze, andrò a letto con gente di cui non m'importa, ma non sarà come uscire con te e non dirsi niente per tutto il pomeriggio. Io so già che l'anno prossimo farò le cose più facili, più banali. E con te è tutto così trasparente e da ragazzini… Se penso che non ti ho mai baciata, Aidi…» «Lo sai, bisogna sempre fare solo Quello Che Ci Si Sente.» «Certo, dicevo così. Dicevo Quello Che Mi Sento.» «E cosa ti senti, ancora?» «Sento che questo giugno, questo scoprirsi ogni giorno di più, e ogni pezzo di me che scopro trovarne uno nuovo di te, e ogni pezzo di me che ti regalo trovarne in cambio uno che tu mi lasci nel calzino di lana di fianco al camino mentre dormo, è bello. A me non era mai successo. E vedere crescere Aidi e Alex, ogni giorno, ogni mattina di sole, che per il resto della gente non vuol dire niente di particolare, è sovvertire tutti i pronostici, è ridere di fronte all'Uomo con le Previsioni Sicure, quello che era certo che la Danimarca avrebbe preso una vagonata di gol e sarebbe stata eliminata nelle qualificazioni e invece si è qualificata e agli Europei giocherà con squadre molto più forti, e l'Uomo con le Previsioni Sicure non si raccapezza. La Gente capisce solo quando le cose sono già successe, mai mentre accadono. E per noi due è lo stesso. La Gente che non capisce come sia possibile, visto che l'Uomo dei Sondaggi aveva negato categoricamente che due come noi potessero avere una pazza storia del genere.» «Fantastico. E la Danimarca come gioca?» «Bene. Si vede che si divertono.» «Alex», aveva detto lei, stringendogli le mani con una strana intensità che l'aveva turbato. «Io voglio che la Danimarca vinca.»
Enrico Brizzi (Jack Frusciante Has Left the Band: A Love Story- with Rock 'n' Roll)
Gli Adepti del Velame ricordano qualcuno che sentendosi dire: "Signore, lei è un ladro, mi creda!", reagisca con: "Che cosa intende con ’mi creda’? Vuol forse insinuare che io sia diffidente?
Umberto Eco (Interpretazione e sovrainterpretazione: Un dibattito con Richard Rorty, Jonathan Culler e Christine Brooke-Rose)
Il cretino non parla neppure, sbava, è spastico. Si pianta il gelato sulla fronte, per mancanza di coordinamento. Entra nella porta girevole per il verso opposto." "Come fa?" "Lui ci riesce. Per questo è cretino. Non ci interessa, lo riconosci subito, e non viene nelle case editrici. Lasciamolo lì." "Lasciamolo." "Essere imbecille è più complesso. È un comportamento sociale. L'imbecille è quello che parla sempre fuori del bicchiere. "In che senso?" "Così". Puntò l'indice a picco fuori del suo bicchiere, indicando il banco. "Lui vuol parlare di quello che c'è nel bicchiere, ma com'è come non è, parla fuori. Se vuole, in termini comuni, è quello che fa la gaffe, che domanda come sta la sua bella signora al tipo che è stato appena abbandonato dalla moglie. Rendo l'idea?" "Rende. Ne conosco." "L'imbecille è molto richiesto, specie nelle occasioni mondane. Mette tutti in imbarazzo, ma poi offre occasioni di commento. Nella sua forma positiva, diventa diplomatico. Parla fuori del bicchiere quando la gaffe l'hanno fatta gli altri, fa deviare i discorsi. Ma non ci interessa, non è mai creativo, lavora di riporto, quindi non viene a offrire manoscritti nelle case editrici. L'imbecille non eice che il gatto abbaia, parla del gatto quando gli altri parlano del cane. Sbaglia le regole di conversazione e quando sbaglia bene è sublime. Credo che sia una razza in via di estinzione, è un portatore di virtù eminentemente borghesi. Ci vuole un salotto Verdurin, o addirittura casa Guermantes. Leggete ancora queste cose voi studenti?" "Io sì." "L'imbecille è Gioacchino Murat che passa in rassegna i suoi ufficiali e ne vede uno, decoratissimo, della Martinica. 'Vous êtes nègres?" gli domanda. E quello: "Oui mon général!". E Murat: "Bravò, bravò, continuez!" E via. Mi segue? Scusi ma questa sera sto festeggiando una decisione storica della mia vita. Ho smesso di bere. Un altro? Non risponda, mi fa sentir colpevole. Pilade!" "E lo stupido?" "Ah. Lo stupido non sbaglia nel comportamento. Sbaglia nel ragionamento. È quello che dice che tutti i cani sono animali domestici e tutti i cani abbaiano, ma anche i gatti sono animali domestici e quindi abbaiano. Oppure che tutti gli ateniesi sono mortali, tutti gli abitanti del Pireo sono mortali, quindi tutti gli abitanti del Pireo sono ateniesi." "Che è vero." "Sì, ma per caso. Lo stupido può anche dire una cosa giusta, ma per ragioni sbagliate.
Umberto Eco
Per fronteggiare la procrastinazione basata sulla paura del fallimento [...]: 1. Contestate la pretesa rigida di non dover fallire [...]; sviluppate e rafforzate l'alternativa sana: che certamente è meglio avere successo, ma non esiste una legge che vi esenti dal fallire. Mostrate a voi stessi che è meglio rischiare di fallire piuttosto che averne la certezza non svolgendo il lavoro del tutto. 2. Dimostrate ripetutamente a voi stessi che il vostro valore personale non si basa sulle vostre prestazioni. Così, se fallite o eseguite il lavoro inadeguatamente, ricordate a voi stessi che è un peccato che abbiate fatto in questo modo, ma che questo non significa, ripetetevelo, non significa che siete dei falliti. Vuol dire, piuttosto, che siete esseri umani fallibili [...]. 4. Contestate l'idea di dover essere sicuri del successo prima di cominciare. Non esiste tale certezza, e pretenderla porterà a un solo risultato: la procrastinazione. [...] 5. Quando iniziate un lavoro, imparate a concentrarvi su cosa state facendo piuttosto che su come lo state facendo. Il primo atteggiamento vi aiuterà a continuare a lavorare, mentre il secondo non farebbe altro che rafforzare la paura del fallimento [...].
Windy Dryden (Overcoming Procrastination)
Perché meravigliarsi, allora, quando ci si accorge che tante cose sfuggono alla comprensione della nostra esistenza trascendentale? Anzitutto, la sfera trascendentale della nostra esistenza non può essere suscettibile dello stesso tipo di analisi di quella immanentistica. Esistenza trascendentale significa , infatti, qualche cosa che non può essere fatta di spazio, né di tempo, né di massa, né di energia, né di cariche. Quindi niente sintesi in termini di superspazio. Trascendente vuol dire ben altro. Esistere nel Trascendente non può essere come esistere nell'Immanente. La ricerca scientifica galileiana ci ha portati a scoprire che nella Natura - quindi nell'Immanente - c'è molta più fantasia di quanto l'Uomo riesca ad immaginare.
Antonino Zichichi (Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo. Tra Fede e Scienza)
Lagom è un vocabolo svedese che significa “solo la giusta quantità” e deriva dal proverbio “Lagom är bäst”, che vuol dire “La giusta quantità è la cosa migliore”.
Jonny Jackson (The Little Book of Lagom: How to Balance Your Life the Swedish Way)
«Cosa stai facendo ancora qui? Vai da lui.» «Da lui?» «Da Leon, stupido,» sbotta. «Vuoi davvero che esca con questo stato d’animo, dopo aver litigato con te? Magari andando a consolarsi da Elliot?» Un brivido mi attraversa. «Non voglio che vada da Elliot.» Non voglio che vada da un altro ragazzo in generale. Leon è mio. E di nessun altro. «Allora vai da lui.» «Ma è arrabbiato.» «Oh sì, lo è. Raramente l’ho visto così.» «Questo non mi aiuta, Ruin.» «Dovrai abituarti al suo carattere scorbutico, scontroso e scostante se vorrai stare al suo fianco.» Le sue parole mi spiazzano. «Stare al suo fianco? Tu non dovresti… Come puoi dire una cosa del genere? Tu mi odi.» Un suono a metà tra lo stupito e l’incredulo gli esce di bocca. «Io non ti odio, Lucas. Certo, non sei neanche il mio migliore amico – né lo sarai mai – ma so riconoscere quando sbaglio, e probabilmente su di te mi sono sbagliato un po’ troppo. Se sei tu ciò che mio fratello vuole, chi sono io per intromettermi?» Mi lancia uno sguardo omicida. «Ma se gli farai del male ti giuro che ti spezzerò l’osso del collo con le mie stesse mani. Ha già sofferto troppo.» Rabbrividisco. La sua minaccia ha un non so ché di inquietante. Eppure, al tempo stesso, mi sembra la cosa più bella da sentire. Perché Ruin tiene davvero a suo fratello ed è pronto a fare qualsiasi cosa per il suo bene
Sara Coccimiglio (Come il giorno e la notte)
In effetti il pensiero non esisterà più, almeno non come lo intendiamo ora. Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa.
George Orwell (1984)
Se, ad esempio, fino ad oggi mi dicevano: ‹ama gli altri› e io li amavo, che cosa ne veniva fuori?» riprese a dire Pëtr Petròviè, forse un po' troppo frettolosamente. «Ne veniva fuori che stracciavo il mio caffettano a metà, lo dividevo con il mio prossimo, e ambedue rimanevamo seminudi, secondo il proverbio russo: ‹Se corri dietro a troppe lepri, non ne acchiappi nemmeno una›. La scienza invece dice: ama innanzitutto te stesso, poiché a questo mondo tutto è basato sull'interesse personale. Se amerai te stesso, farai bene i tuoi affari e il tuo caffettano rimarrà intero. La verità economica, poi, aggiunge che più ci sono, in seno alla società, iniziative private organizzate e, per così dire, caffettani interi, tanto più numerosi sono i saldi puntelli su cui essa si regge, e tanto meglio vi si sviluppa anche la causa comune. Di conseguenza, nell'acquistare unicamente ed esclusivamente per me, con ciò stesso è come se acquistassi per tutti, e così il mio prossimo riceve qualcosa di più di un caffettano lacero; e non da singole elargizioni di privati, ma per effetto della generale prosperità. È un'idea semplice, ma disgraziatamente per troppo tempo non è venuta in mente a nessuno, offuscata dagli entusiasmi e dalle fantasticherie, mentre non ci vuol poi molto acume, sembrerebbe, per capire...»
Fëdor Dostoevskij (Crime and Punishment)
La cultura non ha nulla a che fare con il consumare oggetti culturali: ci si illude che consumando più libri, più musica, più quadri, si acquisirà più cultura. Conosco persone che consumano tantissimi oggetti culturali, però questo non le rende più umane, anzi spesso finiscono con il sentirsi superiori agli altri. Cultura vuol dire stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore. Significa conoscere la consistenza dei semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell'umano e occuparsene perché tutto dia frutto a tempo opportuno. Nella cultura ci sono il realismo del passato e del futuro e la lentezza del presente, cosa che il consumo non conosce: esso vuole rapidità e immediatezza, non contempla la passione e la pazienza.
Alessandro D'Avenia (L'arte di essere fragili: Come Leopardi può salvarti la vita)
Io so che cosa vuol dire un uomo senza una donna, credere in una, essere di una, oppure non averla, passare anche anni senza che tu sia uomo con una donna, e allora prenderne una che non è la tua ed ecco avere, in una camera d'albergo avere, invece dell'amore, il suo deserto. Questo, tra i deserti è il più squallido; Non di una vita che manca, ma di una vita che non è tale. Avevi sete, e tu puoi bere; l'acqua c'è. Avevi fame e puoi mangiare; il pane c'è. C'è la fonte, e i palmizi intorno, simile a quello che cercavi. Ma è solo simile alla cosa, non è la cosa. Che volevi? Io mi dico. Mangio, ed è terra che mangio, non pane. Bevo, ed è terra che bevo. Rimango chino sul letto che ho davanti; e una volta non mi spogliai nemmeno, fumai tutto il tempo, appoggiato alla spalliera dinanzi a quel deserto. L'uomo ricorda la sua sete. O sete! Io penso. Mi sono dissetato, ma ho sete ancora, io non ho che sporcato la mia sete. E chino sul letto bevo; Penso che sono umile in questo, penso che sono inginocchiato; ma so che la mia ferocia era la mia purezza. Perché ho avuto pietà di me stesso? Quest'umiltà non salva un uomo. Egli non ha con se nessuno. Egli è in ginocchio non nell'amore, ma nel suo deserto.
Elio Vittorini (Uomini e no)
I latini per “curare” usavano la parola colere da cui cultum, da cui il termine “cultura” (l’agricoltura non era altro che il prendersi cura del campo). La cultura non ha nulla a che fare con il consumare oggetti culturali: ci si illude che consumando più libri, più musica, più quadri, si acquisirà più cultura. Conosco persone che consumano tantissimi oggetti culturali, però questo non le rende più umane, anzi spesso finiscono con il sentirsi superiori agli altri. Cultura vuol dire stare nel campo, farlo fiorire, a costo di sudore. Significa conoscere la consistenza dei semi, i solchi della terra, i tempi e le stagioni dell’umano e occuparsene perché tutto dia frutto a tempo opportuno. Nella cultura ci sono il realismo del passato e del futuro e la lentezza del presente, cosa che il consumo non conosce: esso vuole rapidità e immediatezza, non contempla la passione e la pazienza.
Alessandro D'Avenia (L'arte di essere fragili: Come Leopardi può salvarti la vita)
VIVERE NELLA VERITÀ- Cosa vuol dire vivere nella verità? Una definizione negativa è facile: significa non mentire, non nascondersi, non celare nulla (...) Per Sabina vivere nella verità, non mentire né a se stessi né agli altri, è possibile soltanto a condizione di vivere senza pubblico. Nell'istante in cui qualcuno assiste alle nostre azioni, volenti o nolenti ci adattiamo agli occhi che ci osservano, e nulla di ciò che facciamo ha più verità. Avere un pubblico, pensare a un pubblico, significa vivere nella menzogna.
Milan Kundera
«Anche quando non la vedi, la luna c'è» continua allora lui. «Il fatto che non sia visibile non vuol dire che sparisca del tutto.»Mi chiedo distrattamente a cosa si stia riferendo ma ancora non parlo.«Non possiamo lasciarti andare» commenta, tornando a guardarmi. «Anche se tu sparissi dalla nostra vita, rimarrebbe il pericolo che tu possa raccontare a qualcuno quello che hai visto, non credi? Certo, ti prenderebbero per pazzo, e il tuo passato disperato e tragico non ti aiuterebbe ad apparire credibile. Ma in mezzo a tutti coloro che ti guarderebbero con apprensione, ci sarebbe qualcuno disposto a credere alle tue parole e a dare loro una possibilità. E allora cosa accadrebbe?»Capisco solo ora a cosa si sta riferendo: la loro esistenza si basa su un unico segreto, tenuto in vita da una linea sottile. Mi uccideranno perché so troppe cose, perché sono un pericolo per loro. Neanche se giurassi e spergiurassi di non dire niente a nessuno mi risparmierebbero, dubito che si fiderebbero di me e della mia parola.Sorrido appena per l'assurdità della situazione: per una volta sono loro a temere me e qualcosa che potrei fare.«Non ti avevo mai visto sorridere» commenta
Sara Coccimiglio (Il lato oscuro della Luna (Cremisi Vol. 1))
«Hai visto il mio tatuaggio, giusto?» Sollevò una manica. «Rappresenta il tefillin, le cinghie di cuoio con un piccolo astuccio quadrato che gli uomini ebrei indossano attorno alle braccia o sulla fronte durante la preghiera mattutina. Contiene una piccola pergamena con le parole della Torah, la legge.» Denver sfiorò il tatuaggio con un dito, fermandosi sulla scritta. «Che cosa vuol dire?» «Ahava. La parola ebraica che indica amore. Per me, la Torah parla d’amore, ma non è così che la vedono i miei genitori o la loro religione. Comunque, provai a onorarli come potevo. Continuai a seguire i comandamenti, e misi da parte i miei desideri. Non guardavo gli uomini. Mi masturbavo solamente quando la pressione diventava insopportabile, ma mi costringevo a non pensare a niente mentre lo facevo. Credevo che, se non avessi ceduto all’attrazione che provavo per gli uomini, sarebbe scomparsa, e poi ho incontrato te.» Denver giocò con la sua mano, tenendo lo sguardo basso. «Lo rimpiangi?» Judah gli sollevò il mento con l’indice destro. «No. Mai. La mia vita era così buia prima di te. Mi hai ridato la luce e la felicità, Denver. Mi hai riportato in vita.»
Nora Phoenix (The Time of My Life)
Di fobia sociale, invece, non ho mai sofferto, nonostante la timidezza. Oggi mi intrattengo sempre piú spesso con chi non conosco, la vita mi ha obbligato a vincere questa debolezza, mi ha spinto con forza, quasi costretto, in tal senso. Costretto a fare piú che a riflettere, a muovermi di pancia e non con la ragione. L’esperienza quindi dovrebbe insegnarmi che se ti forzi ad affrontare ciò che temi, alla fine la vinci, che è un po’ il concetto del dottor Cavalli: guarda in faccia le tue paure finché non ti faranno piú paura. Dovrei perciò prendere un aereo al giorno, andare a vivere in una casa piena di blatte e ragni, semmai iscrivermi alla Napoli-Capri, cosí da nuotare in mare aperto, e forse nel giro di qualche anno potrei ambire a diventare finalmente un uomo perfetto, una persona senza punti deboli. Possibile? Non credo. Non esistono persone senza punti deboli. Forse riuscirei a vincere la paura di volare, potrei anche arrivare a dormire in una stanza piena di ragnatele (in realtà una volta ho dormito da solo in una stanza di un B&b nella quale c’era un grosso ragno, nascosto però dietro a un armadio), potrei tentare di combattere la mia ipocondria ogni giorno e un domani forse non provare piú questo fottuto terrore, ma quale sarebbe il dazio da pagare? Quanto sforzo, quanto dolore, quanta paura comporterebbe sfidare in campo aperto le mie fobie? E questo sforzo, questa paura, non provocherebbero altra paura? Non posso affrontare tutto, semplicemente perché non ci riesco, sono umano, con tutto ciò che questo vuol dire. A proposito di accettazione. Mi piacerebbe essere piú equilibrato, ma so di trovarmi sotto quella coperta sempre troppo corta: se tiro da un lato, resto scoperto dall’altro. Qualcuno parla di ipersensibilità dell’amigdala, la sede del cervello a forma di mandorla che gestisce le emozioni e in particolare la paura. Se hai la sfiga di avere questa zona ipersensibile, sei costretto a fotterti dalla paura costantemente: l’amigdala in questi casi, al pari del neurone inibitore ubriaco(ricordate?), sta sempre sul chi va là, inviandoti di continuo scariche di adrenalina con lo scopo di farti reagire prontamente a una situazione di pericolo. L’unica cosa che ottiene, però, è mandarti fuori di zucca, perché in verità ti trovi sul divano e stai guardando la tv, e il solo pericolo incombente è che ti possa venire un crampo alla pancia per via della cioccolata di cui ti sei abbuffato nel tentativo di vincere l’angoscia persistente che ti fa sentire l’irrefrenabile voglia di scappare a gambe levate, come se ai tuoi piedi stesse strisciando un boa constrictor. E pensare che un tempo avevamo solo questa parte di cervello, eravamo guidati solo da istinto ed emozioni, il sistema limbico (adibito alle funzioni psichiche, all’emotività) dominava il cervello già nei rettili di un tempo. Solo milioni di anni dopo il cervello pensante si è evoluto da questi centri emozionali. Per quel che mi riguarda, cerco di fregare l’amigdala con «l’evitamento», mi costruisco degli appigli per tirare avanti alla buona e sentire meno la paura, tento di distrarmi, ecco, in attesa che, chissà, un domani qualcuno mi aiuti a imboccare la strada giusta, mi apra gli occhi e mi infonda il coraggio per guardare in faccia ciò che non ho avuto il coraggio di guardare fino a oggi. Aspetto che sia la vita ancora una volta a darmi lo scossone e a spingermi verso nuove strade nelle quali la paura non mi farà piú da compagna quotidiana. Nel frattempo, mi impegnerò in ciò che mi fa stare bene e continuerò ad aspettare un refolo di sole per andare sul lungomare con la mia famiglia. La felicità dalle mie parti: un venticello fresco che sa di primavera, una pizza fumante, il mare là dietro, una birra ghiacciata, mia moglie e mio figlio.
Lorenzo Marone (Inventario di un cuore in allarme)
La ragione sragiona. È arrivata al limite di se stessa, non ti puoi più fidare della ragione. Pensa cosa vuol dire «capire». Pensaci bene! Non capisci con la ragione. C’è un capire della ragione che rimane in superficie. È soltanto quando fai l’esperienza tu – intima, intuitiva – di quel capire, che capisci davvero. FOLCO: Come, per esempio? TIZIANO: In tutte le cose. Come capisci i tuoi rapporti umani, il tuo posto nella vita e nella società? Capisci dove stai con la ragione, ma non capisci. La vera comprensione è quella che va al di là della ragione e che si fonda sull’istinto, sul cuore. Questo cuore noi ce lo siamo dimenticati. Lo prendiamo per una roba che levi, che rimetti, che sostituisci con una pompa. Invece è uno strumento incredibile di comprensione.
Tiziano Terzani (La fine è il mio inizio)
Era questo che voleva dire essere una diciannovenne? Vivere in un dormitorio, lasciare che le vite degli altri si riversassero nella tua, anche se solo per un breve periodo? Studiare una cosa con la massima concentrazione mentre decine di altre cambiano attorno a te e imparare anche da quelle? Avere un ragazzo che ti vuole bene e ti apprezza così tanto che sei sicura che nessuno abbia mai provato le stesse emozioni prima di te, e sapere di esserti aggiunta a una lunga fila di persone che hanno fatto lo stesso ballo per trovare quella con cui trascorrere la vita? Era una cosa temporanea e senza tempo, insignificante e densa di significato. E io ero riuscita a farne parte. Volevo vivere così per sempre!
Kiera Cass (The Siren)
Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa.
George Orwell (1984)
L'uomo prende per un giocattolo tutto ciò che vede. Che cosa vuol dire?" chiede. "Vuol dire che pensiamo di essere dei giganti, ma non lo siamo.
Jessie Burton
[…] Cancellavano quello che avevamo scritto, per dare il foglio a quelli che entravano in aula dopo di noi. -Non li avevano neanche letti. -Non capisco dove vuole andare a parare. -Voglio dire che questo colloquio mi ha ricordato quel foglio. A lei non interessa davvero sapere cosa penso o cosa voglio. -Per voi è tutto un rito, una pura formalità.
Avoledo Tullio
«Avrai sempre le mani legate con questa ragazza, – disse. – Non sarai mai tu ad avere il coltello per il manico. Qui c’è qualcosa – mi disse – che ti fa perdere la testa, e te la farà perdere sempre. Se non tagli definitivamente questo legame, alla fine quel qualcosa ti distruggerà. Non stai più semplicemente soddisfando un bisogno naturale, con lei. Questa è patologia nella sua forma più pura. Senti, – mi disse, – guardala come un critico, da un punto di vista professionale. Hai violato la legge della distanza estetica. Con questa ragazza hai sentimentalizzato l’esperienza estetica: l’hai personalizzata, l’hai trasportata nella sfera dei sentimenti, e hai perduto il senso della separazione indispensabile per il tuo godimento. Sai quando è successo? La sera che si è tolta l’assorbente. La necessaria separazione estetica è venuta meno non mentre tu la guardavi sanguinare – questo andava bene, non era questo il problema – ma quando non sei riuscito a trattenerti e ti sei inginocchiato. Ma cosa diavolo te l’ha fatto fare? Cosa c’è sotto la commedia di questa ragazza cubana che manda al tappeto uno come te, il professore di desiderio? Bere il suo sangue? Io direi che questo ha rappresentato l’abbandono di una posizione critica indipendente, Dave. Adorami, lei dice, venera il mistero della dea sanguinante, e tu lo fai. Non ti fermi davanti a nulla. Lo lecchi. Lo consumi. Lo digerisci. E’ lei che penetra te. Che altro la prossima volta, David? Un bicchiere della sua urina? Tra quanto la implorerai di darti le sue feci? Io non sono contrario perché è poco igienico. Non sono contrario perché è disgustoso. Sono contrario perché questo vuol dire innamorarsi. L’unica ossessione che vogliono tutti: l’“amore”. Cosa crede, la gente, che basti innamorarsi per sentirsi completi? La platonica unione delle anime? Io la penso diversamente. Io credo che tu sia completo prima di cominciare. E l’amore ti spezza. Tu sei intero, e poi ti apri in due. Quella ragazza era un corpo estraneo introdotto nella tua interezza. E per un anno e mezzo tu hai lottato per incorporarlo. Ma non sarai mai intero finché non l’avrai espulso. O te ne sbarazzi o lo incorpori con un’autodistorsione. Ed è questo che hai fatto, e che ti ha ridotto alla disperazione». (…) «L’attaccamento è rovinoso, ed è il tuo nemico. Joseph Conrad: chi si forma un legame è perduto. E’ assurdo che tu stia lì seduto con quella faccia. L’hai assaggiato. Non ti basta? Di cosa riesci mai ad avere più di un assaggio? E’ tutto quello che ci è dato nella vita, è tutto quello che ci è dato della vita. Un assaggio. Non c’è altro». (…)
L'animale morente, Philip Roth.
«[...] L’importanza improvvisa che assume uno sconosciuto incontrato mentre assistevi a un concerto,» aggiunse Leo, «o il contatto che ti resta con qualcuno che ti ha dato un passaggio al momento giusto in un pessimo periodo della tua vita,» trasse un tiro dalla sigaretta e proseguì. «O anche l’uomo che diventa tuo padre perché riempie un posto che nessuno finora si è mai premurato di occupare, e il compagno di scuola o quello di stanza al college che diventa tuo fratello perché sa cosa vuol dire sentirsi soli. Questo è “famiglia” per me[...].»
Rosalie Hawks (La piccola collezione di verità omesse)
Siediti, Stirkoff. - grazie , signore. - distendi pure le gambe. - molto gentile da parte sua, signore. - Stirkoff, mi hanno informato che hai scritto articoli sulla giustizia, sull'eguaglianza; anche sul diritto alla gioia e alla sopravvivenza. Stirkoff? - sissignore. - pensi che ci sarà mai una giustizia totale e ragionevole sulla terra? - non esattamente, signore. - ma allora perché scrivi quelle stronzate? sei forse malato? - mi sento strano da un po' di tempo a questa parte, signore, come se stessi per impazzire. - bevi molto, Stirkoff? - naturalmente, signore. - e fai cosaccine da solo? - di continuo, signore. - come? - non capisco, signore. - cioè, com'é che te le fai? - quattro o cinque uova e mezzo chilo di carne trita in un vaso di fiori col collo stretto mentre ascolto Vaughn Williams o Darius Milhaud. - di vetro? - no, di dietro, signore. - volevo dire, il vaso è di vetro? - naturalmente no, signore. - ti sei mai sposato? - molte volte, signore. - siediti, Stirkoff. - grazie , signore. - Cos'è che non ha funzionato? - tutto, signore. - qual è stato il più bel pezzo di fica che tu abbia mai avuto? - quattro o cinque uova e mezzo chilo di carne trita in un... - d'accordo, d'accordo! - sissignore. - ma capisci che il tuo desiderio di giustizia e di un mondo migliore è solo una scusa per nascondere la decadenza, la vergogna, e il fallimento che sono dentro di te? - eggià. - tuo padre era cattivo? - non so, signore. - cosa vuol dire non so? - voglio dire che è difficile fare paragoni. vede, di padre ne ho avuto uno solo. - stai cercando di fare il furbo con me, Stirkoff? - oh, no, signore: come lei dice la giustizia è impossibile. - ti picchiava tuo padre? - facevano i turni. - pensavo che avessi avuto un solo padre. - come tutti, volevo dire che s'alternava con mia madre. - ti voleva bene tua madre? - ero solo un prolungamento della sua persona. - che altro può essere l'amore? - il luogo comune secondo cui si ha grande cura di una cosa molto buona. non è necessariamente legato alla consanguineità. può essere un palloncino rosso o un toast imburrato. - vuoi dire che potresti amare un toast imburrato? - solo pochi, signore. in certe mattine particolari. sotto certi raggi del sole. l'amore arriva e scompare senza preavviso. - è possibile amare un essere umano? - naturalmente, soprattutto se non lo si conosce troppo bene. mi piace guardare la gente da dietro la finestra, quando cammina per strada. - sei un vigliacco, Stirkoff. - naturalmente, signore.
Charles Bukowski
Perché non per astratto ragionamento, ma per un’esperienza che brucia attraverso tutta la mia vita, per una adesione innata, irrevocabile, del più profondo essere, io credo, Tullio, alla poesia. E vivo della poesia come le vene vivono del sangue. Io so che cosa vuol dire raccogliere negli occhi tutta l’anima e bere con quelli l’anima delle cose e le povere cose, torturate nel loro gigantesco silenzio, sentire mute sorelle al nostro dolore. Perché per me Dio è e non può essere altro che un Infinito, il quale, per essere perennemente vivo e quindi più Infinito, si concreta incessantemente entro forme determinate che ad ogni attimo si spezzano per l’urgere del fluire divino e ad ogni attimo si riplasmano per esprimere e concretare quella Vita che, inespressa, si annienterebbe. Ora Lei vede che un Dio così non si può né chiamare né pregare né porre lungi da noi per adorarLo; Lo si può soltanto vivere nel profondo, poi che è Lui l’occhio che ci fa vedere, la voce che ci fa cantare, l’amore, ed il dolore che ci fa insonni. E questa nostra vita irrimediabile, questo nostro cammino fatale, in cui ad ogni istante noi realizziamo, noi creiamo, per così dire, Dio nel nostro cuore, altro non può essere che l’attesa del gran giorno in cui l’involucro si spezzerà e la scintilla divina balzerà nuovamente in seno alla grande Fiamma. Ora, di questo Dio che non si lascia staccare dalla vita, dove possiamo avere più immediato il senso che nei momenti in cui più la lotta si acuisce tra lo spirito e le forme che inceppano il suo fluire? E non è la poesia uno di questi momenti? L’estasiata gioia del sogno non si sconta forse nel bisogno e nella fatica di gettare quel sogno in parole? e un po’ dell’assolutezza divina non riluce forse nell’atto di quella fatica? Io credo che il nostro compito, mentre attendiamo di tornare a Dio, sia proprio questo: di scoprire quanto più possiamo Dio in questa vita, di crearLo, di farLo balzare lucendo dall’urto delle nostre anime con le cose (poesia e dolore), dal contatto delle nostre anime fra di loro (carità e fraternità). Per questo, Tullio, a me è sacra la poesia; per questo mi sono sacre le rinunce che mi hanno tolto tanta parte della giovinezza, per questo mi sono sacre le anime ch’io sento, di là dalla veste terrena, in comunione con la mia anima.
Antonia Pozzi (L'Antonia. Poesie, lettere e fotografie di Antonia Pozzi scelte e raccontate da Paolo Cognetti)
L'amore non corrisposto E' sempre amore Anche se non ha "quando" E non ha "dove" Questo vuol dire Che il suo spazio è immenso E' limpido il suo mare Di un azzurro intenso La barca mia Si perde all'orizzonte Tornerà indietro Ormai non ha più senso La terra ferma Quasi si confonde E poi scompare Lasciandomi sognare C'è qualche cosa di romantico Di appassionante ed incredibile E so che mi travolgerà E' come l'onda che mi riempirà L'anima… C'è qualche cosa di romantico D'immateriale e incomprensibile Che fa soffrire quando c'è Non lo credevo più possibile Non per me L'amore amaro e puro Che mi trascina fino a te In nessun luogo, mai, però per sempre Sento che ti amerò perdutamente Coltiverò così la mia speranza Il mare che si chiude in una stanza C'è qualche cosa di romantico D'immateriale e incomprensibile Che mi trascina fino a te Non lo credevo più possibile Non per me L'amore amaro e puro, sincero amaro e vero Che fa soffrire quando c'è L'amore non corrisposto è sempre amore
Al Bano
L'amore non corrisposto E' sempre amore Anche se non ha "quando" E non ha "dove" Questo vuol dire Che il suo spazio è immenso E' limpido il suo mare Di un azzurro intenso La barca mia Si perde all'orizzonte Tornerà indietro Ormai non ha più senso La terra ferma Quasi si confonde E poi scompare Lasciandomi sognare C'è qualche cosa di romantico Di appassionante ed incredibile E so che mi travolgerà E' come l'onda che mi riempirà L'anima… C'è qualche cosa di romantico D'immateriale e incomprensibile Che fa soffrire quando c'è Non lo credevo più possibile Non per me L'amore amaro e puro Che mi trascina fino a te In nessun luogo, mai, però per sempre Sento che ti amerò perdutamente Coltiverò così la mia speranza Il mare non si chiude in una stanza C'è qualche cosa di romantico D'immateriale e incomprensibile Che mi trascina fino a te Non lo credevo più possibile Non per me L'amore amaro e puro, sincero amaro e vero Che fa soffrire quando c'è L'amore non corrisposto è sempre amore
Al Bano
Sono lieta, in mezzo alle mie tristezze mediterranee, di essere qui. E dirvi com'è bello pensare strutture di luce, e gettarle come reti aeree sulla terra, perché essa non sia più quel luogo buio e perduto che a molti appare, o quel luogo di schiavi che a molti si dimostra – se vengono a occupare i linguaggi, il respiro, la dignità delle persone. A dirvi come sia buona la Terra, e il primo dei valori, e da difendere in ogni momento. Nei suoi paesi, anche nei suoi boschi, nelle sorgenti, nelle campagne, dovunque siano occhi – anche occhi di uccello o domestico o selvatico animale. Dovunque siano occhi che vi guardano con pace o paura, là vi è qualcosa di celeste, e bisogna onorarlo e difenderlo. So questo. Che la Terra è un corpo celeste, che la vita che vi si espande da tempi immemorabili è prima dell’uomo, prima ancora della cultura, e chiede di continuare a essere, e a essere amata, come l’uomo chiede di continuare a essere, e a essere accettato, anche se non immediatamente capito e soprattutto non utile. Tutto è uomo. Io sono dalla parte di quanti credono nell'assoluta santità di un albero e di una bestia, nel diritto dell’albero, della bestia, di vivere serenamente, rispettati, tutto il loro tempo. Sono dalla parte della voce increata che si libera in ogni essere – al di là di tutte le barriere – e sono per il rispetto e l’amore che si deve loro. C’è un mondo vecchio, fondato sullo sfruttamento della natura madre, sul disordine della natura umana, sulla certezza che di sacro non vi sia nulla. Io rispondo che tutto è divino e intoccabile: e più sacri di ogni cosa sono le sorgenti, le nubi, i boschi e i loro piccoli abitanti. E l’uomo non può trasformare questo splendore in scatolame e merce, ma deve vivere e essere felice con altri sistemi, d’intelligenza e di pace, accanto a queste forze celesti. Che queste sono le guerre perdute per pura cupidigia: i paesi senza più boschi e torrenti, e le città senza più bambini amati e vecchi sereni, e donne al disopra dell’utile. Io auspico un mondo innocente. So che è impossibile, perché una volta, in tempi senza tempo e fuori dalla nostra possibilità di storicizzare e ricordare, l’anima dell’uomo perse una guerra. Qui mi aiuta Milton, e tutto ciò che ho appreso dalla letteratura della visione e della severità. Vivere non significa consumare, e il corpo umano non è un luogo di privilegi. Tutto è corpo, e ogni corpo deve assolvere un dovere, se non vuole essere nullificato; deve avere una finalità, che si manifesta nell'obbedienza alle grandi leggi del respiro personale, e del respiro di tutti gli altri viventi. E queste leggi, che sono la solidarietà con tutta la vita vivente, non possono essere trascurate. Noi, oggi, temiamo la guerra e l’atomica. Ma chi perde ogni giorno il suo respiro e la sua felicità, per consentire alle grandi maggioranze umane un estremo abuso di respiro e di felicità fondati sulla distruzione planetaria dei muti e dei deboli – che sono tutte le altre specie –, può forse temere la fine di tutto? Quando la pace e il diritto non saranno solo per una parte dei viventi, e non vorranno dire solo la felicità e il diritto di una parte, e il consumo spietato di tutto il resto, solo allora, quando anche la pace del fiume e dell’uccello sarà possibile, saranno possibili, facili come un sorriso, anche la pace e la vera sicurezza dell’uomo.
Anna Maria Ortese (Corpo celeste)
Mi stai salutando?”. “Sì”. “Dopo mesi di mie lettere dove ho messo a nudo la mia anima la tua risposta si riduce a tre messaggi sul cellulare?”. “Sì”. “Mi sembra un rapporto sbilanciato il nostro”. “Il nostro non è un rapporto”. “E cos'è?”. Non risponde, così digito un altro messaggio. “Vuoi discettare in merito all'etimologia della parola rapporto? perché se vuoi una discussione in merito io ho un sacco di tempo, sono bloccata in questo letto”. “Non voglio una discussione. Però mi fa piacere leggere che utilizzi termini come discettare. Vuol dire che i soldi che impiego per la tua istruzione sono ben spesi”. “Non hai risposto alla mia prima domanda”. “E non intendo farlo. Riposati e guarisci. Attendo il tuo articolo la prossima settimana”. Ma tu pensa questo. Mi sta scaricando. Ma è folle se pensa che lo mollo adesso che ho ottenuto un cenno di riscontro. Anche se devo dire piuttosto scarno. “Posso scriverti su questo numero se ho voglia di parlare con te?”. “No”. “E se io lo facessi lo stesso?”. “Non ti risponderei”. “E cosa c'è di nuovo?”. “Hai intenzione di polemizzare ancora molto?”. “È l'unico modo che ho per avere un po' di attenzione da te”. “Non è vero. E tu lo sai”. “Mesi di lettere e non mi hai mai risposto”. “Le ho lette tutte”. “Ma io non potevo saperlo perché tu non mi hai mai scritto nemmeno una riga. Passi il fatto che non vuoi che ti conosca di persona. Oppure che non vuoi un mio ringraziamento. Ma almeno di conoscere il tuo nome di battesimo me lo potresti concedere”. “Mi hai assegnato tu un nome. Anche se è orribile”. “Non ti piace mister D.?”. “Sembra il nome di un rapper”. “E deduco non ti piaccia nemmeno il rap”. “No”. “Non canti?”. “No”. “Suoni?”. “No”. “Ma allora cosa fai?”. “Di solito lavoro. Quando non ho una ragazzina che mi risucchia in stupide e inutili polemiche via cellulare”. “Vuoi che riprendiamo in un altro momento la nostra importante conversazione?”. “No”. “Mi hai chiamato ragazzina. Deduco che tu sia vecchio e noioso”. “La signora Lippett non mi aveva avvisato che tu fossi una stalker”. “Se lo avesse fatto non si sarebbe mai liberata di me”.
Adele Ross (Un inaspettato benefattore)
-Avete avuto troppo premura di restituirmelo, è libro che vuol essere meditato. -È vero, se il meditarvi sopra non fosse cosa pericolosa. -Parmi anzi cosa utile. -Utile sì, certamente. Voleva dire pericolosa per la nostra pace, per noi donne, per... me.Vi sono delle letture che mi fanno male [...]. Credo che il meditare sui libri e rileggerli sia cosa sommamente nociva; a meno che in tutta la vita non se ne leggesse che uno solo, e questo fosse tale da instillarci principi retti e da fortificarvici. Di libri educativi non ve ne può essere che uno, pena la contraddizione, giacché ogni uomo ha vedute opposte, o per lo meno diverse. Il leggere molti libri, il meditare su molti non ha altro effetto che quello di renderci dubbiosi sulle nostre idee, incerti nei nostri pensamenti: non si sa più a che cosa credere, e spesso si finisce col non credere più a nulla. Sono convinta che ogni libro che non diverte, fallisce il suo scopo; che ogni libro che fa pensare, nuoce. L'obiettivo d'ogni lavoro letterario dovrebbe essere la fantasia – non la testa che si guasta, non il cuore che sanguina – ma l'immaginazione che si esalta e gioisce.
Iginio Ugo Tarchetti (Fosca)
In questi posti chi ti assume è sempre uno psicologo. Cosa spinge uno che ha fatto psicologia a fare questo lavoro di merda? È un mistero piú grande della transustanziazione. Le ho detto le solite cose che uno psicologo di un posto cosí vuole sentirsi dire. Una motivazione sufficientemente forte da renderti manipolabile, ma che non sia il denaro.
Michela Murgia (Il mondo deve sapere)
Casa Nessuno lascia casa a meno che la casa non sia la bocca di uno squalo scappi al confine solo quando vedi tutta la città scappare i tuoi vicini corrono più veloci di te fiato e sangue in gola il ragazzo con cui sei andata a scuola che ti baciava vertiginosamente dietro la fabbrica di lattine tiene in mano una pistola più grande del suo corpo lasci casa solo quando la casa non ti lascia rimanere. nessuno lascia casa a meno che la casa non ti dia la caccia fuoco sotto i piedi sangue caldo nella pancia è qualcosa che non avresti mai pensato di fare finché la lama non ti ha bruciato il collo di minacce e anche allora nascondi l’inno nazionale sotto il respiro soltanto strappare il passaporto nei bagni di un aeroporto singhiozzando ad ogni boccone di carta ti ha fatto capire che non saresti più tornata. devi capire che nessuno mette i figli su una barca a meno che l’acqua non sia più sicura della terra nessuno si brucia i palmi sotto i treni sotto le carrozze nessuno passa giorni e notti nel ventre di un camion nutrendosi di carta di giornale a meno che le miglia percorse non vogliano dire di più di un semplice viaggio. nessuno striscia sotto le recinzioni nessuno vuole essere picchiato compatito nessuno sceglie campi di rifugiati o perquisizioni a nudo che ti lasciano il corpo dolorante né la prigione, perché la prigione è più sicura di una città di fuoco e un secondino nella notte è meglio di un camion pieno di uomini che assomigliano a tuo padre nessuno può sopportarlo nessuno può ingoiarlo nessuna pelle può essere tanto resistente andatevene a casa neri rifugiati sporchi immigrati richiedenti asilo che prosciugano il nostro paese negri con le mani tese che odorano strano selvaggi hanno distrutto il loro paese e ora vogliono distruggere il nostro come fate a scrollarvi di dosso le parole gli sguardi sporchi forse perché il colpo è meno forte di un arto strappato o le parole sono più tenere di quattordici uomini tra le tue gambe perché gli insulti sono più facili da mandare giù delle macerie delle ossa del corpo di tuo figlio fatto a pezzi. voglio tornare a casa, ma casa mia è la bocca di uno squalo casa mia è la canna di un fucile e nessuno lascerebbe la casa a meno che non sia la casa a spingerti verso la spiaggia a meno che non sia la casa a dirti di affrettare il passo lasciarti dietro i vestiti strisciare nel deserto attraversare gli oceani annega salvati fai la fame chiedi dimentica l’orgoglio è più importante che tu sopravviva nessuno se ne va via da casa finché la casa è una voce sudata che dice vattene scappa lontano da me ora non so cosa sono diventata so solo che qualsiasi altro posto è più sicuro di qua
Warsan Shire
Mi pare che qualcuno potrebbe dire: che obbligo ha Iddio di regalarci l'immortalità? L'immortalità dell'anima è una invenzione dell'egoismo umano che in fin dei conti vuol far servire Iddio al comodo proprio. Noi vogliamo un premio per il bene che facciamo agli altri e una pena per il male che gli altri fanno a noi. Rassegnamoci invece a morire anche noi del tutto come ogni essere vivente e facciamo sin che siamo vivi la giustizia per noi e per gli altri, senza speranza di premi futuri, solo perché Iddio vuole da noi questo come vuole che ogni stella faccia lume e che ogni pianta faccia ombra. Cosa Le pare, a Lei?» «Cosa vuol che Le dica?», rispose il Gilardoni. «A me pare una gran bellezza! Non posso dire: una gran verità. Non lo so, non ci ho mai pensato; ma una gran bellezza! Io dico che il Cristianesimo non ha potuto avere né immaginare dei Santi sublimi come questo qualcuno! È una gran bellezza, è una gran bellezza!» «Perché poi», riprese Luisa dopo un breve silenzio, «si potrebbe forse anche sostenere che questa vita futura non sarebbe proprio felice. Vi è felicità quando non si conosce la ragione di tutte le cose, quando non si arriva a spiegare tutti i misteri? E il desiderio di saper tutto sarà esso appagato nella vita futura? Non resterà ancora un mistero impenetrabile? Non dicono che Dio non si conoscerà interamente mai? E allora, nel nostro desiderio di sapere, non finiremo a soffrire come adesso, anzi forse più, perché in una vita superiore quel desiderio dev'essere ancora più forte? Io vedrei un solo modo di arrivare a saper tutto e sarebbe di diventar Dio...»
Antonio Fogazzaro (Piccolo mondo antico)
Ebbene compagni, qual'è la natura di questa nostra vita? Ammettiamolo, le nostre vite sono miserande, laboriose e brevi. Nasciamo, ci danno da mangiare quel tanto che basta a mantenere il respiro nel nostro corpo, e chi tra noi è in grado di farlo è costretto a lavorare fino all'ultimo atomo delle sue forze; e non appena la nostra utilità termina ci macellano con odiosa crudeltà. In Inghilterra dopo il primo anno di vita nessun animale sa cosa vuol dire felicità o agio. In Inghilterra nessun animale è libero. la vita di un animale è miseria e schiavitù: è questa la pura verità
George Orwell (Animal Farm)
I governi democratici possono diventare violenti e anche crudeli in certi momenti di grande effervescenza e di pericolo, ma queste crisi saranno rare e passeggere. Quando penso alle piccole passioni degli uomini del nostro tempo […] non temo che essi troveranno fra i loro capi dei tiranni, ma piuttosto dei tutori. Credo, dunque, che la forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, […] poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome. Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria. Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente all'infanzia; ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere? Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio. Così, […] il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore. Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo. […] In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra.
Alexis de Tocqueville (Democracy in America)
Mujica, un marziano a Genova “Non si fa politica per soldi” L’ex presidente dell’Uruguay in Liguria sulle tracce degli antenati “I migranti che arrivano in Europa le fanno un favore: la svecchiano” Patrizia Albanese | 827 parole Scorte e lampeggianti? Ma quando mai. Arrivano quasi alla chetichella, in una giornata uggiosa. Non fosse per l’auto dell’ambasciata, che dal porto di Genova ieri mattina li ha discretamente portati fin quassù in Val Fontanabuona, sembrerebbero due turisti normali. Perdipiù con poco bagaglio. Già perché a José Alberto Mujica Cordano e a sua moglie Lucia Topolansky - sposata nel 2005 - non serve poi molto. Sebbene lui, figlio di emigranti liguri, fino al primo marzo fosse l’amatissimo presidente dell’Uruguay, del quale è tutt’ora senatore, al pari della moglie. Che non porta manco un gioiello, neppure la fede dopo le nozze. Pure quelle anomale. In stile col personaggio. Racconta, Lucia, sua compagna da quarant’anni: «Non mi ha fatto una dichiarazione, ha fatto un annuncio. In televisione, un giorno, ha comunicato che si sarebbe sposato. Io stavo ascoltando in cucina e l’ho saputo così…». Pausa. «Era sicuro che gli avrei detto sì». Sempre al suo fianco. Carcere compreso. Esperienza, che «Pepe» ricorda tranquillo perché gli «ha insegnato tanto» spiega puntandoti addosso gli occhi nerissimi e scintillanti. Sempre con un diktat: «Essere al servizio degli altri, questo è il significato della politica». Servizio alla società In Italia, veramente, mica tanto… Tra indagati e corrotti, la politica non appassiona. «Ah, no? È molto triste. E in cosa crede la gente?- domanda stupefatto - Se non si crede nel futuro non c’è niente. L’uomo è un animale politico. Diceva Aristotele, che non può vivere da solo, ma nella società. Tu come faresti senza penna e taccuino? Ci vuole qualcuno che li faccia. E che faccia vestiti, auto... Dipendiamo tutti dalla società. La politica è occuparsi della società e dei diritti». Lei da presidente ogni mese dei suoi 8.900 euro, ne devolveva 8.100 agli uruguaiani. Qui non va proprio così. Sospira: «La gente che ama troppo i soldi non deve entrare in politica. Che è servizio. È questa la felicità: servire la gente che ha bisogno. La bara non ha tasche per portarsi via i soldi». Lei e Lucia non avete mai abitato il palazzo presidenziale. «È un museo» scandisce mulinando il braccio verso il soffitto in legno dell’Osteria Fonte Bona, tre camere in tutto - e servizi al piano - dove l’ex presidente ha prenotato quindici giorni fa: online. E tanto per capire che in questa vallata è planato un marziano – anzi due – basti dire che il proprietario, Giovanni Bottino, dopo aver preparato il pranzo «a base di affettati, ravioli col tocco e vino “tinto”», ha lasciato amabilmente riposare «Pepe e Lucia». L’ex presidente è sbarcato «in cerca delle radici», della casa dei nonni materni, dopo una sosta a Muxyka, nei Paesi Baschi, terra paterna. Un viaggio-regalo, che dopo la Val Fontanabuona e Genova, porterà la coppia a Roma, dal Papa. I due mondi «Vedrò Francesco il 28. È il secondo incontro, con quest’uomo che si è spogliato di tutto». Credente? «No – replica divertito sotto i baffi alla Marquez – Ateo. Per il Cristianesimo la vita è una valle di lacrime. Non sono d’accordo: è bellissima. E il Paradiso è qua, è questa vita. Però, la religione aiuta a morire bene. Voglio parlare al Papa di molte cose. Principalmente della difficoltà d’integrazione tra tutti i Paesi dell’America Latina». Europa e Italia sono alle prese con i migranti e la strage dei barconi. «L’Europa diventerà caffelatte. Una miscela di razze – commenta placido – La soluzione non è combattere, ma andare in Africa ad aiutarli. L’Europa avrebbe dovuto farlo da tempo. Quanta ricchezza s’è presa dalle colonie? Poi li ha mollati… Non è giusto». Abbattere Saddam e Gheddafi? «Un errore enorme. La democraz
Anonymous
Io vorrei capire cosa vuol dire chiedere aiuto, perché tante volte mi sembra che possiamo chiedere come spinti da un’ansia di sottrarci a una fatica. Da un’ansia di sottrarsi a una fatica o dalla paura di fare échec, che vuol dire scacco (matto). Chiedere l’aiuto vuol dire chiedere allo Spirito che sostenga la tua coscienza nel desiderio (quel che si diceva prima), nella tensione al destino, al fine; e allora, come conseguenza di questo, la problematica che ti angustiava si alleggerisce.
Luigi Giussani (Una presenza che cambia - Quasi Tischreden - Volume 7 (Italian Edition))
Che razza di investigatore sei?" fece lui. "Il migliore di L.A." "Ah sì? E che cosa vuol dire L.A.?" "Leccatori d'Ano".
Charles Bukowski
E' sudato. E' sporco di terra. Ha le mani segate dalla fune. - Visto? - commenta raggiante. - Fortuna che aveva la corda. - Non è fortuna. E' preparazione. - Ah, certo. Preparazione. In effetti non si può dire che l'Alpinista non sia preparato, per quanto un po' sovrappeso. Metri di cordino arrotolati sulla spalla. Moschettone alla cintura. Zaino tattico. Elmetto da minatore. - Comunque, è dura prepararsi per tutto. Se scivolando si faceva male... - Macché scivolando. E' solo allenamento. - Allenamento? E per che cosa? - Per il peggio. Come dice il motto: prepararsi per il peggio, pregare per il meglio! - Ah, molto interessante. Lo sa che io faccio l'esatto contrario? Preparati, Ciccione. E' il tuo turno di rimanere basito. - Voglio dire: mi preparo per il meglio, cioè per stare meglio, insomma, una società migliore, e intanto prego che la corda del mondo si spezzi, perché vede, ho l'impressione che sia già piuttosto tirata, e allora non vorrei che cede di schianto e ci troviamo gambe all'aria, tanto vale che si rompe prima, quando ancora non tutto è perduto, capisce?, quindi se l'Occidente vuole suicidarsi, niente in contrario, l'eutanasia mi trova favorevole, purché non la si eserciti sul sottoscritto, che nel frattempo preferisce senz'altro dedicarsi ad altri tipi di eu: l'eudemonia, certo, ma anche l'eupepsia, se vogliamo guardare all'immediato, e l'eugenetica, perché no?, mi offro volontario per qualsiasi esperimento.pag.185 Sono contento di non aver concluso il baratto. Nulla è fatto per essere scambiato, nessuno si fa trapiantare un polmone al posto di un rene. Per questo il sottoscritto è contro ogni salario. Da lavoro dipendente. Da lavoro autonomo. Dal solo fatto di esistere. Quest'ultimo, per carità, mi spetterebbe con gli interessi: per anni si è tratto profitto dal mio corpo, dalle mie relazioni, dai miei desideri, senza degnarsi di pagarmi uno stipendio, un affitto, un contratto d'uso. La buona notizia è che non passerò a riscuotere. Mi riprendo la vita, e tanti saluti.
Wu Ming 2 (Guerra agli umani)
E quello è il motto dei Nephilim... dei Cacciatori.’’ ‘‘Cosa vuol dire?’’ Il sorriso di Jace fu un lampo bianco nell'oscurità. ‘‘Significa "Cacciatori: strafighi in nero dal 1234".
Cassandra Clare (City of Bones (The Mortal Instruments, #1))
Ogni cosa che dura, [...] ogni sogno che resiste, a qualcuno da ringraziare per la fiducia riposta. La fiducia non si compra e non si vende nemmeno la si regala. La fiducia è come una forma d’arte: se si è ispirati la si dà. Perché fidarsi degli altri, che spesso significa pure affidarsi agli altri, non è sempre una cosa facile. Lasciarsi andare nelle mani di qualcuno è un gesto che richiede coraggio e consapevolezza. Dei propri limiti, soprattutto; e delle qualità di chi è migliore di noi. Fidarsi vuol dire credere in un altro e accettare di non vedere il risultato, subito, sotto i propri occhi. Aspettare. [...] Sì, aspettare. Ma con fiducia. L’attesa costruita sulla fiducia in qualcuno passa molto più veloce di un’attesa da soli. La fiducia è l’ingrediente base per la costruzione. Di quasi tutto. Oh, sì sì. Naturalmente anche dell’amore. È che la fiducia è sempre la variabile determinante tra le cose e le cose importanti. Tra un rapporto e un rapporto importante. [...] Tra un tentativo è un’impresa. Tra una solo e un’orchestra. Tra un’idea e la sua attuazione. E poi, è tanto importante fidarsi di se stessi, tanto da ritrovarsi all’improvviso vicini a se stessi.
Niccolò Agliardi (Ma la vita è un'altra cosa)
Hai morso de Quincey, stupido. È un vampiro. Sai che cosa vuol dire mordere un vampiro.’' ‘‘Non avevo scelta’’ replicò Will. '‘Mi stava soffocando.’’ ‘‘Lo so, lo so’’ - ribatté Jem. ‘‘Ma insomma, Will... Di nuovo?
Cassandra Clare (Clockwork Angel (The Infernal Devices, #1))
Non cercare di riconoscere in che stazione siamo, in che città stiamo entrando o cosa ti ricorda quest'atmosfera. Spegni il vello e segui me, altrimenti rischi di perderti da queste parti. Rischi di perderti il meglio, il nuovo. So che non è facile. Non lo è per niente. Sfortunatamente, Pare che gli esseri umani siano programmati per analizzare tutto sulla base dell'esperienza. Ogni cosa che vediamo o che incontriamo o che ci ospita la scomponiamo in concetti più piccoli, più facilmente analizzabili, in modo da poter riconoscere qualcosa di già visto. Qualcosa di noto che ci faccia sentire a nostro agio. Pensa poi alle volte che hai detto ehi, in questo posto ci sono già stato e non me ne ricordavo, che sensazione è quella? Te lo dico io, è sollievo, è dire: ok sono salvo, so dove sono. Il problema, il nostro limite, è che affrontiamo ogni istante in questo fottuto modo, con un occhio costantemente rivolto al passato. Quindi è perfettamente normale che tu stia cercando i tuoi punti cardinali nell'immenso atrio di questa stazione o nelle mie parole. Però è perfettamente sbagliato. È come quando un tizio che conosci ti racconta una vicenda che gli è capitata e ti dice ad esempio, ah sai sabato sono andato a una festa, ho bevuto troppo e a ritorno una volante mi ha fermato: multa per guida in stato d'ebbrezza! Tu lo ascolti, io lo ascolto, ma il pensiero va alle feste che ho vissuto, alle volte che ho guidato ubriaco e alle mie multe e quindi risponderò, ma tu pensa che storia interessante, sai mi è successa la stessa cosa proprio un mese fa... NO! No. No. No. Qui è il problema. Non è vero. Non mi è successa la stessa cosa, perché sono due eventi unici, mentre il nostro cervello ci vuol far credere il contrario. Tutta colpa dell'esperienza. O di chi ci ha programmato per essere macchine che non sanno apprezzare le novità, costrette a interpretare il nuovo solo sulla base del passato. E se passasse un drago sopra le nostre teste proprio adesso, per non impazzire diremmo che è solo una lucertola con le ali. Quando penso che la meraviglia non esiste più, mi viene voglia di tornare bambino e toccare tutto per la prima volta. Il pavimento, il divano, i giocattoli, le mani rugose di mia nonna, la carta del primo libro illustrato, il profumo del caffè, quello dei capelli appena lavati di mia sorella, quello del mare...
Guido Tonini (Non è la luce)
«Naturalmente non importa il suo aspetto... non f-fa niente... ma era un b-bambino così carino... sempre stato un bel ragazzo... e s-stava per sposarsi!» «Cosa vuol dire?» gridò Fleur all’improvviso. «Perché disce che stava per sposarsi?» La signora Weasley alzò il viso coperto di lacrime, stupita. «Be’... solo che...» «Ponsa che Bill non mi vuole più?» continuò Fleur. «Ponsa che per colpa di quei morsi scesserà di amarmi?» «No, non volevo dire...» «E invesce mi amerà!» esclamò Fleur, ergendosi in tutta la sua altezza e gettando indietro la lunga chioma argentea. «Sci vuol altro che un uomo lupo per impedir a Bill di amarmi!» «Be’, sì, ne sono certa» balbettò la signora Weasley, «ma pensavo che forse... visto come... come lui...» «Ponsa che io non lo volio più? O forse lo spera?» incalzò Fleur, le narici dilatate. «Cosa importa il suo aspetto? Io sono abbastonsa bella per tutti e due! Tutte quelle scicatrisci sono il segno del courage di mio marito! Fascio io!» aggiunse con forza, spingendo da parte la signora Weasley e strappandole di mano l’unguento. La signora Weasley si appoggiò al marito e guardò Fleur curare le ferite di Bill con un’espressione assai curiosa. Nessuno disse nulla; Harry non osò muoversi. Come tutti gli altri, stava aspettando l’esplosione. «La nostra prozia Muriel» esordì la signora Weasley dopo una lunga pausa, «ha un diadema molto bello, fatto dai goblin, e sono sicura che te lo presterà per le nozze. È molto affezionata a Bill, sai, e il diadema starà benissimo coi tuoi capelli». «Grazie» ribatté Fleur, rigida. «Sono scerta che sarà delisioso». E poi – Harry non capì come era successo – le due donne si stavano abbracciando, in lacrime.
J.K. Rowling (Harry Potter and the Half-Blood Prince (Harry Potter, #6))
C'è un punto oltre il quale l'addestramento e la pratica non possono portare. Zeami, lo straordinario drammaturgo e regista di teatro Noh del quattordicesimo secolo, che era anche sacerdote zen, ha parlato di questo momento come di una “sorpresa”. È la sorpresa di scoprire di non aver più bisogno di un sé, la sorpresa di ritrovarsi una cosa sola col proprio lavoro in un movimento pieno di fluida disciplina e grazia. Allora si capisce che cosa vuol dire essere una palla d'argilla che gira sul tornio, un trucciolo bianco sollevato dalla punta dello scalpello o una delle molte mani di Kannon, Bodhisattva della Compassione. A questo punto è possibile essere liberi, nel lavoro e dal lavoro.
Gary Snyder (The Practice of the Wild)