Altar Of Mortis Quotes

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«È uno dei morti del mondo, se volete... è uno dei vostri, ma non dei miei. I miei sono soltanto quelli a cui io appartenevo, quando sono morti. Sono miei da morti perché erano miei da vivi».
Henry James (The Altar of the Dead)
gli era divenuto chiaro che la religione infusagli sin dal principio dalla sua coscienza altro non era che la religione dei Morti. Quella sì assecondava le sue inclinazioni, appagava il suo animo, dava sbocco alla sua pietà. Quella sì esaudiva il suo anelito a grandiose liturgie, a rituali solenni e magnifici: e quale santuario poteva mai essere più adorno, quale cerimoniale più maestoso di quelli che servivano a officiare il suo culto?
Henry James (The Altar of the Dead)
Passati tre mesi Stransom si sentì così solo che tornò là; forse, pensava, dopo esser stati per anni i suoi migliori amici, i suoi Morti non si sarebbero lasciati abbandonare senza prima adoperarsi per lui ancora una volta. E li ritrovò come li aveva lasciati, in quel loro alto effluvio di luce, il vivido drappello che già, quando era in vena di paragoni tra cose grandi e piccole, lo aveva indotto a vederli come un manipolo di fari sul bordo dell’oceano della vita.
Henry James (The Altar of the Dead)
«Oh, per me più ce ne sono meglio è; non potrebbero mai esser troppi. Io ne vorrei a centinaia, a migliaia... vorrei un’immensa montagna di luce». Allora, in un lampo, Stransom capì. «Dunque i vostri Morti sono soltanto Uno?». Lei esitò, prima di rispondere, come non le era mai successo. «Soltanto Uno» rispose, e arrossì, quasi gli avesse rivelato il suo più intimo segreto. E a Stransom parve di saperne ancor meno di prima: era così difficile ricostruire una vita nella quale un’unica esperienza aveva annullato tutte le altre.
Henry James (The Altar of the Dead)
Mary Antrim non era l’unico fantasma della sua vita. Forse, rispetto alla maggioranza degli uomini, non erano molte le persone che gli erano mancate, ma per lui queste perdite avevano contato di più. Anche se non l’aveva toccato così da vicino, in un certo modo la morte aveva lasciato nel suo animo un’impronta più profonda. A poco a poco egli aveva preso l’abitudine di soffermarsi sui suoi morti ad uno ad uno, e piuttosto presto nella vita aveva cominciato a pensare che andasse fatto qualcosa per loro. E loro erano lì, accanto a lui, forti di quell’essenza semplificata, più intensa, di quell’assenza consapevole, di quella pazienza eloquente, così corporei e presenti che pareva avessero soltanto perduto l’uso della parola. Quando non li si percepiva più, quando ogni suono cessava, era come fosse ancora lì, in terra, il loro purgatorio; chiedevano così poco, poveretti, che ricevevano ancor meno, e morivano di nuovo, morivano ogni giorno del duro trattamento che riservava loro la vita. Per loro nulla era stato predisposto: non avevano prerogative né onori, nessun rifugio, nessuna salvaguardia. A provvedere ai vivi c’erano pur sempre anche i più egoisti tra gli uomini; ma nessuno, nemmeno chi era ritenuto più generoso, faceva nulla per quegli altri. E così, col passare degli anni, andò maturando in George Stransom una risoluzione: lui sì, almeno, avrebbe fatto qualcosa, l’avrebbe fatto cioè per i suoi morti; e nell’adempiere a quel sommo atto di misericordia
Henry James (The Altar of the Dead)
Ognuno ha il suo monumento di parole e di ricordi, ma qui non si sa scrivere e le parole non scritte son già scancellate e i ricordi muoiono con la morte di chi ricorda: la morte di un uomo, in queste parti del mondo dove non c'è tradizione scritta, non è soltanto la morte di quell'uomo, ma anche di tutti i parenti morti che lui nella sua mente conteneva. Lui viene a sua volta ricordato e contenuto nella mente di coloro che gli vogliono bene. Andare verso la morte è come camminare tenendosi per mano e formando una catena. L'umanità sarà giusta quando la catena stringerà tutti gli uomini, allora la storia avrà un senso positivo, cioè collettivo.
Ferdinando Camon (Un altare per la madre)